Maggio 27th, 2012 Riccardo Fucile
I SOLDI RICEVUTI DALLA BCE USATI DASLLE BANCHE PER ACQUISTARE TITOLI, INVECE CHE PER FINANZIARE LE AZIENDE
Cercate credito? Prego, ripassate più avanti, magari tra qualche mese.
Assediati da migliaia di imprenditori in difficoltà , gente che chiede un aiuto per affrontare le secche della crisi oppure nuovi prestiti per rilanciare gli investimenti, i banchieri continuano a dare la stessa risposta standard. “Adesso non si può, non siamo in grado. Anche noi abbiano i nostri problemi, problemi gravi, che cosa credete?”.
Già , i problemi delle banche. Perchè anche gli istituti di credito sono andati sbattere contro il muro della recessione. E i soldi della Bce, come da mesi segnalano gli analisti, servono più che altro ad evitare il collasso del sistema finanziario.
In altri termini: l’istituto di Franco-forte ha lanciato un salvagente alle banche, che erano rimaste drammaticamente a corto di liquidità .
Salvati i banchieri, le imprese seguiranno, forse.
Leggiamo che cosa scrive a questo proposito l’ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria pubblicato ad aprile dalla Banca d’Italia.
“La normalizzazione (dell’offerta di prestiti alle aziende) sarà possibile a condizione che il calo dei tassi sui titoli sovrani e il miglioramento della situazione dei mercati dei capitali si confermino nei mesi a venire”.
In sostanza, la ripresa dei finanziamenti bancari è ipotizzabile nel futuro prossimo solo se lo spread continua a calare e il denaro riprende a circolare tra gli intermediari.
Questa è la previsione degli analisti di Bankitalia formulata nel documento che, peraltro, è servito come base al governo per rispondere all’interrogazione parlamentare di cui si parla in questo articolo  .
Il problema vero è che “il calo dei tassi sui titoli sovrani” e il miglioramento della situazione dei mercati dei capitali” evocati dalla Banca d’Italia sono possibili solo se gli operatori ritrovano un minimo di fiducia sulla ripresa dell’economia globale.
Se manca la fiducia nessuno investe e i mercati restano instabili.
E se i mercati restano instabili, le banche non fanno credito, di conseguenza le aziende non possono investire e l’economia non riparte.
A questo punto il cerchio si chiude, perchè senza segnali di ripresa la fiducia resta una chimera, i mercati virano al ribasso e via di questo passo in una spirale che sembra senza fine.
Ecco perchè le banche, una volta ricevuti i soldi dalla Bce, se li sono tenuti in cassa oppure li hanno usati per comprare titoli di stato.
Il timore dei banchieri è che di qui a qualche mese la situazione economica generale possa di nuovo peggiorare.
Allora perchè prendersi dei rischi prestando soldi ad aziende che potrebbero affondare? Con queste premesse non è una sorpresa che tra febbraio 2011 e febbraio 2012 i prestiti concessi dai primi cinque gruppi bancari italiani siano diminuiti del 2,8 per cento.
A tamponare la situazione, ma solo in parte, sono stati gli istituti di minori dimensioni, quelli più legati al territorio.
I finanziamenti accordati da questa categoria di banche sono aumentati dell’1,4 per cento.
In valore assoluto, comunque, lo stock dei prestiti alle imprese è diminuito: dai 915 miliardi di novembre 2011 siamo passati agli 895 miliardi registrati a fine febbraio 2012.
Va poi ricordato che non tutti i debitori sono uguali e i banchieri hanno letteralmente sbattuto la porta in faccia alle aziende più problematiche concentrando gli impieghi sui clienti migliori. Secondo le statistiche della Banca d’Italia, nel 2011 i prestiti alle imprese classificate come “sane” sono addirittura aumentati del 6 per cento circa.
Questo significa che le banche, nel timore che l’economia possa ancora rallentare, sono disposte a prendersi ancora meno rischi rispetto a qualche tempo fa.
Proprio come farebbe qualunque investitore: se in Borsa si prevede ribasso difficile che qualcuno compri azioni. Infatti le banche hanno messo i loro soldi sotto il materasso, o quasi. Anzi, meglio ancora, investendo in titoli di stato sono riuscite a lucrare sulla differenza tra il costo del prestito della Bce, offerto all’1 per cento, e i rendimenti garantiti dai titoli di stato, dal 3 per cento in su.
Risultato: il valore di Btp e altre obbligazioni pubbliche in portafoglio agli istituti italiani è aumentato di oltre 60 miliardi.
