QUALCUNO A DESTRA ABBIA IL CORAGGIO DI DIRLO: E’ UNA LEGGE TRUFFA
IN DEMOCRAZIA DEVONO ESSERE TUTELATI TUTTI GLI ELETTORI, NON SOLO QUELLI DEI DUE PARTITI MAGGIORI… LA SOGLIA DI SBARRAMENTO AL 2% E’ PIU’ CHE SUFFICIENTE… PREMIO DI MAGGIORANZA, LISTE BLOCCATE E MANCANZA DEL VOTO DI PREFERENZA SONO UNA TRUFFA
Scriviamo questa nota mentre Renzi si dichiara “pronto a modificare il premio di maggioranza” di quella ignobile patacca che ha partorito il “grande statista”, colui che ha fatto in un mese quello che per fortuna non hanno fatto gli altri in venti anni.
Il condannato in primo grado dalla Corte dei Conti per danni erariale al Comune di Firenze pare stia riflettendo su un fatto di cui non si era accorto: nell’ipotesi in cui nessuna coalizione dovesse superare la quota minima prevista per accedere al premio di maggioranza (ancora da fissare tra il 35, il 37 o il 40 per cento) cosa accadrebbe?
Il regalo del 15% non potrebbe essere incassato e nessuna coalizione avrebbe la maggioranza assoluta per imporre la propria dittatura per 5 anni agli italiani.
Ribadiamo il concetto: considerato che quasi la metà degli elettori non si reca neanche più alle urne, chi vincesse con il 36% dei votanti in realtà rappresenterebbe il 18% degli italiani.
La logica democratica di Renzi sarebbe questa: l’82% degli italiani deve diventare suddito del 18% che ha votato il ronzino vincente.
Invece che preoccuparsi, come farebbe un vero statista, di tutelare le minoranze e garantire i diritti di controllo dell’opposizione, la premiata ditta R & B (con il tacito assenso del comico di Sant’Ilario) vuole trovare un altro escamotage per ridurre gli spazi di libertà .
Non a caso, mentre Renzi studia il sistema per “garantire stabilità ” a se stesso, Berlusconi vuole inserire nella trattativa l’elezione diretta del capo dello Stato, una diversa composizione della Consulta, e la revisione della par condicio.
In attesa di ottenere qualche garanzia sui suoi processi e su Mediaset.
I paletti fissati dalla sentenza della Corte costituzionale che ha cancellato il Porcellum erano ben altri: ritorno al proporzionale con uno sbarramento minimo e un premio di maggioranza solo se si raggiunge un livello alto di consensi (tipo il 40%). Inoltre no a liste bloccate se non per i primi posti, poi via libera alle preferenze.
Se a qualcuno interessasse realmente che gli italiani ritornino a sentirsi rappresentati dalle Istituzioni occorrerebbe:
1) Consentire ai piccoli partiti di avere rappresentanza in parlamento, altrimenti chi non si riconosce nei tre partiti maggiori non ha motivo per andare a votare: quindi soglia minima al 2%
2) Consentire agli elettori di votare per i candidati che desiderano, non quelli imposti dai partiti: riaffermando il principio che l’eletto risponde all’elettore non ai capimandamento cui dovrebbe prestare giuramento di obbedienza
3) Consentire alla coalizione vincente di usufruire di un premio minimo di maggioranza del 10% solo se raggiunge il 45% di consensi. In caso contrario si aprirà un confronto tra i partiti per costituire una coalizione in grado di raggiungere la maggioranza parlamentare su un programma concordato. Con tempi tecnici fissati: massimo 20 giorni dalla data delle elezioni.
Ricordiamo che la stabilità di un governo non è data dai numeri, ma dalla credibilità e della capacità della sua classe dirigente: contano le squadre che giocano secondo lo schema del “buon governo”, non i venditori di pentole e gli illusionisti.
Finiamo con accenno alla destra italiana, totalmente prona al totem “un uomo solo al comando”.
Eppure fu la Destra in altri tempi a denunciare la “legge truffa”.
Promulgata il 31 marzo 1953 (n. 148/1953), la legge, composta da un singolo articolo, introdusse un premio di maggioranza consistente nell’assegnazione del 65% dei seggi della Camera dei deputati alla lista o al gruppo di liste collegate che avesse raggiunto il 50% più uno dei voti validi.
Voluta dal governo di Alcide De Gasperi, venne proposta al Parlamento dal ministro dell’Interno Mario Scelba e fu approvata solo con i voti della maggioranza, nonostante i forti dissensi manifestati dalle altre formazioni politiche di destra e sinistra.
Nel tentativo di ottenere il premio di maggioranza, per le elezioni politiche di giugno, effettuarono fra loro l’apparentamento la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista Democratico Italiano, il Partito Liberale Italiano, il Partito Repubblicano Italiano, la Sà¼dtiroler Volkspartei e il Partito Sardo d’Azione.
Le forze apparentate ottennero il 49,8% dei voti: per circa 54.000 voti il meccanismo previsto dalla legge non scattò.
E la pagarono cara.
La DC perse l’8,4%; i repubblicani arretrarono dello 0,86%, il Partito Sardo d’Azione dimezzò il suo consenso, anche liberali e socialdemocratici dovettero registrare perdite.
Il Partito Comunista Italiano e il Partito Socialista Italiano aumentarono i consensi ottenendo 35 seggi in più; il Partito Nazionale Monarchico aumentò da 14 a 40 deputati e il Movimento Sociale Italiano aumentò da 6 a 29 deputati.
E Il 31 luglio dell’anno successivo la legge fu abrogata.
Allora la destra fece una battaglia di libertà e fu ripagata per la sua coerenza.
Oggi sa solo usare la lingua per assecondare i potenti e garantirsi posti sul loggione sgranocchiando pistacchi.
Ma la “storia politica” la cambiano le minoranze che hanno intuizione coraggiose, non i maggiordomi in livrea al servizio del “principe corrotto” di turno.
Qualcuno ogni tanto è giusto che glielo ricordi.
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