STANARE L’EVASORE, NON TARTASSARE SOLO I REDDITI FISSI
LA PROPOSTA DI TASSARE LE PENSIONI SOPRA I 2.000 EURO PRODURREBBE SOLO 3-4 MILIARDI ALLO STATO… MA DI RECUPERARE I 120 MILIARDI L’ANNO DI EVASIONE FISCALE RENZI NON PARLA
Ci risiamo. Dopo ferragosto, come da migliore tradizione meteorologica, si rompono i tempi della politica economica del governo, fin qui una bonaccia anche un po’ troppo prolungata.
E si annuncia grandine, se non tempesta. E, come da copione, la tempesta dirige sul ceto medio a reddito fisso.
Dopo anni di blocchi degli stipendi a partire dal 2010, una patrimoniale criptata sulla casa, il tetto ai massimi stipendi della Pubblica amministrazione (unico punto su cui in verità c’erano solide ragioni per intervenire), erratici contributi di solidarietà sui redditi più alti, magari smentiti dalla Corte costituzionale, adesso tocca alle pensioni.
Non quelle davvero d’oro e d’argento, che magari anche ci sta (ma per l’Erario sarebbe parvità di materia), ma quelle che superano i 3.500 euro lordi: che al netto sono prossime a 2mila euro.
La misura, pare patrocinata dal consigliere economico del premier Yoram Gutgeld, potrebbe (questa sì) quantificarsi in tre o quattro miliardi di euro, da spalmare sui meno abbienti e magari rifinanziare pro quota gli 80 euro mensili, che aspettano di essere confermati per almeno tre anni e che faranno vedere i loro effetti a quanto pare solo tra due.
Ora, può darsi che l’abolizione del Senato, non ancora abolito, serva a sveltire il Paese e magari a concorrere a rimetterlo in moto.
Abbiamo fieri dubbi però che analoga speranza si possa nutrire per l’abolizione del ceto medio a reddito fisso.
Perchè di questo, con la paventata misura del contributo di solidarietà sulle pensioni, più volgarmente tassa, si tratterebbe.
Tra misure di questo tipo e progetti di abbassamento dell’età pensionabile per recuperare dal differenziale di risparmio di un dipendente che va in pensione qualche risorsa da portare su qualche nuovo assunto, la strategia di fondo con cui il nostro Paese vuole affrontare la stagnazione sembra essere sostanzialmente una redistribuzione egalitaria del reddito fisso disponibile in sostituzione di un welfare senza mezzi e di un lavoro che non c’è.
Una sorta di appiattimento socialista del reddito da lavoro dipendente o da pensioni, dove lo schema è abbattere lo spread tra incapienti, redditi più bassi e redditi con qualche capienza, facendo pagare a questi ultimi il costo della redistribuzione, in attesa che l’economia si rimetta in moto e il Pil torni a crescere.
Non c’è bisogno di essere un esperto per capire che una strategia di questo tipo, fondamentalmente depressiva, farebbe sedere il Paese ancora di più di quanto già non sia seduto su sè stesso.
Nell’incapacità di tosare la pecora del capitalismo, quello vero, si spellano, se non si ammazzano, gli agnelli del ceto medio.
Credo sia difficile, con ogni buona volontà , che essi accettino di fare, come i senatori, i tacchini di Natale, anche perchè è difficile tacciarli di essere tra i frenatori del Paese. Per un governo, peraltro di sinistra, non sarebbe piuttosto auspicabile che anzichè tassare il ceto medio a reddito fisso si affronti finalmente con risolutezza il problema di far pagare tasse da ceto medio a reddito fisso al ceto medio (e più che medio) sommerso dell’evasione fiscale?
Quello, in sostanza, che non ha tolto una o due settimane dalle due o tre di ferie che faceva come invece hanno fatto i dipendenti e i pensionati, già fin qui troppo individuati come” redditi alti” e purtroppo certi, certissimi, cui ricorrere.
Per competenza giriamo la domanda al pool di economisti che quotidianamente consigliano il premier.
Eugenio Mazzarella
(da “il Messaggero”)
Leave a Reply