Maggio 6th, 2012 Riccardo Fucile
INVESTIMENTI IMMOBILIARI PER DIVERSI MILIONI DI EURO… CONTATTI CON UN PERSONAGGIO POTENTE, ANELLO DI COLLEGAMENTO CON LA ‘NDRANGHETA
Più passano i giorni più sembrano aumentare i guai per il leader leghista Umberto Bossi. Secondo quanto riferisce il quotidiano la Repubblica, alcune delle operazioni finanziarie fatte dall’ex tesoriere Francesco Belsito sarebbero state suggerite dallo stesso Bossi.
In particolare, si legge nei verbali dell’interrogatorio, “in alcune occasioni” il Senatur avrebbe fatto proposte per investimenti immobiliari, tra cui quello per una casa di cura.
La famiglia Bossi sarebbe stata, quindi, non solo informata dei fatti, ma anche parte attiva nelle operazioni per cui l’ex tesoriere è indagato per riciclaggio.
“Ho sempre informato il segretario federale del partito, la scelta era lasciata al tesoriere e gli investimenti ordinari sono stati proposti da Banca Aletti e dalla Barca Arner Italia”, riporta il quotidiano romano.
Si parla per esempio di 4,5 milioni di euro trasferiti da Banca Aletti sul conto di Cipro intestato all’imprenditore veneto Stefano Bonet, anche lui indagato.
Ma non sono gli unici dati emersi dai documenti sequestrati all’ex tesoriere dalla Dia di Reggio Calabria.
Da carte, file e pen drive sarebbe emerso un vero e proprio sistema di controspionaggio. Belsito avrebbe ingaggiato un investigatore privato e un membro delle forze dell’ordine ancora in servizio per raccogliere informazioni su Roberto Maroni e altri membri del partito. Non solo intrusioni telematiche, ma anche sottrazioni di documenti, dati e intercettazioni ambientali e telefoniche, con i quali ricattare gli esponenti leghisti.
In più, nelle intercettazioni telefoniche ritrovate, una conversazione tra persone non ancora identificate confermerebbe i traffici tra Belsito e politici ed esponenti della ‘ndrangheta.
In una di queste, come riporta ancora Repubblica, un uomo e una donna parlano di un “personaggio potente”di Genova, Bonanno o Buonanno, in affari con Belsito, che avrebbe svolto il ruolo di collegamento tra l’ex tesoriere e la ‘ndrangheta.
Intanto, tutti i vertici della Lega Nord saranno chiamati a comparire davanti al pm di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo. Da Maroni a Calderoli, da Rosy Mauro e Roberto Castelli, dovranno dire, come persone informate sui fatti, se il partito sapeva, come dichiara Belsito, degli investimenti fatti con i soldi dei rimborsi elettorali.
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Maggio 6th, 2012 Riccardo Fucile
IN LOMBARDIA SU 126 COMUNI CHIAMATI AL VOTO LEGA E PDL NE AMMINISTRAVANO 35, LA LEGA DA SOLA 10…A RISCHIO MONZA, CASSANO MAGNAGO, CREMA, CANTU’, CESANO MADERNO, LISSONE, MEDA, TRADATE, JESOLO, THIENE… E IL BARBARO SOGNANTE FA L’ELOGIO POSTUMO DELLA DC
Sarà anche «bello», come aveva annunciato Bossi.
Oppure «rigenerante», come preferisce dire Maroni.
Fatto sta che questa corsa solitaria della Lega (alleata con il Pdl solo a Gorizia, e solo perchè i berlusconiani rinunciano al logo tradizionale e si presentano come Popolo di Gorizia) non mancherà di lasciare sul campo (padano) morti e feriti.
Difficile, anzi impossibile, riconquistare in splendida solitudine – e con l’eco ancora vivissima degli incredibili scandali che hanno travolto il movimento – i tantissimi Comuni finora amministrati in condominio con i vecchi alleati.
