SVENTATO IL PIANO DEI “FALCHI” DI SILVIO
TRA I RENZIANI MALUMORI PER LE PAROLE DEL PREMIER: “LARGHE INTESE ETERNE? ALLORA ADDIO PD”
Era tutto pronto. Angelino Alfano l’aveva confermato in maniera accorata a Enrico Letta: “Se non c’è un segnale definitivo sull’Imu questi non li tengo più, costringeranno Berlusconi a rompere”.
Ma il piano dei falchi Pdl per far saltare il governo Letta questa settimana, se non avesse ottemperato “alla lettera” al diktat sull’Imu, è stato sventato.
Lo rivela, finito il consiglio dei ministri, un ministro del Pdl: “Ci avevano già provato il giorno della manifestazione sotto casa di Berlusconi, ma stavolta era diverso. L’insidia era più concreta, il rischio enorme. Ma per il momento li abbiamo sconfitti”.
Una minaccia ben presente al premier che, aprendo la discussione di ieri al primo piano di Palazzo Chigi, ha avvertito tutti i ministri della reale posta in gioco: “Penso sia inutile che vi dica dell’importanza di questo provvedimento dal punto di vista politico e non solo tecnico”.
Sabato scorso ad Arcore, al summit terminato con la vittoria dei falchi, lo stesso Berlusconi era sembrato infatti avallare la linea dura.
Quella che avrebbe dovuto portare oggi stesso alle dimissioni dei ministri Pdl.
Poi la svolta. Maturata tra lunedì e martedì.
Raccontano che il lunedì nero di Mediaset, con la perdita del 6% del valore in Borsa, abbia giocato un ruolo decisivo per indurre il Cavaliere a tirare il freno.
Poi il pressing dei figli, ma soprattutto dei manager della galassia Biscione. Uno fra tutti: Bruno Ermolli, consigliere di amministrazione di Mediaset, Mediobanca e Mondadori, uomo fidatissimo e ascoltato da Berlusconi.
Che lo avrebbe scongiurato più di tutti di lasciar perdere lo scontro e la tentazione di far cadere il governo. Pena il rischio della distruzione dell’Impero.
Anche i sondaggi piovuti sul suo tavolo lunedì dimostravano che una crisi in questo momento non sarebbe compresa dall’elettorato berlusconiano, all’80% contrario a nuove elezioni.
Con una netta risalita di Enrico Letta, arrivato ad appena un punto e mezzo di distacco dalla popolarità di “super-Matteo” Renzi.
Dunque calma e gesso, ha ordinato il Cavaliere. Tanto che lo stesso Brunetta, fino a ieri fautore della linea dura, nelle ultime 48 ore si è dato da fare più di tutti per raggiungere un’intesa lavorando fianco a fianco con il sottosegretario Pd all’Economia, Pierpaolo Baretta.
E oggi addirittura rilancia sulle parole del premier: “Sono d’accordo con lui, le larghe intese cambiano l’Italia. Spero che il governo duri tutta la legislatura, fino al 2018”.
Naturale che oggi i falchi mastichino amaro, dopo aver visto allontanarsi le elezioni a data indefinita e con Letta che non vede più alcuna “scadenza” al suo governo.
In un partito spaccato a metà , nel giorno in cui le colombe celebrano la loro vittoria, gli “hardliners” rivendicano tuttavia di aver portato a casa il risultato: “Saccomanni fino a sabato diceva che non c’erano coperture – rimarca Daniela Santanchè – e se non avessimo alzato la voce col cavolo che il Pd avrebbe ceduto”.
Daniele Capezzone resta col fucile puntato e “la lente di ingrandimento” per capire quali coperture siano state trovate.
In ogni caso una minaccia molto pesante grave ancora sul governo, il voto sulla decadenza del Cavaliere dal Senato.
Capezzone ci tiene a metterlo in chiaro: “Molto bene sull’Imu. Ma questo è un altro binario rispetto alla difesa dei diritti di Berlusconi. Non è un lasciapassare per il plotone di esecuzione della giunta”.
Anche la “Pitonessa” avverte che “l’Imu va bene, ma la democrazia è più importante”. Lo stesso Berlusconi, pur avendo lasciato fare agli avvocati sulla questione della decadenza (su consiglio di Ghedini ha anche evitato finora di firmare i referendum sulla giustizia), resta scettico: “Mi sono morso la lingua e non ho presentato una memoria scritta, altrimenti avrei dovuto dire quello che penso veramente di questa magistratura “. Il Cavaliere teme comunque che le mezze aperture arrivate da una parte del Pd “siano tutta una presa in giro” e che alla fine la sua decadenza arriverà comunque.
Se i duri del Pdl ieri sono rimasti scornati dall’accordo nel governo sull’Imu, anche nell’ala dei renziani la proiezione di Letta così in avanti ha suscitato malumori e irritazione.
“Non possiamo mica istituzionalizzare le larghe intese con il Pdl – argomenta un uomo del sindaco di Firenze – a meno che Letta non pensi a una fusione dei due partiti. Che ne resterebbe del Pd dopo quattro anni passati a governare con Alfano e Brunetta?”.
Il 30 agosto Renzi lo dirà alla festa de l’Unità di Forlì.
Lo stesso giorno in cui Letta parlerà alla festa di Genova.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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