UNITI E CONTENTI: IL PD IN PIAZZA PER UN GIORNO TORNA A SORRIDERE
MA RESTA L’INCOGNITA SUL PROSSIMO SEGRETARIO
È un sorriso a metà , ma pur sempre un sorriso, quello che può permettersi oggi il Partito democratico.
Radunato in piazza Montecitorio per quello che era stato convocato come un semplice presidio dei parlamentari contro la manovra economica del governo gialloverde, alla fine ha potuto constatare che la risposta c’è stata ed è arrivata anche da una buona fetta di militanti.
I candidati al congresso sono tutti presenti, ad eccezione di Nicola Zingaretti, che ha inviato comunque un messaggio di adesione.
Ci tengono a farsi vedere anche i renziani più ortodossi, sospettati di essere già con un piede fuori dal partito (Renzi non c’è, sta rientrando da una delle sue missioni all’estero). “Unità “, chiede la piazza (oggi, come sempre), e per un giorno i dirigenti sembrano accontentarla.
Le note positive, però, non vanno molto oltre.
Perchè, vuoi o non vuoi, le facce che si vedono in giro sono sempre le stesse, solo più invecchiate.
C’è una buona rappresentanza di giovani, ma tra questi e i più anziani scarseggia quella fascia di età media, considerata la parte “produttiva” del Paese.
Certo, è pur sempre sabato 29 dicembre, ma è anche vero che da lì sono venuti gran parte dei voti all’attuale maggioranza di governo e, dalla visione parziale che viene dalla piazza di oggi, i dem non sembrano ancora essere riusciti a scalfire quel consenso.
E così quello che rimane è sempre la colonna sonora spontanea di “Bella ciao”, il megafono che non funziona, i cartelli portati da casa, i candidati che a mala pena si sfiorano ma vanno ciascuno per conto proprio.
Ci sta, ma il lavoro da fare per il nuovo segretario rimane tutto. Lo dimostra anche la difficoltà a individuare un punto di attacco chiaro, popolare e ben definito alla manovra, provocando un messaggio ancora troppo vago e difficile da cogliere.
“I nostri militanti hanno ragione a chiederci unità – sottolinea Maurizio Martina – io ho sempre cercato di lavorare per questo. Spenderò ogni minuto che ho perchè il percorso che facciamo, anche nelle prossime settimane, ci dia più forza, ci apra, ci unisca e renda il Pd sempre più forte nella costruzione dell’alternativa a Lega e M5S”.
È evidente come la differenza tra chi sta in piazza oggi e chi guida i Palazzi della politica sia profonda.
Salvini e Di Maio sono accusati di essere omofobi, di rovinare il paese, di calpestare quella “onestà ” di cui soprattutto i Cinquestelle si facevano paladini.
E la reazione decisa dei dem stavolta è apparsa adeguata, perfino quando è stata meno composta (“Menaje di nuovo”, si è sentito incitare da un militante Emanuele Fiano, protagonista degli scontri di ieri a Montecitorio).
“Tornate nelle strade”, grida una donna verso Paolo Gentiloni. Per il momento, si torna nelle piazze, il 12 gennaio, con i tradizionali banchetti per spiegare i guai provocati dalla manovra.
“Governo ladro”, azzarda Martina. “Di Maio e Salvini sono come due autisti ubriachi che ci portano a sbattere”, rincara la dose Graziano Delrio.
Teresa Bellanova invoca la “resistenza civile”. Mentre Matteo Orfini attacca direttamente per la sua gestione dei lavori il presidente della Camera, da altri considerato come un possibile interlocutore dentro il Movimento: “Fico ha sbagliato, ha scelto di essere il braccio armato della maggioranza. Non è così che si difendono le istituzioni”.
La piazza pian piano si svuota, i deputati tornano in aula a proseguire per quanto possibile la loro opera di ostruzionismo, qualche militante arriva solo ora e chiede se la manifestazione sia già finita.
Rimane in tanti la soddisfazione di essere tornati a farsi sentire, a incontrarsi soprattutto. Per tornare a dividersi ci sarà tempo fino al 3 marzo, data delle primarie.
(da “Huffingtonpost”)
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