RUBY E LE PRIME CONFIDENZE AL CAPO EQUIPAGGIO DELLA VOLANTE CHE L’AVEVA FERMATA
IL VERBALE DELLA DEPOSIZIONE DEL POLIZIOTTO ERMES CAFARO: RUBY GLI DICE: “BERLUSCONI MI HA RIVOLTO AVANCES INTIME E MI HA DATO 15.000 EURO”…”AD ARCORE C’ERANO FESTE CON DONNE CHE SI SPOGLIAVANO”… RUBY: “IO NIPOTE DI MUBARAK? CHI VUOI CHE CI CREDA”
Ruby mi disse che il presidente “ci aveva provato” con lei», che «le aveva rivolto delle avances di tipo intimo», che «le aveva dato 15 mila euro», che ad Arcore c’erano feste «con donne che si spogliavano».
Bisogna riuscire a leggere questo sinora segreto interrogatorio del capo equipaggio della Volante «Monforte-Vittoria» Ermes Cafaro – cioè del primo poliziotto che alle ore 19 del 27 maggio 2010 ebbe la ventura di incrociare a Milano in corso Buenos Aires la ragazza denunciata per furto di 3 mila euro dalla sua ex coinquilina – per comprendere perchè il giudice Cristina Di Censo descriva Karima «Ruby» el Mahroug come una minorenne «poco controllabile», che «ben avrebbe potuto porre a rischio l’impunità » cercata dal premier attraverso la telefonata notturna ai funzionari della Questura affinchè la affidassero subito alla preannunciata consigliere regionale Pdl Nicole Minetti.
Ruby, infatti, era davvero una «bomba» pronta a «esplodere» in confidenze vertiginose al primo che passasse per strada: in questo caso, a un poliziotto in commissariato.
E in Questura già alle ore 19 sapevano benissimo che non poteva essere la nipote del presidente egiziano Mubarak.
«Io nipote di Mubarak, chi vuoi che ci creda?»
Come spesso accade, l’innesco è una battuta: il 27 maggio 2010 «in commissariato mentre sbrigavo le pratiche – testimonia dunque l’assistente di polizia Cafaro il 6 dicembre davanti al pm Antonio Sangermano – Karima mi disse che avrebbe voluto fare il carabiniere. Io ironicamente risposi che ritenevo improbabile che una cittadina marocchina senza documenti potesse accedere ai ranghi dell’Arma. Fu proprio in quel momento che la minore mi rispose che lei era una lontana parente di Mubarak e che Silvio la stava aiutando per farle ottenere i documenti. Ripetè più volte il nome “Silvio” senza che io nell’immediato ricollegassi quel nome al presidente del Consiglio». Ruby è la prima a ironizzare sulla storia di Mubarak, «ridendo disse: “Chi ci crede che una marocchina abbia la nazionalità egiziana?”, con ciò mettendo in rilievo che il riferimento a questa parentela era un escamotage per facilitare l’ottenimento dei documenti e che alla pratica ci avrebbe pensato Silvio». Ruby parla subito al poliziotto anche delle feste di Arcore.
«Ricordo perfettamente che la minore precisò che era stata accompagnata o quanto meno presentata da Lele Mora presso la residenza di Arcore», una sera in cui «c’era una festa ed era naturalmente presente Berlusconi e altre ragazze e anche persone di sesso maschile, di cui non ricordo se mi specificò i nomi. Ruby mi disse che non si era tanto divertita o comunque si era trovata a disagio, tanto che il presidente se ne accorse e le si avvicinò, chiedendole se preferiva andare via. Sempre Ruby, che era un fiume in piena, continuò a raccontare che Berlusconi, avvedutosi del disagio della ragazza, l’aveva fatta accompagnare dalla sua scorta a casa. A dire della Ruby, proprio il capo scorta le aveva consegnato una busta che lo stesso disse provenire dal presidente Berlusconi in persona. La minore raccontò che all’interno di quella busta erano contenuti 15 mila euro in contanti».
Perchè disagio?
«La ragazza disse che quella sera ad Arcore vi erano numerose donne e che alcune si erano spogliate», ma il poliziotto dice di non riuscire più a ricordarsi se «bunga bunga» fu espressione usata da lei allora o letta poi da lui sui giornali: «Quel che è certo è che mi parlò di una festa con donne che si spogliavano e di un “gioco del trenino” che definì in qualche maniera che non ricordo».
