SALVINI, BERLUSCONI E LA QUARTA GAMBA: LA TRATTATIVA PER LE POLTRONE
IL LEGHISTA STREPITA SOLO PER FAR SAPERE CHE E’ ANCORA VIVO, MA ORMAI I GIOCHI CENTRISTI SONO FATTI E DOVRA’ SOPPORTARE PURE TOSI
A leggerla così, tutto d’un fiato, la dichiarazione di Salvini sembrerebbe davvero ultimativa. Sembrerebbe. U
na specie di game over sul film andato in scena negli ultimi giorni, complice l’assenza della grande politica dal palinsesto, ovvero la cosiddetta “quarta gamba” del centrodestra. In mattinata, in un’intervista a Repubblica, aveva sciorinato un repertorio altrettanto ultimativo su “poltronari”, “autoriciclati”, “presunti responsabili che in questi anni hanno votato la fiducia ai governi di centrosinistra”.
In verità , non solo non c’è nessun game over, ma siamo solo all’inizio di una lunga trattativa su liste, assetti e, perchè no, poltrone, fatta di posizionamenti, asticelle negoziali poste in alto, minacce di rottura.
Per orientarsi in questa “trattativa” occorre tener presenti due questioni.
Una di carattere politico generale, che spiega i toni sempre un po’ sopra le righe del leader della Lega su tutto. E riguarda l’esigenza (di Salvini) di non adeguarsi e appiattirsi sullo schema — e sulla narrazione — berlusconiani, di un centrodestra uguale, nell’assetto, nella leadership e nelle parole d’ordine a quello degli ultimi vent’anni. Insomma, Berlusconi-centrico.
Assetto, parole d’ordine e rinnovato protagonismo del Cavaliere che hanno già prodotto effetti nei sondaggi con Forza Italia stabilmente sopra il 16 e stabilmente primo partito nel centrodestra.
L’altra esigenza ha a che fare con la “sostenibilità “, da parte di Salvini, dell’operazione quarta gamba, da sempre mal digerita perchè, detta in modo un tranchant, rischia di togliere posti nei collegi e anche spazio politico alla Lega (vai alla voce: sud).
La verità è che il veto non riguarda la “quarta gamba” tout court, ma alcuni dei suoi protagonisti. Uno su tutti: Flavio Tosi.
Fonti leghiste assolutamente affidabili spiegano che il nome dell’ex sindaco di Verona ha su Salvini l’effetto che un manto rosso produce su un toro: “Solo su quello si rischia la rottura vera”.
I motivi sono fin troppo evidenti: Tosi, che sulla sua candidatura alle regionali consumò il suo strappo con la Lega, andrebbe a togliere consenso al Carroccio e ai suoi candidati nella regione dove — è una certezza più che una probabilità — Salvini farà il pieno degli eletti.
Sugli altri la questione è più complessa.
Problematica da accettare anche la candidatura di Enrico Zanetti, che è stato a lungo nel governo Renzi, anche se non al punto da provocare rotture drammatiche.
Già accettato invece il nome di Maurizio Lupi, il cui sostegno al governo Letta prima e Renzi poi, di cui ha fatto parte fino alla vicenda del rolex al figlio, è caduto nell’oblio in virtù di una solida collaborazione in regione Lombardia, dove Lega e Cl gestiscono da anni governo, potere e “poltrone”.
Ecco, c’è “riciclato” e “riciclato” nella bilancia leghista con tanti pesi e tante misure. Dice una fonte alta vicina a Berlusconi: “Il punto è molto semplice. Salvini, nel dire che ha solo due interlocutori, ovvero la Meloni e Berlusconi, vuole scaricare il costo dell’operazione sugli altri e non pagare in termini di collegi. Dice: se li volete, date posti vostri, caricateveli voi”.
E qui il ragionamento (e la trattativa) incrocia la manovra centrista.
Silvio Berlusconi ha dato la sua benedizione a fondere le forze in un unico contenitore, dove staranno assieme l’Udc di Lorenzo Cesa (lo scudo crociato da solo vale mezzo punto in percentuale) e “Noi con l’Italia” di Fitto e Lupi.
Al momento dalla lista restano fuori Sgarbi e Parisi, due che peraltro non creano alcun problema a Salvini.
L’obiettivo della fusione è provare raggiungere il tre per cento al proporzionale. Ed è proprio sul proporzionale che ognuno potrà mettere chi vuole, senza veti.
A partire da Tosi, il cui problema è stato già affrontato e che sarà candidato (nel proporzionale appunto) lontano dalla Padania.
Ecco: è solo una trattativa. Ed è solo all’inizio.
(da “Huffingtonpost”)
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