Intesa, cioè il più grande gruppo bancario nazionale, ha aumentato la sua esposizione verso il debito targato Italia dai 60 miliardi di fine dicembre 2011 ai 72 miliardi registrati alla fine dello scorso marzo.
Unicredit nello stesso periodo è passato da 27 a 32 miliardi.
I banchieri si difendono spiegando che senza i soldi della Bce avrebbero dovuto vendere enormi quantità di titoli di stato provocando un tracollo del mercato. Possibile. Anzi, probabile. Abbiamo evitato il disastro. L’economia però non riparte.
E allora tocca accontentarsi delle buone parole della Banca d’Italia, che nel rapporto sull’eurosistema prevede che “effetti espansivi sull’offerta di credito saranno verosimilmente visibili nei prossimi mesi”.
Speriamo.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 27th, 2012 Riccardo Fucile
IL VERBALE DI DACCO’: “SAPEVA DEL MIO LAVORO, SFRUTTAI QUESTA CONOSCENZA PER ACCREDITARMI”… “LO YACHT OJALA TUTTO PER LUI E PEREGO, NEL 2007 GLIEL’HO CEDUTO PER QUATTRO MESI”
Oltre 140 mila euro nel 2007: per la prima volta nell’inchiesta sulla sanità lombarda ruotante attorno a Pierangelo Daccò, il mediatore munificato con 70 milioni di euro dalla Fondazione Maugeri per la sua indefinita capacità di «sbloccare pagamenti» e «aprire porte in Regione» Lombardia presieduta dal suo amico Roberto Formigoni, emerge non una magari inopportuna generosa ospitalità tra comitive di amici e ospiti di viaggi/aerei/barche/ville in asserite «vacanze di gruppo», ma una utilità , concreta e ingente, propiziata da Daccò direttamente a
Formigoni e al suo convivente Alberto Perego.
Talmente diretta da dover essere vestita da contratti falsi di noleggio.
Lo yacht Ojala
Il vero problema di Formigoni, infatti, non si chiama «Ad Maiora», lo yacht di Daccò che notoriamente ha ospitato spesso tra tanti amici anche il governatore senza che questi concorresse mai alle spese: questo (al pari degli aerei e delle ville) resta un problema serio di opportunità , che sinora non pare però essere stato molto avvertito dal governatore.
No, il vero problema di Formigoni si chiama «Ojala»: è un’altra barca di Daccò, ma la differenza è che in questo caso è come se Daccò nel 2007 avesse dato 144 mila euro a Formigoni attraverso l’affitto gratuito e l’utilizzo esclusivo di questa barca per quattro mesi. Talmente gratuito ed esclusivo che, essendo la barca totalmente a disposizione di Formigoni e del suo amico Perego senza la presenza a bordo del proprietario Daccò, la società austriaca di Daccò che possedeva la nave si preoccupò di fabbricare apparenti contratti di noleggio da parte di Perego: cioè documentazione che, in caso di controlli in mare, potesse giustificare Formigoni e Perego sulla barca e non li facesse passare per dei «pirati» che l’avevano rubata.
La rogatoria svizzera
Galeotta per Formigoni è stata una rogatoria inoltrata dalla Procura di Milano alle autorità svizzere, che in risposta hanno spedito in Italia anche alcuni contratti che uno dei collaboratori di Daccò, Giuseppe Danzi, aveva inviato a Giancarlo Grenci, il fiduciario elvetico di Daccò, per conto del quale gestiva la società austriaca «M.T.B».
I contratti riguardano l’apparente noleggio dell’imbarcazione «Ojala» nell’estate 2007 tra la titolare della barca, appunto la «M.T.B.» di Daccò, e Perego, un commercialista con società a Torino, come Formigoni aderente ai «Memores Domini» (comunità laicale cara a Comunione e Liberazione), in primo grado nel 2011 condannato a 4 mesi (pena sospesa) per falsa testimonianza per aver negato ai pm la invece documentata paternità di un conto bancario svizzero nell’inchiesta «Oil for Food» sul rappresentante personale di Formigoni in Iraq, quel Marco Mazarino De Petro la cui condanna in primo grado per corruzione internazionale si era prescritta in appello.
Contratti per coprire
Il problema di quei contratti di apparente noleggio della barca è che sono fittizi. Come ammette anche Daccò: «Sono contratti mai eseguiti, nel senso che non è mai stato pagato il corrispettivo previsto dai contratti».