La cosa «le aveva dato fastidio» e «non aveva inteso partecipare a questo gioco», nel cui contesto «Karima mi riferì che il presidente “ci aveva provato”, lasciando chiaramente intendere che lo stesso aveva rivolto delle “avances” di tipo intimo alla Ruby, senza però specificarne il contenuto e le modalità attuative».
Ruby «aveva chiesto di andare via».
E di favorevole alla posizione del premier c’è che al poliziotto la ragazza dice subito «che il presidente non sapeva che lei fosse minorenne ed era rimasto favorevolmente impressionato dal rifiuto che lei aveva opposto alle sue “avances”, tanto che questo atteggiamento riottoso della ragazza aveva fatto nascere un’amicizia proseguita e tuttora in atto», e «tanto che Berlusconi la fece accompagnare dalla scorta e consegnare una busta con 15 mila euro dal suo capo scorta».
Un altro aspetto importante della testimonianza di Cafaro, ai fini dell’accusa a Berlusconi di concussione dei dirigenti della Questura, è che la polizia, a mezzanotte entrata in fibrillazione dopo la telefonata di Berlusconi con la «balla» su Ruby egiziana parente di Mubarak, già alle 19 sapeva invece benissimo che era marocchina, minorenne, scappata da una comunità e denunciata per furto.
Cafaro, infatti, spiega che, appena in corso Buenos Aires chiese alla ragazza le generalità , «rispose di chiamarsi El Mahroug Karima, nata in Marocco il primo novembre 1992 (data vera, ndr), danzatrice del ventre in un qualche locale milanese, e domicilio in una abitazione in via Villoresi», quella della prostituta brasiliana Michelle che aveva chiamato il premier sul suo cellulare a Parigi, che poi ospitò di nuovo Ruby benchè in teoria affidata alla Minetti, e che con Ruby il 5 giugno litigò tra reciproche accuse di meretricio.
La banca dati della polizia «mi comunicò che a carico di Karima risultava una segnalazione per allontanamento da una comunità di accoglienza in Sicilia», e «che risultava anche una precedente denuncia per furto a carico della minore
Parimenti rilevante, visto che la Questura affidò davvero alla Minetti la 17enne poi però finita di nuovo a casa della prostituta brasiliana, è il ricordo che Cafaro ha delle ben diverse disposizioni «assolutamente precise ed inequivocabili» impartite all’inizio dalla pm minorile Annamaria Fiorillo: «Dispose il collocamento presso una comunità di accoglienza, dopo che Ruby fosse stata fotosegnalata».
Se ciò non è possibile, «la prassi è trattenere il minore in Questura»: e infatti nel caso specifico «la dottoressa Fiorillo parlò della comunità La Zattera e, ove non fosse stata rinvenuta la disponibilità », come è prassi «mi autorizzò a trattenere in Questura la minore sino alla mattina successiva, quando è più facile reperire una comunità disponibile».
Tutto il contrario di quanto poi avvenne.
Al livello di lavoro di Cafaro, che è la strada, arriva da lontano l’eco dell’agitazione di Berlusconi: «Fui informato dall’assistente di polizia Landolfi, che aveva condotto la minore in Questura, che lì si erano recate delle persone per la sua situazione e che erano state fatte pressioni affinchè la ragazza fosse affidata ad una persona, di cui solo in seguito ho saputo il nome, Nicole Minetti. Landolfi mi riferì che dalla segreteria della presidenza del Consiglio erano arrivate in Questura delle telefonate, e che personale del consolato egiziano (mi sembra che Landolfi parlò di servizi segreti egiziani) si era presentato in Questura» (circostanza invece smentita dalle indagini, nessuno del consolato fu avvertito o intervenne).
Landolfi, nel lamentarsi «che gli avessi lasciato una rogna, era visibilmente impressionato dalla mole di interventi che avevano caratterizzato la vicenda della minore, tanto che scherzando mi disse: “Vuoi vedere che questa lo conosce veramente Mubarak?”».
Nell’interrogatorio il pm chiede conto a Cafaro di frasi «fuori cornetta» registrate al 113 mentre era in attesa al telefono, 6 minuti dopo mezzanotte: lo si sente mormorare «nipote di Mubarak», e dire «ora me ne vado ai servizi segreti, ho deciso».
«È evidente – risponde Cafaro – che io fuori microfono ho fatto un cenno a ciò che la minore mi aveva detto proprio in riferimento al presidente egiziano. Ho anche fatto dei riferimenti scherzosi che non hanno alcuna attinenza alla realtà , in particolare quando accenno alla eventualità che io vada a lavorare presso i servizi segreti».
Luigi Ferrarella, Giuseppe Guastella
(da “Il Corriere della Sera“)
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