VITA DA PARLAMENTARI NEL PALAZZO INFETTO
STRAVOLTE ABITUDINI, REGOLE E RITI
Per chi crede tenacemente nelle istituzioni, la Camera dei deputati può rappresentare una sorta di tempio pagano, con le sue regole, i suoi riti, le sue abitudini, stanche forse, ma radicate nel tempo e nella storia.
Ci ha provato l’antipolitica a intaccarne immagine e sostanza, con risultati però trascurabili in confronto a come il coronavirus ha stravolto ogni genere di protocollo, oltre alla geografia stessa di palazzo Montecitorio e i suoi lavori, come dimostra la mancanza per ben due volte del numero legale durante la discussione di martedì scorso del nuovo Dpcm, a causa della quarantena che ha decimato i deputati, messi in isolamento precauzionale, e come accadrà di nuovo, fino alla modifica dei regolamenti parlamentari che faccia fronte all’emergenza, in caso di nuove assenze legate all’epidemia.
È sufficiente muovere i primi passi al suo interno della Camera, non prima di essere passati attraverso un termo scanner per la rilevazione della temperatura (abbandonati gli iniziali termometri), per scoprire un mondo alla rovescia, totalmente diverso dall’era pre-Covid, rivoluzionato come quando nel 1965 si passò dalla messa in latino a quella in italiano, dopo le decisioni del concilio Vaticano II avviato da papa Giovanni XXIII e concluso da Paolo VI.
Quello che l’epidemia ha provocato alla Camera riduce a barzelletta il terrore con il quale venne accolto, nel 2013, l’arrivo dell’orda grillina.
A pochi giorni dall’inizio di quella legislatura, era possibile imbattersi nei commessi che in fretta e furia, su indicazione dell’ufficio di presidenza, andavano svitando dagli ascensori più piccoli e antichi il cartello: “Riservato agli onorevoli deputati”, o all’ufficio postale interno smontavano l’avviso che “i deputati hanno la precedenza”.
Si pensava così, vanamente, di scongiurare ulteriori attacchi ai privilegi, anche solo formali. Sono passati sette anni da allora, e la famosa scatoletta di tonno, che i 5Stelle erano ben determinati a scoperchiare, è diventata talmente succulenta da trovarli stabilmente ben attovagliati al ristorante, inizialmente evitato con cura perchè considerato come la rappresentazione plastica della cosiddetta “casta”.
Il partito antisistema si è fatto sistema e proprio quando Montecitorio poteva tirare un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo, ecco arrivare il Covid-19, in grado di arrivare laddove nessuno è mai riuscito.
A cominciare dall’aula, dove fin dal 1918 si riuniscono i deputati. Il distanziamento sociale impone che fra un parlamentare e l’altro ci debba essere una sedia vuota. Ma i posti sono contati: 630. Quindi, per la prima volta nella storia repubblicana, l’assemblea ha esondato, tracimando all’esterno, invadendo un altro luogo tradizionale della Camera: il Transatlantico.
Si tratta del corridoio “dei passi perduti”, famoso non tanto perchè permette ai deputati di entrare in aula, ma perchè è da sempre stato il posto dei conciliaboli, delle lunghe passeggiate sottobraccio fra i politici, con i giornalisti, battuto in lungo e in largo anche dai lobbisti, dove si sono decise le sorti di un governo o, addirittura, di una legislatura, dove una parola dettata o sussurrata a un cronista da parte del leader di turno durante le interminabili “vasche”, costruiva o disfaceva in un amen carriere politiche.
Se i divanetti disposti sotto le ampie vetrate che affacciano sul cortile d’onore di Montecitorio (una sorta di chiostro che in passato ospitava l’antica aula) potessero parlare avrebbero di che raccontare su come i destini del Paese si sono decisi più durante questi tàªte a tàªte che nelle interminabili e noiose riunioni di partito.
Il Transatlantico, però, è stato snaturato e trasformato nel prolungamento dell’aula, occupato dai tavolini con le postazioni dei deputati, i sistemi di voto, i computer. Diventato inaccessibile a tutti, tranne che ai parlamentari, è diventato il votificio e questa esigenza ha provocato, a cascata, anche la chiusura di due luoghi altrettanto famosi, la buvette, cioè il bar, e la sala lettura, un’ampia stanza silenziosa e con luci soffuse, dove deputati e giornalisti avevano la possibilità di sfogliare i quotidiani tenuti insieme da bacchette di legno.
Talmente tranquillo che non era raro imbattersi in qualche parlamentare accasciato sui divani in pelle verde, per un pisolino ristoratore. Tutto chiuso, sbarrato, inaccessibile fino a nuovo ordine.
Anche i divanetti sono stati trasferiti, spostati nella galleria dei presidenti, un altro corridoio, verso la parte posteriore di Montecitorio, che prende il suo nome dai ritratti di tutti coloro che hanno seduto sullo scranno più alto della Camera, da Vincenzo Gioberti a Laura Boldrini (quello in carica viene insignito di questo onore solo a fine mandato). Ma quelle poltrone sono quasi sempre vuote, perchè per motivi di sicurezza gli accessi nel palazzo sono ridotti all’osso, quasi inesistenti.
Perfino gli ex parlamentari sono costretti a firmare una liberatoria nella quale dichiarano di essere a conoscenza delle norme antiCovid e di non essere soggetti a rischio.
Anche il ristorante è cambiato. Al suo ingresso è stato aperto il bar che sostituisce la buvette. Ai tavoli per quattro persone, possono sedere solo due deputati, uno di fronte all’altro sul lato corto, oppure in diagonale, per mantenere la distanza di un metro.
Analoga rivoluzione si è avuta nelle commissioni parlamentari, tutte formate da 40 deputati, che prima dell’epidemia avevano a disposizione aulette che oggi non possono garantire il distanziamento sociale. Così, le commissioni sono diventate itineranti.
A seconda delle convocazioni, in base anche alla disponibilità , le sedute si svolgono nella gigantesca sala del Mappamondo (in passato utilizzata per discutere per esempio la manovra economica, quando si riunivano due o più commissioni insieme, o nell’aula dei gruppi parlamentari, che garantisce oltre cento posti).
In tutto il palazzo, mai stato così poco frequentato, è rimasto un solo posto per la socializzazione, per conversare e fumare, dov’è ancora possibile imbattersi in capannelli di deputati e giornalisti: il cortile d’onore.
Ed è l’unico posto dove le ferree regole, comprese quelle approvate dall’ultimo Dpcm che impone la mascherina per tutti anche all’aperto, non sempre vengono rispettate.
Ma questa è la politica ai tempi del Covid, spiazzata e a disagio, come tutti gli italiani, da un’epidemia che ha stravolto le nostre vite, modificato usi e abitudini, rivoluzionato anche le tradizioni più radicate. E Montecitorio, anche se temporaneamente, non ha fatto eccezione.
(da “Huffingtonpost”)
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