“VADO IN TV, POI SI VOTA”: SILVIO PREPARA LA ROTTURA
IL CAVALIERE PUNTA AL VOTO IN AUTUNNO, MA ALFANO E LUPI LO FRENANO
Diciasette giorni recluso ad Arcore. Dalla manifestazione sotto palazzo Grazioli. Con qualche passeggiata nel grande parco come unica distrazione alle interminabili riunioni con gli avvocati.
«È come se si sentisse già ai domiciliari», sospira un’amica che gli ha fatto visita di recente, «si sente offeso e ce l’ha con tutti. Soprattutto con Napolitano»
Ammessi a villa San Martino, del resto, sono pochissimi: i figli Marina e Pier Silvio, Luigi, Barbara ed Eleonora, ovviamente la fidanzata Francesca Pascale.
Poi Maria Rosaria Rossi, Denis Verdini e Daniela Santanchè.
Il Cavaliere, anche se sta molto al telefono, non ha voglia di vedere nessuno. Nè di scherzare.
Un altro amico lontano dalla politica, che in questi giorni veleggia nell’Egeo, lo ha chiamato per rincuorarlo ma dall’altra parte del filo ha trovato un uomo quasi irriconoscibile: «Di solito mi avrebbe sparato a raffica due o tre barzellette, adesso sembrava di parlare con un avvocato. Solo codici e decreti Severino citati a memoria». Unica eccezione, l’imitazione fatta al telefono del giudice Esposito, con marcato accento partenopeo
Poi, negli ultimi giorni, un cambiamento. Un ulteriore salto d’umore. «Prima era solo depresso. Adesso è incazzato nero, ogni giorno di più».
Di questa mutazione ne hanno approfittato i falchi del Pdl, che lo sobillano verso una crisi di governo dall’esito imprevedibile. E sempre di più sono loro a fare da cinghia di trasmissione con il mondo esterno.
Lo incoraggiano quando Berlusconi medita di pronunciare un discorso violento a palazzo Madama un momento dopo essere stato dichiarato decaduto da senatore.
Lo accarezzano quando vagheggia una rentrèe televisiva all’attacco, come quando andò da Santoro e diede una sterzata alla campagna elettorale: «Anche allora mi sconsigliavano tutti e invece i nostri elettori ammirarono il mio coraggio ad entrare nella fossa dei leoni».
Lo coccolano quando progetta una campagna elettorale lampo, con un’improbabile candidatura saltando il voto della giunta, con una crisi di governo e le urne aperte a novembre: «Dobbiamo sfruttare l’ultima finestra elettorale in autunno. E anche se non mi candidassi direttamente sarei sempre il capo della coalizione»
Preoccupati per la china che sta prendendo il personaggio e per l’avvitamento anche esistenziale che prelude a una decisione senza ritorno, le colombe hanno in queste ultime ore giocato il tutto per tutto.
Il tentativo è stato affidato a Maurizio Lupi ed Angelino Alfano. Entrambi hanno infatti parlato con Enrico Letta (Lupi a margine del Meeting di Rimini), riferendo ieri al Cavaliere lo stato delle trattative con il Pd sul problema centrale della decadenza da senatore.
«C’è una possibilità , sottile ma c’è», gli hanno spiegato. «La partita nella giunta delle immunità del Senato non è chiusa, la possiamo riaprire. Ma tu devi far tacere chi grida troppo: in questo modo provochiamo solo la chiusura a riccio del Pd».
Berlusconi, raccontano, è stato ad ascoltare ma per nulla convinto. «Rinviare? Ascoltare i costituzionalisti? Ma per fare cosa se hanno già deciso? Se mi vogliono eliminare tanto vale farla finita con questa ipocrisia»
Le colombe hanno provato a farlo ragionare sostenendo che il gruppo del Pd a palazzo Madama sarebbe meno granitico di quel che appare all’esterno.
Che una studiata campagna sulla costituzionalità del decreto Severino potrebbe convincere l’ala più garantista dei democratici.
«Dobbiamo proseguire con l’approfondimento in giunta. E poi chiederemo in aula il voto segreto. Saranno in tanti nel Pd a votare con noi, tutti quelli che vogliono la prosecuzione del governo e della legislatura».
Per rafforzare il loro pressing le colombe (oltre Lupi e Alfano nei giorni scorsi sono intervenuti con argomenti simili anche Gasparri, Schifani e Cicchitto) hanno anche fatto balenare davanti agli occhi del Cavaliere lo spettro più temuto, quello di un gesto pericoloso ma soprattutto irrilevante: far cadere il governo Letta per trovarsi di fronte un altro governo.
Stavolta con il Pdl fuori dai giochi, all’opposizione, e Berlusconi ai domiciliari.
Se l’assemblea dei parlamentari Pdl, con le lacrime di Alfano e compagnia, ha indubbiamente dato l’immagine di una compattezza dei gruppi dietro il leader, è anche vero che l’animo umano è imperscrutabile.
«Se Napolitano dovesse rimandare Letta di fronte alle Camere per un nuovo voto di fiducia correremmo un rischio molto alto»
Basterebbero infatti una ventina di senatori a fare maggioranza. Una quota tutt’altro che irraggiungibile tra Pdl moderati, Gal, autonomisti, grillini pentiti e chi più ne ha più ne metta.
È l’ultima speranza delle colombe: convincere il Capo e sottrarlo alle sirene sempre più forti dei falchi.
«Messo alle strette – sospira speranzoso un filogovernativo – Berlusconi ha dato sempre retta a Gianni Letta e Confalonieri. Speriamo che anche stavolta sia così».
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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