“SONO UNA RAGAZZA INGENUAâ€: AULA VUOTA PER LA DE GIROLAMO
L’AUTODIFESA MELODRAMMATICA DI NUNZIA ALLA CAMERA
Passeggia nervosamente davanti agli uffici del governo, indossa gli auricolari.
Oggi, più che ministro o vicepremier, Angelino Alfano fa il guardaspalle di Nunzia De Girolamo. Travestito da scudo umano, la scorta nell’aula semi-deserta, la assiste nel primo quarto d’ora di autodifesa, poi se ne va: il bodyguard ha appuntamento con Giorgio Napolitano.
Lei continua a parlare per un’altra mezz’ora, di fronte alla platea scarna che nel momento di massima capienza è arrivata a toccare il numero di 86 deputati, cinque sottosegretari e due ministri (Maurizio Lupi e Gaetano Quagliariello).
Clima soporifero, tant’è che i fotografi si agitano per poco: basta che lei, il ministro dell’Agricoltura, si rassetti i capelli.
Eppure è il grande giorno, quello che i 5 Stelle prima e il Pd poi, chiedevano a gran voce: venga a spiegare in Aula, chiarisca questa storia dell’Asl, di Benevento e del “chi comanda”. Le è toccato farlo di venerdì 17 ma a guardare la faccia di suo marito, il democratico Francesco Boccia, il problema non sembra la sfortuna.
È quell’aula disertata anche dall’opposizione (11 grillini presenti), sono le “zone d’ombra” denunciate dai principali azionisti della maggioranza, che nemmeno l’arringa di 45 minuti è riuscita a dissipare.
Non basta la fermezza con cui la De Girolamo ripete i “mai”, a proposito delle pressioni, delle nomine e dei controlli. Non basta fare leva sulle “attività di spionaggio illegali a mio danno”, ovvero sulle registrazioni fatte dall’ex direttore dell’Asl di Benevento Felice Pisapia durante i colloqui con il ministro: “Le intercettazioni — la smonta il Pd Umberto Del Basso De Caro, tra gli accusati del complotto contro la De Girolamo — non sono abusive per la potente ragione che non sono intercettazioni. Si tratta di trascrizione di conversazioni tra presenti, pacificamente ammissibili dal codice di rito non come atti ma come documenti”.
Nunzia De Girolamo si aggrappa a quell’intrusione nella sua vita privata, confida nella solidarietà dei colleghi: “Stiamo parlando di conversazione di un parlamentare, esattamente un parlamentare come voi”.
Li interroga: “Può esserci un’autorità etica in grado di giudicare sul livello gergale delle nostre espressioni all’interno delle nostre abitazioni private o delle mura delle nostre segreterie politiche?”.
Tira in ballo la “patologia post parto” che la obbligava a ricevere a casa. Dice che sua figlia non potrà “mai e poi mai” pensare che sua madre abbia “calpestato quella bandiera alla quale si inchina ogni mattina quando entra in ufficio”.
Il melodramma funziona, ma chiarire è un’altra cosa.
Il bar dell’ospedale da affidare allo zio? Le pressioni per far cacciare il gestore? Quella frase: “Manda i controlli e vaffanculo”? “Una battuta, del tutto decontestualizzata, legata ad altre vicende che, in quel momento, stavano interessando la struttura ospedaliera e che creavano disagio sociale”, spiega — si fa per dire — il ministro in Aula.
E i Nas che arrivano 5 mesi dopo? “Qualcuno abbia il coraggio di dire che li ho inviati io”.
Quanto al “direttorio politico-partitico” che secondo i magistrati avrebbe gestito l’Asl, si schernisce la De Girolamo, da deputata Pdl “ho seguito sul territorio tante vicende, ma sempre e soltanto nell’interesse esclusivo della buona sanità e giammai per interessi personali o elettorali”.
E ancora, le nomine: il direttore generale dell’Asl di Benevento Michele Rossi diceva “Nunzia, non resterò un secondo su quell’Asl se non per te e con te”?. Coincidenze, visto che lei ha detto sempre “no” e “adesso mi fanno pagare anche questo”.
Se ne va “con la coscienza in pace” e “il cuore in subbuglio”.
Ma se la mozione di sfiducia presentata dai 5 Stelle venisse calendarizzata, non è detto che il ministro ne uscirebbe indenne.
Nel PD più di qualcuno ricorda il caso di Josefa Idem, che si dimise per aver pagato l’Imu sulla sua palestra come se fosse una prima casa: “Decisamente un altro stile”, dicono i deputati Laura Coccia e Andrea De Maria.
La renziana Simona Bonafè chiede alla De Girolamo “di fare un passo indietro”. Nicodemo Oliverio, firmatario dell’interpellanza, insiste: “Saremo esigenti”. Poi alza il sopracciglio: “Una si può anche difendere, ma mica si può mettere una medaglia…”.
Lei non solo se la appunta, ma la sfoggia a Otto e mezzo, 12 ore più tardi.
Si presenterà a Lilli Gruber come una “ragazza ingenua in un mondo di lupi”. Abbastanza sicura di sè, però, per dire che resta ministro dell’Agricoltura.
Almeno “finchè c’è questo governo”
Paolo Zanca
(da “il Fatto Quotidiano“)
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