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OPERAZIONE MAQUILLAGE: LUPI PIU’ VICINO ALLA POLTRONA DI MINISTRO DELLA GIUSTIZIA LASCIATO LIBERO DA ANGELINO JOLIE

Giugno 3rd, 2011 Riccardo Fucile

SCARTATI VITO E NORDIO, SI PENSA ANCHE A SCAJOLA MINISTRO DELLE POLITICHE COMUNITARIE…VOCI DI TREMONTI E CALDEROLI VICEPREMIER… NEGLI EX AN C’E’ DISSENSO: GLI ALTRI, IN ATTESA DEGLI EVENTI, SCALDANO I MOTORI PER LA GRANDE FUGA

Tutto è successo così in fretta (la batosta elettorale del Cavaliere, l’incoronazione di Alfano nel Pdl) che solo adesso molti realizzano: oddio, non c’è più il ministro della Giustizia, chi occuperà  la poltrona?
Una poltrona scomoda, tra l’altro, perchè in ballo c’è la «riforma epocale» sognata da Berlusconi, chi se la piglia diventa immediatamente un bersaglio.
Pare che Lupi, già  vice-presidente della Camera, esponente del mondo ciellino lombardo, un tempo a braccetto con Formigoni oggi non più, è sul punto di farcela. L’ipotesi di promuovere il ministro Vito pare tramontata, e qualcuno molto in alto ora si domanda chi l’avesse messa in circolo e perchè.
L’avvocato Ghedini aveva buttato lì il nome dell’ex magistrato Nordio, amico suo. Ma il Cavaliere pare sia contrario agli esperimenti, dubita dei «tecnici», vorrebbe andare sul sicuro, con Lupi non teme scherzi.
Dovrà  parlarne prima con Bossi, l’appuntamento è già  fissato per lunedì, e può essere che nell’occasione la Lega lo assilli sui vice-premier. Berlusconi non è pregiudizialmente ostile ad accollarsi due vice, però attende che sia Bossi a chiederglielo. Nel caso uno sarebbe Calderoli, l’altro Tremonti.
In cambio Berlusconi si attenderebbe dal suo ministro la famosa riforma fiscale fin qui rinviata.
«Il primo a saperlo è Tremonti», assicura La Russa nella sua nuova veste di responsabile della propaganda.
Sempre più numerose le voci nel Pdl che rimproverano a Tremonti un surplus di rigore. Nell’ufficio di presidenza Formigoni l’ha preso di petto, «la gente di tasse e di controlli non ne può più», ha protestato il governatore.
«La mia gratitudine a Formigoni è pari alla sua amicizia», gli ha risposto a tono il responsabile del Tesoro.
L’indomani della scalata di Alfano è un grande festival di complimenti al neo-segretario, accompagnati sistematicamente da qualche distinguo.
Si prenda il ministro «responsabile» Romano: «Scelta azzeccata», quella del conterraneo Alfano, «ma ora prioritaria è l’azione di governo, serve impegnarci su fisco e sud».
L’altro «responsabile» Pionati applaude la nomina «ma ora il Pdl va rifondato alla radice», puntualizza.
Fitto, ministro del Sud, scorge nella svolta generazionale «una grande opportunità  ma ora», esorta, «rimbocchiamoci le maniche».
La Mussolini non ha peli sulla lingua, «a me Alfano va benissimo», premette, «ma non è possibile sceglierlo di notte a Palazzo Grazioli, serve un congresso». L’irrequieto e scontento Scajola si unisce ai festeggiamenti ma tira un calcione alla palla: «Perchè non cambiare anche nome e simbolo del partito?».
Finisce che il più entusiasta senza riserve di Alfano risulta il «nemico» Bocchino.
Lo definisce in un crescendo «bravo, intelligente, moderato di esperienza democristiana e centrista», addirittura (ma potrebbe essere il bacio della morte) «l’uomo giusto per moderare Berlusconi».
A questo proposito, battuta rivelatrice su Alfano di un gerarca Pdl tra i più autorevoli: «O farà  il segretario del partito, o farà  il segretario di Berlusconi», dipende da lui.
Una volta rotte le dighe, la democrazia diventa un fiume in piena.
Accade nei Paesi arabi e perfino nel Pdl. Sempre più numerosi quanti dicono «basta con le Minetti, con i nominati dall’alto» e invocano d’ora in avanti le primarie per la scelta dei candidati.
E’ il metodo suggerito sul «Foglio» da Ferrara che però ricorda: il vero grande problema rimane «iddo», cioè Berlusconi.
Quagliariello, capogruppo vicario in Senato, ha già  lanciato la proposta di regolare le primarie per legge. Osvaldo Napoli applaude ma sommessamente segnala: «Ciò comporta un sistema elettorale maggioritario», non si venga a chiedere poi di tornare al proporzionale

