SI ALLARGA IL FRONTE ANTI-RENZI, ASSEDIO SUL CAMBIO LEADER E NON POTEVA MANCARE CHI PENSA A MINNITI
PRODI E VELTRONI PER UNA SVOLTA, ORLANDO PUNTA SU GENTILONI, PISAPIA VEDE GRASSO… CON MINNITI SI TOGLIEREBBERO IL PROBLEMA, ESEQUIE DEL PD GARANTITE
L’operazione ribaltone è in campo, il problema è che i “congiurati” remano senza un briciolo di sincronia.
“Dopo questa sconfitta è impossibile fare finta di nulla – detta la linea ai suoi Andrea Orlando – Matteo deve capire che così si perde. Dobbiamo allargare il centrosinistra, individuando una figura capace di unire la coalizione”.
Ha in mente Paolo Gentiloni, anche se il diretto interessato non ha alcuna intenzione di “sacrificarsi”.
La spalla ideale del piano sarebbe Dario Franceschini, che però nel day after della disfatta chiama Renzi per avvertirlo di quanto dirà per smarcarsi: “L’accordo con i bersaniani è ineludibile, oppure saremo destinati alla sconfitta. Ma nessuno mette in discussione la leadership del segretario”.
Solo il segnale di un padre nobile del Pd, a questo punto, potrebbe spostare davvero gli equilibri. Tutti attendono un cenno di Walter Veltroni, che stasera presenterà il suo libro a Cartabianca. E che coltiva un legame sempre più stretto con l’altro vero “indiziato” per un’eventuale staffetta alla guida del centrosinistra: Marco Minniti.
Tessere una tela attorno al Nazareno, per costringere il segretario all’alleanza con Mdp e sfilargli anche la pettorina da candidato premier: questo è il sogno degli antirenziani di vecchio e nuovo conio.
“Se Renzi decide davvero di fare spazio a Gentiloni – sorride Denis Verdini, a zonzo nel cuore della Capitale – vedrete che Paolo farà come il nonno, quello del patto Gentiloni: favorirà un nuovo accordo di sistema…”.
La verità è che il progetto a favore dell’attuale premier assomiglia a una mission impossible. Prevede innanzitutto una raffica di “sfiducie pubbliche” contro il segretario dem, travestite da appelli alla responsabilità .
Dovesse fallire, il Guardasigilli lancerebbe anche un piano B, che ha la forma dell’arma finale: un evento politico aperto alla galassia di sinistra per una nuova, clamorosa frattura nel campo del centrosinistra.
L’operazione ribaltone si trasmette come un virus sul display degli altri ministri dem.
E conquista alleati nella classe dirigente battuta da Renzi. Tra loro c’è Gianni Cuperlo, che spinge per affidare a una commissione di figure super partes la ricerca dell’unità .
“Il voto siciliano – spiegava ieri a un collega in Transatlantico – dice che Pd e Mdp hanno perso entrambi. A questo punto ‘Houston, abbiamo un problema’. E dalla terra non possiamo discutere su chi ha sbagliato a costruire la navicella, dobbiamo mettere in salvo il centrosinistra, altrimenti la sconfitta sarà tragica”.
Per riuscire nell’operazione, però, servirebbe arruolare alla causa almeno Franceschini.
Il ministro per adesso si muove con cautela. Nulla di strano, come tutti conosce le leggi della politica e ha ben chiaro il potere affidato dal Rosatellum al segretario nella costruzione delle liste.
L’accorato appello all’unità con Mdp, non a caso, va a braccetto con il riconoscimento della leadership renziana. Il nodo, ovviamente, resta quello della premiership.
E anche su questo punto il ministro della Cultura procede con passo felpato: “Non mi sembra un problema, è stato Renzi a dire che non è necessario che sia lui il candidato premier”.
Il punto è che i bersaniani considerano insufficiente “depotenziare” il ruolo del segretario per siglare un’intesa. Mdp pretende una “discontinuità ” netta, che significa mettere da parte Renzi a favore di un nuovo candidato unitario a Palazzo Chigi.
Giuliano Pisapia, intanto, continua a pensare che dopo il voto sull’Isola il tappo possa saltare per davvero. Ma siccome il rebus diventa di ora in ora più infernale, l’ex sindaco incontra Pietro Grasso e discute della strada più agevole per avviare un progetto comune. La guida sarebbe affidata proprio al Presidente del Senato, che nel frattempo duella ruvidamente con i renziani: “Imputarmi il risultato siciliano mette in chiaro – è una patetica scusa, utile solo ad impedire altre e più approfondite riflessioni”.
Per paradosso, insomma, i tentennamenti nel Pd rafforzano il progetto di una sinistra “da Vendola a Pisapia”, nonostante la brutta performance sull’Isola.
È la linea dello scontro finale sostenuta ormai da mesi da Massimo D’Alema. Toccherà ai bersaniani, già oggi, riunire la direzione nazionale del nuovo soggetto per pianificare le prossime mosse in vista dell’assemblea pubblica in agenda il prossimo 19 novembre, il punto di non ritorno nel progetto di un’alternativa di sinistra.
Soltanto un miracolo, a questo punto, può fermare questa dinamica fratricida. Oppure una levata di scudi generale contro il leader di Rignano. In questo scenario, la “carta Minniti” potrebbe spuntare dal mazzo. Con il passare delle ore, il titolare del Viminale conquista consensi crescenti nel Pd.
Stuzzica la voglia di unità di una fetta rilevante di sinistra. Consolida il feeling con Veltroni. Ed è pronto a far pesare la rete di rapporti istituzionali e internazionali coltivati nell’ultimo ventennio.
La sfida è aperta.
(da “La Repubblica”)
Leave a Reply