Maggio 1st, 2012 Riccardo Fucile
ANCHE SENZA CERCHIO IL SENATUR TENTA IL COLPO “MAGICO”: MARONI, CHE AVEVA ANNUNCIATO CHE AVREBBE VOTATO BOSSI IN CASO DI SUA CANDIDATURA, SI E’ FREGATO DA SOLO…LA RIVOLUZIONE ANNUNCIATA SI RISOLVERA’ IN UN PATERACCHIO ALL’ITALIANA
Sindaci come guerrieri. Roberto Maroni usa questa immagine e lanciare la protesta fiscale al raduno della «Lega Unita» di Zanica, nella Bergamasca.
Dal palco detta la linea, accanto a lui c’è Umberto Bossi che poi prende parola e chiude gli interventi, a dispetto delle previsioni che volevano invece fosse l’ex ministro dell’Interno a parlare per ultimo con quella scansione da scaletta che fra i lumbard individua il peso dei leader.
Ancora Bossi, a margine del comizio, risponde a una domanda diretta dei giornalisti: si candiderà o no al congresso federale convocato per la fine di giugno?
«Sì, penso di sì. Per forza, per la gente».
E aggiunge: «Altrimenti la gente pensa che non siamo uniti. Lo farò se serve a tenere unita la Lega».
La notizia viene battuta dalle agenzie e a stretto giro arriva un comunicato di Roberto Castelli: «La Lega ha bisogno di Bossi ancora per molto».
Il tema sembra però cadere durante il pranzo a cui lo Stato maggiore presenzia dopo il comizio, con alcuni commenti rilasciati ai cronisti solo alla fine del pomeriggio: «Se Bossi si ricandiderà ? Io lo voterò», dice l’europarlamentare Francesco Speroni.
Per il vicepresidente della Regione Lombardia Andrea Gibelli «ogni decisione sarà presa dai militanti», mentre il triumviro Roberto Calderoli ai media parla di congressi: «Prima di pensare al federale mi sembra dobbiamo pensare ai nazionali».
Fra i militanti in sala intanto circola la voce di una presa di posizione più morbida del Senatur («Ha spiegato che la Lega la guideranno lui e Maroni…»), mentre l’ex ministro dell’Interno non torna sul tema con la stampa.
Perchè se è vero che a Zanica Maroni invita i sindaci guerrieri alla disobbedienza civile, è altrettanto vero che l’ex ministro degli Interni di guerriero ha ben poco.
Se avesse gli attributi, come si dice in gergo, avrebbe cercato di prendere le redini del partito, dopo aver primeggiato in tanti congressi.
Il momento è propizio, Bossi è travolto dagli scandali famigliari, ma Maroni temporeggia senza una linea precisa da seguire.
In causa di restaurazione, quelli che rischiano di più sono proprio coloro che si sono esposti per Bobo e che ora rischiano di essere le prime vittime del clima di restaurazione.
L’alternativa? Che Maroni vestisse per una volta i panni del guerriero e puntasse alla vittoria al Congresso.
Ma per dirla alla don Abbondio “se uno il coraggio non l’ha, non può darselo”: e poi, quanto potrebbe costare in termini di immagine un eventuale attacco mediatico contro di lui?
Quali carte ha in mano il cerchio magico per poter solo ipotizzare di neutralizzare l’avanzata dei barbari sognanti?
Evidentemente a sufficienza per indurre Maroni a ritornare al ruolo a lui congeniale: quello di eterno secondo, magari trattando qualche poltrona e posto di potere in più.
Insomma il solito pateracchio all’italiana, pardon alla Padagna del magna magna.
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Maggio 1st, 2012 Riccardo Fucile
LA PRIMA LEGGE DI RIORDINO È DEL 1956. NE HANNO FATTE ALTRE SETTE, MA I RISPARMI SONO PARI A ZERO
Bisogna tagliare la spesa, basta con le tasse e le tariffe che impoverisco noi redditi medio-bassi.