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LA DIPLOMAZIA DEL COLLE E IL FASTIDIO DI BERLUSCONI CHE SI SENTE ORMAI OSCURATO DA NAPOLITANO

Giugno 3rd, 2011 Riccardo Fucile

DALL’AMBASCIATA USA RINGRAZIAMENTI AL COLLE PER IL RUOLO CHE SVOLGE IN LIBIA…LA CENA AL QUIRINALE CON I CAPI DI STATO: UN   SUCCESSO DI NAPOLITANO CHE IL PREMIER HA DOVUTO SUBIRE

È il suggello su un’assenza politica, quella di Berlusconi, e su un’inevitabile supplenza.
La festa al Quirinale peri 150 anni della Repubblica è un successo per Giorgio Napolitano, la conferma del suo standing intenazionaie (a Roma sono arrivate 80 delegazioni internazionali, con 42 capi di Stato e di governo presenti), ma allo stesso tempo rivela quanto sia diventato problematico per il capo del governo avere un ruolo sulla scena.
Chi era presente riferisce di un Berlusconi immusonito al grande banchetto del Quirinale. Irritato, oltretutto, per dover fare la comparsa allo spettacolo messo in piedi da quello che considera ormai un suo rivale politico.
E non c’è solo la politica estera, dove Napolitano ha acquistato una crescente credibilità  – confermata dai ringraziamenti giunti di recente dall’ambasciata americana per il ruolo svolto sulla Libia – di pari passo al declino di quella del premier.
Contano anche i piccoli dettagli.
Ieri ad esempio la prova della piazza si è di nuovo rivelata amara per il Cavaliere. Mentre al capo dello Stato, che passava in rassegna il picchetto d’onore, venivano tributati applausi corali e scroscianti, Berlusconi doveva sperimentare anche i fischi. Persino in un’occasione di festa bipartisan e politicamente “neutra” come il 2 giugno. Ormai per il premier il confronto con Napolitano è diventato un cruccio continuo, quasi un’ossessione.
Considera l’attivismo del Colle una vera e propria «invasione di campo».
Quando ha saputo degli incontri al massimo livello che avrebbe avuto il capo dello Stato (da Biden all’astro nascente cinese Xi Jimping), Berlusconi ha chiesto al suo staff di correre ai ripari, organizzando in fretta e furia un incontro a villa Pamphili con il russo Dimitrij Medvedev e Joseph Biden.
Ma il vice di Obama ha lasciato prima degli altri il casino dell’Algardi, disertando la conferenza stampa con Berlusconi.
Con gli americani il rapporto tra il “comunista” Napolitano è ormai molto stretto. Consolidato grazie anche al ruolo decisivo del capo dello Stato in occasione della crisi libica, mentre il premier – paralizzato dal rapporto con Gheddafi e dal veto di Bossi – appariva in Europa e a Washington come un “re Tentenna”.
«Per gli americani – confida un diplomatico italiano – ormai in Italia ci sono solo tre interlocutori per la politica estera: Napolitano, Frattini e Gianni Letta. Berlusconi non viene più considerato reliable, affidabile».
Di certo non deve aver aiutato a migliorarne la considerazione la scena vissuta in prima persona da Obama al G8 di Deauville.
Quando il capo del governo, saltando ogni protocollo, provò ad arruolare il presidente Usa nella sua crociata contro i magistrati e la loro «quasi dittatura».
Lo stesso Berlusconi, tornato a Roma, a un amico ha confidato la ragione di quel gesto sorprendente: «Mi guardavano tutti con una certa freddezza. Così sono stato costretto a spiegare di persona cosa sta succedendo in Italia».
La «freddezza» degli altri leader e delle cancellerie europee (Sarkozy, Merkele Obama, dopo quel G8, hanno deciso di disertare Roma) paragonata al «calore» con il quale ieri Napolitano è stato omaggiato da tutti.
Arrivando persino a mettere a tavola vicini il presidente di Israele Shimon Peres e quello dell’Anp Abu Mazen, dopo un vertice a tre sulla ripresa del processo di pace. «Sono vecchi amici», ha spiegato Napolitano, riferendosi a quella mini Camp David al Colle.
Ad aumentare l’irritazione di Berlusconi nei confronti del Quirinale ha contribuito da ultimo la decisione della corte di Cassazione di trasferire il referendum contro il nucleare sulle nuove norme.
«Non si sarebbero mai permessi una forzatura del genere – ha confidato Berlusconi a un ministro – se non fossero stati sicuri dell’avallo di Napolitano».
E proprio il referendum potrebbe essere il terzo tempo delle elezioni amministrative, assestando il colpo finale al governo Berlusconi.
Un timore che ha aumentato i sospetti del Cavaliere.
Senza contare l’elemento della popolarità . Negli ultimissimi sondaggi, infatti, il Quirinale surclassa Palazzo Chigi.
La popolarità  di Napolitano sfiora il 90 per cento.
Quella del Cavaliere è ormai precipitata al 33 per cento.

