Maggio 20th, 2012 Riccardo Fucile
IL KILLER RIPRESO DALLE TELECAMERE MENTRE PREME IL TELECOMANDO… LA PROCURA: “VOLONTA’ STRAGISTA”
Pubblichiamo un’immagine del presunto autore dell’attentato di Brindisi, ripreso nel momento in cui starebbe attivando il telecomando che ha innescato la bomba alla scuola Morvillo-Falcone.
Il fotogramma proviene dal video a disposizione degli inquirenti, di cui ha parlato stamani il procuratore di Brindisi Marco Dinapoli.
“Sono immagini terribili”, ha commentato il procuratore, spiegando che ritraggono un uomo in giacca, di età presunta di 50-55 anni, che alle 7:37 provoca l’esplosione.
Abbiamo sfocato i tratti del volto dell’uomo – qui ritratto in apparenza con una mano in tasca mentre esegue l’attentato – per non compromettere le indagini in corso mirate a identificarlo.
Si stringe dunque il cerchio attorno all’attentatore di Brindisi, che con una bomba che ha dilaniato la vita di Melissa e di altre sei studentesse rimaste ferite.
Secondo inquirenti e investigatori è stato un gesto «isolato» ma con una chiarissima «volontà stragista» e non per forza eversiva, un gesto «individuale» che nulla a che fare con la criminalità organizzata locale e ancor meno con l’anarco-insurrezionalismo, ma ancora dal movente oscuro. La svolta è arrivata dalle immagini registrate da una telecamera nei pressi della scuola.
Immagini che «ci siamo andati a prendere», dice il procuratore capo Marco Dinapoli sottolineando che gli investigatori hanno lavorato a testa bassa per raccogliere tutti quegli elementi che vanno raccolti subito altrimenti sarebbero andati perduti.
In quel video, ha spiegato, c’è l’identikit dell’attentatore, anche se è ancora senza nome.
Un uomo di 55-50 anni, bianco, probabilmente italiano. Ma in quei frame ci sono anche, parole sue, «immagini terribili» in cui si vede l’uomo azionare il telecomando che innesca l’ordigno e attendere il “botto”. Dunque con un significato ben chiaro: voleva la strage e l’ha ottenuta.
LE INDAGINI
Gli investigatori stanno passando al setaccio tutte le rivendite di bombole e i supermercati della regione, per cercare di capire dove l’uomo possa aver acquistato le componenti dell’ordigno e il cassonetto: una corsa contro il tempo che però, grazie alle immagini estrapolate dal video, potrebbe portare presto risposte positive.
Inquadrato il gesto, resta però da capire il movente. Privato? Professionale? Ideologico? O semplicemente il gesto di un folle? Collegato alla scuola o al nome dell’istituto? O magari con il vicino tribunale?
«Non ci sono elementi per dire che c’era un obiettivo specifico dell’azione – ammette il procuratore – e non necessariamente siamo di fronte ad un atto terroristico», nel senso di un atto eversivo.
Certo, prendendo per buona l’ipotesi del gesto isolato, prosegue, si può pensare ad una «persona arrabbiata e in guerra con il mondo, che si sente vittima o nemico di tutti e che utilizza una simile occasione per far esplodere tutta la sua rabbia».
Una persona che, però, non era proprio sprovveduta, visto che ha confezionato un ordigno che richiede conoscenze di elettronica sopra la media.
E che potrebbe non aver agito da sola, almeno nella fase preparatoria: «Non è impossibile che tutta l’organizzazione sia stata fatta da una persona sola – conferma Dinapoli – anche se non sappiamo allo stato se ha agito una o più persone nella fase organizzativa».
IL FILMATO
Il video che ha dato agli investigatori la chiave per inquadrare un gesto comunque ancora senza movente lo fornisce una telecamera che probabilmente il killer non sospettava di trovare: quella installata su un chiosco che vende bibite, panini e giornali a meno di 20 metri dall’ingresso della scuola.
Proprio di fronte al cancello principale.
