SONDAGGIO DEMOPOLIS: SCENDE IL PD 36,3%, SALGONO M5S 19,7% E FORZA ITALIA 15,8%, CALANO LA LEGA 13% E FRATELLI D’ITALIA 3,3%
SCENDE DI ALTRI 4 PUNTI LA FIDUCIA NEL PREMIER RENZI
Viviamo tempi tragici, segnati dal sanguinoso assalto a Charlie Hebdo, due settimane fa. Mentre in Italia ci attendono scelte meno drammatiche ma, comunque, determinanti per il nostro futuro. Anzitutto, l’elezione del Presidente della Repubblica e l’approvazione della nuova legge elettorale.
Eppure il clima d’opinione, rilevato dal sondaggio di Demos per l’Atlante Politico, non fa emergere eccessivi turbamenti.
Semmai, alcuni cambiamenti, non del tutto prevedibili. E solo in parte coerenti con la fase recente.
Il Pd, nelle stime di voto, pur perdendo qualcosa rispetto a un mese fa, resta sopra il 36%. Tutti gli altri seguono a grande distanza.
Per primo, il M5s. Nonostante le tensioni e le divisioni interne, è risalito, di poco. E sfiora il 20%.
Ma le maggiori novità si osservano nel centro-destra.
Forza Italia, dopo il declino degli ultimi mesi, è risalita di oltre due punti. Ora è vicina al 16% (15,8%).
Ma, soprattutto, lascia indietro la Lega di Salvini. Sembrava in corsia di sorpasso. Inarrestabile. E invece si ferma al 13%. Un po’ meno di un mese fa.
Tutte le altre forze (e aree politiche) stazionano, sulle posizioni precedenti.
Ad eccezione di Sel e della Sinistra, che arretrano di oltre 2 punti. Attestandosi sul 4%
Si tratta, ripeto, di tendenze in parte inattese.
Partiamo dalla Lega. L’ondata emotiva sollevata dall’eccidio di Parigi e dalle tensioni intorno ai flussi migratori non sembra averne alimentato i consensi. Anche se, in effetti, nell’ultimo anno, sono aumentati i timori suscitati dagli sbarchi.
E dalla presenza degli immigrati. Percepiti come una minaccia all’ordine pubblico (34%), all’identità religiosa (30%), ma soprattutto all’occupazione (36%).
A conferma che le preoccupazioni maggiori, per i cittadini, vengono dalla crisi economica. Dalla disoccupazione.
Mentre la “minaccia islamica”, il terrorismo non sembrano spaventare troppo. Almeno per ora. Così, la Destra le penista di Salvini lascia spazio alla Destra filogovernativa.
Che oggi non si limita più al Ncd. Ma comprende, appunto, Forza Italia. Silvio Berlusconi. Che, nei giorni scorsi, al Senato, ha garantito i voti necessari alla riforma elettorale.
Berlusconi, d’altronde, ha ripetuto, anche di recente, l’auspicio di poter guidare la corrente azzurra del Partito della Nazione.
Traduzione politica dell’accordo stretto, giusto un anno fa, da Renzi e Berlusconi.
Il Patto del Nazareno: PdN. La stessa sigla del “Partito della Nazione”.
Una prospettiva che sembra avere restituito fiato a Berlusconi e a Fi.
Mentre sta sollevando qualche problema di consenso al governo e al premier. E qualche dubbio fra gli elettori del Pd.
Secondo l’Atlante Politico di Demos, infatti, il gradimento del governo sarebbe sceso al 42% e la fiducia nei confronti di Matteo Renzi al 46%. In entrambi i casi, si tratterebbe di un calo di 4 punti in un mese. Ma di oltre 10, rispetto a settembre e di quasi 30% rispetto a giugno. All’indomani della vittoria alle Europee. Il momento di massimo consenso per Renzi e il suo governo. I quali, evidentemente, soffrono le conseguenze della crisi.
Il Jobs Act, la principale riforma avviata per dare risposta ai problemi dell’occupazione e del mercato del lavoro, non ha ancora prodotto effetti visibili. Ma ha, invece, aperto divisioni profonde, nella società e nei rapporti con il sindacato.
Così, dopo tante attese, questo è il tempo della delusione e del dissenso.
Che appannano l’immagine di Renzi e del suo governo. E alimentano la base elettorale del M5s. Megafono e amplificatore del disagio. Politico e sociale.
Renzi, peraltro, appare incalzato dal dissenso che sale dalla sinistra del Pd.
Dove il malessere verso il PdN e, soprattutto, verso il leader della corrente azzurra risulta ampio e visibile. Il gradimento di Berlusconi fra gli elettori del Pd è, infatti, limitato al 12%.
Fra gli altri leader – per grado di “sfiducia” – lo supera solo Grillo. Semmai, è interessante osservare come lo stesso Nichi Vendola disponga, nella base democratica, di un consenso ridotto: 23%. Simile a quello di Giorgia Meloni e Matteo Salvini.
Anche se il leader di Sel è tra i riferimenti del nuovo soggetto politico di sinistra a cui guardano i parlamentari e i militanti del Pd in polemica e dissenso con Renzi – e il suo PD (R).
Il sondaggio di Demos, però, suggerisce che, per ora, queste divisioni interne non abbiano indebolito il Pd.
Che mantiene un livello di consensi molto elevato. Nettamente superiore agli altri partiti.
Lo stesso Renzi, il segretario-premier, ha visto il proprio consenso personale indebolirsi sensibilmente, negli ultimi mesi. Ma resta ancora nettamente al di sopra di tutti gli altri leader. “Inseguito” (a distanza) solo da Salvini. Mentre, sul piano politico ed elettorale, l’opposizione al Pd è condotta, principalmente, dal M5s e dalla Ligue Nationale, di Salvini.
A sinistra, invece, l’attuale offerta politica non appare ancora in grado di attrarre – e allargare – il dissenso interno al Pd. Così, per quanto indeboliti, Renzi e il Pd (R) sembrano ancora senza alternativa. E senza opposizione.
O meglio, sfidati da un’opposizione anti-europea e/o xenofoba (nel caso della Lega) che, per questo, difficilmente possono presentarsi come alternativa “di governo”. In Italia e, ovviamente, in Europa.
D’altro canto, Renzi guida una maggioranza a “geometria variabile”. Che gli permette di surrogare le defezioni interne con il sostegno di altri soggetti politici, per ora, esterni al Pd. Come Berlusconi. Appunto.
Insomma, Renzi governa questo “Paese impreciso” (come lo ha definito Edmondo Berselli) sfruttando le altrui debolezze.
Ma ciò rischia di indebolire anche lui. Perchè gli offre un consenso senza fiducia, fondato sulla sfiducia negli altri.
D’altronde, è il segno del nostro tempo. Il tempo della sfiducia.
Ilvo Diamanti
(Da “La Repubblica”)
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