Bei Francesco
(da “La Repubblica“)

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“SOLDI PUBBLICI PER PAGARSI LE ELEZIONI” : INDAGATO PER ASSOCIAZIONE A DELINQUERE IL SOTTOSEGRETARIO ROSSO (PDL)

Giugno 3rd, 2011 Riccardo Fucile

BEN 140.000 EURO DESTINATI ALLA PROMOZIONE DEL TERRITORIO SONO FINITI NELLA CAMPAGNA ELETTORALE DEL POLITICO PIEMONTESE… I FINANZIAMENTI EROGATI A UNA FONDAZIONE FONDATA DA ROSSO

Nemmeno il tempo di festeggiare la vittoria della Provincia di Vercelli, una delle poche amministrazioni del Nord dove l’asse Pdl-Lega ha tenuto, che sulla testa del pidiellino, poi passato a Fli, poi ritornato pidiellino, Roberto Rosso, che del centrodestra locale è leader indiscusso, arriva una tegola.
Il neosottosegretario all’Agricoltura del governo Berlusconi (ex vicepresidente della Regione Piemonte ed ex meteora di Futuro e libertà , di cui è stato appunto anche coordinatore regionale da novembre a febbraio) è indagato per associazione a delinquere dalla Procura di Vercelli.
Al centro dell’inchiesta, la Fondazione Terre d’Acqua, di cui Rosso è stato fondatore e promotore.
Una società  cosiddetta in house, ossia a capitale interamente pubblico, i cui soci risultano essere la Provincia di Vercelli e il comune di Trino Vercellese, feudo del sottosegretario.
Secondo l’accusa Terre d’Acqua sarebbe servita a gestire e utilizzare denaro pubblico (circa un milione e 400 mila euro) per fini diversi da quelli ufficiali di promozione turistica, in particolare (ma non solo) per favorire le iniziative elettorali di Roberto Rosso.
L’avviso di chiusura indagini (cominciate nel settembre 2010) è stato notificato oltre che al sottosegretario, ad altre cinque persone, anch’esse accusate di associazione a delinquere.
Si tratta del coordinatore del Pdl di Casale Monferrato ed ex ad di Terre d’Acqua Nicola Sirchia, del consigliere comunale del Pdl di Vercelli Tino Candeia (ex presidente dell’Associazione), del direttore generale della Provincia Gianfranco Chessa, dell’ex sindaco di Trino Giovanni Ravasenga e dell’assessore al Bilancio (e membro del cda di TdA) Alessandro Giolito.
Indagati per concussione e peculato anche l’ex assessore al Lavoro della Provincia Roberto Saviolo e la libera professionista valdostana Cinzia Joris.
La Procura di Vercelli è convinta che “il prestigio e il carisma” di Roberto Rosso abbiano indotto gli amministratori della Provincia e del Comune di Trino ad erogare con una certa allegria (tra spese gonfiate o mai sostenute e omessi controlli) fondi all’associazione Terre d’Acqua usati — come detto — per fini diversi da quelli ufficiali.
In particolare si cita il caso della signora Anna Montarolo, moglie di Alessandro Gioito, assunta da Terre d’Acqua (e quindi pagata con denaro pubblico) senza aver mai lavorato per la Fondazione e i 144 mila euro erogati per un piano marketing di promozione del territorio utilizzati — secondo l’accusa — per il sostegno alla campagna elettorale di Rosso alle elezioni politiche del 2008: il contratto prevedeva la stampa e la distribuzione di 140 mila copie del periodico Newsletter e 90 mila “contatti telefonici” per promuovere il turismo nell’area vercellese.
Peccato che entrambe le iniziative — periodico e telefonate — si siano rivelate organi di pubblicità  delle iniziative elettorali del sottosegretario.
Un po’ come i volantini che Rosso, buon amico di Fabrizio Cazzago, ex ad di Phonemedia (il colosso fallito dei call center con sede a Trino che ha lasciato per strada centinaia di lavoratori) era solito inserire nelle buste paga dei dipendenti.
È la prima volta che Roberto Rosso — che respinge con sdegno le accuse e si dice certo di provare la propria estraneità  ai fatti — viene coinvolto direttamente in un’inchiesta, per quanto il suo nome sia risuonato in più occasioni: dal fallimento di Phonemedia all’arresto nel febbraio 2010 del presidente della Provincia di Vercelli Renzo Masoero, fedelissimo di Rosso pizzicato con una mazzetta da diecimila euro in tasca (ha patteggiato due anni) e dell’assessore al Lavoro Roberto Saviolo, anch’egli uomo dell’entourage politico rossiano, due mesi più tardi.
Gli indagati hanno venti giorni di tempo per presentare memorie e controdeduzioni.
Poi la Procura deciderà  se chiedere il rinvio a giudizio

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LE FESTE BUNGA BUNGA? “ORA SI FANNO A VILLA GERNETTO”: FESTINI FINO A DUE MESI FA