Sul Corriere della Sera ce lo ha spiegato un importante esponente del socialismo europeo come Giulio Tremonti, recentemente risvegliatosi dalla malattia che l’aveva costretto in questi anni nel ruolo di ministro dell’Economia di un governo che per le sue manovre economiche ha molto agito sulla leva fiscale a danno dei meno abbienti.
Curioso,comunque, che l’intervista promozionale (il nostro ha appena dato alle stampe l’ennesimo libro) arrivi nelle edicole lo stesso mese in cui il Servizio per il controllo parlamentare della Camera pubblica un dossier che lo riguarda da vicino .
Avete presente gli enti inutili?
Le sforbiciate annunciate negli ultimi dieci anni ne hanno cancellati o riordinati solo 37 — una decina dei quali sotto il governo Monti — ma comunque creandone quattro nuovi.
Un po’ poco per la straordinaria produzione normativa sul tema.
La prima legge “taglia-Enti” pare risalga addirittura al 1956,ma nel nuovo millennio il legislatore non ha badato ad articoli e commi: una legge nel 2002, una nel 2007 (governo Prodi), un paio nel 2008, poi ancora nel 2009 e altre due nel 2010.
Fu introdotta anche la famosa “ghigliottina”, così la chiamavano Pdl e Lega: o il governo trova un nuovo assetto meno costoso e con compiti chiari per queste strutture o verranno abolite d’ufficio alla data X (le proroghe si sono sprecate).
Risultato:ad oggi “non risultano casi di soppressione conseguenti ai procedimenti di riordino e soppressione inizialmente previsti dall’originaria norma taglia-enti”, scrivono i tecnici di Montecitorio, “tutti gli enti soppressi lo sono stati mediante specifica norma di legge” e molti sono enti previdenziali alla fine riassorbiti nella nuova super-Inps.
Sembra impossibile che i funzionari della Camera parlino della stessa materia su cui — era il 28 ottobre 2009 — l’allora ministro Roberto Calderoli ebbe a dichiarare che “a fine mese succederà una cosa che non è mai successa in Italia: cadrà la ghigliottina sugli enti inutili che non si sono ristrutturati, non hanno chiuso, non hanno ridotto il personale e non hanno tagliatole spese”. Già nel luglio di quell’anno, sul Giornale, aveva dato i numeri precisi, per così dire: “Scompariranno circa 34mila enti inutili che bruciano risorse solo per sopravvivere”.
L’anno dopo doveva essere successo qualcosa, perchè questi benedetti enti inutili secondo Calderoli erano diventati solo 714, ma comunque il dentista bergamasco prometteva mannaia, ghigliottine, sale sulle rovine.
Macchè: il nostro era riuscito a scrivere 29 decreti di riordino per altrettanti enti, ma glieli hanno bocciati.
Quei cattivoni del Consiglio di Stato hanno detto che erano scritti male, cioè che violavano i criteri stabiliti per legge sempre dal duo Calderoli-Tremonti.
Non manca qualche caso assolutamente straordinario, deliziose pochade in salsa burocratica.
C’è l’Istituto per il commercio estero: abolito da Tremonti,resuscitato da Tremonti, trasformato in Agenzia dai bocconiani.
Poi c’è il fantastico caso dell’Indire (Istituto Nazionale di Documentazione per l’Innovazione ela Ricerca Educativa): la Finanziaria 2007 l’aveva chiuso e accorpato insieme agli Istituti regionali di ricerca educativa (Irre) nella nuova Ansas (Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica).
Nel luglio 2011, però, il colpo di scena: dal settembre 2012 via l’Ansas, torna l’Indire .
Anche i professori non si sono fatti mancare un po’ di suspense.
Tra gli enti aboliti dalla manovra di dicembre, infatti, risultavano anche i tre Consorzi peri laghi del Ticino, dell’Oglio e dell’Adda con relativi presidenti e consiglieri: venivano accorpati in un unico Consorzio per i laghi prealpini. Finito? Neanche per sogno.
Passano due mesi e il Milleproroghe approvato a gennaio riporta tutto alla situazione di partenza: via il Consorzio nazionale, bentornati i tre precedenti.
