UCCIDENDO SANITÀ E STATALI, COSÌ MATTEO PAGA LA 14ESIMA
SUBITO TAGLI PER 4,5 MILIARDI, IL RESTO UNA TANTUM… NEL DEF IL FUTURO È IN ROSA
Secondo Matteo Renzi chiamarla “manovra elettorale” è impreciso, forse addirittura malevolente, eppure non c’è modo di chiamarla altrimenti.
Gli obiettivi scelti, le parole usate, i numeri sottostanti il Documento di economia e finanza (Def) approvato ieri altro non sono che un piccolo manuale di comunicazione politica: i pensionati non si possono colpire, mentre le banche (giustamente), la Sanità (che fa rima con sprechi) e il pubblico impiego sì (e non solo i manager, come vedremo).
Si dice che la riduzione dell’Irpef per chi guadagna meno di 25mila euro è “strutturale” come le coperture che la finanziano e non è vero; si fanno previsioni per il futuro che solo con un eufemismo possono essere definite rosee (e infatti il Fmi le ha già bocciate) e questo proprio mentre si dà il via ad una operazione recessiva che taglia stipendi e domanda pubblica diretta per dare la 14esima elettorale entro maggio agli elettori (già cittadini).
Un breve riassunto per punti.
GLI 80 EURO.
I soldi ci sono, il decreto arriverà venerdì prossimo (il 18 aprile), in tempo per le buste paga di maggio. Costa per gli otto mesi del 2014 circa 6,6 miliardi, 10 l’anno a regime.
Le coperture, però, al momento sono indicabili solo da qui a dicembre: per 4,5 miliardi saranno strutturali e arriveranno dai tagli della spending review, un altro miliardo dall’aumento dell’aliquota sulle plusvalenze delle banche dovute alla rivalutazione delle aliquote di Bankitalia, il resto dai maggiori introiti Iva generati dal pagamento di circa 40 miliardi di debiti commerciali della Pubblica amministrazione.
È la quattordicesima che il governo di Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan paga agli italiani in vista delle elezioni europee per tutto il 2014.
Come abbiamo già scritto, per rendere il provvedimento valido strutturalmente servirà la legge di Stabilità con la formalizzazione dei tagli del commissario Cottarelli.
IL MASSACRO DEI TAGLI.
Ottenere 4,5 miliardi di risparmi in otto mesi è un’operazione difficile e dolorosa.
Il menu, checchè ne dica il premier, non è deciso, ma si sa che a dare la maggior parte delle risorse saranno Sanità e pubblico impiego: il Servizio sanitario nazionale dovrà sopportare tagli tra uno e due miliardi; gli stipendi degli statali — e non solo quelli dei manager, ma dalle simulazioni in corso anche quelli da 60-70mila euro l’ anno — verranno colpiti per almeno un altro miliardo (è il caso di ricordare che i contratti non vengono rinnovati dal 2010 e che i numero dei dipendenti è sceso, dice il Def, del 5,7% in pochi anni); 800 milioni, forse più, sono riduzioni lineari di acquisti di beni e servizi trasversali a tutte le amministrazioni; 600 milioni dovrebbero arrivare dalla Difesa (più sui nuovi arruolamenti che dai tagli ai sistemi d’arma); il resto sforbiciando qua e là in ministeri e enti locali.
Le reazioni degli interessati già oggi non sono di felicità : la guerra nei prossimi dieci giorni s’annuncia durissima.
In ogni caso, e nonostante le parole del premier e del suo ministro dell’Economia, se si fissa un obiettivo di risparmio preventivo per macrosettore il taglio è lineare.
IL FANTASMA IRAP.
Renzi conferma: riduzione del 10% subito finanziata, par di capire, dall’aumento dal 20 al 26% dell’aliquota sulle rendite finanziarie (esclusi i titoli di Stato).
Il governo cifra il taglio di tasse a 2,4 miliardi e il gettito della copertura a 2,6 miliardi: peccato che per la Ragioneria generale il gettito sarà al massimo di 1,4 miliardi.
Tradotto: i soldi, ad oggi, non ci sono.
L’ETERNO PRIVATIZZARE.
Anche Renzi e Padoan puntano sulla vendita delle partecipazioni del Tesoro tipo quella in Enav e Poste già passata in Parlamento grazie ad un provvedimento di Enrico Letta (del patrimonio immobiliare, ormai, non si parla neanche più).
L’esecutivo scrive nel Def che frutteranno 12 miliardi di euro l’anno dal 2014 al 2018.
A parte che è impossibile, l’operazione in alcuni casi è persino in perdita: vendere Eni comporta un incasso subito, vero, ma una perdita per sempre di parecchi milioni di euro l’anno in dividendi.
IL FUTURO IN ROSA.
A leggere il Def, vivere in Italia nei prossimi anni sarà un vero colpo di fortuna: Pil che torna a crescere dello 0,8 % quest’anno e di quasi il 2 nel triennio; un balzo delle importazioni che in due anni passano dal -2,8% del 2013 al +4,4% dell’anno prossimo; persino i poveri consumi delle famiglie dopo anni di flessioni tornano a crescere già quest’anno e prendono il volo dal 2016, l’anno fatidico — sia detto en passant — in cui raggiungeremo il pareggio di bilancio strutturale.
E che dire degli investimenti? Nel 2013 sono crollati del 4,7 con la decisiva collaborazione del settore pubblico, quest’anno già schizzeranno su del due per cento per poi mettersi a correre a ritmi superiori al 3% l’anno dal 2015 in poi.
E le esportazioni? A parità di cambio col dollaro (previsto fisso a 1,362) l’anno scorso sono aumentate dello 0,1%, nel 2014 cresceranno invece del 4% mantenendo questo ritmo almeno fino al 2018.
Come sempre a leggere i Def, non si può non pensare quanto sarà bello vivere in Italia in futuro. MANOVRA RECESSIVA.
Sostiene il governo che le sue manovre garantiranno un aumento del Pil dello 0,3% già quest’anno per poi spingere il Prodotto a ritmi sempre più sostenuti fino al +2,1% aggiuntivo del 2018.
È curioso perchè tra le operazioni annunciate da Renzi ci sono manovre espansive come il pagamento dei debiti della P.A. o i cantieri per l’edilizia scolastica e il dissesto idrogeologico, però pure una manovra pesantemente recessiva come quella degli 80 euro: durante le crisi infatti, come testimoniano i moltiplicatori utilizzati dal Fmi, solo la domanda pubblica (stipendi e, meglio, acquisti e appalti) garantisce di non sprofondare, mentre i tagli di tasse mai si traducono del tutto in consumi.
Utilizzando quei moltiplicatori, la manovra elettorale di Renzi è recessiva per una cifra che si aggira — a regime – attorno ai dieci miliardi di euro (lo 0,7% del Pil).
Poco male: se ne parlerà dopo le elezioni.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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