TRIA TIRA IL FRENO A MANO, NON CI SARA’ ALCUN SHOCK FISCALE
LA SCOSSA FLAT TAX NON CI SARA’, CON BUONA PACE DI SALVINI… PAROLA CHIAVE: GRADUALITA’
L’ultima domanda dell’edizione 2018 del Forum Ambrosetti spetta a Renato Brunetta. Il deputato forzista la fa in extremis, quasi strappandola con le unghie al moderatore Guido Gentili, direttore del Sole, che già aveva chiuso la lista delle domande.
Siamo nella fase riservata e chiusa al pubblico delle domande e risposte fra i partecipanti di Cernobbio e il ministro dell’Economia, appena dopo la conclusione del discorso ufficiale tenuto da Giovanni Tria.
Ed è un quesito insidioso, fatto peraltro da uno che lo conosce bene, visto che Brunetta e Tria hanno una consuetudine accademica e politica antica.
Fino a qualche minuto prima il ministro ha disseminato il suo intervento sulla prossima manovra economica con termini come “transizione”, “prudenza”, “attenzione” e soprattutto “gradualità “.
Lo ha concluso augurandosi pubblicamente che il messaggio rassicurante rivolto a investitori e mercati alla fine passi. Il segnale video si spegne.
Microfono alla platea. Brunetta incalza: “Non sarebbe meglio uno shock fiscale, con la flat tax che era stata immaginata nel Contratto di governo?”.
Tria risponde, tradendo un attimo di esitazione: “Uno shock fiscale potrebbe portare a problemi di instabilità sociale e a non creare quel clima favorevole, friendly, per le imprese e gli investimenti”.
Un’indicazione che smorza i sogni di gloria gialloverdi, soprattutto quelli leghisti. Sarà una manovra lenta. Non ci sarà nessuna scossa.
Con eccezione degli investimenti – su cui Tria nutre progetti ambiziosi pari a 150 miliardi in 15 anni – il disegno a cui sta lavorando il governo per confezionare la legge di bilancio è tutto improntato alla gradualità .
Non è un caso che Tria usi questo termine in modo costante quando passa in rassegna tutti i temi che impattano sull’economia italiana, dallo spread alle misure che gli azionisti di governo vogliono inserire nella manovra cioè flat tax, reddito di cittadinanza e riforma della legge Fornero.
Se il tempo dell’agenda di governo si dilata, instradandosi verso un orizzonte auspicato di cinque anni, anche il metodo, indicato dallo stesso titolare del dicastero di via XX settembre, sarà prudente e misurato.
Dice Tria: “Procederemo con gradualità nell’ambito dei vincoli di bilancio, bisogna lavorare all’interno del grande bilancio dello Stato per trovare quelle risorse da spostare sulle riforme”.
Una sorta di caccia al tesoro, tra le pieghe del bilancio, dall’esito tutt’altro che scontato. Immagine efficace, che serve a Tria per giustificare l’impossibilità di procedere al disegno massimalista immaginato da Salvini e Di Maio nel Contratto di governo.
Anche la strategia della richiesta a Bruxelles di maggior deficit per avere più risorse da collocare sul reddito di cittadinanza piuttosto che sulla flat tax non convince affatto il ministro: “Inutile – sottolinea – trovare 2-3 miliardi di più sul deficit se poi ne perdiamo quattro con il rialzo dei tassi di interesse”.
Come non suscitare, allora, l’ira del Carroccio e dei 5 Stelle, riproponendo le ruggini dei mesi scorsi, quando Tria era accusato di annacquare il programma di governo?
La risposta la dà lo stesso ministro: il limite sarà rappresentato dalle coperture che si riusciranno a trovare e dai “limiti degli obiettivi di bilancio che sto discutendo con la Commissione europea”.
Nessun diniego sulla carta, quindi, ma il bagno di realismo impone un ragionamento diverso: le risorse per il reddito di cittadinanza piuttosto che la flat tax saranno quelle che si troveranno e comunque senza eccessi sul fronte di impatto sul deficit e zavorra sul debito.
Tanto più – insiste Tria – che la riduzione del debito pubblico resta un obiettivo del governo perchè ci sono i mercati pronti a esplodere di continuo e gli investitori sempre in odore di fuga.
Nessuno sfascio dei conti e molta prudenza anche sull’indicatore che misurerà maggiormente lo spazio che il governo riuscirà a costruirsi intorno: l’indebitamento netto. Tria si tiene ben lontano dal rivelare se alla fine il rapporto deficit/Pil si attesterà – come trapela – all’1,6%, e per farlo lancia quella che lui stesso definisce una piccola provocazione.
“Se iniziassi il mio intervento dicendo che l’obiettivo del governo è l’1,6% cosa pensereste molti di voi? Molti di voi pensereste che sto parlando dell’indebitamento netto. Questo automatismo rappresenta una deviazione cognitiva che impoverisce il Paese in termini di divisione e prospettive. Vorrei parlare dell’obiettivo di una crescita dell’1,6%, che è un obiettivo vincolato ad alcune condizioni di bilancio che bisogna rispettare”.
L’auspicio di Tria, tuttavia, è ben lontano dalle ultime previsioni della Commissione europea e lo stesso ministro lo riconosce quando ricorda le stime recenti: Pil +1,3% nel 2018 e +1,1% nel 2019. Ma è la prospettiva che il ministro vuole provare a ribaltare, partendo appunto dalla necessità di concentrarsi su come far ritornare l’Italia a crescere a ritmi sostenuti.
In questa cornice non c’è spazio per strappi imponenti. Ancora gradualità : “I possibili correttivi alla legge di Fornero, che allarma molti per i riflessi sul contenimento dei costi, deve essere visto e designato in base ai problemi di transizione”.
La strategia è ribadita più volte. “Stiamo cercando di bilanciare l’uso delle risorse e l’attuazione graduale delle riforme, non tanto per un equilibrio di natura politica ma cercando di dare un senso alla manovra che per i problemi di crescita che abbiamo di fronte devono vedere questi interventi in modo bilanciato”.
Il governo del cambiamento esce da Cernobbio con la bilancia in mano.
Gli imprenditori tirano un sospiro di sollievo in attesa di leggere il testo della manovra e capire se Tria riuscirà a tenere a bada definitivamente gli istinti massimalisti di Salvini e Di Maio.
(da “Huffingtonpost”)
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