Come Cassano Magnago, nel Varesotto, il paese natio del Senatùr, dove il Carroccio sta facendo di tutto per vincere una battaglia dal forte valore simbolico.
E sarà dura pure riconfermare quelli dove, cinque anni fa, i leghisti avevano già vinto da soli. Se si considerano solo i comuni con più di 15mila abitanti, tra Lombardia e Veneto sono una dozzina, le amministrazioni a monocolore leghista.
Se si mettono nel conto anche quelli più piccoli, solo in Lombardia Pdl e Lega ne amministravano insieme 35 sui 126 chiamati oggi al voto; e dieci il Carroccio da solo.
Sempre in Lombardia, l’elenco dei comuni maggiori a guida leghista comprende Monza, la terza città della regione per numero di abitanti, poi Cantù, Crema, Cesano Maderno, Lissone, Meda, Tradate.
E nel Veneto, sempre nei centri maggiori, ci sono in ballo le poltrone “verdi” di primo cittadino a Verona, Jesolo, Thiene, San Giovanni Lupatoto.
Tranne il veronese Flavio Tosi, di cui si pronostica una vittoria in carrozza già al primo turno, rischiano tutti.
A cominciare dal borgomastro di Monza Marco Mariani, che non a caso si era subito detto contrario al divorzio dal Pdl, salvo poi accettare – come hanno fatto più o meno volentieri gli altri suoi colleghi – la decisione presa dal consiglio federale.
E che ora rischia di non arrivare neppure al ballottaggio, nonostante i suoi cinque anni da sindaco.
Le previsioni della vigilia sono concordi, al di là delle divisioni tra bossiani e maroniani, accentuate dalla recente zampata del vecchio capo, che una settimana dopo aver incoronato l’ex ministro degli Interni come nuovo segretario, è tornato a riproporsi come leader annunciando la propria ricandidatura al congresso federale di fine giugno.
«Sarà un bagno di sangue», è il sussurro unanime che passa di bocca in bocca.
Ma è l’unica cosa che accomuna i due fronti: la Lega vecchia (come dicono i Barbari sognanti di Bobo), raccolta attorno a Bossi; e quella nuova che sta scaldando i muscoli in vista del congresso per eleggere Maroni leader.
Una rappresentazione plastica delle «due Leghe» è stata data venerdì sera, nelle due città più importanti (almeno per il Carroccio) di questa tornata amministrativa.
Comizi di chiusura del Carroccio a Monza e Verona.
Nella città di Teodolinda, con Mariani, c’era Bossi, in un teatro che mostrava parecchie poltrone vuote; in quella di Giulietta Maroni (lì il Senatùr non l’hanno proprio voluto, e per tutta la campagna elettorale), arrivato per tirare la volata a Tosi, in un tripudio di bandiere, cartelli irriverenti (Semo Tosi coi Maroni, gioco di parole che suona più o meno così: siamo ragazzi con gli attributi), e in una piazza strapiena.
Ecco, il vecchio e il nuovo.
E sul nuovo scommette il triumviro, al quale domani sera non andrebbe affatto male rivendicare, dentro una generale dèbà¢cle della Lega, la sperata vittoria a Verona come momento di palingenesi e occasione di ripartenza in un momento difficilissimo.
Obiettivo dichiarato di Maroni è «allargare i nostri consensi ai padani non leghisti», attraverso uno «svuotamento» del Pdl che ha come primo momento il passaggio di suoi esponenti locali alle liste civiche che appoggiano sindaci leghisti.
È accaduto a Verona, potrebbe accadere, anche se in altre forme, alle politiche dell’anno prossimo.
«Il problema – va ripetendo Bobo ai fedelissimi – è evitare che nel 2013 questi voti tornino al Pdl».
Ed è anche per questo che Maroni venerdì sera si è lanciato in un elogio postumo della Dc, «che non era solo il partito delle tangenti».
E lo ha fatto in sintonia con il suo discepolo Tosi, che si definisce un «leghista democristiano».