Giugno 3rd, 2011 Riccardo Fucile

E’ QUANTO OGGI EMERGE DALL’INCHIESTA GENOVESE SULLO YACHT “FORCE BLUE”… LE TELEFONATE TRA BRIATORE, LA SANTANCHE’ ED EMILIO FEDE….NONOSTANTE LE INDAGINI IN CORSO, LELE MORA CONTINUAVA A ORGANIZZARE FESTE: NON PIU’ AD ARCORE MA ALL’UNIVERSITA’ DELLA LIBERTA’ A VILLA GERNETTO, A MONZA

I festini bunga bunga nella sede dell’Università  delle Libertà .
Gli inquirenti milanesi e genovesi saranno saltati sulla sedia leggendo le intercettazioni delle telefonate degli amici di Silvio Berlusconi: il Cavaliere da ottobre scorso è sulla graticola per il Ruby-gate, ma stando a quanto racconta chi lo conosce molto bene, le sue feste sarebbero continuate come se niente fosse (almeno fino ad aprile).
Con una precauzione: meglio evitare Arcore, assediata dai cronisti, meglio trasferirsi a Villa Gernetto, a Monza.
Una delle tante residenze di proprietà  del premier disseminate per la Brianza e la Lombardia, quello splendido edificio dove Berlusconi intende collocare l’Università  delle Libertà  e dove ha ospitato il primo ministro croato Jadranka Kosor.
Gli inquirenti genovesi probabilmente non immaginavano di incrociare sul proprio cammino l’inchiesta più clamorosa dell’anno.
Avevano già  tra le mani una questione delicata e spinosa: l’inchiesta sui presunti reati fiscali commessi attraverso finti contratti di affitto di yacht.
Tra questi c’è anche l’ormai famoso Force Blue, un colosso di sessanta metri ufficialmente intestato a una società  che lo affitta a 34 mila euro al giorno. Secondo i pm, però, in realtà  era utilizzato soltanto da Flavio Briatore.
Così nelle intercettazioni finiscono decine di vip.
Ma nelle conversazioni non si parla soltanto dello yacht, anzi, spesso e volentieri Briatore e i suoi amici discutono di lui, del presidente del Consiglio (del resto lo conoscono bene, sono stati anche suoi ospiti ad Arcore).
E in termini non sempre affettuosi. Qualcuno, a quanto si apprende, sosterrebbe che si tratti di una persona che ha dei problemi, proprio come aveva detto Veronica Lario nella sua lettera di due anni fa: “Ho cercato di aiutarlo come si farebbe con una persona che non sta bene”.
Gli inquirenti raccolgono centinaia di conversazioni, poi le girano ai loro colleghi milanesi.
Una cosa va detta subito: dalle conversazioni non emergerebbero nuovi reati, nè a carico di Berlusconi, nè dei suoi amici. Ci sono, però, elementi che potrebbero confermare il quadro accusatorio disegnato dai magistrati milanesi.
Elementi importanti perchè a parlare al telefono con Flavio Briatore non sono persone qualunque, ma alcune tra quelle più vicine al premier: da Daniela Santanchè a Emilio Fede.
Persone note e potenti, normale, quindi, che le loro conversazioni tocchino temi molto delicati per la vita del Paese.
Ma dai dialoghi emerge più di una sorpresa. Ecco allora che gli amici del Cavaliere discutono di Lele Mora che sarebbe in difficoltà  perchè, nonostante lo scandalo e le indagini, gli continuerebbero ad arrivare richieste di organizzare serate divertenti nelle residenze del premier.
Chissà  se la compagnia immagina di essere intercettata.
Comunque dalle conversazioni emergono le professioni di innocenza di persone come Emilio Fede.
Il direttore del Tg4 è accusato di aver portato ragazze ad Arcore, ma al telefono con gli amici nega ogni responsabilità . Lasciando intendere, pare, che a organizzare tutto fosse qualcun altro. Un atteggiamento che potrebbe creare qualche preoccupazione a Lele Mora.
Sono chiacchierate sul filo del pettegolezzo, ma qui a parlare sono persone che hanno conoscenza diretta dei protagonisti della scena politica e mondana italiana. Che li frequentano e sanno molto di loro.
Così non poco interesse — anche se finora non sarebbe emerso nulla di penalmente rilevante — hanno suscitato le conversazioni sull’avvicendamento ai vertici Rai. Briatore e i suoi amici parevano molto ben informati del siluramento di Mauro Masi. Così come sembravano soddisfatti dell’arrivo di Lorenza Lei che era ritenuta vicina a Daniela Santanchè.
Insomma, alla politica e alla mondanità  delle terrazze romane si sostituisce quella dei ponti di comando degli yacht.
Si discute di tutto, dalla Rai alle Generali. E alla fine tante previsioni, tante chiacchiere si rivelano assolutamente vere.

