SAN FERDINANDO, 100 GIORNI DOPO: FINITO LO SPOTTONE TV, LA RUSPA DI SALVINI HA TRASFORMATO LA BARACCOPOLI IN DISCARICA
LE RUSPE PER LO SHOW SONO COSTATE 40 EURO E I MIGRANTI CHE VOLEVA CACCIARE SI SONO SPOSTATI DI 150 METRI
L’orizzonte nell’area industriale della piana di Gioia Tauro, dal lato di San Ferdinando, è una, due, decine di cataste di rifiuti.
Pannelli di legno, cartoni, materassi, lamiere di amianto, reti accartocciate, tendoni, stracci, ammassati in grossi cumuli che occhieggiano dall’erba ogni giorno un po’ più alta. Quel che resta della baraccopoli di San Ferdinando, sgomberata il 6 marzo scorso con grande ribalta mediatica e tweet entusiasta del ministro dell’interno Matteo Salvini, è ancora lì.
Seicento gli uomini utilizzati, reparti in tenuta antisommossa, 18 pullman per portare via i circa, secondo la Questura, 600 migranti (secondo la Usb molti meno, secondo Salvini 900) che erano rimasti ad abitarvi e gli elicotteri a presidiare la zona dall’alto.
Oggi a quasi quattro mesi da quel giorno in cui, a colpi di ruspa, fu abbattuto il ghetto in cui per anni hanno vissuto migliaia di migranti – in gran parte braccianti della piana di Rosarno utilizzati per la raccolta di arance e clementine – l’area non è stata ancora ripulita.
E chissà quanto altro tempo dovrà passare perchè al Municipio arrivino i soldi necessari all’intervento.
Il Viminale, spiega ad HuffPost il sindaco Andrea Tripodi, ha stanziato 350.000 euro, ma per poterli ottenere “e avviare le procedure per la gara, devo rendicontare come sono stati impiegati negli anni scorsi, ai tempi in cui il ministro dell’interno era Marco Minniti, i fondi ricevuti per il superamento delle condizioni di degrado legate alla presenza massiva dei migranti, ”, aggiunge Tripodi, sindaco di San Ferdinando per la terza volta.
Richiesta “giusta, per carita”, rendicontazione “avviata, fortunatamente possiamo contare sul supporto della Prefettura”, ma, ammette il sindaco, “ci sono lentezze da parte mia legate ad uno stato di deprivazione del Comune, in passato sciolto tre volte per infiltrazioni mafiose, con una pianta organica inadeguata sul piano numerico e professionale”.
Difficile fare previsioni sui tempi in cui si potrà procedere a ripulire l’area, oggi sorta di discarica a cielo aperto, sulla quale sorgeva la baraccopoli. E che dopo andrà anche bonificata, considerato l’amianto contenuto nelle lastre di eternit utilizzate dai migranti per costruire le baracche abusive andate a fuoco nei tanti roghi che si sono sviluppati nel ghetto, nei quali solo nel 2018 sono morte tre persone.
Al Municipio hanno calcolato che per raccogliere e smaltire i rifiuti depositati nell’area servono 367.000 euro, “al netto della bonifica”.
Al Ministero dell’interno ne hanno messi a disposizione 350.000: come si fa? Si riuscirà a realizzare l’intervento?
“Con i ribassi potremmo anche farcela – risponde Tripodi – e comunque presentando la rendicontazione magari riusciamo ad ottenere anche altri fondi”.
Tra le voci da inserire nell’elenco da inviare al Viminale anche 40.000 euro impiegati per pagare le ruspe inviate dall’esercito per abbattere le baracche, “le ruspe tanto care a Salvini”, commenta Tripodi, che per ripulire l’area dell’ex ghetto dai rifiuti lasciati dopo lo sgombero, confida nelle legge “Sblocca cantieri”, “pur ritenendola una norma ripugnante, pensata dai leghisti per accarezzare gli interessi del loro elettorato, potrebbe permetterci di agire più rapidamente”.
La questione migranti a San Ferdinando è tutt’altro che risolta. Tanti che prima avevano trovato riparo nell’ex ghetto sgomberato sono stati accolti nella tendopoli che sorge dirimpetto, a circa 150 metri. Allestita nell’agosto 2017, dal Comune in sinergia con Prefettura, Questura e Regione Calabria, “doveva rappresentare una soluzione temporanea, una risposta di civiltà allo spettacolo indecoroso della baraccopoli”, tiene a precisare il sindaco. E invece oggi anch’essa “presenta molte criticità ”.
Dentro e fuori dal recinto che ne delimita il perimetro, allargatosi rispetto a quello originario.
“Il clima umano, collaborativo e sorridente, che c’era all’inizio si è gradualmente degradato e nella struttura è diventato meno agevole far rispettare le regole”, spiega Tripodi.
Il risultato è che la convivenza, a San Ferdinando e dintorni, si è fatta più difficile “e non posso certo aspettarmi risposte organiche e articolate da questo Governo, che ha sentimenti xenofobi ispirati da darwinismo della sazietà e dell’esclusione”, va avanti il sindaco, che non nasconde “la repulsione e la ripugnanza culturale, noi figli e portatori dell’umanesimo mediterraneo, quando sento ripetere “Prima gli italiani”.
Tripodi consegna l’intenzione di “superare gradualmente la tendopoli” in direzione dell’alloggiamento diffuso attraverso l’apertura delle case sfitte – soluzione indicata da molti tra istituzioni, sindacati e associazioni – “ma anche per questo devono essere garantiti lavoro e produttività , al riparo da umoralità xenofobe. Questa è una realtà contadina, accanto a tanta generosità ci sono anche sentimenti di esclusione”, precisa il sindaco.
Convinto che la presenza dei migranti avrebbe potuto tradursi nell’occasione per pianificare, “finalmente”, lo sviluppo dell’area sulla base delle potenzialità del territorio mettendo al centro il tema del lavoro. L’opportunità è andata sprecata. E la situazione si fa via via più critica.
Per questo “dobbiamo creare sinergie che ci consentano di modificare una realtà difficile” sulla quale si addensa anche quella che Tripodi definisce “la nebulosa opprimente” della mafia. Di qui l’appello a Salvini e al Governo: “Affrancate questo territorio dalle presenze mafiose e vedrete le possibilità che si libereranno”
E intanto c’è da rimuovere i rifiuti dell’ex baraccopoli.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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