VOTO SEGRETO E AVENTINO, LETTA GUIDA I RIBELLI DEL PD
DISSIDENTI DEM TRA NO E ASTENSIONE… M5S, FORZA ITALIA E SEL ORIENTATI A USCIRE
La strada è spianata, l’Italicum diventerà legge questa sera.
Matteo Renzi ha dormito sonni tranquilli, anche l’ultimo pallottoliere riserverà pochi brividi sui numeri.
Le uniche incognite sono legate a quanti deputati della minoranza pd si spingeranno fino al voto contrario (sulla carta sarebbero tra 80 e 90, ma solo 38 hanno negato la fiducia nei giorni scorsi) e quale atteggiamento terranno le opposizioni.
Chiederanno o meno il voto segreto? Usciranno o no dall’aula?
I gruppi di Fi, Lega, M5s e Sel si riuniranno questa mattina per decidere appunto la strategia da seguire, per cercare di mettere quanto meno in difficoltà il governo nell’atto finale.
Ma sono poco più di duecento deputati e ognuno la pensa in maniera difforme dall’altro. L’ipotesi più probabile, raccontavano ieri sera dai vertici del gruppo forzista, il più consistente coi suoi 70 componenti, è che venga confermata la richiesta del voto segreto, accompagnata però dall’abbandono dell’aula in serata quando si voterà la legge.
Lo scopo è mettere a nudo le contraddizioni interne al Pd: consentire alla minoranza di prendere le distanze nel segreto dell’urna, nella speranza di veder lievitare i 38 dissidenti dem fino a 50 o addirittura 60.
Ma l’auspicio di Brunetta e altri di costringere Renzi ad approvarsi l’Italicum con una maggioranza che non raggiunga la soglia minima di 316 (la metà più uno dell’aula) è un miraggio.
Intanto, perchè non è detto che quei 38 che non hanno votato la fiducia si spingano tutti fino al voto contrario contro. E poi, perchè i numeri dicono altro: nella votazione da prendere come riferimento, anche perchè la più partecipata, quella della prima fiducia di mercoledì scorso sull’articolo 1 dell’Italicum, sui 393 su cui può contare la maggioranza (comprensiva di Ncd), a votare sì sono stati in 352, i 38 dissidenti pd hanno preferito uscire dall’aula. I no sono stati 207 e un astenuto.
Probabile che lo schema si ripeta. Anche la minoranza pd questa mattinata si riunirà per decidere che fare e allora — è la stima — altri dieci o venti di loro potrebbero decidere di non votare (o votare contro).
In quel caso i favorevoli scenderebbero a 340, magari 330. Ma è giusto un’ipotesi. Anche perchè Pier Luigi Bersani ha rimandato a stamattina appunto la scelta definitiva. Così anche Rosy Bindi, Guglielmo Epifani.
Lo stesso Gianni Cuperlo, ieri alla Festa dell’Unità di Bologna si è limitato a escludere il suo voto favorevole, non altro: «Ma tutto avverrà alla luce del sole, nessun agguato», promette.
Stefano Fassina invece voterà contro e a sorpresa anche Enrico Letta.
Intervistato dall’Annunziato a “In 1/2ora”, l’ex premier sostiene che l’Italicum è «parente stretto del Porcellum » e lui voterà no, «perchè non condivido il metodo, il percorso e i contenuti: nel 2015 criticammo duramente Berlusconi per come si arrivò al Porcellum a colpi di maggioranzae oggi è stato fatto lo stesso».
Un altro duro oppositore interno come Alfredo D’Attorre prevede che «l’orientamento prevalente » tra chi non ha votato come lui la fiducia è quello di «votare contro il provvedimento ».
Ma l’area riformista è composta anche da Dario Ginefra che invece vota a favore nella speranza, dice, che poi il governo accetti di rivedere la riforma costituzionale al Senato.
Silvio Berlusconi, interessato poco o nulla all’Italicum, intenzionato però al referendum abrogativo, dà già per scontato il sistema che porterà al ballottaggio tra le prime due liste.
Tanto che in una telefonata ai militanti di Taranto conferma il desiderio di lanciare i repubblicani in stile Usa: «Votare questo o quel partitino è una cosa di una stupidità inarrivabile, dobbiamo contrapporre una grande destra moderata a una sinistra che ha saputo raccogliersi dentro il Partito democratico ».
La grande incognita resta la Lega di Salvini per nulla attratta dal listone unico, perchè senza quella sarà assai difficile raggiungere il ballottaggio e sfidare i dem di Renzi.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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