I ragazzi dei laghi,d’altronde, sono in ottima compagnia: ancora attivi sono quelli dell’Ente nazionale gente dell’aria, dell’Istituto nazionale per le case degli impiegati dello Stato costituito nel 1924 o dell’Ente nazionale per l’addestramento dei lavoratori del commercio (questo per non parlare della Cassa conguaglio zucchero o dell’Ente Colombo, quello di Genova 1992). Insomma, un decennio di legislazione buttato a mare: se gli enti che non esistono più sono 37, i risparmi attesi sono quantificati solo nel caso della Super-Inps (250 milioni da qui al 2014).
Un po’ meglio è andata coi tagli alle poltrone in enti, Autorità e Agenzie voluti da Monti: 353 poltrone in meno.
Però solo quando saranno naturalmente scaduti gli incarichi di chi ci sta seduto oggi.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 1st, 2012 Riccardo Fucile
LA LEGA ORA SCARICA ARISTIDE MAZZA, IL DIRIGENTE SCOLASTICO ARRESTATO MENTRE ABUSAVA SESSUALMENTE DI UN SUO ALUNNO… “MAI STATO TESSERATO”, ANNUNCIA IL CARROCCIO, MA CANDIDATO SINDACO NON LO POSSONO NEGARE
C’è imbarazzo all’interno della Lega Nord per il caso del maestro pedofilo di Palosco.
Aristide Mazza, candidato sindaco nel 2001 proprio dal Carroccio.
«Non era un nostro tesserato» rispondono oggi dalla Lega, ma in ogni caso è stato il “loro” candidato alla poltrona di primo cittadino.
I responsabili del partito prendono le distanze dall’accusato, ma la storia del mancato tesseramento non regge perchè il movimento lo voleva addirittura candidato sindaco e si sa che nel Carroccio tutto viene controllato e predisposto dalla segreteria.
Nel 2001 alle elezioni amministrative Aristide Mazza si presentava come candidato sindaco appoggiato dalla Lega Nord, il suo avversario Epifanio Ottini era invece sostenuto dalla lista civica “Progetto unitario”.
Vinse quest’ultimo, Mazza non continuò la sua carriera politica.
Aristide Mazza è un uomo sposato, con due figli ed un nipotino, e a fine anno sarebbe andato in pensione.
E invece pochi giorni fa è stato colto in flagranza di reato dai carabinieri della Stazione di Martinengo proprio mentre durante le ore di lezione si appartava in un laboratorio interno alla scuola con una sua vittima.
Immagini inequivocabili che lo inchiodano alla sua colpa.
A questo punto nessuno può difenderlo, lui stesso, ora in carcere, interrogato dagli inquirenti ha fatto scena muta.
Ma adesso in paese c’è la paura, paura che ci siano altre vittime che, a differenza del ragazzino che ha confessato tutto alla sua famiglia ed è stato creduto, non abbiano avuto il coraggio di farlo.
O peggio che non siano state credute di fronte alle accuse ad una personalità del paese.
I carabinieri hanno sequestrato il computer del maestro per vedere se all’interno ci sia del materiale pedopornografico e stanno indagando per capire se ci possono essere state altre vittime.
Del resto la sua lunga esperienza mette i brividi ed è normale che i genitori di alunni ed ex alunni di quella scuola elementare si interroghino sul maestro e se abbia commesso abusi anche in passato.
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Maggio 1st, 2012 Riccardo Fucile
IL PREMIER: “PRONTI A DISCUTERE L’ACCORDO PER TASSARE GLI EVASORI COME GERMANIA E INGHILTERRA”
Mario Monti è pronto a trattare con la Svizzera per tassare i capitali nascosti dagli evasori italiani nei forzieri di Lugano e Ginevra:“Considereremo ex novo l’intera materia”, annuncia in conferenza stampa.
Come anticipato dal Fatto , il via libera della Commissione europea agli accordi bilaterali di Gran Bretagna, Germania e Austria con Berna, ha cambiato tutto.
