RENZI NEL BUNKER SULL’ITALICUM: CONTA SULLE DISERZIONI TRA LA MINORANZA DEM
POI SI ACCORGE CHE LA SUA “BUONA SCUOLA” RISCHIA DI FARGLI PERDERE LE REGIONALI E PROVA A MEDIARE
A un passo dall’approvazione del suo Italicum, Matteo Renzi tenta il tutto per tutto. Obiettivo: recuperare tutti i voti possibili dalla minoranza Pd, spaccare quel fronte sempre variegato ma anche sempre più arrabbiato col premier, andare in aula possibilmente con la certezza che i numeri andranno a posto, l’Italicum sarà legge e il governo resterà in piedi.
Per questo il premier scrive una lettera ai circoli del Pd, mobilita i segretari regionali e oggi ben 19 su 21 lanciano un appello a favore dell’Italicum, mentre – secondo fonti di minoranza – la manovra non gli riesce sui segretari provinciali.
Il premier fa il segretario e chiama a raccolta il partito, quel partito che si trova spaesato di fronte ai mancati inviti a Bersani e agli altri leader storici per la festa dell’Unità di Bologna.
Quel partito che nella sua componente più vicina al mondo della scuola, professori e studenti, tre giorni fa ha contestato il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini proprio alla Festa di Bologna.
Ed è questo l’altro cavallo di battaglia della strategia del premier: il ddl di riforma della scuola.
Va corretto, ordina ai suoi mentre a Palazzo Chigi è furibondo per quella parola, “squadristi”, pronunciata dalla Giannini all’indirizzo dei suoi contestatori.
Un errore da matita blu per il premier.
Renzi manda in avanscoperta Guerini e il presidente Pd Matteo Orfini a correggere la Giannini. È una bocciatura sonora e pesante al ministro. Che resterà in carica fino all’approvazione de ‘La Buona scuola’, poi si vedrà , dicono nei giri renziani: non è un mistero che tra lei e il premier non ci sia empatia, aggiungono.
Ma il punto per Renzi ora è correggere il disegno di legge, provvedimento dove lui ha inserito la figura del “preside allenatore”, tra i punti che ora risultano più contestati.
E dunque via in commissione alle modifiche: presidi meno centralisti, ma affiancati dal collegio docenti nella elaborazione del piano formativo.
E in più, area riservata per i docenti di seconda fascia nel concorso che verrà bandito a ottobre.
In questo modo il premier spera di ‘sgonfiare’ la partecipazione allo sciopero indetto dai sindacati per il 5 maggio, sciopero che rischia di far slittare gli scrutini di fine anno. E che rischia di tradursi in pesanti cali di consenso per il Pd alle prossime amministrative.
Perchè il ddl scuola parla direttamente a una grossa fetta dell’elettorato Pd. Bisogna starci attenti.
Ammesso che l’Italicum vada in porto senza grossi traumi. In quanto, ragiona il premier con i suoi, ormai la minoranza ha aperto le danze in vista del congresso 2017: già da ora, facendo leva sul ritrovato attivismo politico di Enrico Letta e Romano Prodi, scatenati nelle critiche al governo.
Due fronti, dunque. Italicum e scuola.
Non approvare l’Italicum “sarebbe il più grande regalo ai populisti…” e “ai tanti che credono nel potere dei tecnici: quelli che pensano che la parola politica sia una parolaccia e bisogna affidarsi ai presunti specialisti che ci hanno condotto fin qui, prima dell’arrivo al governo del Pd”.
E’ un riferimento nemmeno tanto velato alle voci che corrono in Parlamento, quelle che indicano la nascita un altro governo nel caso in cui Renzi si dimettesse per la mancata approvazione della legge elettorale
Questa mattina in aula alla Camera ci sarà un primo test sull’Italicum.
Trattasi del voto segreto sulle pregiudiziali di costituzionalità della legge elettorale presentate dall’opposizione.
I bersaniani dovrebbero respingerle, proprio per tenere il punto e affondare la critica contro un’eventuale decisione del governo di porre la questione di fiducia sull’Italicum.
Ma non è escluso che domattina qualche dissenso interno al Pd si faccia vivo già sulle pregiudiziali di costituzionalità , nascosto dietro il voto segreto.
Dal governo sperano che dia buoni frutti l’opera di dissuasione messa in campo dal ministro all’Agricoltura Maurizio Martina su un pezzo di Area Riformista.
Mentre il premier è al lavoro sull’idea di sostituire il capogruppo dimissionario Roberto Speranza con un esponente di minoranza, proprio per non risparmiare colpi nel tentativo di spaccare l’opposizione interna.
E’ un lavorio che punta a evitare il voto di fiducia, sbocco che però resta all’orizzonte. Non in questa settimana, dicono fonti renziane, non ce ne sarebbe il tempo. Più probabile la prossima, dopo l’inaugurazione dell’Expo il primo maggio e dopo la visita del premier alla Festa dell’Unità di Bologna domenica prossima, nella fossa del leone insomma.
Il pallottoliere del capogruppo vicario Ettore Rosato e del sottosegretario Luca Lotti conta una ventina di irriducibili nella minoranza Pd. Il resto dovrebbe rientrare. Dovrebbe.
Altrimenti sarà scontato il voto di fiducia: che passerà , lo dicono anche dalla minoranza.
Il vero incubo resta il voto finale sul provvedimento, voto segreto ed esposto alle imboscate. Se non passa la legge, si va a casa, conferma Renzi.
Non è detto, ribattono ufficiosamente i bersaniani: decide il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
(da “Huffingtonpost”)
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