Gianni Barbacetto e Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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REFERENDUM, LA SCELTA OBBLIGATA DEL PREMIER: LIBERTA’ DI VOTO PER SALVARSI IN CASO DI RAGGIUNGIMENTO DEL QUORUM

Giugno 3rd, 2011 Riccardo Fucile

LA PRIMA OPZIONE ERA QUELLA DELL’ASTENSIONISMO, MA DOPO LA DISFATTA ELETTORALE BERLUSCONI ORA TEME IL COLPO DI GRAZIA E CERCA DI SMARCARSI

La decisione della Corte di Cassazione di far votare anche sul nucleare, oltre che sulla privatizzazione dell’acqua e sul legittimo impedimento, fa del prossimo appuntamento alle urne per il 12 e il 13 giugno sempre più un nuovo referendum su Berlusconi, dopo quello delle amministrative, voluto dal premier in persona e conclusosi con la sua sconfitta personale e politica.
Non servirà  ad evitarlo la decisione assunta dal Pdl di lasciare libertà  di voto agli elettori sulla più insidiosa delle consultazioni.
Il ritorno del voto sul nucleare infatti rende assai probabile, per non dire certo, il raggiungimento del fatidico quorum della metà  degli elettori più uno, richiesto dalla legge per la validità  dei risultati e negli ultimi quattordici anni mancato anche grazie ad attive campagne per l’astensione.
Se avesse deciso di puntare sulla diserzione degli elettori dai seggi, Berlusconi avrebbe corso il rischio di dover fronteggiare una doppia ondata di «sì» all’abrogazione.
La prima arriverà  probabilmente da parte dei cittadini ancora impressionati dal recente disastro della centrale di Fukushima, e curiosi di sapere perchè, se un Paese importante come la Germania ha prima sospeso e poi rinunciato del tutto all’utilizzo dell’energia atomica, l’Italia si ritrovi a indugiare, adoperando la tradizionale arma del rinvio e sotto sotto cercando di salvare il proprio piano nucleare.
La seconda spinta verrà  invece da tutti coloro che, soddisfatti per il recente crollo berlusconiano a Milano e a Napoli, non vedono l’ora di provocarne un secondo.
Dopo la decisione dei giudici della Suprema Corte, Berlusconi aveva pochi margini di manovra.
Non poteva schierarsi certo per l’abrogazione di progetti fortemente voluti dal suo governo (vale per il nucleare, ma anche per l’acqua, e a maggior ragione per il legittimo impedimento).
La scelta di mettere in libertà  i suoi elettori – scorciatoia a cui i partiti ricorrono in genere quando sono in imbarazzo e temono delusioni – in qualche modo era obbligata. Servirà  a tenere Berlusconi lontano da questa seconda campagna elettorale, anche se non potrà  puntare sull’astensione adesso che l’affluenza ai seggi si preannuncia più forte.
Dovrà  tuttavia rinunciare a mettere la sordina a media e tv, con l’aggravante, ironia della sorte, che l’odiata (da lui) par condicio gli si riproporrà  stavolta in modo perfetto, con una ripartizione esattamente a metà  degli spazi televisivi tra «sì» e «no».
E’ davvero un cattivo momento, si sa, per il Cavaliere.
E i referendum sono sempre bestie difficili da addomesticare anche per leader politici consumati, com’è ormai Berlusconi.
La presenza, fra i tre temi soggetti al giudizio popolare, del legittimo impedimento, la legge salva-processi che già  la Corte Costituzionale ha dimezzato e va in scadenza a ottobre, e che lo costringe da aprile a presentarsi tutti i lunedì in Tribunale a Milano, già  da sola bastava a trasformare il 12 giugno in un altro giudizio di Dio su di lui. Dopo tutto quel che ha detto sulla giustizia e sui giudici, però, sarebbe veramente molto strano trovarlo assente anche in questo campo, proprio quando sono gli elettori a doversi pronunciare sull’argomento che più lo preme.
Se poi, com’è possibile, la legge sul legittimo impedimento, o meglio quel che ne resta, dovesse essere abrogata, sul piano processuale nulla cambierebbe per il più eccellente degli imputati.
Ma diventerebbe più difficile riproporla sotto altre forme da Palazzo Chigi come già  fu fatto quando la Consulta cancellò il lodo Alfano.
Insomma una nuova delicata partita sta per aprirsi sull’orizzonte del Berlusconi declinante delle ultime settimane.
Scriveva Leonardo Sciascia nel 1974, quasi quarant’anni fa, ai tempi del primo referendum sul divorzio: «Considero i referendum come gli avvenimenti più democratici mai verificatisi in Italia. Quelli che hanno dato veramente un’immagine di questo Paese che non si ha mai attraverso i risultati delle elezioni politiche o amministrative».

