USA 2024, L’INCOGNITA DEL TERZO CANDIDATO
PUO’ DIVENTARE DETERMINANTE PER IMPEDIRE CHE BIDEN O TRUMP ARRIVINO ALLA CASA BIANCA
Gli ultimi sondaggi che danno il presidente Joe Biden sceso sotto la soglia del 40% dei consensi a causa della sua età e le crescenti riserve su Donald Trump anche tra i repubblicani, potrebbero stimolare l’ingresso sulla scena presidenziale di altri candidati sia nelle primarie dei partiti tradizionali che al loro esterno in quell’area che si è soliti chiamare dei “terzi candidati”. Qui vorrei esaminare cosa accadrebbe se vi fossero nel 2024 candidati terzi in grado di raccogliere un significativo pacchetto di voti popolari e/o di voti elettorali tale da distorcere il gioco bipartitico tra democratici e repubblicani e influire sul voto finale come è già accaduto in passato.
Al momento vi sono solo alcune intenzioni e voci di possibili “terze” candidature. Robert Kennedy Jr., figlio di Bob e nipote del presidente, ha dichiarato di volere correre da indipendente su una piattaforma anti-élite e anti-covid, ma dalla sua ha solo il cognome. Il senatore della Virginia occidentale, Joe Manchin, che non si ripresenterà l’anno prossimo al Senato, è oggi il più conservatore tra i democratici del Congresso in posizione strategica per garantire la maggioranza nella Camera alta al partito del presidente. Se decidesse di correre da presidente, magari in coppia con l’ex candidato repubblicano Mitt Romney, avrebbe qualche chance di attirare i voti centristi, che potrebbero essere determinanti per fare la differenza tra i due candidati maggiori.
Non sappiamo oggi se e quale “terzo incomodo” sarà in grado di presentarsi: se avesse una tendenza prossima ai democratici, gioverebbe al repubblicano; se guadagnasse voti a destra gioverebbe al democratico. È la logica del terzo candidato secondo il meccanismo elettorale presidenziale adottato nella Costituzione federale. Ogni Stato vale un certo numero di voti elettorali correlati alla popolazione (oggi dai 54 della California ai 3 di alcuni piccoli Stati del Midwest). Tutti gli Stati Uniti valgono 538 voti elettorali (pari a 435 membri della Camera, 100 senatori e 3 rappresentanti del distretto di Washington DC). Per essere eletto, un candidato deve raggiungere 270 voti elettorali: in ogni Stato il candidato che ottiene almeno un voto popolare in più conquista tutti i voti elettorali dello Stato. Se nessun candidato ottiene la maggioranza di 270 voti elettorali (e questo può accadere con un terzo candidato maggioritario in alcuni Stati), spetta alla Camera dei Rappresentanti a eleggere il Presidente. La difficile carta di trasferire l’elezione dal voto popolare al voto della Camera potrebbe essere usata dai repubblicani che oggi hanno la maggioranza tra i Rappresentanti.
Un po’ di storia dei terzi candidati può essere utile.
Nel 1968 il terzo candidato già democratico del Sud (Dixiecrat) Henry Wallace (American Independent) conquistando l’8,6% dei voti popolari e 46 voti elettorali negli Stati del Sud decretò la vittoria del repubblicano Richard Nixon che sopravanzò di poco il democratico Hubert H.Humphrey, vice-presidente di Lyndon Johnson. Nel 1992 Ross Perot (indipendente) ottenne il massimo dei voti popolari (18,9%) di un “terzo” candidato ma nessun voto elettorale con l’effetto di fare eleggere Bill Clinton (democratico) con la più bassa percentuale di voti popolari mai conseguita nel Novecento contro il presidente uscente, il repubblicano George H.W. Bush, e lo stesso accadde nel 1996 con un altro repubblicano. Nel 2000 i modesti voti popolari del verde Ralph Nader fecero vincere George W. Bush che aveva preso mezzo milioni di voti in meno di Al Gore (democratico) grazie a un contestato risultato della Florida dove i pochi voti di Nader avevano impedito la vittoria del democratico. Nel 2016 Donald Trump che aveva raccolto 3 milioni di voti popolari in meno di Hillary Clinton (62,9 milioni contro 65,8) vinse grazie ai voti popolari che si erano riversati su un terzo candidato tendente a sinistra.
Diverse voci qualificate si sono ripetutamente levate per abbandonare il sistema federale misto di elezione e a favore del calcolo basato solo sulla maggioranza del voto popolare. Ma l’equilibrio tra il peso della popolazione e il peso degli Stati è centrale nella Costituzione federale ed oggi rappresenta il bastione dei conservatori. Infatti, è la composizione del Senato dove la parità di rappresentanza (2 senatori) tra i piccoli Stati interni e i grandi Stati metropolitani delle coste che garantisce la forza dei tradizionalisti “rurali” bianchi rispetto ai metropolitani “urbani” multietnici. La sfida tra Biden e Trump con l’etichetta dei due partiti tradizionali, dunque, può essere distorta da eventuali candidati terzi di cui potrà essere fatto un uso strumentale da parte dei candidati maggiori, in particolare da Trump. Certamente nessun “terzo” candidato può aspirare a vincere la presidenza ma può divenire determinante per impedire che l’uno o l’altro dei due candidati maggiori arrivi alla Casa Bianca.
(da Huffingtonpost)
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