Un chiosco senza pretese e che però potrebbe rivelarsi fondamentale per le indagini: la piccola telecamera montata all’angolo più vicino all’istituto e rivolta verso l’altro lato della strada, registra infatti immagini che durano abbastanza per fornire quegli elementi che il procuratore capo di Brindisi Marco Dinapoli definisce «significativi».
Elementi che consentono di «non lavorare più al buio». Soprattutto, registra l’intero minuto che trascorre dall’attivazione dell’ordigno, con un comando a distanza, all’esplosione: sessanta secondi pieni di dettagli.
L’IMMAGINE PUBBLICATA SU LASTAMPA.IT
Nell’immagine che LaStampa.it pubblica in esclusiva c’è un uomo.
Un adulto bianco, molto probabilmente un italiano che potrebbe avere tra i 50 e i 60 anni.
Vestito come un tipo qualunque: giacca scura, pantaloni chiari e scarpe da ginnastica. Non sono ancora le 7.40 e lui è già li.
Il cassonetto «armato» con la bomba è dall’altra parte della strada, pronto ad esplodere.
Portato, sembrerebbe, poco prima delle 3 di notte.
Gli investigatori stanno lavorando anche su quest’aspetto perchè la donna che ha raccontato di aver visto qualcuno proprio attorno a quell’ora, non avrebbe riconosciuto la persona nel video come la stessa che si sarebbe mossa verso la scuola di notte con il cassonetto.
È probabile, ed è questa l’ipotesi che prevale tra gli inquirenti, che il testimone abbia avuto difficoltà a ricordare i dettagli di una persona vista in piena notte e per pochi secondi, ma non possono escludere che il killer possa aver avuto un complice. O più d’uno.
Resta il fatto che, alle 7.40, il cinquantenne è pronto a mettere in pratica il suo piano di morte.
Nel video si vede l’uomo appoggiato al muro, sul lato del chiosco più lontano dalla scuola, armeggiare con una specie di telecomando: è il meccanismo che attiva l’ordigno.
Si tratta, ha spiegato Dinapoli, di un congegno volumetrico, uno di quelli che una volta attivato si innesca al passaggio delle persone. «È qualcuno – afferma Dinapoli – che conosce l’elettronica. Il congegno non è particolarmente complesso, ma è di difficile fattura per chiunque sia a digiuno di nozioni di elettronica».
IL LUTTO
In attesa degli sviluppi, domani a Brindisi è il giorno del dolore.
Alle 16.30, nella chiesa madre di Mesagne, si svolgeranno i funerali di Melissa Bassi, alla presenza del premier Mario Monti – che è rientrato anticipatamente dagli Stati Uniti – e del ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri, che domani mattina assieme alla collega Paola Severino presiederà un vertice in prefettura.
(da “La Stampa”)
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Maggio 20th, 2012 Riccardo Fucile
I RACCONTI DI UN COLLABORATORE DI GIUSTIZIA CHE, ANCOR PRIMA CHE SCOPPIASSE LO SCANDALO DEI FONDI DELLA LEGA, AVEVA DENUNCIATO I RAPPORTI TRA IL TESORIERE DEL CARROCCIO E LA MALAVITA ORGANIZZATA… ”BELSITO SI VENDEVA COME AMICO DI SILVIO”
Il pentito racconta: non solo ‘ndrangheta, anche camorra e soprattutto Cosa Nostra.
Questi i contatti di cui ha goduto per anni l’ex tesoriere della Lega, Francesco Belsito.
A Genova. E non da oggi, ma almeno a partire dal 2002 “quando bisognava cambiare la vecchia lira con la moneta europea”.
A dirlo è un collaboratore di giustizia, legato ai clan campani dei Mallardo e dei Nuvoletta, che dal 2009 parla con i Pm liguri.
Nel 2010 alcune sue dichiarazioni aiutano i magistrati a fare chiarezza sugli affari di Antonio Fameli, imprenditore calabrese trapiantato in riviera, vicino alla cosca Piromalli e oggi accusato di riciclaggio.
Un anno dopo lo stesso pentito si mette a tavolino e scrive un memoriale che invia alla Procura di Savona.
