RICOVERO BIS DI BERLUSCONI E IN FORZA ITALIA SI ORGANIZZA IL FUGGI FUGGI
NEL PARTITO SALE LA PAURA: IL GROSSO DEI MINISTRI FAVORIRA’ IL PROGETTO SOVRANISTA DELLA MELONI
Doveva essere il giorno del rientro ufficiale, con un pranzo ad Arcore in cui avrebbe dato le direttive alla squadra dei ministri azzurri. Tajani, Pichetto Fratin, Casellati, Bernini e Zangrillo. Solo loro e nessun altro, a parte Marta Fascina, naturalmente. E invece niente di tutto ciò. Il nuovo ricovero di Silvio Berlusconi paralizza ancora Forza Italia, una degenza inaspettata a sole tre settimane dall’uscita dell’anziano leader dal San Raffaele dove era stato ricoverato per 45 giorni, tra aprile e maggio, per complicanze polmonari dovute al tumore al sangue che lo affligge. È arrivato con i valori sballati, l’ex Cavaliere, tanto da essere messo subito in terapia intensiva e, solo dopo una notte più o meno tranquilla, è stato traslocato in reparto. “Il San Raffaele smentisce che in questo momento Berlusconi si trovi in terapia intensiva”, la nota diramata ieri mattina alle 11. Appunto, in quel momento.
“Si trattava di esami già in calendario”, le parole tranquillizzanti del professor Alberto Zangrillo, fratello del ministro. Ma se fossero stati già in programma, non sarebbe stato fissato il pranzo di ieri ad Arcore con i ministri, poi saltato. Al San Raffaele si sono visti la figlia Marina e il fratello Paolo. Presenza fissa, come sempre, Marta Fascina.
A fronte delle condizioni precarie dell’ex premier, che probabilmente dovrà fare fuori e dentro la clinica nei prossimi mesi, la domanda che rimbalza tra Montecitorio e Palazzo Madama è: adesso che succede? L’ipotesi più probabile è che vi sia una sorta di reggenza di Antonio Tajani, che molti reputano non all’altezza, ma questo è ciò che passa il convento. Una reggenza basata su un patto di ferro con Marina Berlusconi e Marta Fascina, per serrare i ranghi di un partito che altrimenti andrebbe alla deriva totale. Il rischio, con Berlusconi fuori gioco, è il fuggi fuggi generale, con alcuni a bussare a Fratelli d’Italia, altri alla Lega di Matteo Salvini (modello Laura Ravetto) e altri ancora a guardare verso Matteo Renzi o Carlo Calenda, dove già stanno Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Osvaldo Napoli. Ma il travaso verso altri lidi è in atto, da mesi, nei territori, anche se Alessandro Sorte in Lombardia di recente s’è accaparrato Max Bastoni dalla Lega, e Gianmarco Senna da Azione. Ma si tratta di fuochi fatui.
Per scongiurare la frantumazione, l’idea è quella di sostenere il piano di Giorgia Meloni di costruire un grande partito conservatore di cui le prossime Europee saranno la tappa decisiva. Un progetto che può valere il 35 per cento ed è ampiamente condiviso da Tajani e da tutta la truppa governativa, diretta conseguenza della pax Silvio-Giorgia tanto voluta da Marina dopo gli scontri dei primissimi turbolenti mesi dell’esecutivo, quando B. bombardava la premier di continuo sull’Ucraina e non solo, mettendola in forte imbarazzo sul piano internazionale. Un partito conservatore di cui si sono visti i primi vagiti questa settimana alla convention organizzata dal ministro degli Esteri a Roma con un bel pezzo di popolari europei, a partire dal presidente Manfred Weber. È a quel mondo che Meloni guarda e FI potrebbe diventare la chiave per aprire agevolmente quella porta, portandosi dietro anche i centristi di Maurizio Lupi, ma lasciando fuori Salvini. “Fino all’anno scorso si parlava con insistenza di una nostra fusione con la Lega, ora invece lo scenario è totalmente cambiato e si guarda a FdI. Strana la politica, no? Il progetto è valido e noi non abbiamo alternative”, riflette un’autorevole fonte forzista. Insomma, strada obbligata, non c’è un piano B.
A quel punto poco importa se il simbolo di Forza Italia se lo prenderà Fascina, Tajani o la famiglia. Al momento la rappresentanza legale ce l’ha ancora l’ex tesoriere Alfredo Messina, ma il cambiamento è in vista. Di più: l’approdo forzista a un nuovo soggetto darebbe lo sprint alla famiglia per tirarsi fuori dal partito e dalla politica, che è il vero obbiettivo di Marina. “Come hanno venduto il Giornale, vogliono uscire anche da FI…”, sostengono in molti.
E, a proposito del Giornale, sarà proprio il quotidiano di via Negri, appena acquisito (al 70%) dagli Angelucci, l’house organ del nuovo partito conservatore. Giovedì prossimo tornerà Alessandro Sallusti con una mission precisa: caratterizzare il foglio di via Negri sempre più al centro, con l’acquisizione, ove possibile, di qualche firma eccellente e di nuovi innesti nell’organico, per fare del quotidiano il punto di riferimento del pensiero liberale, un giornale-laboratorio che faccia da traino al nuovo progetto. Moderato, di alto profilo e governista. Con la benedizione di Giorgia e l’ambizione di portar via copie al Corriere della Sera.
Questo il progetto. A cui non tutti, in Forza Italia, aderiranno. La parte che fino a pochi mesi fa era capeggiata da Licia Ronzulli e che aveva nella Lega il proprio faro non accetterà di finire sotto il giogo dell’asse Meloni-Tajani-Fascina. E qualcuno potrebbe andarsene, magari proprio nella Lega. Molto si capirà dagli spazi che verranno lasciati alla minoranza, per esempio se la stessa Ronzulli resterà alla guida dei senatori (difficile). E poi da come nel frattempo verrà ridisegnata FI, ovvero ciò che Berlusconi avrebbe dovuto delineare ieri, con un’infornata di nuovi coordinatori regionali tutti vicini a Fascina al posto dei ronzulliani in Calabria, Abruzzo e Sardegna.
Per il momento esclusa, invece, la nomina di tre vice coordinatori per nord, centro e sud. Sul risiko interno però, con Berlusconi in ospedale, ora tutto si paralizza di nuovo. E nel frattempo il partito è sempre più allo sbando: senza Silvio, o con Silvio a mezzo servizio, che fine faremo?
(da Il Fatto Quotidiano)
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