Marcello Sorgi
(da “La Stampa“)

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DATI CGIA: OGNI ITALIANO PAGA OLTRE 7.350 EURO L’ANNO DI TASSE

Giugno 3rd, 2011 Riccardo Fucile

SOLA LA FRANCIA STA PEGGIO DI NOI, MA LA SPESA SOCIALE PRO-CAPITE E’ DI 10.776 EURO, MENTRE PER   IL NOSTRO PAESE E’ DI SOLI 8.023 EURO, CON UN “SALDO POSITIVO” DI APPENA 664 EURO A TESTA

Durante la lettura delle “Considerazioni finali”, il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, lo ha chiesto a gran voce: “meno tasse sui lavoratori e sulle imprese italiane”. Una denuncia che trova conferma nei risultati emersi da una analisi elaborata dall’Ufficio studi della CGIA: su ciascun italiano grava un peso tributario annuo (fatto di sole tasse, imposte e tributi)   pari 7.359 € .
In Germania, la quota pro capite ha raggiunto   i 6.919 €.
Tra i principali paesi dell’area Euro, solo la Francia sta peggio di noi.
Ma si tratta di una situazione relativa, perchè   i cugini transalpini versano una media di   7.438 euro di tasse allo Stato, ma vengono “ricompensati” con una spesa sociale pro capite pari a 10.776 euro.
Sempre in termini di spesa sociale, i tedeschi ricevono, invece, 9.171 euro pro capite l’anno, mentre a noi italiani – tra spese per la sanità , l’istruzione e la protezione sociale – si raggiungono appena gli 8.023 euro: vale a dire   2.753 euro in meno della Francia e 1.148 euro in meno della Germania.
Se la nostra attenzione, invece, si sofferma sul saldo, vale a dire sulla differenza pro capite tra quanto riceviamo in termini di spesa e quanto versiamo in termini di tasse, quello francese è positivo e pari a 3.339 €.
Anche il differenziale tedesco registra una valore positivo pari a 2.251 €.
In Italia, invece, segniamo un saldo positivo di “soli” 664 euro pro capite.
Questo, a conti fatti, è il quadro della situazione quando mettiamo a confronto quanto hanno pagato di tasse nel 2009 i cittadini di Italia, Francia e Germania e quanto gli viene ritornato in termini di spesa sociale.
“La situazione è decisamente sconfortante   –   commenta   il segretario della CGIA di Mestre Giuseppe Bortolussi   –   perchè dimostra ancora una volta come pur in presenza di un peso tributario tanto elevato, in Italia non vengano destinate risorse adeguate per la casa, per le famiglie indigenti, per i giovani, per i disabili e per chi vive ai margini della società . E’ evidente a tutti   –   prosegue Bortolussi – che le tasse così elevate nel nostro Paese sono la conseguenza del nostro debito pubblico e della nostra spesa pubblica   ancor oggi eccessiva”.
A chi sostiene che le tasse sono alte per colpa degli evasori fiscali, la risposta di Bortolussi è secca:   “E’ innegabile che il problema dell’evasione fiscale   pesi sull’Italia. Tuttavia, sarebbe necessario intervenire sulle ampie sacche di economia sommersa che interessano una buona parte del Paese, facendo pagare coloro che sono completamente sconosciuti al Fisco”.
Per questo dalla CGIA di Mestre lanciano un appello: “Non ci sono giustizia ed equità  nel continuare a pagare più degli altri, ricevendo in cambio servizi più scadenti in qualità  e quantità .   –   dice ancora Bortolussi   –   Bisogna abbassare le imposte, combattere l’evasione fiscale e tagliare le inefficienze presenti nel Pubblico impiego,   come si sta facendo nei principali Paesi europei”.

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ANGELUCCI E IL POSSIBILE ADDIO DI FELTRI: L’EDITORE DI LIBERO E PARLAMENTARE PDL STAREBBE PER LASCIARE IL PARTITO

Giugno 3rd, 2011 Riccardo Fucile

POTREBBE PASSARE AL GRUPPO MISTO O AL TERZO POLO…FELTRI INVECE STA TRATTANDO PER RITORNARE A “IL GIORNALE” CON UNA QUOTA SOCIETARIA

