VESPA, IL GRAN CONSIGLIERE DELLA MELONI IN RAI, SI LANCIA IN UNA DIFESA A SPADA TRATTA DEL PREMIERATO VOLUTO DALLA SORA GIORGIA. MA FINISCE PER RIMEDIARE UN CLAMOROSO SCIVOLONE COSTITUZIONALE
“I PRIMI MINISTRI DI INGHILTERRA, SPAGNA E GERMANIA CONTANO INFINITAMENTE DI PIÙ DEI LORO PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA”… PECCATO CHE INGHILTERRA E SPAGNA SIANO DUE MONARCHIE, QUINDI NON ESISTA ALCUN PRESIDENTE
La difesa della riforma del premierato costa cara a Bruno Vespa, scivolato in uno strafalcione clamoroso sull’ordinamento dell’Inghilterra e della Spagna. Nell’elogiare le scelte del governo Meloni, impegnato nel riscrivere l’architettura costituzionale della Repubblica inserendo l’elezione diretta del presidente del Consiglio, il conduttore di Porta a Porta e Cinque Minuti ha finito per riscrivere lui, in maniera maldestra, il sistema politico dei due Stati. Un’uscita che ha scatenato centinaia di commenti sui social e ha innescato anche le correzioni della comunità di X, l’ex Twitter.
“Gli italiani sono presidenzialisti da sempre”, esordisce il giornalista della Rai in un video-editoriale. Quindi il commento sulla riforma del premierato, che a breve approderà in Parlamento senza molte speranze di raggiungere la maggioranza dei due terzi in entrambe le camere, unica via per evitare il referendum. Lo stesso esecutivo nutre poche speranze di farcela, tant’è che venerdì sera Giorgia Meloni ha aperto una sorta di campagna social in vista della possibile consultazione.
“Ora una riforma light… light… light… quasi che il sapore non si sente”, spiega Vespa prima di addentrarsi nella ricostruzione errata al centro delle polemiche. “I primi ministri di Inghilterra, non parliamo poi di Macron che è una Madonna, Spagna e Germania contano infinitamente di più dei loro presidenti della Repubblica – dice convintamente il conduttore – Uno non sa neanche come si chiamano. Non ho capito tutto ‘sto pericolo dove sta”.
Peccato che Inghilterra e Spagna siano due monarchie, altro che repubbliche, e quindi non esista alcun presidente ma semmai i re, Carlo III e Filippo VI.
(da agenzie)
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