SVEZIA, UN ANNO DOPO: SENZA LOCKDOWN E MASCHERINE, 13.000 MORTI E NIENTE IMMUNITA’ DI GREGGE
BILANCIO CATASTROFICO PER L’ATTEGGIAMENTO POCO RESTRITTIVO DEL PAESE SCANDINAVO
Niente lockdown e mascherine. La Svezia è uno dei paesi che ha scelto l’approccio meno restrittivo di fronte al Covid-19, cercando di salvaguardare l’economia e confidando nello spontaneo distanziamento sociale messo in atto dai cittadini. “Giudicatemi tra un anno”, aveva commentato dodici mesi fa l’epidemiologo dell’Agenzia per la salute pubblica svedese Anders Tegnell, che gestisce l’emergenza sanitaria. E, ora che il tempo è trascorso, un primo bilancio può essere stilato.
Dalla primavera 2020, nel paese i casi sono aumentati e il bilancio delle vittime rispetto alla popolazione è diventato tra i più alti d’Europa: a oggi si contano circa 13 mila vittime, cifra tra le più alte dell’area scandinava.
A oltre un anno dall’inizio della pandemia, i contagi non accennano a calare e l’immunità di gregge auspicata è rimasta un miraggio.
La politica ‘soft’ non ha salvaguardato del tutto neanche l’economia nazionale: il Pil è diminuito di circa il 3%, meglio della media europea, ma simile al calo di altri paesi nordici che hanno scelto le chiusure.
A fornire un esaustivo quadro della situazione svedese è il periodico americano The New Yorker, in un articolo dal titolo Sweden’s Pandemic Experiment(L’esperimento pandemico svedese).
Il racconto è quello di un anno in cui il governo di Stoccolma ha scelto di seguire le indicazioni dell’epidemiologo dell’Agenzia per la salute pubblica svedese Tegnell che, nonostante le raccomandazioni degli organismi di salute pubblica internazionali, è sempre stato convinto che le evidenze scientifiche sull’efficacia delle mascherine fossero scarse. Anche su chiusure e limitazioni, l’esperto si è dimostrato scettico, ritenendo che non vi fossero prove certe di una correlazione tra lockdown e diminuzione della diffusione di Sars-Cov-2. L’unico strumento mai messo in dubbio è stata la distanza sociale, naturalmente esercitata dalla popolazione.
The New Yorker ricorda come l’approccio svedese, durante quest’anno, sia stato invocato da molti Stati, anche extra europei. Per esempio in Minnesota, negli Usa, attivisti di destra nel corso di proteste anti-lockdown hanno mostrato cartelli con la scritta “Be Like Sweden”.
La direzione dell’epidemiologo dell’Agenzia per la salute pubblica di Stoccolma, all’inizio, era comune a quella del premier inglese Boris Johnson: si riteneva che l’immunità di gregge sarebbe stata presto ottenuta, chiusure e blocchi non sarebbero stati funzionali al suo raggiungimento. Il Regno Unito, messo alla prova dall’alto tasso di decessi e ricoveri della prima ondata, aveva però cambiato idea quasi subito.
La Svezia conta una popolazione di circa dieci milioni di persone (il 20% degli svedesi vive a Stoccolma, ndr). Nell’aprile 2020 alcuni ricercatori dell’Università di Uppsala, adattando un modello dell’Imperial College di Londra, avevano calcolato che, proseguendo con poche restrizioni, il 50% dei soggetti fragili svedesi si sarebbe infettato entro trenta giorni, provocando oltre 80 mila morti entro il mese di luglio. Nonostante tutto, il bilancio delle vittime non ha raggiunto tali livelli.
Per quali motivi? In un altro articolo apparso su The New Yorker a firma di Siddhartha Mukherjee, viene osservato che si tratta di un “mistero epidemiologico”. Può essere, per esempio, che a dispetto dell’apparenza le politiche svedesi non si siano rivelate poi tanto ‘soft’. “Erano consentite piccole libertà – ristoranti, bar, feste – che facevano sembrare la Svezia selvaggiamente permissiva […] Ma la maggior parte delle lezioni delle scuole superiori e delle università in Svezia si è svolta online […] Rimanere a casa era facoltativo, ma i dati sulle celle telefoniche mostrano che gli svedesi hanno ridotto significativamente i loro movimenti”, si legge sul periodico americano. Infine viene sottolineato che le misure adottate dalla Svezia, sebbene relativamente soft, sono state abbastanza stabili nel corso dei mesi evitando un effetto ‘yo-yo’.
(da Huffingtonpost)
Leave a Reply