ZINGARETTI APRE AL CONGRESSO IN PRIMAVERA PER DISCUTERE LA LINEA
LE QUINTE COLONNE RENZIANE RIMASTE NEL PD PUNTANO A UN CAMBIO DI SEGRETERIA
Non ha altra scelta, Nicola Zingaretti. Il congresso che aveva annunciato già un anno fa, dopo la non scontata vittoria alle regionali in Emilia Romagna ma poi impedito dall’esplosione della pandemia, si terrà probabilmente nella tarda primavera.
Fra tre-quattro mesi, a patto che il virus lo consenta. Il tempo di far salpare il governo Draghi e organizzare le assise democratiche in piena sicurezza.
Resta solo da capire con quale formula: se cioè si aprirà solo una larga discussione tematica per definire, insieme ai circoli e ai territori, la linea di un partito sempre più proiettato verso un’alleanza organica con 5S e Leu; oppure si opterà per il classico percorso a tesi e candidati contrapposti, da concludere con le primarie e l’elezione di un nuovo segretario. La prima preferita dalla maggioranza, l’altra caldeggiata dalla minoranza: due spinte destinate inevitabilmente a scontrarsi.
Perchè una cosa è certa: il mandato di Zingaretti scade tra due anni e lui non ha alcuna intenzione di dimettersi. Circostanza che complica non poco i piani degli avversari interni, decisi a ottenere un congresso vero per espugnare il Nazareno e magari piazzarci Stefano Bonaccini, il teorico del rientro a “casa” di Renzi dopo il fallimento di Italia viva.
Questo però non significa far finta di nulla: sa bene, il segretario, che dal giorno del suo insediamento alla guida del Pd (4 marzo 2019) è cambiato il mondo.
Nel mezzo sono nati e caduti due governi di segno contrario, sono state consumate due scissioni: quella di Calenda, dopo i renziani. Conosce a memoria le critiche di chi – innanzitutto Base riformista, la corrente di Guerini e Lotti – gli contesta una pessima gestione della crisi giallorossa: quell’ultimatum “o Conte o voto” che doveva fungere da ciambella di salvataggio della coalizione e s’è invece rivelata un’arma spuntata.
Perciò ha deciso di accelerare, Zingaretti: di assecondare chi, anche fra i suoi, lo esorta a dare una risposta immediata ai crescenti malumori prima che deflagrino.
Anticipata ieri dagli schermi di Rai3: “Appena finita questa fase”, ha spiegato Zingaretti a In mezz’ora, “porrò il tema di come andare avanti: serve una discussione politica vera sull’identità e il profilo del Pd”.
Con un avvertimento, però: “Spero che nessuno voglia rimettere indietro l’orologio”, tornare cioè a quel partito isolato e senza prospettive che nel 2018, con Renzi segretario, subì la più grave sconfitta della sua storia. Perchè – è il ragionamento che si fa al Nazareno – se oggi il centrosinistra è tornato competitivo, può cioè offrire all’esecutivo Draghi un solido ancoraggio e puntare a sconfiggere la destra alle imminenti amministrative, è proprio in virtù dell’alleanza con i Cinquestelle. Senza i quali il campo progressista avrebbe scarse chance di successo.
Un’apertura che Base riformista intende come l’inizio di un percorso per cambiare guida al partito. “Bene Zingaretti, un’apertura anticipata del congresso mi pare opportuna, visto che l’ultimo si è svolto un’era geologica fa”, esulta Andrea Romano. “Allora eravamo all’opposizione del governo Lega-M5s”, per cui “dopo le esperienze dell’esecutivo Pd-M5s e del nascente Draghi I, è giusto che una comunità come il Pd rifletta sul profilo programmatico e sulla propria identità alla luce di questi rivolgimenti”.
Ma Areadem, la corrente che fa capo a Dario Franceschini, dà l’altolà : “Come Pd dovremo discutere nei prossimi mesi sulla nuova situazione, ma il congresso è previsto tra due anni. Adesso è bene concentrarsi sul governo e sulla sua azione, facendo in modo che le nostre proposte vivano in questa fase “, avverte Franco Mirabelli, vicecapogruppo al Senato. “Abbiamo sì bisogno di un tagliando ma non credo che siamo di fronte ad una situazione fallimentare: il Pd nel 2019 era un partito totalmente ininfluente sul piano istituzionale, oggi no. La discussione da fare, quindi, non si risolve per forza con un congresso: decideremo insieme con il Segretario le modalità del nostro dibattito interno, ma non vorrei che si confondessero i piani”.
(da La Repubblica”)
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