La notizia che Vittorio Feltri potrebbe lasciare Libero per tornare al Giornale lo ha fatto infuriare.
Al punto che l’onorevole Antonio Angelucci, editore del quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, ha pensato di lasciare il Pdl.
Alle nove di ieri mattina le agenzie di stampa davano per certa la sua uscita dal gruppo della Camera, ma all’addio mancano i timbri dell’ufficialità .
E Denis Verdini, coordinatore organizzativo del partito, con i suoi si è mostrato fiducioso: «Angelucci rientrerà ».
Ma intanto la protesta del fondatore della finanziaria Tosinvest, un impero che conta venticinque cliniche e strutture per la riabilitazione, è un piccolo caso nella bufera del centrodestra.
Dalle voci che girano nel semideserto Transatlantico di Montecitorio, Angelucci senior, che ha da poco ceduto la proprietà  del quotidiano Il Riformista, sarebbe in procinto di traslocare nel gruppo Misto.
Ma il re delle cliniche avrebbe anche preso contatti con i partiti del terzo polo, Udc, Fli e Api. All’origine dello strappo, ancora tutto da confermare, ci sarebbe la questione Feltri.
La tentazione del direttore editoriale di tornare all’ovile di via Negri, sede de Il Giornale, sarebbe stata la goccia che rischia di far traboccare un vaso forse già  colmo.
Angelucci sarebbe furibondo con Silvio Berlusconi, non tanto (o non solo) per la batosta delle elezioni amministrative, quanto perchè starebbe tentando di portargli via (di nuovo) l’attuale condirettore di Libero, che con Belpietro è anche azionista del quotidiano.
«Sono sorpreso, cado dalle nuvole e non per finta – risponde al cellulare Feltri -. Non ne so niente, Angelucci non mi ha detto nulla. Questa storia delle dimissioni mi lascia a bocca aperta. Io non ci ho parlato, magari ha avuto un momento d’ira… Ma che vada via dal Pdl lo ritengo improbabile».
E lei direttore, va via da Libero o no? «Questa cosa non esiste. Non è cambiato niente, ho appena scritto un pezzo sullo scandalo del calcio».
E Il Giornale? «Nel nostro mestiere capita di fare due chiacchiere con qualcuno. È una possibilità , ma non esiste niente di concreto…».

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LA “GRANDE FAMIGLIA”: ALEMANNO SI RISCOPRE SOCIALE E SI ALLEA CON LA POLVERINI, MA CON GLI EX AN ROMANI RAMPELLI E MELONI E’ LITE CONTINUA

Giugno 3rd, 2011 Riccardo Fucile

ALEMANNO: “CAMBIAMO IL SIMBOLO DEL PDL”, MA PER RAMPELLI: “NON SERVE”… IL SINDACO DI ROMA AUSPICA UN’INTESA CON I FINIANI: “LE PORTE SONO APERTE A TUTTI”   E RISPOLVERA LA CORRENTE “SOCIALE” PER SGANCIARSI DA SINDACO E RIENTRARE NEL GIRO NAZIONALE CHE CONTA

Appuntamento da Berlusconi, a palazzo Grazioli.
Dopo la disfatta elettorale e i veleni nel Lazio, i «litiganti» hanno appuntamento dal premier per l’ufficio di presidenza del Pdl dove per la prima volta si rivedranno tutti insieme Gianni Alemanno, Renata Polverini (che ieri ha detto: «Città  Nuove non diventerà  un partito: forse ci siamo concentrati troppo su Sora e Terracina»), ma anche il ministro della Gioventù Giorgia Meloni e il deputato ex An Fabio Rampelli, protagonisti con sindaco e governatrice dello scontro fratricida nel sud pontino.
Il clima, nel centrodestra, è incandescente.
Alemanno ha acceso un’altra miccia: «Cambiare il simbolo e il nome del Pdl è quasi obbligatorio», ha detto il sindaco.
E poi ha aggiunto: «Bisogna riaggregare le forze che si sono staccate dal Pdl. Fini e Fli? Le porte sono aperte a tutti. Alcuni esponenti si sono già  distaccati e cercano un luogo politico». Il riferimento è ad Andrea Ronchi e Adolfo Urso, incontrati dallo stesso Alemanno qualche giorno fa in Campidoglio».
E il rapporto con la Polverini?
Sulla pagina Facebook del sindaco c’è una sua foto con la governatrice: «Questa è la mia destra, la destra sociale e di popolo che nei mercati e nelle periferie si rende conto che con una pensione da 500 euro, arrivare alla terza settimana non è un modo di dire!».
Alemanno spiega: «Il mio rapporto con Renata è consolidato e andrà  avanti».
Le frasi del sindaco sul cambio di simbolo del Pdl non sono piaciute a Rampelli: «La gente ci chiede altro: di governare e non litigare. E l’asse tra sindaco e governatrice non si capisce cosa sia».
L’opposizione ironizza: «Stavolta – dice Umberto Marroni, Pd – sono d’accordo con Alemanno. È necessario cambiare simbolo del Pdl, togliendo il nome di Berlusconi».
Dopo i ballottaggi, è partita la «caccia» all’Udc. «Colpa loro se abbiamo perso Pomezia e Ariccia», ha attaccato Francesco Giro (Pdl).
La replica di Luciano Cicchitto: «È male informato».
Mentre secondo Francesco Carducci, consigliere regionale dei centristi, «l’Udc è fondamentale per governare il Lazio».
Un avvertimento alla Polverini?