La loro ragione stava nel fatto che, «dovendo ospitare Formigoni e Perego per alcune settimane, il mio fiduciario mi ha consigliato di stipulare contratti di questo tipo in modo che in caso di controlli da parte delle autorità , Formigoni e Perego potessero giustificare l’utilizzo della barca».
Questa copertura aveva cioè senso soltanto se i cosiddetti ospiti navigavano sulla barca da soli, cioè senza che a bordo ci fosse mai anche il proprietario Daccò (che negli altri casi, come per la barca «Ad Maiora», poteva invece sostenere di essere molto generoso e di ospitare a proprie spese gli amici).
Daccò conviene con i pubblici ministeri sul fatto che «la reale motivazione» di quei contratti è che si trattava appunto di «documenti pro forma per coprire gli utilizzatori della barca: «Effettivamente sì, sono contratti necessari a giustificare l’utilizzo dell’imbarcazione per quattro mesi da parte di Formigoni e Perego in via esclusiva e comunque senza la mia presenza in luglio, agosto, settembre e ottobre del 2007».
E qui c’è il problema dei soldi: perchè «non è stato pagato alcun corrispettivo per l’utilizzo dell’imbarcazione, nonostante nei contratti fosse previsto un corrispettivo di 36 mila euro al mese a carico di Perego».
Dunque Daccò in questo modo ha dato a Formigoni e Perego l’equivalente di 144 mila euro sotto forma di barca «Ojala»: non è bello, ed è anche pericoloso se si pone memoria al fatto che l’anno scorso il sindaco di un grosso comune dell’hinterland milanese è stato arrestato per aver ricevuto in uso gratuito per qualche tempo una Ferrari.
Peraltro per un controvalore di «solo» 20mila euro in 40 giorni.
«Sapeva cosa facevo in Regione»
«Formigoni sapeva che svolgevo l’attività di intermediario nel settore della sanità in Regione» dove dal 1978 «sono accreditato, nel senso che rappresento grandi realtà ospedaliere» come via via negli anni «il Fatebenefratelli, la Fondazione Maugeri, il gruppo Ligresti in occasione dell’incidente alla Camera iperbarica», ma – assicura Pierangelo Daccò – «non ho mai parlato con Formigoni di queste questioni. Ovviamente, negli anni ho sfruttato la mia conoscenza personale con Formigoni per accreditarmi di fronte ai miei clienti».
Il presidente della Regione Lombardia usato dal suo amico come specchietto delle allodole per gli affari del suo amico: non è lusinghiero lo spaccato del Formigoni-uomo di governo che Daccò restituisce ai pubblici ministeri, pur palesemente tutto preso a difendere il presidente da ogni ombra.
«Formigoni insistette a rimborsarmi» sostiene Daccò, che infatti, diversamente da quanto circolato nei giorni scorsi, ribadisce che, in occasione di alcune delle vacanze di Capodanno ai Caraibi, «sono certo che Formigoni tramite Perego mi ha rimborsato i biglietti dei viaggi aerei da me anticipati».
Anzi, lo nobilita persino con un solenne movente: Daccò non ricorda le modalità della restituzione, «forse anche in contanti, ma ricordo che disse che voleva assolutamente rimborsarmi perchè era un personaggio pubblico».
E per il resto di tutte le altre spese che documentalmente non può negare di aver affrontato in aerei, barche, hotel, ville e ristoranti, Daccò insiste a derubricarle in forme di propria generosità verso tanti amici (tra i quali Formigoni) nel contesto di viaggi di gruppo. Certo, una generosità pro collettivo assai costosa a Daccò: più di mezzo milione di euro, stando a quello che sinora è emerso.
Il volo per la Pasqua in Costa Azzurra
Ancora il 21 aprile 2011, ad esempio, Formigoni è uno dei partecipanti al viaggio aereo privato per il quale Daccò spende 51 mila euro da Milano a Nizza, «e poi a Cannes dove – dice Daccò – si trovava la barca e dove abbiamo dormito e trascorso tutte le vacanze di Pasqua per poi tornare a Milano con lo stesso aereo preso in noleggio».
Analogo gruppo «per il volo aereo a St. Marteen del Capodanno 2010-2011 per il quale ho speso 100 mila euro», così come «per le spese di alloggio presso le ville prese in affitto ai Caraibi» dove anche nei Capodanno 2008-2009 e 2009-2010 «Formigoni e altri amici hanno alloggiato senza corrispondere alcuna quota, Formigoni non mi ha rimborsato alcunchè» perchè era ospite.
