STAVOLTA BERLUSCONI RISCHIA DI FINIRE DENTRO
IN PARLAMENTO NON CI SONO PIU’ I NUMERI PER LEGGI AD PERSONAM E AL SENATO NESSUNO PUO’ GARANTIRGLI L’IMMUNITA?… IN PIAZZA LA PROTESTA DEL CAVALIERE CONTRO “IL VERO CANCRO DELL’ITALIA”. E TUTTI I PROCESSI CHE LO ASSILLANO
I tempi cambiano, ma Silvio Berlusconi è immutabile.
Oggi, come ieri, come l’altro ieri, non ci sta a farsi processare e annuncia una manifestazione anti magistrati, dopo averli definiti, nuovamente, “un cancro”.
Lo fa da Milano, nel giorno delle dichiarazioni spontanee al processo per frode fiscale, Mediaset-diritti tv, che gli fa rischiare una pena definitiva entro la primavera dell’anno prossimo.
Non a caso la manifestazione di piazza “contro l’attività di parte della magistratura” la lancia per sabato 23 marzo, il giorno in cui è previsto il verdetto.
E il giorno in cui potrebbe essere già avvenuto l’arresto di esponenti del Pdl decaduti da parlamentari a metà marzo: Nicola Cosentino, Marco Milanese e Sergio De Gregorio.
Ieri, i pm di Napoli hanno detto no alla revoca dell’arresto di Cosentino, avanzata dalla difesa, perchè le sue relazioni con la camorra lo rendono ancora pericoloso.
Berlusconi, consapevole di non avere più i numeri in Parlamento per far approvare scudi ad personam, chiama il suo popolo a scendere per strada contro “parte della magistratura che è una patologia e un cancro per la democrazia”.
Immediata la reazione dei vertici dell’Anm: “La magistratura, o una parte di essa, viene equi-parata al cancro. Sabato scorso era peggio della mafia, ma non abbiamo replicato perchè vigilia delle elezioni. Sono parole che andrebbero liquidate come sciocchezze, ma sono molto offensive per chi ha pagato il prezzo della criminalità mafiosa e per i malati. Invocare la piazza in un momento come questo è molto pericoloso, vuol dire screditare l’istituzione magistratura, significa indebolire lo Stato stesso e le istituzioni tutte”.
Libertà e Giustizia annuncia un corteo in difesa dei magistrati prima del 23.
Ma Berlusconi prosegue l’invettiva con un altro cavallo di battaglia, l’uso politico della inchieste: “c’è una parte della magistratura che utilizza la giustizia per eliminare gli avversari politici che non si riescono a eliminare con il sistema democratico delle elezioni”.
Infuriato per l’ultima mazzata giudiziaria, l’inchiesta napoletana per corruzione e finanziamento illecito ai partiti, nel corridoio del primo piano del tribunale di Milano, invaso da giornalisti, il leader del Pdl descrive una “situazione barbara quella di pm che utilizzano il carcere come minaccia per far dire quel che vogliono ai vari imputati o tengono in carcere persone come Valter Lavitola senza aver commesso reati così gravi”.
Arriva ad accusare i pm di Napoli di aver “barattato” la libertà dell’ex senatore Sergio De Gregorio con le accuse contro di lui.
È De Gregorio che ha messo a verbale di aver preso da Berlusconi 3 milioni in cambio del suo passaggio dall’Idv al Pdl, per far cadere il governo Prodi nel 2006.
Berlusconi ha parlato anche di un altro processo, milanese, che andrà a sentenza giovedì prossimo: quello per l’intercettazione segreta, pubblicata il 31 dicembre 2005 dal Giornale, tra il segretario dei Ds Piero Fassino e il presidente di Unipol Giovanni Consorte (“Allora abbiamo una banca”?).
“Sarebbe paradossale, ridicolo — ha detto io sia l’unico cittadino italiano a essere condannato per aver contribuito a pubblicare una notizia coperta da segreto mentre nei miei confronti vengono pubblicate numerose intercettazioni”.
Il concetto lo ribadirà il 7 marzo in aula, prima che i giudici entrino in Camera di consiglio.
Ieri, invece, davanti ai giudici d’appello Mediaset, Berlusconi ha definito “una cantonata” la condanna di primo grado a 4 anni, ha ricordato che fin dal ’94, quando è diventato presidente del Consiglio, ha lasciato “tutte le cariche del gruppo” e ha sostenuto che mai si è occupato di “diritti televisivi” anche se, ha ricostruito l’accusa, manager come Franco Tatò, ex presidente di Monda-dori , hanno testimoniato il contrario.
Secondo l’ex premier, non c’è stata alcuna frode fiscale: “tra il 2002 e il 2003 (gli anni sopravvissuti alla prescrizione, ndr) ha versato 567 milioni di imposte”.
Ma Berlusconi nel 2003 e nel 2004 ha usufruito del condono, approvato dalla sua maggioranza, per stoppare sul nascere eventuali accertamenti fiscali sui redditi imponibili dichiarati tra il ’97 e il 2002.
Per lui l’avvocato generale Laura Bertolè Viale ha chiesto la conferma della sentenza del tribunale: 4 anni di pena (per effetto dell’indulto, però, in caso di conferma della Cassazione, 3 anni vengono cancellati), interdizione dai pubblici uffici (5 anni) e dalle cariche societarie (3 anni).
Secondo l’accusa e i giudici di primo grado, attraverso il meccanismo di costi gonfiati per la compravendita dei diritti tv, sono stati accantonati fondi neri all’estero che hanno sottratto al fisco italiano, per gli anni 2002 e 2003, 7 milioni e 300 mila euro.
Bertolè Viale ha chiesto la condanna anche per il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, assolto dal tribunale: “era consapevole del disegno per attuare la frode fiscale e anche se non ha firmato le dichiarazioni dei redditi, ha firmato i bilanci societari”.
L’avvocato della parte civile, l’Agenzia delle entrate, Gabriella Vanadia, oltre alle condanne ha chiesto la conferma della provvisionale complessiva di 10 milioni per tutti gli imputati. Berlusconi, però, dice che lo Stato avrebbe dovuto dargli “una medaglia d’oro per le mie attività di imprenditore e per avere dato lavoro a 56 mila persone”.
Lunedì a suo carico riprende anche il processo Ruby.
La sentenza è attesa per il 18 marzo.
Antonella Mascali
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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