SE IL PDL NON MUORE, “FORZA ITALIA†NASCE CON OLTRE 100 MILIONI DI DEBITI
IN CASO DI DIVORZIO IL PROBLEMA SONO GLI ALIMENTI… SE SI SCIOGLIESSE, IL PDL PERDEREBBE I RIMBORSI ELETTORALI DI 25 MILIONI L’ANNO
Un divorzio, si sa, può costare assai più di un matrimonio. Un fatto che dovrebbero tener presente falchi, colombe e anche il resto dei volatili che s’affannano nella gabbia del Pdl.
Certo c’è chi vorrebbe rispondere solo alle ragioni dell’amore — come Antonio Martino che chiede subito il gruppo di Forza Italia “per fare chiarezza” e mette a verbale che “Alfano non può essere il leader” — ma la forza delle cose ha una sua durezza di diamante: non si sa ancora come finirà , ma i soldi — e i voti — consigliano l’unità dei berlusconiani.
“Forza Italia a noi non interessa più: sarebbe un dannoso ritorno al passato, dobbiamo pensare al Ppe”, invoca Giuseppe Castiglione, senatore e sottosegretario all’Agricoltura, tra i protagonisti del ribaltone anti-B.
CONGRESSO
“Congresso in tempi brevi, magari in primavera, con un Comitato di garanzia che sarà scelto da Berlusconi”, dice invece Francesco Nitto Palma, falco (“ma io preferisco gatto”, si raccomanda) e fautore del ritorno all’azzurro.
“Il nuovo partito deve essere guidato da Angelino Alfano, tutte le decisioni dirimenti dovranno essere prese a maggioranza e una volta assunte non potranno essere cambiate in modo umorale” , mette a verbale invece Fabrizio Cicchitto, che gioca sempre più il ruolo che fu di Italo Bocchino durante la scissione finiana.
Il vicepremier vuole, detto volgarmente, potere di firma su candidature e finanze: sotto quale nome dovrà regnare, da questo punto di vista, è poco rilevante.
Nel frattempo, i vertici si susseguono ai vertici, le riunioni carbonare alle riunioni carbonare, le chiacchierate sui divanetti del Transatlantico alle telefonate sussurrate. E, sempre, si finisce per sbattere sulla realtà .
I SOLDI
“Se si scioglie il Pdl non possiamo riscuotere le altre rate dei rimborsi elettorali”.
È l’avvertimento che Maurizio Bianconi, sanguigno tesoriere del Popolo delle Libertà , falchissimo, aveva lanciato qualche tempo fa ai suoi colleghi.
Mica poco: tra tutte le voci si arriva attorno ai 25 milioni l’anno.
Insomma, se la scissione la fanno i “forzisti” e il simbolo del partito rimane ad Alfano e ai suoi, pure il finanziamento rimane agli odiati “traditori”.
E se invece Silvio Berlusconi scioglie legalmente il Pdl e rinuncia ai rimborsi? Neanche a parlarne.
Perchè? Semplice: il partito non avrebbe un euro, e questo potrebbe anche sopportarlo, ma in quel modo il Cavaliere rischia di perderci oltre 120 milioni di euro (oltre i 15 buttati quest’anno per pagare un vecchio debito).
SPIEGAZIONE
Il buon Silvio — risulta dall’ultimo bilancio — ha garantito fidejussioni al Pdl per 14,8 milioni e gli ha pure firmato un “prestito infruttifero” da 2,8 milioni.
Se dà il via libera ai falchi per creare il partito dei duri e puri quei soldi rischia di non vederli più.
D’altronde, “qui non c’è più una lira”, sintetizzò il solito Bianconi a giugno. Non solo. Forza Italia, come forse il lettore non sa, è ancora viva e ha pure un bilancio pessimo: il 2012 — secondo il conti del commissario Sandro Bondi — si è chiuso con un rosso di 25,5 milioni e un disavanzo patrimoniale di 65,9 milioni.
Numeri che s’addensano come nubi su palazzo Grazioli, perchè qui il munifico Berlusconi ha davvero largheggiato: le fidejussioni che ha sottoscritto per la sua prima creatura politica ammontano infatti a 102,7 milioni.
La nuova Forza Italia “scissionista”, insomma, rischia di costargli un patrimonio.
I VOTI
Sono invece il motivo per cui Angelino Alfano non ha portato fino in fondo la minaccia dei gruppi autonomi: lui i voti non li ha o, meglio, ne ha troppo pochi (d’altronde pure i soldi, uscendo, gli sarebbero mancati assai).
“Facessero i gruppi così in primavera, alle europee, li spazziamo via”, avvertiva Raffaele Fitto, finito tra i falchi per la sua inimicizia nei confronti del vicepremier nonostante il purissimo pedigree democristiano ne facciano un “diversamente berlusconiano” di diritto.
Un conto, infatti, è guadagnarsi la fiducia di una settantina o più di parlamentari impauriti di essere mandati a casa dopo solo un anno, altro presentare un nuovo simbolo alle elezioni (I Popolari?) contro un Silvio Berlusconi incattivito: un risultato alla Futuro e Libertà era quasi certo.
Alfano, però, non ha lasciato la casa del padre, vuole ereditarla standoci dentro e, dicono i suoi, ora ha finalmente il consenso dell’anziano genitore: “Ha stravinto, li ha fregati tutti, se non lo dicessi sarei un deficiente — ha spiegato ieri Gianfranco Miccichè, un altro arcinemico di Angelino — Ma non mi inchino al nuovo re, anche perchè se lo facessi mi taglierebbe testa”.
Non la sua, eppure sull’altare dell’unità è probabile che qualche testa salti davvero.
Marco Palombi
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