Se domani il sindaco avrà già rivinto, l’ex ministro tirerà fuori tutto quel che si è tenuto dentro da quando Bossi ha annunciato la ricandidatura al congresso.
Rompendo gli indugi e annunciando la propria.
Rodolfo Sala
(da “La Repubblica”)
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Maggio 6th, 2012 Riccardo Fucile
UN’ATTIVISTA ARRESTATA DENUNCIA: “HO VISTO CANI FERITI E CHIUSI NELLE CELLE IN UN SILENZIO SPETTRALE”…. COSA ASPETTA IL PARLAMENTO A INVIARE UNA COMMISSIONE PER APPURARE LA VERITA’?
Un silenzio spettrale. Non è stato l’arresto da parte delle forze dell’ordine, nè i due giorni di carcere patiti a Brescia.
Neppure la preoccupazione di doversi difendere dall’eventuale richiesta di risarcimento che pende sul suo capo.
A sconvolgere Beata Stawycka era “quel silenzio spettrale” percepito all’interno di Green Hill.
La donna polacca, 39enne istruttrice di nuoto, residente a Ferrara da 9 anni (da 15 in Italia), era tra le dodici persone arrestate lo scorso 28 aprile a Montichiari (Bs), dopo il blitz che aveva liberato una cinquantina di cani beagle destinati alla vivisezione.
Beata Stawycka non è un’animalista “organizzata”.
A Green Hill era andata da sola, dopo aver letto della manifestazione su internet.
A causa di quell’episodio è stata arrestata per violazione di domicilio. L’arresto è stato convalidato e il gip ha emesso nei suoi confronti il divieto di ritorno nel comune di Montichiari.
Ora però su di lei pendono anche le accuse di rapina impropria e resistenza a pubblico ufficiale. Oltre alla possibile richiesta di risarcimento danni che Green Hill potrebbe avanzare in tribunale (si parla di 250mila euro).
Beata quel 28 aprile era riuscita a oltrepassare le recinzioni dell’allevamento e a vedere in faccia le centinaia di animali rinchiusi nelle gabbie.
“C’erano file interminabili di cellette — racconta -, lungo corridoi bui e maleodoranti. Non ho visto recipienti con acqua. Molti cani avevano tagli lungo tutta la pancia che arrivavano fino al collo, come se fossero stati appena operati”.
Su quella visione però ha preso il sopravvento l’assenza di rumore. Un silenzio totale.
Nonostante il clamore della protesta, la reazione delle forze dell’ordine, il facilmente immaginabile scompiglio all’interno del campo, “da quei corridoi non si è levato nemmeno un rumore. Nessun animale ha abbaiato. Nemmeno un guaito. È stato straziante: come è possibile che un cane non reagisca con spavento, curiosità o rabbia in una situazione del genere? Cosa è successo?”.
Beata ha cercato subito di fuggire da quelle immagini spettrali e si è trovata di fronte a un carabiniere. “Ci ho sbattuto contro perchè mi voltavo come a chiedermi se fosse vero quello che avevo visto”.
Il militare la arrestò, “anche se in braccio non avevo alcun beagle; non avevo sottratto alcun animale”.
Ora la donna è tornata a casa, ma — a parte le questioni giudiziarie (per la rapina impropria si rischiano fino a 5 anni di reclusione) — non vuole rimanere con le mani in mano.
“Qualcuno deve intervenire, le istituzioni devono attivarsi. Non è giusto che si mettano le manette ai polsi di chi voleva liberare quei poveri animali e si lascino i cani dentro le gabbie”.
Il motivo per cui “nessuno ha pensato, per quanto ne sappiamo, di verificare le condizioni dei cani” rimane oscuro anche per il suo avvocato, David Zanforlini, che promette che di “Green Hill si tornerà presto a parlare”.
Il riferimento è alla manifestazione internazionale contro l’allevamento di Montichiari e la vivisezione fissata per martedì 8 maggio.
Hanno annunciato la propria adesione il Coordinamento fermare Green Hill, il Comitato Montichiari contro Green Hill e Occupy Green Hill.
