RIFORMA SENATO, RENZI OFFRE AD ALFANO INGRESSO NELLA GIUNTA SICILIANA E ALLEANZA CON IL PD
TRATTATIVE IN CORSO PER ASSICURARE AL GOVERNO VOTI IN PIU’
Il Ponte sullo Stretto unisce Palazzo Madama a Palazzo dei Normanni.
Perchè anche la Sicilia è un laboratorio della nuova alleanza tra Renzi e Alfano.
Da settimane il partito del ministro dell’Interno, di fatto, ha ammorbidito il ruolo di opposizione per avvicinarsi alla Giunta. È accaduto, per dirne una, che i suoi voti sono stati determinanti per approvare la “riforma delle province”, dopo settimane di battaglie d’Aula.
E adesso è in discussione l’ingresso in giunta. L’offerta, benedetta da palazzo Chigi, è stata già recapitata ad Alfano.
E a Castiglione, il potente sottosegretario indagato sulla vicenda del Cara di Mineo, che in questi giorni ha più volte dichiarato sui giornali locali: “Pronti alle riforme con Crocetta”.
L’ingresso in giunta oggi renderebbe naturale quello schema su cui lavora, tra le intemperanze di Crocetta e le fibrillazioni del Pd, il segretario regionale Fausto Raciti. Ovvero l’alleanza organica tra Pd e centro, inteso come Udc e Ncd per il dopo Crocetta, quando cioè si voterà in Sicilia: “Crocetta — dicono fonti del Pd siciliano — va avanti in modo trasformistico, perchè non ha una maggioranza e raccatta voti qua e là . Si deve passare da uno schema trasformistico a uno politico. E o facciamo l’alleanza col centro o vince Grillo”.
L’Udc siciliano (e romano) è già un pilastro solido dell’alleanza grazie all’ottimo rapporto tra Renzi e Casini (uno di quelli che più ha raffreddato i bollori del premier sul voto anticipato) e tra Raciti e l’ex ministro D’Alia, vero pupillo di Casini e considerato da molti (nel Pd) il candidato naturale alla carica di governatore in uno schema di centrosinistra siculo.
Paradossalmente ma non troppo, la determinazione del Pd all’accordone è pari all’indecisione di Alfano.
Il quale, pochi giorni fa, ha detto ai vertici locali del Pd che, piuttosto che entrare subito in giunta, preferirebbe andare al voto nella prossima primavera in un’alleanza col Pd.
Per due motivi.
Il primo è che in tal modo riuscirebbe a far rientrare la Sicilia in un accordo nazionale sulle amministrative (e quindi sulle politiche) perchè è chiaro che la coalizione che si presenterà alle amministrative sarà quella che poi competerà per la guida del paese.
Il secondo è che in tal modo terrebbe unito un partito che in Sicilia, come a palazzo Madama, è ormai una guerra di bande.
E in Sicilia, come a Roma, si registra l’insofferenza (crescente) di Renato Schifani.
Il quale vorrebbe prima garanzie sul cambio della legge elettorale (per votare le riforme) e in Sicilia non ha mai rinunciato al vecchio sogno di correre da governatore.
Sia come sia, la grande trattativa tra Pd e centristi è aperta.
E, a Roma come in Sicilia, dell’indecisione di Alfano approfitta quella vecchia volpe di Denis Verdini.
A Palazzo Madama ha contattato uno ad uno i malpancisti di Ncd. Per la serie: “Altro che Angelino, se venite con me allora sì che contate. Arriviamo a quota 20 e al quel punto ci spetta un ministro”.
In Sicilia il suo plenipotenziario sul territorio è Saverio Romano, ex ministro ai tempi del governo Berlusconi e per un periodo fittiano.
Romano, che in Sicilia è stato uomo forte dell’Udc di Totò Cuffaro, nell’Isola è fiero avversario della saldatura tra centro casinian-alfaniano e sinistra.
E in questi giorni sta stabilendo un’interlocuzione con la Giunta di Crocetta, con l’obiettivo di rafforzarla. Operazione di cui è al corrente Verdini ma anche Luca Lotti. È stato il potente sottosegretario a palazzo Chigi a far capire ai vertici del Pd siciliano di assecondare i desideri di Verdini (e Romano) in questi giorni complicati a palazzo Madama.
Nel suo schema uno non esclude l’altro, anzi c’è posto per tutti nel partitone della Nazione: Romano e Castiglione, Verdini e Alfano. In Sicilia come a Roma.
Questo Ponte sullo Stretto c’è già .
(da “Huffingtonpost”)
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