Ernesto Menicucci
(da “il Corriere della Sera”)

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BRIATORE INTERCETTATO METTE NEI GUAI BERLUSCONI

Giugno 3rd, 2011 Riccardo Fucile

NELL’INCHIESTA GENOVESE SULLO YACHT “FORCE BLUE” TELEFONATE SULLE FESTE AD ARCORE…LE CARTE TRASMESSE A MILANO

Spira aria di bunga-bunga dalla Riviera.
A Milano sono arrivate da Genova carte giudiziarie e intercettazioni telefoniche che andranno a ingrossare i faldoni del caso Ruby.
Tra le voci registrate, quelle di Flavio Briatore, di Daniela Santanchè e di alcune giovani ragazze che,secondo indiscrezioni, parlano delle feste di Arcore e potrebbero essere utili ai magistrati della procura milanese per mettere ulteriormente a fuoco i rapporti tra Silvio Berlusconi e Lele Mora, l’impresario che i magistrati di Milano vogliono mandare sotto processo con l’accusa di aver fornito al presidente del Consiglio le ragazze del bunga-bunga.
La vicenda inizia a Genova nel 2010, quando la Guardia di finanza avvia un’indagine, coordinata dal pubblico ministero Walter Cotugno, su reati finanziari commessi attraverso finti contratti d’affitto di yacht.
Il gioco era questo: i proprietari d’imbarcazioni da diporto risparmiavano sulle tasse facendo risultare che le barche (di loro proprietà ) erano invece affittate.
Le società  di chartering godono infatti di buone agevolazioni fiscali, che non spettano ai singoli proprietari.
L’indagine coinvolge anche alcuni imprenditori e alcuni vip da rotocalco.
Tra questi, Briatore: il suo yacht di sessanta metri, il “Force Blue”, è intestato a una società  di chartering che ufficialmente lo affitta a 34 mila euro al giorno.
Ma secondo il pm non è mai stato affittato ed è utilizzato soltanto da Briatore.
Nel maggio 2010, la Guardia di finanza pone sotto sequestro, al largo di La Spezia, il “Force Blue”.
Con seguito di polemiche (“Da quando siamo stati costretti ad abbandonare il nostro yacht, il piccolo Nathan Falco piange spesso, non è più tranquillo e sereno come prima”, dichiara al settimanale Diva e donna la moglie di Briatore, Elisabetta Gregoraci, che poi però smentisce di aver detto quella frase a proposito del figlio nato due mesi prima).
Il manager della Formula 1 viene indagato per evasione fiscale, truffa ai danni dello Stato e contrabbando: poichè usa un megayacht battente bandiera delle Isole Cayman senza aver versato al fisco italiano l’imposta sul valore aggiunto al momento del suo ingresso nelle acque dell’Unione europea.
Nel corso di questa inchiesta, gli investigatori compiono intercettazioni telefoniche.
Alcune delle telefonate registrate vengono ritenute interessanti perchè riguardano un’altra vicenda, che si sta svolgendo proprio in quei mesi tra Genova, Arcore e Milano: è il caso della minorenne marocchina Karima El Mahroug, in arte Ruby Rubacuori, che stava raccontando le sue notti a Villa San Martino e le feste del bunga-bunga.
Nell’ottobre 2010 la storia di Ruby, diventata oggetto d’indagine della procura di Milano, finisce sui giornali. Parallelamente, a Genova, la procura sta registrando altre telefonate, quelle di Briatore e dei suoi interlocutori.
Le intercettazioni genovesi continuano fino ai primi mesi del 2011.
Naturalmente non si conoscono ancora i contenuti di quelle conversazioni, con le voci, tra gli altri, di Briatore e Santanchè.
Ma le chiacchiere tra amici sull’argomento del giorno — il caso Ruby — sembrano offrire qualche elemento utile, se non alla definizione di profili penali, almeno alla comprensione del sistema organizzativo delle feste di Arcore (a cui Briatore e Santanchè sarebbero però estranei).
Le intercettazioni offrirebbero inoltre elementi utili a illuminare il ruolo giocato in quel sistema da Lele Mora.
Così nei giorni scorsi il procuratore reggente di Genova, Vincenzo Scolastico, avrebbe preso contatto con il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini, titolare con Pietro Forno e Antonio Sangermano delle indagini sul caso Ruby.
Il procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati, interpellato ha smentito l’arrivo di nuovi materiali investigativi provenienti da Genova.
Questi potrebbero confluire, se non nel processo a rito immediato con Silvio Berlusconi imputato di concussione e prostituzione minorile, almeno nel processo, alle soglie dell’udienza preliminare, a carico di Nicole Minetti, Lele Mora ed Emilio Fede.
Secondo quanto risulta al Fatto, la Guardia di finanza avrebbe però già  provveduto a portare da Genova a Milano i documenti raccolti nell’indagine genovese del pm Cotugno, che sarebbero arrivati al palazzo di giustizia milanese nella serata di martedì 31 maggio.

Gianni Barbacetto
(da “Il Fatto Quotidiano”)

argomento: Berlusconi, Costume, Giustizia, Politica, radici e valori | Commenta »

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