Nel caso del 2010-2011, «l’affitto della villa dove abbiamo alloggiato» con «tutte le persone con cui abbiamo volato» è attestato da due documenti contabili di «114 mila e 38 mila euro».
Le altre barche
Quanto alle varie barche, invece, a parte l’imbarazzante questione della «Ojala», Daccò ritiene di smentire il marinaio che ai pubblici ministeri aveva testimoniato di ricordare che nei suoi cinque anni di servizio anche gli yacht «Ad Majora» e «Cinchingaia» erano stati usati «per l’80 per cento delle volte da Formigoni e Perego»: non è vero, dice Daccò, «questo non è corretto, nel senso che anche io ho usato frequentemente le imbarcazioni».
Alcune, come «Ad Maiora», appartenevano a una società di Simone ma era Daccò a chiedergli di tenerla per le pubbliche relazioni, e per questo ne affrontava gli ingenti costi: «30.000 euro al mese in marzo e aprile, e 50.000 per i mesi estivi».
Ma anche qui, secondo Daccò, Formigoni è solo uno degli ospiti, e quindi «non ha mai pagato nulla perchè era mio ospite».
I pranzi di Natale al Bulgari Hotel
Del resto, rievoca Daccò, «conosco Formigoni da 20 anni, quando non aveva alcuna carica di spicco, abbiamo un rapporto di grande amicizia, tanto che viene sempre a pranzare con la mia famiglia ogni Natale, spesso presso il Bulgari Hotel di Milano».
E «sono stato decine di volte a casa di Formigoni, un immobile di Ligresti in cui abitano 5-6 Memores Domini tutti miei amici» (per tutela della privacy non se ne fanno qui i nomi perchè, tranne Perego, sinora non lambiti dalle indagini).
Le cene e l’hotel a Rimini per il Meeting
A proposito delle cene (come quella al ristorante milanese Sadler dove il dirigente della Maugeri, Mozzali, ricorda fossero presenti anche Formigoni, Perego e Simone), Daccò ritorna allo schema dello specchietto per le allodole: «Le organizzavo per le mie pubbliche relazioni, erano destinate a mostrare ai miei conoscenti e clienti le mie conoscenze importanti con politici, esponenti delle forze dell’ordine, professori universitari nelle facoltà di medicina».
E lo stesso accadeva, dice Daccò, per «le 10 stanze che in occasione del Meeting di Rimini prenotavo sempre presso l’hotel Mèridien e poi mettevo a disposizione dei miei ospiti»; e per «la cena da 18 mila euro presso il ristorante Lo Squero che durante ogni Meeting organizzavo invitando 50 persone», anche se poi «si allargavano anche agli amici dei miei ospiti fino a 180 persone».
Luigi Ferrarella
(da “Il Corriere della Sera”)
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Maggio 27th, 2012 Riccardo Fucile
NEL 2011 L’AMMINISTRAZIONE REGIONALE AVEVA STANZIATO QUELLA CIFRA PER LIMARE IL DEBITO DA 1,5 MILIARDI… LE ASL AVREBBERO DOVUTO PAGARE LE FORNITURE MAI SALDATE, MA SOLO 200 MILIONI SONO USCITI DALLA CASSA
La sanità pugliese, già traballante, riceve un altro durissimo colpo.
Una nuova voragine si apre nei conti: 18 milioni di euro letteralmente bruciati nel giro di sei mesi in interessi passivi maturati per il ritardo nei pagamenti dei fornitori delle Asl.
Una situazione ben diversa da quella delle altre Regioni italiane alle prese con lo stesso problema.
In Puglia, infatti, lo strumento per evitare tutto ciò c’era.
Una delibera della giunta guidata da Nichi Vendola – la numero 2408 — datata novembre 2011, consentiva una transazione immediata tra Asl e fornitori.
L’atto, approvato dall’esecutivo per tentare di limare il maxi debito da 1,5 miliardi, aveva messo a disposizione 600 milioni di euro.
La proposta era di liquidare a stretto giro i conti più vecchi, a patto che le imprese fornitrici rinunciassero ai contenziosi, alle spese legali e al 2,5% dell’ammontare totale delle fatture. Unica clausola: spendere tutto e farlo entro il 22 maggio 2012.
Ed è qui che si è inceppato il meccanismo; nei sei mesi l’operazione è stata un totale fallimento.
Dei 600 milioni a disposizione, solo 200 sono stati impegnati e liberati.
Le fatture sono rimaste nei cassetti, i 400 milioni a disposizione anche, con la diretta conseguenza di produrre 18 milioni di euro in interessi passivi.
