VEDO, NON VEDO: IL DEF DI RENZI NON CONVINCE NESSUNO
LA COMMISSIONE EUROPEA CAUTA SULLE COPERTURE… CONFINDUSTRIA E CGIL ASPETTANO DI VEDERE I PROVVEDIMENTI
L’unico davvero entusiasta è Matteo Renzi: “Mi ha colpito l’atteggiamento delle persone che ci dicono non tornate indietro, non mollate”, dice il premier dal VinItaly di Verona, utile fondale per ricordare agli elettori che il governo sta per dare la “quattordicesima agli italiani”.
Sono i soliti 80 euro che arriveranno in busta paga a maggio a chi guadagna meno di 25mila euro all’anno (detratti i 65 euro che non percepirà più chi ha il coniuge a carico in realtà sono solo 15…n.d.r.)
Gli altri sono, comprensibilmente più scettici: il Def, il Documento di economia e finanza, fissa solo il quadro contabile in cui poi bisogna agire con decreti e leggi.
à‰ il campo da gioco, non la partita. Il commento più atteso è quello della Commissione europea.
Il commissario agli Affari economici e monetari Olli Rehn, che in questi anni ha imparato a farsi detestare dai politici italiani per la sua rigidità su conti pubblici, è fuori gioco: in scandenza alla Commissione, si è candidato al Parlamento europeo con i liberali dell’Alde e quindi è in aspettativa.
Da qui al 25 maggio, quando si voterà , le mansioni di Rehn sono affidate al commissario ai Trasporti Siim Kallas, lo spigoloso ex premier estone che non è certo più tenero di Rehn, ma che non farà polemiche troppo aspre.
Parla il portavoce di Rehn (e oggi di Kallas) Simon O’Connor: bene il deficit che resta sotto controllo al 2,6 per cento del Pil (il tetto è il 3), bene il taglio delle tasse per far ripartire l’economia “soprattutto grazie a tagli di spesa”, bene pure le privatizzazioni.
Però il giudizio è prudente: le misure della spending review saranno considerate nelle previsioni economiche di primavera della Commissione solo se saranno “legislate”, cioè diventeranno provvedimenti concreti.
Secondo punto delicato: la Commissione vuole verificare il rispetto dell’Obiettivo di medio termine (Mto), cioè il pareggio di bilancio strutturale.
La Commissione europea aveva chiesto una riduzione strutturale del debito (il calcolo è complicato) e nei conti pubblici italiani era prevista una riduzione pari a mezzo punto di Pil.
Nel nuovo Def la correzione è zero. Cosa che rischia di innescare una procedura d’infrazione a giugno (perchè non vengono rispettare le indicazioni nella procedura per squilibri macroeconomici eccessivi).
Per questo, da Forza Italia, Renato Brunetta denuncia che “abbiamo sforato i parametri europei”.
La scommessa di Renzi e Padoan è che le misure del governo facciano ripartire l’economia abbastanza da far aumentare il Pil così che migliori il rapporto col deficit, e quindi l’aggiustamento si faccia con la crescita e invece che con tagli e tasse.
Chissà se andrà così: le tabelle in coda al Def dicono che nel 2014 il bonus in busta paga farà crescere il Pil dello 0,1, ma i tagli necessari a trovare le risorse lo faranno scendere dello 0,1. Risultato netto: zero, nel 2015 il saldo sarà +0,1. Poca roba.
Nel Pd protesta Stefano Fassina, della minoranza, che voleva più spesa in deficit, Gianni Cuperlo dice che “la direzione è giusta ma serve crescita” .
Il resto del partito subito li zittisce.
La Confindustria di Giorgio Squinzi per una volta non è distruttiva, ma solo un po’ scettica: “Salutare accelerazione riformatrice”, ma aspetta di vedere risultati concreti.
La Cgil di Susanna Camusso parla di “scelte condivisibili” ma chiedere di fare attenzione “alla spending review”.
A Renzi, come ormai è evidente, dei pareri di industriali e sindacati importa meno di zero.
Opinioni più pesanti sono quelle dei vicini europei, come la Germania, ma sono tutti troppo presi dalle questioni interne o dall’avvicinarsi delle europee per fare un processo preventivo alla politica economica di Renzi.
Il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble, per esempio, dice: “’Non ce la faccio più a sentire il dibattito tra le politiche di austerità e quelle di crescita”.
Il Def, però, è solo il primo passo: la prossima settimana il documento andrà in Parlamento e il governo lavorerà al decreto per mettere davvero gli 80 euro in busta paga.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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