UN UOMO SOLO SUL VIDEO: RENZI VA IN TV PIU’ DI BERLUSCONI QUANDO ERA PREMIER
CERTIFICATO DALL’AGMCOM… E AGLI ALTRI SOLTANTO BRICIOLE
Su cento minuti dedicati alla politica dalle reti Rai nell’ultimo mese (dicembre), 20,36 sono stati occupati dal presidente del Consiglio, 18,83 da esponenti del suo governo e 22,89 da esponenti del suo partito ma non ministri.
Totale: più del 62 per cento.
Mettendo insieme tutte le opposizioni (Movimento 5 Stelle, Forza Italia, Lega, Sel, Fratelli d’Italia etc) non si arriva al 22 per cento.
Sono alcuni dati sul cosiddetto “tempo di antenna” forniti dall’Agcom, che tengono conto anche dei minuti dedicati alle istituzioni e alle altre cariche dello Stato.
Ma, seppur abbastanza impressionanti, i dati di un solo mese possono sembrare insufficienti, sicchè vale la pena di allargare lo sguardo.
Così ad esempio si scopre che nei suoi primi otto mesi di governo (marzo-ottobre 2014) Renzi ha goduto sulla Rai di uno spazio del 50 per cento superiore a quello che si era accaparrato Berlusconi nello stesso periodo, appena tornato premier (giugno 2008-gennaio 2009): nell’occupazione della tivù di Stato quindi il premier attuale ha surclassato l’ex Cavaliere.
Tuttavia Berlusconi non sembra risentirsene, visto che anche sulle reti Mediaset — sempre negli ultimi otto mesi — Renzi ha ottenuto una copertura superiore a quella di tutta Forza Italia, leader compreso.
Regina del renzismo è però La7, che nelle sue news batte tutte le concorrenti per tempo dedicato al premier.
E il 14 gennaio scorso, la rete di Urbano Cairo ha celebrato il primato con l’ospitata nordcoreana dell’ex rottamatore nel salotto di Daria Bignardi, in una puntata in cui la domanda politicamente più incalzante è stata: «Quando aveva vent’anni, come pensava che avrebbe trascorso il suo quarantesimo compleanno?».
Le curiosità che può destare questo quadro di azzerbinamento catodico sono almeno tre.
La prima riguarda la mutazione avvenuta in Rai.
Una volta nella tivù di Stato era in vigore lo spoil system: ogni nuovo premier metteva i suoi fedeli ai posti di comando, silurando i precedenti. A questo giro non ce n’è stato bisogno: sono diventati tutti renziani all’improvviso, facendo sfigurare anche Paolo di Tarso nella pratica della folgorazione.
La seconda curiosità riguarda l’interessante gestione della comunicazione implementata dallo spin-doctor Fillipo Sensi, strategia che si potrebbe sintetizzare con lo slogan “non si butta via niente”.
Se infatti pensavamo a Renzi come uomo- Twitter (il che è), Sensi lo ha imposto anche come uomo tivù (ovunque) e pure come uomo carta stampata (con svariate copertine di settimanali popolari). Se ci fossero ancora aedi e cantastorie di strada, Sensi spingerebbe anche con loro.
L’ultima (più dolorosa) curiosità è la diminuita capacità reattiva di quella parte del Paese che ai tempi di Berlusconi protestava contro il conflitto di interessi, temendone gli effetti omologanti, e ora invece ritiene accettabile un’omologazione mediatica maggiore.
Viene il dubbio che molti, ai tempi del Cavaliere, non difendessero il principio laico e “categorico” della pluralità d’informazione, ma volessero solo prendere il suo posto nella colonizzazione del piccolo schermo.
Alessandro Gilioli
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