VENTI ORE DA SOLO NEL MEDITERRANEO: “NON SAPETE COSA C’E’ IN LIBIA, MEGLIO MORIRE IN MARE”
LA TRAVERSATA DI SAMI, IL SIRIANO SCAPPATO ALLE MILIZIE LIBICHE CHE TAGLIEGGIANO I NUOVI SCHIAVI
Un cambio di vestiti, datteri, cioccolato, una fotocamera, il suo iPad, un telefono. Non c’era altro sull’imbarcazione di Sami, l’infermiere siriano trovato a bordo di un piccolo gommone alla deriva nel Mediterraneo.
A salvarlo, l’equipaggio della Ong spagnola Proactiva Open Arms, che attraverso il suo responsabile delle operazioni, Riccardo Gatti, racconta a La Stampa:
“Stavamo lasciando l’area Sar per trasferire la nave a Malta per riparazioni quando un nostro volontario di vedetta ha visto qualcosa in mare a 3 miglia di distanza. Ci siamo avvicinati e, con nostra grande sorpresa, abbiamo visto quel minuscolo gommone con quell’unica persona a bordo”.
Sami ha raccontato di essere scappato quattro anni fa dall’inferno siriano, lasciando la sua fidanzata, oggi in Svezia, e la sua famiglia, in parte in Germania.
Da quel momento è rimasto intrappolato nel caos libico, dove negli ultimi anni si è scatenata la caccia delle milizie ai siriani, considerati “più ricchi” degli altri migranti.
Lì ha lavorato praticamente da schiavo, fino alla decisione di procurarsi la piccola imbarcazione e partire in solitaria. È rimasto nel Mediterraneo centrale per 20 ore, prima dell’avvistamento:
“Non sapete cosa c’è in Libia, meglio morire in mare”, ripeteva Sai ai ragazzi della Open Arms. E ha ringraziato i soccorritori con cioccolatini che aveva portato con sè come un piccolo segnale di vita. Che ora per lui ricomincia.
(da “Huffingtonpost”)
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