QUELLA RETATA NEL FORTINO DI BLATTER
LA VERGOGNA DEI SIGNORI DEL PALLONE
Davanti al numero 20 di Fifa-Strasse i reporter improvvisano dirette televisive, mentre gli obiettivi inquadrano la fortezza protetta dal fogliame.
L’assedio prende vita. «È una giornata difficile, ma per voi… La Fifa è tranquilla, lasciateci lavorare», butta lì un dirigente, il vestito blu stirato di fresco e il logo della Fifa trionfante sul petto, prima di inforcare il monopattino e perdersi nel bosco.
È una giornata normale, certo. Anche se la magnifica fortezza è assediata, e la Fifa barcolla. Anche se fuori da questa Xanadu, che Sepp Blatter ha eretto per celebrare se stesso e il suo trentennale potere, il mondo si fa un sacco di domande e non riceve risposte.
Da una poltrona della sua Xanadu, avvolto da quella nube di profumo francese che è uno dei suoi tratti distintivi, giusto nove anni fa Blatter sussurrava ieratico ai giornalisti italiani, gli occhi socchiusi: «Calciopoli è il più grande scandalo della storia del calcio, che peccato…».
Mai avrebbe pensato che 40 giorni dopo gli sarebbe toccato premiare l’Italia campione del mondo a Berlino, infatti si guardò bene dal farlo.
Nè poteva immaginare che uno scandalo ben peggiore avrebbe travolto lui e la Fifa alla vigilia della sua quinta elezione a capo del calcio mondiale.
Ma il colonnello di Visp ha l’improntitudine e il pelo sullo stomaco di chi ha navigato i sette mari. Non è arrivato a 79 anni coperto di cariche, gloria e scandali per niente.
Quindi anche con due inchieste internazionali sul tavolo e gli arresti intorno a lui, il suo obiettivo è resistere, e farsi rieleggere domani dal Congresso Fifa.
Trincerato nel suo nido d’aquila, Blatter fa prima dire al portavoce Walter Di Gregorio che delle inchieste la Fifa addirittura è ben felice («Abbiamo accolto favorevolmente il procedimento, siamo la parte lesa e stiamo cooperando.
Il presidente della Fifa e il segretario generale non sono coinvolti nelle accuse»), poi interviene lui stesso, belando la sua preoccupazione per il brutto mondo in cui gli capita di vivere: «È un momento difficile per il calcio, per i tifosi e per la Fifa…».
In realtà , in queste ore convulse, a Blatter preme la rielezione sopra ogni cosa.
Raccogliendo i frutti delle sue decennali manovre politiche, il presidente uscente nonostante tutto ha un cospicuo vantaggio sullo sfidante, il principe giordano Ali bin Al Hussein, mentre gli altri candidati si sono ritirati, convinti che fosse inutile immolarsi: Blatter ha dalla sua circa 150 voti sui 209 totali. I continenti più grandi e popolosi sono con lui, mentre l’Europa è divisa, anche se il blocco dell’Est voterà Blatter.
Lo sfidante Al Hussein, dopo qualche ora di esitazione, prova a dare una spallata, chissà con quanta convinzione: «È un triste giorno per il calcio.
È necessario trovare una nuova leadership che ripristini la fiducia di centinaia di milioni di sportivi: non si può andare avanti così». E nel centro di Zurigo, protetto dall’anonimato perchè non si sa mai, un dirigente centramericano confida: «La Concacaf ha sempre sostenuto Blatter, però questi arresti sono terribili. È un danno di immagine enorme per la Fifa, considerato il livello delle accuse e il fatto che arrivino dal procuratore de- gli Stati Uniti. Non vorrei che nel segreto dell’urna qualche nazione ripensasse il suo voto, a sorpresa. Anche se è un po’ tardi».
Ma per la Fifa gli arresti riguarderebbero solo personaggi marginali, mariuoli, brontosauri di apparato, che facevano affari illeciti con i diritti tv e il marketing.
Dirigenti già chiacchierati da tempo, come il sulfureo Jack Warner da Trinidad, arrestato nella notte nel suo Paese e subito rilasciato dietro una cauzione di 2,5 milioni di dollari (era uscito dalla Fifa nel 2011 dopo enormi accuse di corruzione).
O il brasiliano Marin, «uno dei più grandi ladri nel mondo dello sport», come lo definisce da sempre Romario, anche se il successore di Marin, Del Nero, fa spallucce: «Ero all’oscuro di tutto». Jeffrey Webb, delle Cayman, aveva iniziato una campagna moralizzatrice nella Fifa, antirazzismo e anticorruzione: invece hanno arrestato pure lui, insieme agli altri sei. Tutti sorpresi all’alba nel loro letto, nelle suite dell’hotel Baur au Lac, cinque stelle con vista sul lago e sui picchi alpini, una dimora da principi, infatti ospita i grandi elettori della Fifa. Gli agenti del Bureau si sono fatti dare i numeri delle stanze dal concierge poi sono saliti di persona, hanno bussato, li hanno portati via. Chi protetto da un lenzuolo, chi da un’uscita sul retro.
Sei di loro si oppongono subito all’estradizione negli Stati Uniti.
Altri sette dirigenti hanno ricevuto mandati di cattura, tra cui l’ineffabile paraguaiano Nicolas Leoz, 86 anni, dirigente della federazione sudamericana per 27 anni, eppure ai mondiali di Italia ’90 fu beccato a rivendere i biglietti della sua dotazione ai bagarini.
Anche questo è stata la Fifa nel trentennio lungo di Sepp Blatter, direttore tecnico nel 1981, poi segretario generale, poi presidente per quattro mandati, quasi cinque.
Ora fronteggia l’ultimo scandalo, eppure è sicuro di farla franca.
Magari domani sera, al momento della proclamazione, farà come nel 2007, quando dopo lo scrosciante applauso dell’uditorio che sancì la sua elezione a presidente, si sciolse in un pianto. Lacrime da coccodrillo, anzi da caimano.
Andrea Sorrentino
(da “La Repubblica”)
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