Ora si può discuterne, anzi,si sta già trattando, Monti fissala prima condizione: il rispetto dei trattati sulla tassazione dei lavoratori frontalieri che “il Canton Ticino ha sospeso unilateralmente”.
Il negoziato comincia.“Come Pd presenteremo chiederemo al governo una stima sull’ammontare e la composizione dei capitali italiani in Svizzera, poi servirà con urgenza un accordo bilaterale e un vincolo chiaro per l’utilizzo del gettito ottenuto. Se arrivassero subito 3 miliardi, per esempio, si potrebbero destinare subito a credito di imposta per le imprese che assumono”, spiega Sandro Gozi, deputato del Pd che segue da tempo il dossier dell’accordo fiscale.
Nel 2008 la Commissione europea aveva iniziato a ragionare su un accordo comunitario con la Svizzera, per tassare in loco i capitali sottratti al fisco, “ma per cambiare le regole in materia fiscale ci vuole l’unanimità e l’Italia si opponeva, formalmente Giulio Tremonti chiedeva un accordo più duro,ma in pratica ha bloccato i negoziati”, ricorda Gozi.
La Commissione aveva comunque fatto alcuni conti: la metà dei capitali depositati in Svizzera,3.300 miliardi, sarebbe di origine straniera: 180 miliardi tedeschi, 120-150 italiani, 70 inglesi.
A metà 2011 Gran Bretagna e Germania, vista la paralisi della normativa comunitaria e la necessità di fare cassa, stipulano un accordo bilaterale con la Svizzera.
La Commissione all’inizio è scettica poi, dopo alcune modifiche, concede formalmente il via libera a metà aprile.
Nel frattempo all’elenco si è aggiunta anche l’Austria.
Gli effetti si sentiranno dal2013, quando entrano in vigore gli accordi. “Germania e Gran Bretagna hanno concordato che Berna paghi subito un acconto sulle somme che riscuoterà dalle banche, per l’Italia potrebbe essere oltre un miliardo di euro”, stima Gozi.
Da quando è caduto il veto di Bruxelles, evasori, consulenti, avvocati e banchieri stanno studiando la documentazione ufficiale per capire cosa li aspetta.
Questi accordi si compongo nodi due parti: la prima è una sanatoria del passato, la seconda una tassa annuale sui redditi prodotti dalle attività detenute in Svizzera.
Dal primo gennaio 2013, un tedesco o un inglese che hanno un conto a Lugano avranno tre scelte.
La prima:chiudere il conto e trasferire i capitali in un altro paradiso fiscale(le autorità elvetiche faranno di tutto per scoraggiare questa opzione).
Seconda scelta: il correntista dichiara per iscritto alla banca di voler uscire allo scoperto, la banca poi informa il governo svizzero che informa il Paese di appartenenza che poi si rifarà sul malcapitato correntista facendogli pagare sanzioni, penali e tasse non pagate per tutti gli anni passati (ovviamente questa ipotesi è concepita in modo così poco allettante da non spingere nessuno a sceglierla).
Terza opzione,quella che tutte le parti interessate caldeggiano: il pagamento anonimo della tassa.
La banca verifica la nazionalità del beneficiario delle attività che detiene (anche se si tratta di un trust o di altri tipi di schermi giuridici),poi preleva dal conto la penale prevista dalle formule contenute negli accordi bilaterali — tra il 21 e il 41 per cento peri tedeschi, tra il 19 e il 34 per gli inglesi, tra il 15 e il 38 per gli austriaci— e versa la somma al governo di Berna che, a sua volta, la passerà allo Stato interessato.
In teoria tutto questo sarebbe già previsto dalla direttiva 2003/48,in vigore dal 2005, ma non ha mai funzionato: la Svizzera si impegnava ad applicare una ritenuta del 35 per cento sui rendimenti maturati nei suoi confini da cittadini dell’Unione europea, poi versava il 75 per cento del gettito ai Paesi di competenza.
