“TRADITA LA COSTITUZIONE”: CARTABIA SOSPENDE I 52 AGENTI INDAGATI A S.M. CAPUA VETERE
“NELLE CARCERI C’E’ UN PEZZO DELLA NOSTRA REPUBBLICA”… E SALVINI OGGI VA A ESPRIMERE SOLIDARIETA’ AI MASSACRATORI
Parla di tradimento della Costituzione Marta Cartabia, riferendosi al pestaggio nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Di fatti talmente gravi da rendere totalmente insufficienti le parole, anche se di condanna.
“Occorre attivarsi per comprenderne e rimuoverne le cause. Occorre attivarsi perché fatti così non si ripetano”, afferma la ministra della Giustizia che oggi ha tenuto una riunione in via Arenula per prendere iniziative che possano contribuire a fare in modo che episodi come il violento pestaggio di un numero imprecisato di detenuti da parte degli agenti non accadano più.
Il Pd, intanto, le chiede a gran voce di andare a riferire in Aula sulla vicenda. La ministra per il momento non fa sapere se darà seguito o no a questa richiesta, ma rende noto di aver chiesto “un rapporto completo su ogni passaggio di informazione e sull’intera catena di responsabilità”, perché la vicenda “che ci auguriamo isolata” richiede “una verifica a più ampio raggio”.
La vicenda, dunque. I fatti risalgono al 6 aprile 2020. Dopo una rivolta dei detenuti che chiedevano protezioni contro il Covid, una serie di agenti – quelli raggiunti lunedì dalle misure cautelari che vanno dal carcere all’obbligo di dimora sono 52 – decidono di organizzare una spedizione punitiva.
Con la scusa di una perquisizione entrano in uno dei reparti della struttura campana, il Nilo, e massacrano diverse decine di detenuti. Senza fermarsi davanti al fatto che i reclusi non hanno strumenti per difendersi. Senza considerare che tra loro c’era anche una persona sulla sedia a rotelle.
Per quattro ore avvengono violenze e umiliazioni – dall’inginocchiamento prolungato al taglio di barba e capelli – ai danni di persone che in quel momento erano sotto la custodia dello Stato. Il tutto, denunciato prima dai detenuti, dai garanti e da alcune associazioni, viene ripreso dalle telecamere di sorveglianza, acquisite dalla procura. Quelle immagini sono state pubblicate in esclusiva dal quotidiano Domani.
Ora che tutti possono vedere, nessuno può negare quello che degli esseri umani hanno subìto per mano di chi, in quel momento, avrebbe dovuto certamente assicurare l’ordine del penitenziario, ma soprattutto garantire sicurezza a chi in carcere vive. Sicurezza e dignità.
Quella dignità che viene tutelata dalla Costituzione, laddove – all’articolo 27 – prescrive che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Quel giorno a Santa Maria Capua Vetere questo principio imprescindibile di civiltà è stato sospeso. E più di un anno è servito agli inquirenti per dare una svolta alle indagini su quella che per il dicastero allora retto da Alfonso Bonafede era stata – qui il link della risposta dell’allora sottosegretario Vittorio Ferraresi a un’interrogazione parlamentare di Riccardo Magi, il 16 ottobre 2020 – “una doverosa azione di ripristino di legalità e agibilità”.
Ora che pare chiaro che la legalità in quelle ore non è stata ripristinata ma semmai sospesa, la ministra Cartabia dice che quelle violenze e quelle umiliazioni “non possono trovare né giustificazioni né scusanti”.
E sente la necessità di agire. In che modo? Ha fatto sapere che l’amministrazione penitenziaria ha sospeso tutti i 52 indagati. Per 23 di questi la sospensione dal lavoro, per un periodo da 5 a 9 mesi, era già stata disposta dal gip. Il dipartimento di amministrazione penitenziaria – che comunque deve darvi esecuzione – ha deciso di estendere un provvedimento di questo genere a tutti gli agenti. Oltre ai 23 già sospesi, otto sono in carcere, 18 agli arresti domiciliari e tre sottoposti all’obbligo di dimora.
La ministra oggi ha tenuto una riunione con il capo del Dap Bernardo Petralia, il Garante nazionale delle persone private della libertà, Mauro Palma e il sottosegretario Francesco Paolo Sisto. E in quella sede è stato deciso di “procedere tempestivamente al ripristino dell’intera rete di videosorveglianza attiva negli istituti”.
È stata poi “sottolineata la necessità di rafforzare ulteriormente l’attività di formazione, già in corso, di tutto il personale dell’Amministrazione penitenziaria, anche con l’incremento delle professionalità destinate alla formazione obbligatoria”.
Piccoli passi, la prassi di dirà quanto e se saranno efficaci. Ma l’urgenza di un’azione efficace per far venire a galla episodi simili ed evitare che si ripetano si sente tutta. Perché, lo sottolinea la ministra: “Oltre quegli alti muri di cinta delle carceri c’è un pezzo della nostra Repubblica, dove la persona è persona, e dove i diritti costituzionali non possono essere calpestati. E questo a tutela anche delle donne e degli uomini della Polizia penitenziaria, che sono i primi ad essere sconcertati dai fatti accaduti”.
(da agenzie)
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