Eppure il vantaggio che si poteva trarre era considerevole.
Ad esempio il Policlinico di Bari — che assieme alla Asl Bat ha colto al volo l’occasione — per coprire una parte dei 350 milioni di euro di debito totale, ne ha utilizzati 80 di quelli messi a disposizione dalla Regione.
Questa operazione ha comportato il risparmio di 8 milioni di euro — tra interessi passivi, spese legali e lo sconto del 2,5% su ogni fattura — che la struttura può così impegnare per dare servizi al cittadino.
Per contro, le performance peggiori sono state registrate nelle Asl di Bari, Lecce e Foggia. In cassa sono rimaste il 70% delle rispettive fatture.
Il motivo: incuria, tempi troppo stretti, poca voglia di scartabellare tra i documenti.
Difficile interpretare. Fatto sta che i soldi sono rimasti lì dove erano.
E così non si è nemmeno rispettato il precedente obbligo imposto dalla giunta un anno e mezzo prima della predisposizione dei 600 milioni, ovvero quello di censire tutte le fatture. Cosa che avrebbe preparato il terreno per poter sbrigare velocemente le procedure nella fase liquidatoria.
Fa spallucce il direttore generale della Asl di Lecce, Valdo Mellone, che di debiti ne ha per 190 milioni: “Effettivamente non ci fa onore”, dice a denti stretti, “dobbiamo vergognarci”.
Ora per tentare di salvare il salvabile — e non peggiorare la situazione facendo lievitare ancora di più gli interessi passivi — la Regione sta mettendo a punto una nuova delibera con la quale si rinnoverà la transazione per altri due mesi, vale a dire fino all’estate, aggiungendo altri 300 milioni di euro al fondo, nel tentativo di farli spendere. Se dovessero ancora avanzare delle somme, saranno distribuite direttamente alle imprese.
Tutto questo si inserisce in un quadro generale difficile; un altro aspetto negativo, infatti, è il dato relativo ai tempi di pagamento delle fatture che attribuisce alla Puglia la maglia nera italiana.
La media regionale è di 300 giorni – quasi un anno — per pagare le aziende, arrivando a picchi estremi come quello dell’Ospedale oncologico “Giovanni Paolo II” di Bari, che riesce a pagare le fatture in media dopo 602 giorni di attesa.
E questo non è un aspetto da poco perchè per le aziende si traduce in un serio rischio di fallimento.
La giunta cerca invece di arrivare ai 180 giorni di attesa.
Una sfida non da poco. Il tutto, tra l’altro, mentre il presidente Vendola — alle prese con una nuova tornata di chiusura di ospedali per rientrare nei costi della sanità — punta il dito contro il governo Monti, reo di aver inferto un nuovo taglio alla sanità pugliese di 110 milioni di euro.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 27th, 2012 Riccardo Fucile
IL 31% DEGLI ITALIANI SPERA CHE OTTENGANO MOLTI SEGGI ALLE POLITICHE, IL BACINO ELETTORALE VIRTUALE PUO’ ARRIVARE AL 22%… META’ SI COLLOCA NELL’AREA DEL CENTROSINISTRA, UN TERZO NON SI RICONOSCE IN CATEGORIE DEFINITE
Il successo del Movimento 5 Stelle ha sconvolto lo scenario politico italiano.
Vale la pena, dunque, di approfondire ancora la natura del M5S e di comprendere i sentimenti che esso suscita nell’elettorato.
Come si sa, il profilo dell’elettore del M5S è in larga parte diverso da quello degli altri partiti.
Si tratta di cittadini in maggior misura residenti nelle regioni del Nord, tendenzialmente giovani, con titoli di studio medio-alti, più interessati alla politica, con una più intensa lettura dei giornali e, specialmente, frequentazione di internet.
Se si domanda loro l’autocollocazione sul continuum sinistra-destra, più o meno metà si posiziona nel centrosinistra, ma una quota importante (più di un quarto) rifiuta di collocarsi, sostenendo la obsolescenza delle categorie politiche tradizionali.
È un segnale della «alterità » del M5S dai canoni consueti, che suggerisce una sua collocazione «trasversale», come fu quella della Lega ai primi tempi della sua esistenza. D’altro canto, questa è anche l’immagine diffusa tra i cittadini.
Infatti, anche la maggioranza relativa degli italiani colloca il M5S nel centrosinistra, ma quasi quattro su dieci non lo associano a nessuna categoria politica tradizionale.
