SI LAVORA SUL CONTRATTO: DI MAIO PRONTO A RINUNCIARE ALL’ABOLIZIONE DEL JOBS ACT E DELLA BUONA SCUOLA
ANCHE LA RIFORMA DELLA LEGGE FORNERO SARA’ SMUSSATA… IL CAPO POLITICO DEL M5S EVITA DI ANDARE IN FRIULI PER NON ALZARE I TONI CON I DEM
La testa M5s non è al Friuli Venezia Giulia. Luigi Di Maio non ci ha messo piede nel giorno di chiusura della campagna elettorale, non vede il successo e non può alzare i toni contro Debora Serracchiani essendo il governatore uscente del Pd.
Il cortocircuito sarebbe totale poichè in queste ore il capo politico grillino pensa solo al “contratto” di governo da siglare proprio con i dem.
Un contratto che potrebbe essere purificato dalle tante battaglie, come quelle contro il Jobs Act o la Buona scuola. In cambio però i pentastellati vogliono mettere per iscritto l’introduzione del reddito di cittadinanza, mentre i dem in queste ore insistono sull’ampliamento del reddito di inclusione.
Il punto di caduta è ancora da trovare. Ma la notizia è che la trattativa è partita.
Per sbrogliare la matassa non basterà quindi il consiglio dei saggi nominato dall’aspirante premier. La via maestra è una sola, sulla quale si ragiona negli uffici pentastellati: le divergenze non dovranno avere spazio.
I 5Stelle fanno già capire che, per arrivare alla chiusura del cerchio con Di Maio a palazzo Chigi, sono pronti a rivedere anche quelli che sono sempre stati i punti cardine delle loro battaglie nonchè dell’ultima campagna elettorale, compresa l’abolizione della legge Fornero.
Il tavolo deve ancora partire ma i primi messaggi sia da un lato sia dall’altro vengono già lanciati attraverso gli sherpa per capire, prima del via libera della Direzione dem del 3 maggio, i margini della trattativa e fino a che punto si è disposti a cedere.
Gli abboccamenti tra gli emissari si fanno strada. Nel contratto, al netto del fatto che ancora ci si deve sedere attorno al tavolo, con ogni probabilità non si parlerà per esempio di abolizione della riforma della Buona scuola.
“Metteremo giusto qualche ritocco”, viene spiegato da chi lavora per trovare una soluzione al complicato puzzle. E il Jobs Act? “Sarà impossibile chiedere la reintroduzione dell’articolo 18”.
Azzardo quest’ultimo speso nello sprint finale prima del voto del 4 marzo. Piuttosto si parlerà di taglio permanente del costo del lavoro a tempo indeterminato per dare più soldi in busta paga ai lavoratori e abbattere i costi per le imprese.
Rinunce e trattative, quindi.
“Siamo fiduciosi. Quello con i dem è un percorso serio”. Il capo politico va ripentendo queste parole per rassicurare il Movimento, la base in subbuglio e gli interlocutori. Questi ultimi sempre più propensi a sedersi al tavolo per iniziare una trattativa sul programma e sulla squadra di governo.
Danilo Toninelli, il capogruppo M5s a Palazzo Madama, scrive quando tanti parlamentari, che fanno seguito agli attivisti, avanzano dubbi sull’incompatibilità tra i due mondi: “Certamente con il Pd restano distanze e differenze ed è per questo che non proponiamo un’alleanza, ma un contratto vincolante per dare ai cittadini risposte concrete”. Poco cambia.
L’ammissione arriva dal deputato Andrea Colletti, voce che esce allo scoperto in queste ore di forti perplessità . “Io mi sento un pò male al pensiero di fare un contratto di governo con il Pd, sono onesto – sostiene – ed è quasi impossibile… diciamo che c’è il 20% di possibilità che questa interlocuzione vada a buon fine; e il 20% è una percentuale molto alta che fa capire la difficoltà di riuscire a concordare con questo partito che abbiamo combattuto in questi 5 anni”.
Poi avverte lo stato maggiore grillino che sta trattando in queste ore: “Non può essere un accordo al ribasso. Sappiamo che non possiamo ottenere 100 ma visti i risultati possiamo puntare al 70”.
A correggere il tiro ci pensa Alfonso Bonafede, aspirante ministro e sempre misurato nelle dichiarazioni: “Siamo gli unici che stanno cercando di costruire un dialogo finalizzato non più alle vecchie alleanze a cui siamo abituati, ma a qualcosa di nuovo: un contratto di governo”.
Il Pd, dopo che il segretario Maurizio Martina aveva lanciato le tre macroaree su cui intervenire, ovvero lavoro, povertà e famiglie, adesso fa trapelare più dettagli che rientrano sempre nei messaggi inviati al Pd per aprire una trattiva.
Chiederà che venga fatta una chiara scelta di campo europeista, per confermare l’Italia nel gruppo di testa dei paesi che vogliono una svolta politica e sociale di Bruxelles. Poi un atto d’impegno per rafforzare la democrazia rappresentativa, dando piena attuazione prima di tutto all’articolo 49 della Costituzione, quello sui partiti che non è mai stato regolamentato e attuato. Un tema su cui Pd e 5Stelle si sono scontrati duramente.
Per quanto riguarda l’agenda economica e sociale il Pd chiederà di non parlare di reddito di cittadinanza, ma di assegno universale per le famiglie con figli ed estensione del Reddito di inclusione voluto dai dem durante i governi passati.
Per i grillini sarà importante però rivendicare la vittoria su quello che è il principio chiave di tutta la politica pentastellati. Su tutto il resto sono pronti a cedere.
(da “Huffingtonpost”)
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