L’iniziativa cade giusto alla vigilia della riunione della XIV Commissione del Senato che dovrà esaminare gli emendamenti al testo dell’articolo 14 per il recepimento in Italia della Direttiva europea sulla sperimentazione animale.
A Brescia la protesta partirà alle 15 da corso Zanardelli. L’appuntamento nazionale è invece a Milano, sempre alle 15, in piazza Mercanti.
Gli organizzatori annunciano presidi e proteste anche fuori dai consolati e dalle ambasciate italiane nelle principali capitali mondiali.
Marco Zavagli
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 6th, 2012 Riccardo Fucile
“RINGRAZIO I FRANCESI PER L’ONORE IMMENSO DI ESSERE STATO IL LORO PRESIDENTE PER CINQUE ANNI”…”NON VI DIVIDETE, RESTATE UNITI”
La Francia volta pagina.
Il nuovo presidente è il socialista Franà§ois Hollande.
Secondo i risultati ufficiali ha raggiunto il 51,9% dei voti, mentre Nicolas Sarkozy ha ottenuto il 48,1%.
Già da metà pomeriggio il giornale belga “Le Soir” aveva anticipato i primi exit poll 1, dando per vincente il candidato socialista con il 53%.
A seggi ancora aperti, Sarkozy ha annullato le celebrazioni post elezioni organizzate dall’Ump a Place de la Concorde in caso di vittoria.
In serata il presidente uscente ha poi telefonato al vincitore per augurargli buona fortuna.
Il discorso di Sarkozy.
Dopo aver appreso alle 19 la notizia della sconfitta, Sarkozy ha raggiunto l’Eliseo e si è chiuso nel suo studio con il primo ministro Francois Fillon, il presidente dell’Ump, Jean-Francois Copè, e il ministro degli Esteri, Alain Juppè, per preparare il discorso ai suoi fedelissimi. ”
“Torno a essere francese tra i francesi. Non sarò mai come quelli che ci hanno combattuto. Francois Hollande è il presidente della Francia e deve essere rispettato”, ha detto Sarkozy, parlando ai suoi fedelissimi.
“Non vi dividete, restate uniti”, ha detto il presidente uscente, riconoscendo “tutta la responsabilità di questa sconfitta”.
Sarkozy ha aggiunto inoltre che non guiderà l’Ump, il suo partito, alle elezioni legislative del 17 giugno.
Ha poi però tenuto a specificare che il suo non sarà un ritiro completo dalla politica.
Nel suo discorso d’addio, Sarkozy ha voluto “ringraziare tutti i francesi per l’onere” di essere stato “presidente per 5 anni”.
E ha aggiunto che non dimenticherà mai “questo onore immenso”.
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Maggio 6th, 2012 Riccardo Fucile
MADRE CATTOLICA DI SINISTRA, PADRE MEDICO VICINO ALL’ESTREMA DESTRA, HOLLANDE HA SCELTO IL PS… HA VINTO CON LO SLOGAN “UN PRESIDENTE NORMALE E NUOVO”… PER GLI AVVERSARI E’ L’UOMO DEL COMPROMESSO, MA CONOSCE L’ECONOMIA
Franà§ois Hollande presidente. Se uno si ferma un istante, respira profondamente e guarda con un po’ di distacco alle sue spalle, siamo di fronte a un quasi miracolo.
Si’, un partito come quello socialista francese, due anni fa ancora a rischio implosione (e sempre più distante rispetto alla sua base e al popolo della gauche) e che nell’ottobre 2011 appariva diviso al momento delle primarie, è riuscito a imporre oggi il proprio candidato.
Hollande, 58 anni, ha vinto la battaglia con una campagna studiata al millimetro.
E con lo slogan di un Presidente «normale» e «nuovo» per i francesi.
Ecco, iniziamo subito a smontare questi due luoghi comuni.