Anche uno degli indicatori più evidenti della differenza del M5S dagli altri partiti, vale a dire la scelta di non apparire in tv, è approvata da più di metà della popolazione.
Come si è visto, anche in occasione delle elezioni, questa posizione del M5S è in grado di attrarre consensi diffusi.
Non solo come espressione della protesta, ma anche come possibile attore di governo: all’affermazione «quelli del M5S sono capaci solo di protestare» solo il 38% degli italiani è d’accordo, mentre i restanti non lo sono.
Anche se, per la maggior parte, gli si attribuisce un ruolo più incisivo a livello locale, ma si è scettici sulla sua capacità di assumere una responsabilità nazionale, tanto che secondo il 63% dei cittadini il M5S non sarebbe in grado di governare l’Italia.
Ma ben il 22%, che corrisponde a un po’ di più dell’attuale bacino elettorale virtuale del Movimento, la pensa al contrario.
La platea di simpatizzanti, anche se non necessariamente votanti, per il M5S è ancora più ampia: quasi un italiano su tre, il 31%, dichiara «spero che il M5S ottenga molti seggi alle prossime elezioni politiche».
Se non per governare, almeno per «denunciare le scorrettezze degli altri partiti»: lo auspica il 45% degli italiani.
Un movimento che, dunque, suscita grandi simpatie.
Ma destinato a durare? Forse sì, se si considerano le attuali condizioni dello scenario politico. Al riguardo, gli italiani si dividono.
Se è vero infatti che la maggioranza relativa ritiene che il M5S sia un fenomeno passeggero e una percentuale simile preveda che finirà per essere un partito come tutti gli altri, sono molti (attorno al 40%) che la pensano all’opposto.
A questo proposito, secondo molti osservatori, il M5S è assimilabile all’Uomo Qualunque di Giannini del dopoguerra, che scomparve dopo poco tempo, inglobato di fatto dalla Dc.
Ma allora la crisi economica – che spiega in buona parte il sorgere di movimenti siffatti – era in via di superamento e, specialmente, si era prospettata un’alternativa credibile di partiti «veri»: uno scenario che oggi si fa fatica a rilevare.
Insomma, come ha osservato lo stesso Grillo, le prospettive future del M5S dipendono non tanto da scelte sue, quanto da quelle degli altri partiti.
Sino a quando questi ultimi (o altri nuovi attori che si presentassero sullo scenario politico) non riusciranno a proporsi come soluzione credibile e a sconfiggere il discredito che oggi li caratterizza (e questo è, come si è detto, ciò che stanno cercando di fare, per ora con scarso successo), lo spazio per movimenti populistici e demagogici (ma che raccolgono molti sentimenti profondi presenti nella popolazione) continuerà ad essere assai ampio.
Renato Mannheimer
(da “Il Corriere della Sera”)
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Maggio 27th, 2012 Riccardo Fucile
“LA STRAGE DI BRINDISI? UNA COLOSSALE TRAGEDIA, MA LA MAFIA NON C’ENTRA”….”A QUALCUNO PUO’ FARE COMODO CREDERE ALLA MAFIA, A UNA BOMBA SPORCA DA UTILIZZARE COME ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA”
La strage di Brindisi? Una colossale tragedia, ma la mafia non c’entra. Parola di Gioacchino Genchi, ex consulente tecnico della procura di Palermo (oggi avvocato penalista), l’uomo che Berlusconi —in un moto d’impeto dei suoi —accusò di aver intercettato “ 350 mila italiani”.
Genchi, in che senso distrazione di massa?
Perchè fa comodo pensare che la mafia sia solo una congrega di pazzi sanguinari che fanno saltare le bombe davanti alle scuole. Distrae da quello che realmente è, un’organizzazione che ha in mano buona parte dell’economia e della finanza di questo Paese. Rappresentare cosa nostra come se fosse ancora quella dei Riina e dei Provenzano, insomma, serve a girarsi dall’altra parte, per non vedere.
Dunque la mafia a Brindici non c’entra?
Gli ultimi sviluppi sembrano riportare verso quell’ipotesi… Cosa nostra, con le stragi del 1992 soprattutto, ma anche del 1993, sa di aver commesso il più grave errore della sua storia. Certo, non è da escludere un gesto collegato ad altre realtà criminali, fazioni minori che tentano di accreditarsi agli occhi di qualche organizzazione più potente. Tutto può essere, ma a non convincere sono la dinamica e l’esplosione. Il gas non è mai stato usato per attentati di questo genere. Oltretutto in Puglia, terra di passaggio con l’Est europeo, non credo sia difficile per le organizzazioni criminali trovare altro tipo di esplosivo. Magari più efficiente. Perchè l’esplosione di Brindisi ha sì causato la tragica morte di una ragazza e il grave ferimento di una seconda, ma non è da escludere che chi ha azionato il telecomando, forse, puntava a un gesto dimostrativo. à‰ ovvio che il momento storico attuale è molto simile a quello del 1992- ‘ 93, ma a Brindisi vedo più uno scenario da unabomber che da strategia della tensione.
