VOLANO GLI STRACCI TRA MELONI E TAJANI, CON UNA RESA DEI CONTI IN UN HOTEL. LA DUCETTA: “TI AVEVO CHIESTO DI ABBASSARE I TONI, HO GIÀ IL QUIRINALE CHE CI FRENA SU TUTTO E TU HAI VOTATO CONTRO IL GOVERNO” . LA REPLICA DEL FORZISTA: “NON POTEVO FARE DIVERSAMENTE, AVREI PERSO LA FACCIA E IL PARTITO”
TAJANI IMPUTA ALLA LEADER ANCHE UN ALTRO SGARBO: QUELLO DI AVER SOSTENUTO L’IMPOSSIBILITÀ DI FINANZIARE IL TAGLIO DELL’IRPEF RICHIESTO DA FORZA ITALIA… LA SORA GIORGIA NON HA CAPITO CHE SE LA FAMIGLIA BERLUSCONI SI INCAZZA LEI IN 24 ORE VA A CASA CON TUTTA LA SUA CORTE DEI MIRACOLI
La scena è piuttosto forte. C’è Antonio Tajani che attende per dieci minuti l’arrivo di Giorgia Meloni davanti alle porte girevoli della hall dell’hotel Cavalieri Waldorf Astoria. Quando la premier arriva, si salutano con il bacio. Lei segue il ministro.
Devono chiarirsi, prima di tuffarsi nel Med Dialogues, perché al Senato il governo si sta frantumando. Arrivano di fronte a una saletta. «Facciamo qui?», propone garbato il titolare degli Esteri. «Non lo so, sei te che stai a organizza’ ’sta cosa». Attoniti, osservano alcune decine di presenti.
Quello che succede dietro quella porta, al piano -1, è se possibile anche peggio. Si può ricostruire seguendo il filo dei racconti che Meloni, Tajani e Matteo Salvini – a sua volta in contatto con la premier – riferiranno nel corso della giornata ai propri dirigenti, senza troppe cautele.
La presidente del Consiglio è furiosa per lo spettacolo di palazzo Madama e per l’errore tattico della sottosegretaria Albano. E ora se la prende con l’alleato che ha di fronte: «Ti avevo chiesto di abbassare i toni. Te lo avevo chiesto – è il senso dei suoi ragionamenti – perché ho già il Quirinale che ci frena su tutto, che crea problemi su ogni emendamento che presentiamo in Parlamento. Ti avevo detto: non è il momento. E tu hai comunque votato contro il governo».
Meloni rinfaccia all’alleato anche un altro dettaglio della trattativa di martedì notte: aver lasciato intendere a Giovanbattista Fazzolari – emissario incaricato dell’estremo tentativo di mediazione – di essere pronto a chiedere a FI di non partecipare al voto contro l’esecutivo. E di aver poi fatto il contrario, in commissione.
Per Tajani, la ricostruzione è distorta, il film completamente diverso. Nessun impegno, nessuna promessa. Anzi, il ministro ricorda a Meloni di averle annunciato già a settembre, riservatamente, l’intenzione di non rinnovare il taglio del canone.
Non soltanto perché avrebbe creato una tensione impossibile con la famiglia Berlusconi, ma soprattutto per difendere la propria leadership: «Avrei perso il partito, avrei perso la faccia». Imputa alla leader anche un altro sgarbo: quello di aver sostenuto nel vertice domenicale l’impossibilità di finanziare il taglio dell’Irpef richiesto da Forza Italia, giustificandolo con l’assenza di risorse, ma di aver poi autorizzato una spesa di 410 milioni necessari per decurtare l’imposta sulla tv.
È un dialogo aspro, senza fair play. Meloni chiude ad ogni scenario, frena ogni pretesa. Anche quella di un rimpasto, che gli azzurri vorrebbero entro febbraio. «Quando FdI era il partito più piccolo della coalizione nessuno badava alla nostra crescita – sostiene, secondo quanto riferiscono dal cerchio magico – Passavamo dal 3 al 5%, poi all’8%, ma ero sempre la “piccola fiammiferaia”. Quando chiedevo agli alleati, mi rispondevano: conta solo il peso dei gruppi parlamentari».
È la stessa tesi che la Lega diffonde a sera, quando Tajani indica gli azzurri come la seconda forza della coalizione e reclama un riconoscimento.
A questo punto, il problema non è la crisi di governo, a cui nessuno dei tre leader crede. Semmai, l’escalation. E il rischio che, continuando così, i due alleati decidano prima o poi altre azioni che penalizzino Mediaset. Difficile immaginare che succeda davvero, ma già l’ipotesi basta a mettere pressione sugli eredi del Cavaliere.
Sospettati comunque in queste ore dalle sorelle Meloni di essere pronti a smarcarsi sempre più decisamente – anche se con progressione studiata – dalla maggioranza di governo. In questo senso, non aiuta a rasserenare il clima la dichiarazione del capogruppo di FI all’Europarlamento Fulvio Martusciello, alleato fedele di Tajani: «Ringrazio il Pd per il grande senso delle istituzioni dimostrato», votando Ursula von der Leyen. Anche perché chi si è opposto, aggiunge, lo ha fatto per colpire l’Italia e il governo Meloni. «E dispiace che la Lega non abbia colto».
(da La Repubblica)
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