SU FORZA NUOVA DRAGHI DECIDERA’ DA SOLO, SENZA PARTITI E CON UN OCCHIO AI GIUDICI
MELONI SPERA CHE DRAGHI LA TOLGA DAI PASTICCI: “SE CI SONO GLI STRUMENTI PER SCIOGLIERLA CHE LA SCIOLGANO”
Deciderà in autonomia Mario Draghi, senza passare dalla samba dei partiti, senza avvilupparsi in un confronto che degenererebbe in discussioni senza possibili punti di caduta all’orizzonte. Lo scioglimento di Forza Nuova dipenderà dall’istruttoria alla quale sta lavorando la struttura di Palazzo Chigi che ha coinvolto un pool di esperti, e sarà assunta dal presidente del Consiglio legge alla mano. “Non ci sono stati incontri con i partiti di maggioranza né sono in programma”, spiega chi ha in mano il dossier.
Quella in mano a Draghi è una decisione letteralmente senza precedenti, perché mai nessun partito o movimento estremista è stato sciolto se non in presenza di una decisione della magistratura.
E proprio il lavoro dei giudici avrà un peso specifico nella decisione.
“La questione è all’attenzione nostra e dei magistrati, che stanno facendo le loro considerazioni: stiamo riflettendo”, ha spiegato il presidente del Consiglio rispondendo a una domanda sull’argomento. Una fonte di governo la mette giù così: “È normale che i capi di imputazione che verranno formulati a carico dei leader dei neo fascisti possono influire sulle scelte. Se fossero particolarmente pesanti, e rientrassero nelle specifiche per le quali la legge Scelba prevede lo scioglimento, è nelle cose che darebbero una spinta in quella direzione”.
È una situazione complessa, i cui risvolti politici sono imprevedibili. Proprio per evitare di impantanarsi nella discussione che già sta infiammando la maggioranza, chiamata mercoledì prossimo a votare una serie di mozioni a partire da quella di Pd, M5s e Leu che impegnerebbe il governo a procedere con il tabula rasa di Forza Nuova, Draghi sta tenendo in mano il fascicolo senza dare adito a possibili ripicche, ricatti e rivendicazioni.
È ovvio che vadano giustificate le ragioni di necessità e urgenza che sono a fondamento di un decreto, così come è ovvio che lo stesso dovrebbe essere licenziato dal Consiglio dei ministri nel suo plenum. Anche per questo il Capo del governo si prenderà tutto il tempo necessario, perché la decisione, se ci sarà, dovrà essere inattaccabile sotto qualsiasi punto di vista, sapendo già che scontenterà alcuni dei partiti che lo sostengono, da Forza Italia a, soprattutto, la Lega.
Martedì prossimo Luciana Lamorgese è attesa a una difficile prova d’aula. Riferirà sui fatti di Roma, e troverà un clima ostile da parte del centrodestra, con Matteo Salvini e Giorgia Meloni che da mesi ne chiedono la testa e che l’hanno presa come capro espiatorio per l’accaduto. Spiega una fonte di governo che “mi sorprenderebbe che Draghi prenda una decisione prima di allora, renderebbe molto scomoda quella giornata per la ministra”.
Non è escluso che nel Consiglio dei ministri programmato tra giovedì e venerdì ci possa essere uno scambio di battute e di opinioni tra il premier e i suoi ministri, anche se ufficialmente non dovrebbe essere tema all’ordine del giorno, né al momento è previsto che la titolare dell’Interno relazioni ai suoi colleghi.
In serata è arrivata un’inaspettata sponda da parte di Giorgia Meloni. Che per evitare il voto parlamentare ha argomentato che “La legge italiana dice che la competenza sullo scioglimento di organizzazioni eversive o contrarie all’ordinamento è del ministero degli Interni con o senza la magistratura. Se ci sono gli strumenti per scioglierla, che la sciolgano”. Proprio su quegli “strumenti” è al lavoro lo staff di Palazzo Chigi, per verificare la fattibilità dell’operazione. Senza coinvolgere i partiti.
(da Huffingtonpot)
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