E la scuola Morvillo-Falcone, la tappa della carovana antimafia di Libera, la prossimità con il ventennale della strage di Capaci?
Questi sono i soli elementi che potrebbero far pensare alla pista mafiosa. Dopotutto non sarebbe una novità . La notte del 28 luglio 1993 a Roma esplosero due bombe —fortunatamente senza vittime —nelle chiese di San Giovanni Laterano e San Giorgio in Velabro. Giovanni e Giorgio, i nomi di Spadolini e Napolitano, allora presidenti di Camera e Senato.
Quale può essere il principale ostacolo alle indagini?
Se l’ordigno è stato azionato con uno squillo di cellulare, come le bombe di Madrid e Londra, c’è poco tempo. Mi spiego : dopo le stragi del 2005 l’Ue emanò una direttiva che imponeva la registrazione del traffico telefonico anche per le cosiddette chiamate senza risposta (che sono i due terzi del traffico) e che, in quanto ininfluente ai fini della fatturazione, non veniva conservato. L’Italia, con ritardo, ha adeguato la propria normativa, senza però prevedere una sanzione per il mancato adempimento da parte delle compagnie telefoniche. Dopo un lungo tira e molla, oggi, si è deciso che il traffico senza risposta venga conservato per un mese. Un tempo troppo breve. Se l’ordigno è stato innescato a distanza potrebbero perdersi le tracce dello “ squillo”.
Stafano Caselli
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 27th, 2012 Riccardo Fucile
“DOVE ABBIAMO PERSO LE PRIMARIE, COME A GENOVA, ABBIAMO VINTO LE ELEZIONI. DOVE ABBIAMO VINTO LE PRIMARIE, COME A PARMA, ABBIAMO PERSO LE ELEZIONI. STIAMO STUDIANDO ATTENTAMENTE IL CASO PALERMO, DOVE ABBIAMO PERSO SIA LE PRIMARIE CHE LE ELEZIONI”
Un’imprudenza del titolista de l’Unità manda nel panico i dirigenti del Pd: solo in tarda serata hanno capito che si parlava di loro.
Bersani chiarisce il senso del trionfo del partito: “Se perdiamo le primarie non temiamo nessuno”.
D’Alema rivendica la vittoria: “L’ho abilmente costruita restando legato e imbavagliato nello stanzino delle scope”
E’ un giovane poliziotto iscritto all’Udc il protagonista dei festeggiamenti seguiti ai risultati delle amministrative alla sede del Pd romano.
“Abbiamo fatto le primarie per decidere chi doveva aprire lo spumante e ha vinto lui”, dice un funzionario del partito.
Il disappunto degli iscritti è stato comunque contenuto, perchè in ogni caso si respira aria di festa nella sede del Partito Democratico: “Una vittoria storica — si legge nei comunicati diffusi dalla segreteria — e vedrete che faremo di tutto perchè non si ripeta”.
L’analisi del voto è affidata al segretario Bersani in persona, che detta la linea: “Dove abbiamo perso le primarie, come a Genova. abbiamo vinto le elezioni. Dove abbiamo vinto le primarie, come a Parma, abbiamo perso le elezioni. Ma stiamo studiando attentamente il caso Palermo, dove abbiamo perso sia le primarie che le elezioni”.
Comunque sia, è la dimostrazione che in Italia la sinistra può vincere, soprattutto se gli elettori di destra non vanno a votare.
Particolarmente interessante il caso di Genova, dove Marco Doria ha sbaragliato gli avversari. “Anche qui bisogna fare un’analisi approfondita — dice un deputato Pd — perchè dimostra la collaborazione tra due anime della sinistra: se Sel mette il candidato e noi mettiamo i voti si vince”.
Ora che il Pd è la prima forza politica del Paese, comunque, l’esercizio di gran moda è paragonare la linea del partito alle proposte di Hollande, eletto presidente in Francia. “Tassare i ricchi, come dice Hollande sarebbe una bella idea, ma chi glielo dice ai nostri elettori?”.