Hollande, persona seria e preparata, che alterna freddi atteggiamenti di distanza a una certa giovialità , in gran parte costruita, è una persona «normale» fino a un certo punto.
Proviene dalla buona borghesia di provincia e, come adolescente, si è ritrovato a vivere e a studiare a Neuilly-sur-Seine, lo stesso sobborgo dei ricchi di Parigi, del quale qualche anno più tardi sarebbe diventato sindaco, a 28 anni, Nicolas Sarkozy.
Hollande si è poi diplomato, tanto di cappello, nel gotha delle grandes ècoles della Repubblica: Sciences Po, Hec – quella del settore economico-commerciale — e la prestigiosa Ena, l’Ecole normale d’administration, dove, fra l’altro, fece conoscenza di Sègolène Royal, sua compagna di vita poi per quasi trent’anni fino alla separazione e madre dei suoi quattro figli.
Dopo il diploma la coppia Hollande-Royal si trovo’ subito proiettata nelle alte sfere della politica, a lavorare all’Eliseo per Franà§ois Mitterrand dal 1981. Nell’88 vinsero entrambi le legislative.
I media (soprattutto la tv) iniziarono a interessarsi a questi due trentenni dalla faccia da bravi ragazzi, con reportage dove si ritrovavano a spupazzare i figli nel salotto di casa.
La loro vita, tra rimborsi spese e gli stipendi della politica, non è stata certo quella delle famiglie francesi del ceto medio, tra alti e bassi e fine del mese da far quadrare…
«Normale» fino a un certo punto.
Personaggio nuovo della politica? Neppure.
Hollande nella vita ha fatto solo quello: è stato sempre parte integrante della nomenclatura.
Anche se non ha mai svolto una funzione amministrativa ed è quanto gli viene rinfacciato dai suoi nemici: mai ministro, ad esempio, a differenza della stessa Royal, che, preferita a lui da Mitterrand, ando’ a dirigere il dicastero dell’Ambiente già nel 1992.
Nel frattempo Hollande, oltre che come deputato, si è illustrato nella macchina del partito.
E’ stato segretario del Ps dal 1997 al 2008. E in un periodo difficilissimo per la sua formazione politica, che a tratti ha rischiato di disintegrarsi.
Secondo le malelingue, anche a causa dell’atteggiamento di Hollande: un politico sempre alla ricerca del compromesso.
Ma anche troppo. Alla fine: incerto, titubante.
La sua biografia, al di là delle apparenze, è meno banale di quanto sembri. Nasce a Rouen nel 1954: la madre, Nicole, assistente sociale, cattolica di sinistra, espansiva e generosa; il padre, Georges, medico facoltoso, burbero e taciturno, simpatizzante dell’estrema destra e addirittura dell’Oas, le forze paramilitari per l’Algeria libera.
E’ anche per le posizioni politiche del padre, che gli provocarono in loco diverse inimicizie, che la famiglia Hollande abbandono’ Rouen, quando Franà§ois aveva appena 14 anni.
Si «rifugiarono» a Parigi, comunque nel sobborgo dei ricchi. Franà§ois, molto vicino alla madre, fin da ragazzo mostro’ simpatie per la sinistra, in quegli anni del post ’68, difficili ed entusiasmanti nella capitale francese.
Aderi’ al movimento studentesco Unef-Renouveau, vicino al Partito comunista.
Ma non si iscrisse a questo partito. Preferi’ il Ps.
Fin da allora era un moderato e un pragmatico.
Da studente dell’Hec, la principale scuola di business del Paese, fucina di manager per il settore privato e di alti funzionari per quello pubblico, apprese i meccanismi del capitalismo.
A differenza di Sarkozy o di tanti colleghi di partito, è un vero conoscitore della materia.
E il suo programma ha ricevuto l’approvazione di svariati economisti francesi, taluni perfino etichettati a destra.
Le sue sfuriate da ribelle anti-sistema in campagna elettorale, contro l’alta finanza e le sue derive, vanno prese con le molle.
Anche quello è un altro mito da sfatare.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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