SVIZZERA, AL REFERENDUM VINCONO I SI’: TETTO MASSIMO ALL’IMMIGRAZIONE, RESPINTI I 65.000 ITALIANI FRONTALIERI
VITTORIA DI MISURA: 50,3% CONTRO IL 49,7%… E’ LA VITTORIA DEI PICCOLI EGOISMI LOCALISTICI E LA FINE DELLA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE
In Svizzera passa il referendum contro l’immigrazione di massa.
A rischio il lavoro dei frontalieri (anche italiani) e le relazioni tra Berna e Bruxelles.
Il testo dell’iniziativa popolare proposta dall’Udc, il partito di ultradestra che da anni si spende in campagne anti-immigrazione e contro i lavoratori frontalieri, prevede infatti la rinegoziazione degli accordi sulla libera circolazione delle persone entro tre anni da oggi.
La novità che riguarda più da vicino i 65mila frontalieri italiani che lavorano ogni giorno in Svizzera è quella scritta nel terzo comma del nuovo articolo 121 della Costituzione Federale che prevede l’introduzione di “tetti massimi annuali e contingenti annuali per gli stranieri che esercitano un’attività lucrativa” sul territorio elvetico.
Tetti massimi che “devono essere stabiliti in funzione degli interessi globali dell’economia svizzera e nel rispetto del principio di preferenza agli Svizzeri” e, come si legge: “Essi devono comprendere anche i frontalieri”.
I “sì” hanno ottenuto la doppia maggioranza necessaria, incassando sia il favore della maggioranza dei Cantoni, sia la maggioranza dei voti validi.
Il risultato è rimasto incerto sino all’ultimo minuto, in un continuo rincorrersi di dati e analisi.
Alla fine il conteggio si è fermato sul 50,3 a 49,7, con meno di 20mila voti di scarto.
Il referendum è passato nonostante il parere negativo del Consiglio federale (il governo elvetico) che si era espresso per una bocciatura della proposta, spiegando che “l’immigrazione contribuisce in misura considerevole al benessere della Svizzera” e che “l’introduzione di tetti massimi comporterebbe ingenti oneri burocratici per lo Stato e le imprese: l’iniziativa potrebbe segnare la fine della libera circolazione delle persone e degli altri accordi conclusi con l’Unione europea nel quadro degli accordi bilaterali”.
Insomma, sebbene il governo elvetico abbia messo in guardia i cittadini sul pericolo rappresentato da una vittoria dei sì, ha vinto la posizione di chi vuole rendere più difficili gli ingressi e regimentare scrupolosamente anche i permessi di lavoro.
Il no ha prevalso, con quote differenti, in tutti cantoni di lingua francese e nel canton Zurigo, in tutto il resto della Svizzera hanno vinto i sì.
La regione dove l’iniziativa ha riscosso maggior successo è proprio il Canton Ticino, quello di lingua italiana, meta quotidiana 59310 lavoratori frontalieri italiani (nel terzo trimestre 2013, secondo dati Ufficio statistico federale) attirati da salari più alti e un mercato toccato in misura minore dalla crisi.
Qui, dove i frontalieri italiani sono stati dipinti come dei ratti nelle campagne a sostegno del referendum, i Sì hanno letteralmente sbancato.
Si sono fermati poco sotto al 70% (al 68,17%, con uno scarto di oltre 45mila preferenze sui no), un successo determinante anche per la vittoria in campo nazionale. È il segno del peso della campagna denigratoria messa in campo dai sostenitori del referendum, che non si sono fatti scrupolo di fare leva sugli istinti più bassi per portare a casa il risultato.
Gli effetti non saranno immediati, ma entro tre anni il governo federale dovrà rinegoziare gli accordi bilaterali in essere con l’Unione Europea e introdurre il contingentamento dei posti di lavoro per i frontalieri.
Attualmente sono 65658 gli Italiani che lavorano regolarmente in Svizzera (dati terzo trimestre 2013, fonte Ufficio statistico federale), con un incremento del 4,7% rispetto all’anno scorso.
C’è da aspettarsi che in futuro il trend attuale subirà un’inversione di tendenza, portando ad una graduale diminuzione delle presenze straniere nella Confederazione.
Alessandro Madron
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