Quanto alla proposta sull’eutanasia, Bersani sarebbe favorevole, ma solo nel caso di Matteo Renzi.
Nel discorso di ringraziamento del segretario non sono mancati poi toni umanitari.
“Adesso che le urne sono chiuse — ha detto — possiamo concederci gesti generosi: potete anche togliere il bavaglio a D’Alema e Veltroni, ma ricordatevi di rimetterglielo sei mesi prima delle politiche del 2013”.
Unica nota stonata, il malore di Enrico Letta, che si è accasciato nel suo ufficio una volta appresa la notizia della vittoria della sinistra.
L’allarme è poi rientrato quando un infermiere gli ha spiegato che invece aveva vinto il Pd.
Alessandro Robecchi
(da MisFatto)
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Maggio 27th, 2012 Riccardo Fucile
LA SEGRETARIA CITTADINA DI MILANO DI FLI LASCIA IL PARTITO: “NON MI CI RITROVO PIU’”…”MI RIBELLO AL REGIME DEI PARTITI, LASCIO QUESTO SISTEMA SCHIFOSO”
Barbara Ciabò è una delle personalità politiche più stimate sotto la Madonnina.
“Avrei potuto far carriera, se avessi sacrificato la mia libertà “, ripete spesso.
E ora più che mai.
Ad Affaritaliani.it rivela infatti di aver lasciato Futuro e Libertà , formazione della quale era segretaria cittadina: “Mi ribello al sistema dei partiti nel suo complesso. Ho deciso di dimettermi da questo sistema schifoso. Fli? Non mi ci ritrovo più”
Barbara Ciabò, che succede?
Succede che mi sono resa conto di essere incompatibile con i partiti attuali.
Fli non l’ha soddisfatta?
Il problema non è Fli. Il problema è che siamo in mano a un’oligarchia, che pensa solo di governare servita e riverita e di riconfermarsi al potere per altri cinque anni. Sono tutti uguali. I partiti non rappresentano più i cittadini italiani. Io non esco solo da Fli, esco dal sistema dei partiti.
Perchè?
Perchè è impossibile per una persona che vuole fare solo l’interesse dei cittadini collaborare con i partiti attuali esistenti. Se siamo in questa situazione è perchè la base di chi fa politica a livello locale non reagisce, non si ribella.
Lei si sta ribellando, quindi?
Esatto. Io ho il coraggio di alzarmi dalla sedia e andarmene, di sbattere la porta, quando le cose non vanno bene. Per questo non ho fatto carriera a livello politico. La libertà per me è il mio bene più grande.
Il progetto di Fli è fallito?
Il progetto di Fli dipende da quel che faranno. Per quanto mi riguardo non mi ci ritrovo più. Ho sempre preferito la mia libertà , non ho mai preso un soldo dalla politica. Oggi più che mai lo rivendico con orgoglio.
Fabio Massa
(da Affaritaliani.it)
“Ho provato a fare politica per tanti anni con il sogno di cambiare un po’ il mondo ma vi assicuro oggi e’ impossibile in Italia, siamo in mano a un’oligarchia che vuole governare in eterno e pur di rimanere al potere farebbe di tutto.
Ora per riciclarsi alcuni riesumeranno il ricordo di Almirante e altri si attaccheranno al partito dei carini mentre a sinistra i rottamatori sono stati rottamati.
Ma non dobbiamo rassegnarci: io credo nei giovani che non si faranno comprare e sapranno pacificamente ribellarsi.
E credo che presto troveremo le modalita’ per organizzare la vera rivoluzione italiana”
(un pensiero di Barbara)
Un successivo scambio di messaggi col ns. direttore
Barbara Ciabò
“Ciao Riccardo volevo solo ringraziarti per quello che fai e dirti che sei uno dei pochi, pochissimi che ancora stimo perche’ sei libero come me.
Non condivido praticamente piu’ nulla di Fli: 25 anni di politica buttati nel cesso, di battaglie fatte, per portare al governo una manica di …. mah!
Vediamo un po’ cosa fare…Comunque quando il pesce puzza puzza dalla testa … Avremmo potuto fare grandi cose …ora siamo peggio degli altri partiti”
Riccardo Fucile
“Grazie Barbara per la stima che è contraccambiata. Purtroppo le persone libere in questo partito ormai si contano sulle dita di una mano…sembra di assistere a una guerra per bande dove ogni giorno si contano le vittime.
Un grande abbraccio”
argomento: Futuro e Libertà, Milano, radici e valori | Commenta »