SMOTTAMENTO CINQUESTELLE, VOCI SU ALTRI ADDII, MA IL MES ERA SOLO UN PRETESTO, CE L’HANNO CON DI MAIO
SOTTO ACCUSA LA GESTIONE VERTICISTICA DI DI MAIO… E LE PROMESSE DI ESSERE CANDIDATI NELLA LEGA FANNO IL RESTO
“Siamo stati sistematicamente i-g-n-o-r-a-t-i!”. Ugo Grassi urla nella penombra di un corridoio accanto all’aula del Senato. Urla il senatore dei 5 stelle, mentre il primo presidente della Repubblica Enrico De Nicola lo osserva con un’espressione quasi divertita da un busto bronzeo appena un metro più in là , mentre il volto del compagno di partito Francesco Urraro, in carne e ossa di fronte a lui, è pietrificato. “Glie l’ho detto ad Alfonso che quelle norme erano incostituzionali”, continua ad alzare la voce, a gesticolare, accennando a un colloquio di sfuggita avuto con il ministro Bonafede. “Glie l’ho detto – continua – non mi ha mai risposto”.
Il voto sul Mes è stato il vaso di Pandora che ha stappato i miasmi del partito pentastellato. La marmellata gialla cola da tutte le parti. Grassi certificherà di lì a poco il suo addio di fatto al Movimento, non votando il testo della maggioranza e dando disco verde a quello del centrodestra. Ma sono in quattro a smottare. C’è Urraro, elegante avvocato napoletano a dire di no. Silente e abbottonato, il borsino di giornata dà anche lui in avvicinamento al Carroccio. C’è Gianluigi Paragone, che spiega che il suo voto in dissenso è frutto delle sue storiche posizioni eurocritiche e che no, questo non vuol dire che lascerà i 5 stelle. C’è infine lo spoletino Stefano Lucidi, che nel minuto a disposizione si alza, isolato dai colleghi, e intona un j’accuse interrotto dalle urla dei suoi compagni: “Una cosa ha sempre premiato i 5 stelle, la coerenza. E siccome qualche elezione la stiamo perdendo, io qualche domanda me la farei”. Si interrompe. Vede un pentastellato urlargli contro, muove il palmo della mano dall’alto verso il basso: “Stai calmo, stai molto calmo!”. Riprende tirando una bordata ad effetto: “Le elezioni in Umbria sono state un esperimento. Non sono una cavia nè un criceto. Esco dalla ruota e voto no”.
In molti in sala Garibaldi, il Transatlantico del Senato, notano malignamente come nel giorno clou Luigi Di Maio non stia a Roma, ma in missione in Albania. Da Tirana il capo politico M5s decide di reagire stroncando sul nascere la fronda, facendole terra bruciata intorno: “Matteo Salvini ha deciso di aprire il mercato delle vacche. Mi auguro che a questo mercato non partecipi nessuno.
Paragona quel che succede oggi con “quel che faceva Berlusconi con De Gregorio”, si augura che “qualora ci fossero gli estremi la magistratura verifichi”. Alla buvette Alberto Airola scuote la testa nel sentire le voci su altri dei suoi che potrebbero trasmigrare. Il suo attacco è anche una frecciata alla leadership: “Da noi c’è molto verticismo, ma se ne vanno nella Lega, dove non c’è nient’altro che il vertice”.
“Una casa frana sempre e solo dall’interno”, scriveva il poeta Charles Pèguy.
Per ora è uno smottamento. Grassi è già con la testa da un’altra parte: “Qualche tempo fa ho parlato con Salvini – racconta – Gli ho chiesto cosa gli avrebbero fatto i suoi se avesse perso 6 milioni di voti e mi ha risposto che lo avrebbero defenestrato”. Urraro potrebbe seguirlo, Lucidi sta decidendo in queste ore.
Solo il lavoro di Federico D’Incà , ministro per i Rapporti con il Parlamento, e di un altro paio di mediatori ha sventato il passaggio di Luigi Di Marzio al Misto.
Lo stesso ministro che di buon mattino aveva capito che la palla di neve poteva trasformarsi in valanga, e aveva recapitato un messaggio in bottiglia a Forza Italia e ai centristi: “I numeri sono bassi, qualche vostra assenza potrebbe aiutare (saranno in otto gli azzurri che non parteciperanno al voto).
“Il problema non è il Mes – spiega un senatore bevendo un’aranciata in buvette – il problema è che Luigi governa come fosse a capo di un Politbjuro. Ma se dico Politbjuro ai miei colleghi nemmeno capiscono che significa, capisci come stiamo messi?”.
Qualcuno chiede velenoso “ma perchè, Urraro è dei 5 stelle?”, qualcun altro sibila che “Grassi e Urraro hanno già un posto in lista in Campania”.
Molti però capiscono la scelta: “Luigi si è chiuso in un isolamento stupido”, dice un gruppetto di pentastellati.
C’è chi dà in uscita anche Virginia La Mura, chi fa notare che la sarda Vittoria Deledda non ha partecipato al voto sulla mozione, chi punta il dito contro Emiliano Feno, isolano anche lui, chi guarda a Alfonso Ciampolillo, anch’egli non votante.
Il tutto al netto di Paragone, che al momento non ha nessuna intenzione di fare le valige, e di Elio Lannutti, che un collega etichetta come “totalmente fuori controllo”. I senatori escono dall’aula quasi zompettando, gongolanti perchè la spallata di Matteo Salvini non ha dato i frutti sperati. Per sapere se il sorriso si trasformerà in un ghigno di disapprovazione bisognerà attendere le prossime settimane.
(da “Huffingtonpost”)
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