Le somme raccolte sono state ridicole,perchè era troppo facile aggirare i vincoli. Per questo sono arrivati gli accordi bilaterali.
Dopo la sanatoria sul passato, un condono fiscale molto costoso (l’aliquota chiesta da Tremonti agli evasori che usavano lo scudo fiscale per rimpatriare denaro era solo del 5 per cento, qui sui grossi capitali si arriva al 40)in teoria non dovrebbero più esserci situazioni ambigue: chi non è uscito allo scoperto o non ha chiuso il conto fuggendo a Saint Lucia o alle isole del Canale sarà noto al governo e, di fatto, al Paese di provenienza che sa quale gettito aspettarsi.
Nella fase due, dopo la “regolarizzazione”, al dentista o al piccolo imprenditore italiano che ha il conto a Lugano resteranno due alternative:o emerge allo scoperto o, se vuole mantenere l’anonimato,paga un’aliquota sui rendimenti ottenuti dalle attività che è abbastanza salata: 26,375 per i tedeschi,tra il 27 e il 48 per gli inglesi,25 per gli austriaci.
“Proteggere la privacy dei clienti delle banche è e rimarrà uno dei pilastri del settore finanziario svizzero.
L’accordo rispetta questo impegno: solo i pagamenti delle tasse saranno trasmessi alle autorità fiscali, non i nomi dei clienti”, rassicura la documentazione del governo di Berna.
Ma è chiaro che uno dei principali benefici della segretezza, cioè l’elusione fiscale, sarà caduto.
Stefano Feltri
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 1st, 2012 Riccardo Fucile
CLAMOROSO FLOP DELL’ADUNATA DI CHI INCITA ALL’EVASIONE FISCALE: POCHE CENTINAIA DI MILITANTI AD ASCOLTARE BOSSI E MARONI, ASSENTE ANCHE IL CONSOLE DELLA TANZANIA E I TITOLARI DI “COMPRO ORO”
Spintoni, manate, insulti.
A subire i cronisti del Fatto Quotidiano, Servizio Pubblico e Piazza Pulita.
A darle e a offendere decine di militanti leghisti.
E’ successo al “Lega Unita Day”, a Zanica (in provincia di Bergamo), dove sono sfilati tutti i big: Roberto Maroni, Roberto Calderoli, Umberto Bossi.
L’aggressione è avvenuta quando la manifestazione si è conclusa.
Il giornalista del Fatto, Alessandro Madron, si è avvicinato insieme ai colleghi dei programmi tv al tendone, dov’è in programma il pranzo dei presunti lavoratori “padani”, per fare alcune interviste alla base, per chiedere un parere su quello che era stato appena detto dal palco.
Ma dopo pochi istanti si è scatenata la rabbia.
I militanti infastiditi hanno cominciato ad urlare “Fuori, fuori”, “Venduti, venduti” all’indirizzo dei giornalisti, dei fotografi e dei cameramen.
Ad un certo punto da parte di alcuni presenti al pranzo sono partiti anche degli spintoni per mandare fuori i rappresentanti della stampa fino sul piazzale esterno.
Anche durante una intervista a Bossi alcuni leghisti hanno urlato “comunisti” agli intervistatori.
I giornalisti hanno chiesto il motivo di tanta rabbia, anche perchè le domande erano state tutt’altro che provocatorie: “Non facciamo niente di male, stiamo facendo solo domande” hanno cercato di spiegare i cronisti.
Ma non c’è stato modo di ricondurre alla regione la base del Carroccio, inferocita.
Gli spintoni sono proseguiti e Madron ha anche preso una manata in faccia che gli hanno fatto cadere a terra gli occhiali da vista che non ha più trovato. Non c’è stato nessuno che ha almeno provato di calmare la folla.
Anzi: c’è stato anche chi, già seduto a tavola per aspettare il pranzo, si è alzato per dare manforte al “muro” di aggressori che se la sono presa con i giornalisti.
Solo qualcuno sottovoce ha provato a dire “Piano, piano”.
Ma ormai il fatto era compiuto.
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