VIOLENZE SESSUALI E ABUSI SUI MINORI: TREMILA IN CARCERE, MA PENE TROPPO BLANDE
NEI PRIMI SEI MESI DEL 2016 ARRESTATI OLTRE 600 STUPRATORI E PEDOFILI… CONDANNA MEDIA: PEDOFILI APPENA 6 ANNI, VIOLENZA SESSUALE SU DONNE SOLO 4 ANNI E 8 MESI
Ogni giorno, in Italia, più di tre autori di violenze sessuali o abusi su minori vengono portati in carcere.
Nel primo semestre del 2016, nel dettaglio, la media è stata di 3,8 stupratori arrestati e portati in cella. Ogni giorno.
È una delle informazioni che “l’Espresso” può mostrare grazie ai dati della sezione statistica del Dipartimento di amministrazione penitenziaria (Dap).
In questo momento, gli autori di violenze sessuali su donne e minori detenuti sono 3.444, su 54mila reclusi. La maggior parte di loro sconta una pena definitiva.
Mentre in 369 sono in attesa di giudizio.
Nel 2009 gli autori di abusi erano leggermente di più: 4.061, di cui oltre 700 in attesa di giudizio. Il doppio rispetto ad oggi.
Le mappe fotografano anche gli ingressi negli istituti penitenziari nel primo semestre dell’anno. Da gennaio a giugno del 2016 sono entrate in carcere con l’accusa di violenze sessuali e abusi su minori 693 persone. Di questi, 400 sono italiani e 293 stranieri. Nel corso del 2015 erano stati 1.385.
E l’alta percentuale dei nuovi ingressi rispetto al totale dei “sex-offender” in carcere conferma un dato: la carcerazione per questi reati, mediamente, è breve.
Anche per quelli più gravi. Come la pedofilia.
In una ricerca pubblicata recentemente su “Diritto penale contemporaneo”, Francesco Macrì ha analizzato 110 sentenze della Corte di Cassazione riguardanti gli autori di violenza sessuale su donne e minori. Concludendo che emergono «rilevanti criticità » nella «discrezionalità giudiziaria in materia di commisurazione della pena».
L’autore parla infatti di «ampie discrepanze rilevate, soprattutto in casi di pedofilia (abusi su minori), tra condotte di gravità del tutto simile».
Non è il solo tema evidenziato.
La pena media per chi abusa sessualmente di bambini con meno di 10 anni è risultata essere infatti di 6 anni e tre mesi.
Una condanna, sostiene Macrì, «sicuramente insufficiente: dallo studio di tali sentenze emerge difatti che gran parte di tali abusi sono di natura penetrativa, e perpetrati spesso per anni; in aggiunta la metà circa dei colpevoli sono familiari della vittima, e nel 30 per cento dei casi il colpevole è il padre stesso».
Alla luce di questi elementi ritiene «che un livello sanzionatorio medio congruo dovrebbe attestarti sugli 8/9 anni di reclusione, e su durate leggermente inferiori per gli abusi ai danni di quattordicenni», quando invece s’abbassa mediamente a tre anni e 11 mesi.
Per le violenze sessuali sulle donne le sentenze stanno sui 4 anni e 8 mesi di carcere in appello: mediamente un anno in meno rispetto a quanto stabilito in primo grado.
E tutto questo riguarda le sentenze. Ma come dimostrano altri studi, e casi recenti come quello di Melito con gli abusi coperti dal silenzio, spesso il passo più difficile è prima. E riguarda il coraggio di denunciare. Di superare la vergogna. E di restare saldi quando inizieranno le indagini
In una pagina dedicata ai consigli essenziali per le vittime di stupro, Lisa Canitano spiega : «Quello che fa nelle prime ore è determinante in sede giudiziaria; è necessario che si rechi in ospedale il prima possibile; non deve lavarsi o cambiarsi d’abito, ma recarsi nella struttura ospedaliera esattamente nelle condizioni in cui sta. Se la violenza è avvenuta per via vaginale, i segni dopo 24 ore scompaiono a meno che la vittima non sia una bambina o una donna in stato di avanzata menopausa».
L’ispezione, raccomanda quindi l’associazione Vita di Donna: «Deve essere effettuata su tutto il corpo. Lividi, graffi, escoriazioni devono essere descritti accuratamente, per quello che riguarda la grandezza e la posizione. Alcuni lividi possono evidenziarsi meglio nelle ore successive, in questo caso è necessario tornare e far redigere un nuovo referto». Sono elementi fondamentali. Perchè le prove reggano l’urto del lungo percorso del processo. E per avere giustizia.
(da “L’Espresso“)
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