SORPRESA LA POLVERINI SI DIMETTE SOLO IN TV
NESSUNA COMUNICAZIONE UFFICIALE: RESTA IN CARICA E SISTEMA QUALCHE FEDELISSIMO
Ieri hanno raccolto le proprie cose alla Pisana gli 88 dipendenti tagliati dal consiglio regionale del Lazio: ragazzi con contratti a tempo, autisti di presidenti di commissioni che non ci sono più, precari della politica da mille euro al mese.
Il bonifico mensile di una dozzina di migliaia di euro arriverà invece serenamente a Franco Fiorito, il consigliere Pdl simbolo dello scandalo esploso in Regione Lazio, l’uomo del Suv, delle gite in Sardegna con i soldi dei contribuenti, delle ricche cene, delle accuse ai colleghi di partito.
E Renata Polverini?
La Presidente del Lazio, che negli scorsi giorni aveva annunciato le proprie dimissioni, tappezzando la città di manifesti con il nuovo motto della casa “questa gente la mando a casa io”, è ancora al suo posto.
Ieri ha frequentato serenamente la Conferenza dei Presidenti di Regione, è stata dal Capo dello Stato, ha anche trovato il tempo per convocare una giunta che ha deciso di impugnare davanti alla Consulta la legge sulla spending review (non piacciono le norme sul riordino delle Province e i tagli previsti alle società partecipate) e di rinnovare fino a giugno i contratti di due dirigenti esterni, Raffaele Marra (direttore del Personale) e Giuliano Bologna (coordinatore dell’avvocatura regionale ). Entrambe le nomine erano state bocciate dal tar a giugno scorso, sentenza che la Regione ha preferito ignorare in attesa della pronuncia del Consiglio di Stato, prevista per il mese prossimo.
Non sono due nomine neutre.
Bologna proviene dall’Ugl, il sindacato della Polverini, ed è stato consulente legale della stessa governatrice. Marra, invece, è considerato vicino al sindaco di Roma Gianni Alemanno.
Se ne andranno poco dopo la giunta, ai giudici amministrativi piacendo.
A chi chiedeva lumi sulle sue mancate dimissioni, la Presidente di Regione ha risposto: “Ne stiamo ragionando con il ministro Cancellieri. Ve ne dovete fare una ragione. Ci sono delle procedure da seguire. Tanto, un giorno in più o in meno cambia poco. L’importante è essersene andati da questa Regione, aver dato un taglio a questa situazione e aver mandato a casa tutti quei cialtroni”.
Certo le opposizioni del Consiglio regionale del Lazio attendono che quelle dimissioni, annunciate ormai due giorni fa, vengano formalizzate all’aula, ma per vederle nero su bianco si potrebbe dover attendere anche la prossima settimana.
La giunta, infatti, ha davanti a sè dossier difficili da gestire con la sola gestione ordinaria (quella che deriverebbe dalle dimissioni della giunta): c’è la partita della Sanità (Polverini è anche commissario della Sanità regionale), dei fondi europei (migliaia di euro che rischierebbero di essere spesi in altre regioni d’Europa in mancanza di una pianificazione ordinata), dei rifiuti, con il piano regionale che non pare vedere sbocchi.
Inutile nascondere che la permanenza in Regione consentirà alla Polverini di condurre le proprie battaglie politiche, e anche le proprie vendette nei confronti della sua stessa (ex) maggioranza.
Nei corridoi della politica ci sono due spifferi.
Il primo riferisce che sarebbe in rampa di lancio la cacciata dalla giunta di tutti gli ex forzisti vicini ad Antonio Tajani.
Sarebbero quindi in uscita Fabio Armeni, assessore alle Risorse umane, demanio e patrimonio, Angela Birindelli, assessore alle Politiche agricole, Marco Mattei, assessore all’Ambiente e Stefano Zappalà , assessore al Turismo.
Lo spiffero è confermato dalla stessa Polverini che afferma come oggi, l’ultimo atto della sua giunta nei pieni poteri, prevede la riduzione del numero degli assessori.
L’altro spiffero, che nessuno è in grado di confermare, riferisce che la Presidente sia molto interessata a conoscere nel dettaglio fatture e spese dei gruppi politici che siedono alla Pisana.
Richiesta che troverebbe contrario, con schieramento bipartisan, l’intero parlamentino regionale.
Altri intoppi.
Prima di andare a nuove elezioni il Consiglio regionale dovrebbe poi votare la riduzione dei propri membri, da 70 a 50. È un atto dovuto, ma richiede un passaggio in consiglio misurabile in almeno un paio di settimane almeno.
Certo ci vorrebbe anche la volontà politica di procedere speditamente e senza incidenti.
Ultima questione, non irrilevante, la data del voto e il possibile incrocio con le politiche (e addirittura con le elezioni in Campidoglio, se Alemanno decidesse di dimettersi, circostanza che è stata smentita giusto ieri).
Sull’ipotesi di un election day, il ministro dell’Interno è cauto: “Serve una riflessione perchè sono scelte complicate”.
Il Pdl, intanto, chiede che la Presidente non continui a sparare contro i suoi. La situazione, insomma, è complicata.
Eduardo Di Blasi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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