QUANDO LE ONDE DELL’ADRIATICO BAGNERANNO TREVISO
STUDIO ENEA: IN POCHI DECENNI TRA TRIESTE E RAVENNA 5.500 KM DI PIANURA PADANA SARANNO SOMMERSI DALLE ACQUE
Se non si corre ai ripari rapidamente, nel giro di un secolo o anche meno la cartina geografica dell’Italia cambierà in modo radicale.
Per capirci, assomiglierà molto più all’Italia com’era nel lontano Pleistocene, quando tutta la Pianura Padana era un gigantesco mare, che a quella attuale.
Secondo uno studio dell’Enea, infatti, tra Trieste e Ravenna sino a Treviso spariranno, sommerse dalle acque, la bellezza di 5500 chilometri quadrati.
E il mare si spingerà fino a 60 chilometri all’interno, rispetto al disegno attuale della costa.
Contemporaneamente, sempre secondo un altro studio realizzato dagli scienziati dell’Enea, il riscaldamento globale porterà il Belpaese (quello non sommerso, naturalmente) ad assomigliare un po’ più all’Africa del Nord, con stagioni più aride e secche e con maggior sbalzi di temperatura.
Possiamo ancora rimediare, dicono gli scienziati e i climatologi. Sicuramente però il tempo stringe, e la finestra di opportunità per poter intervenire ed evitare che le previsioni funeste diventino realtà si fa sempre più stretta.
Perchè l’Italia è un paese molto fragile e delicato, e per la sua collocazione geografica e la sua conformazione è anche clamorosamente vulnerabile ai cambiamenti climatici. Secondo alcuni studi rivisti e aggiornati dai ricercatori del Laboratorio di Modellistica Climatica e Impatti dell’ENEA, coordinato da Gianmaria Sannino, c’è dunque la possibilità di vedere sommerse dal mare ben 33 aree costiere particolarmente vulnerabili.
Tutto ciò per l’effetto combinato dell’innalzamento del livello del mare e dei movimenti naturali del livello del suolo.
In buona sostanza, quelle in pericolo sono tutte le principali fasce costiere del Paese, con l’eccezione notevole della costa romagnola e marchigiana, della Liguria, della Puglia e della Calabria.
Parliamo di migliaia e migliaia di ettari di terre che verranno sommerse dalle acque marine, secondo le proiezioni dell’Enea: a cominciare dall’intera laguna di Venezia, dal delta del Po ben oltre Ferrara e Ravenna; la Versilia e la costa di Cecina in provincia di Livorno; il golfo di Cagliari e quello di Oristano in Sardegna; l’area circostante il Mar Piccolo di Taranto; la foce del Tevere e tutta la costa del Lazio meridionale fino al Volturno in Campania; in Sicilia le saline di Trapani e la piana di Catania.
«Un sistematico monitoraggio con mareografi e satelliti e un’attenta programmazione delle attività antropiche che insistono sulle coste potrebbero essere di grande aiuto per prepararsi agli scenari futuri», sottolineano i ricercatori Enea nel loro rapporto.
E c’è un altro pericolo che incombe, secondo un aggiornamento di uno studio dell’Enea pubblicato lo scorso dicembre sull’autorevole rivista «Nature – Scientific Reports».
Con l’aumento delle temperature globali il Belpaese potrebbe diventare entro la fine del ventunesimo secolo sempre più simile al Nord Africa: estati e inverni sempre più aridi e secchi e una crescente carenza di acqua.
Cambiamenti che determineranno l’inaridimento dei suoli, con ripercussioni su agricoltura, industria e salute umana. Se il Sud Italia rischia di avere un clima nordafricano, il Nord Europa tenderà invece a «mediterraneizzarsi».
In particolare l’Europa nord-occidentale, la Gran Bretagna e la Scandinavia avranno estati molto più secche e inverni più piovosi.
Le proiezioni realizzate attraverso i modelli climatici mostrano che le aree mediterranee si espanderanno anche verso le regioni europee continentali, coinvolgendo i Balcani settentrionali e la parte sud-occidentale di Russia, Ucraina e Kazakistan, dove prevarrà un clima sempre più mite con l’aumento delle temperature invernali.
E lo stesso fenomeno potrebbe interessare anche il Nord America, specie la parte nord-occidentale.
Emerge inoltre che l’Italia sarà soggetta a eventi estremi, come alluvioni nella stagione invernale e periodi prolungati di siccità , incendi, ondate di calore e scarsità di risorse idriche d’estatei. Anche Spagna meridionale, Grecia e Turchia risultano tra le aree maggiormente vulnerabili rispetto al surriscaldamento del Pianeta.
Roberto Giovannini
(da “La Stampa”)
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