SIAMO IL PAESE DEI GIOVANI “NEETS”: NESSUNO IN EUROPA PEGGIO DI NOI
DATI EUROSTAT: BATTIAMO TUTTI PER NUMERO DI GIOVANI DISOCCUPATI CHE NON VANNO A SCUOLA NE’ IMPARANO UN MESTIERE… DAL 2008 SONO AUMENTATI DI SETTE PUNTI PERCENTUALI
Finalmente c’è una classifica in cui l’Italia batte tutti, nell’Unione europea. Purtroppo, però, è una di quelle gare in cui vince il peggiore.
Ieri il nostro Paese si è visto infatti aggiudicare da Eurostat il primo posto dell’Unione Europea per giovani Neets, acronimo che sta per “Neither in employment nor in education or training”: persone che non lavorano, non studiano e non imparano alcun lavoro, neppure in modo informale.
La percentuale di Neets italiani tra i 15 e i 24 anni supera infatti il 22 per cento: oltre un ragazzo su 5 si trova in questa condizione.
Battiamo, in questa classifica, perfino la Bulgaria, la Grecia e Cipro; ultimi arrivati — cioè quelli che stanno meglio — Germania, Danimarca, Olanda e Lussemburgo.
La media europea è del 13.
La Repubblica federale tedesca e il Granducato sono anche gli unici due paesi in cui dal 2008 al 2013 il numero di Neets under 25 è in discesa; spaventoso invece l’aumento che si è verificato nello stesso periodo in Italia (più sette punti).
Non meglio vanno le cose nella fascia di età successiva, quella tra i 25 e i 29 anni: qui il Paese maglia nera è la Grecia, ma noi veniamo subito dopo con una percentuale di Neets pari al 33 per cento: un terzo esatto.
Un quadro in cui a pagare di più sono le donne, che in questa classifica raggiungono addirittura il 39 per cento (i maschi invece sono al 28).
Secondo Eurostat, la percentuale di Neets «rappresenta un indice dello scollegamento tra le persone e il mondo del lavoro» ed è «strettamente collegata con il rischio di esclusione sociale».
Il fenomeno dei Neets infatti, spiega la letteratura sociologica che negli ultimi anni si è sviluppata sul tema, non indica soltanto un problema di disoccupazione e di abbandono scolastico, ma anche una condizione psicologica di “distacco sfiduciato”: il Neet, non formandosi in vista di alcun lavoro, ha rinunciato di fatto anche alla speranza di un inserimento sociale.
In termini assoluti, questa condizione riguarda in Italia oltre due milioni di persone. Ciò nonostante la questione non è al centro del dibattito politico, mentre in altri Paesi europei che pure soffrono di meno il fenomeno, il confronto pubblico in merito è ampio: in Gran Bretagna, ad esempio, è uno dei temi su cui si confrontano il leader dell’opposizione laburista Ed Milliband e il primo ministro uscente conservatore David Cameron, che ha appena lanciato un progetto per affrontare la questione.
A livello Ue, la Commissione ha dato il via da tempo a diversi programmi per coinvolgere aziende, scuole e parti sociali per favorire il ritorno dei Neet a scuola e creare contatti con il mercato del lavoro: finora con scarsi risultati, peraltro, visto che i Neets sono in aumento in quasi tutta l’Unione.
Alessandro Gilioli
(da “L’Espresso“)
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