Cinque pagine scritte tra luglio e settembre 2011.
Dentro gli inediti rapporti tra l’ex tesoriere leghista e uomini di Cosa Nostra legati al boss Giuseppe Madonia.
Quando il documento atterra sul tavolo dei magistrati liguri, Silvio Berlusconi è ancora presidente del Consiglio e soprattutto il Carroccio fa da ago della bilancia per la tenuta del governo.
All’epoca, però, il racconto non stuzzica la curiosità degli investigatori.
In quell’anno lo scandalo che ha travolto la Lega Nord è lontano. Nessuno sa chi è Francesco Belsito.
I giornali non si sono ancora occupati del denaro del Carroccio investito in Tanzania.
L’uomo della camorra, invece, dice di conoscerlo molto bene. E non da ieri, ma da prima del 2000, quando Belsito si tiene in tasca la tessera di Forza Italia e fa da autista all’ex ministro della Giustizia Alfredo Biondi.
Due anni dopo il passaggio tra le file della Lega Nord.
Quindi la bufera giudiziaria dell’aprile scorso.
Con il suo nome che incrocia tre procure: da Milano a Reggio Calabria passando per Napoli. Al centro la presunta gestione illecita dei fondi della Lega, utilizzati per foraggiare le esigenze private della famiglia Bossi.
Come corollario le accuse di truffa ai danni dello Stato, appropriazione indebita e riciclaggio. Torniamo, dunque, al periodo in cui l’Italia si appresta a dire addio alla lira.
In quell’anno l’uomo dei Nuvoletta conosce il politico leghista già da qualche tempo.
“Belsito aveva collegamenti con vari esponenti della mafia siciliana in particolare con i fratelli Fiandaca e con gli Angiolieri”.
Si tratta di due famiglie legate a doppio filo al clan gelese degli Emanuello.
In particolare i Fiandaca, oggi attivi nel campo della ristorazione, in passato furono incaricati dallo stesso Giuseppe Piddu Madonia di aprire una “decina” di Cosa Nostra proprio sotto la Lanterna.
Belsito, però, va oltre. E, stando al collaboratore, già all’epoca conta sui rapporti con camorra e ‘ndrangheta.
Sono conoscenze che l’ex tesoriere condivide con un industriale attivo nel mondo del calcio, coinvolto (nel 2005) in un giro di fideiussioni false.
Tra i suoi contatti c’è anche l’imprenditore ligure Romolo Girardelli, accusato di associazione mafiosa dalla Procura di Reggio Calabria che, all’inizio del 2000, indaga sui fiancheggiatori dell’allora latitante Salvatore Fazzari.
Da quelle carte emergono anche i rapporti tra Girardelli e Paolo Martino, manager calibro nove della cosca De Stefano, oggi a processo a Milano con l’accusa di essere il referente al nord per i più influenti boss della ‘ndrangheta .
C’è di più: il passaggio all’euro segna anche l’incontro tra Belsito e il collaboratore di giustizia. I due si vedono nella città olandese di Rotterdam.
Qui l’ex tesoriere deve incontrare una direttrice di banca perchè “ha la necessità di cambiare miliardi”.
Passerà la notte all’hotel Hilton cenando al ristorante italiano la Gondola.
“Il Belsito — si legge nel memoriale del luglio 2011 — diceva di essere in stretto contatto con l’attuale signor presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e che per nome e conto dello stesso era autorizzato a trovare nuovi contatti bancari per aprire conti correnti all’estero tipo isole Cayman adoperando una società esistente”.
Questo dice l’uomo del Carroccio.
Il pentito però ha molte perplessità e racconta: “Io non credevo a una sola parola del Belsito (…) il mio dubbio era che usava la storia del presidente per riciclare denaro della malavita”.
A questo punto però, il verbale s’interrompe.
“Il resto — conclude il pentito — lo racconterò alla signoria vostra di persona”.
Ma già così le parole del collaboratore aiutano a fare ulteriore chiarezza sui rapporti spericolati di Francesco Belsito che, stando alle accuse dei magistrati milanesi, per anni ha utilizzato le casse della Lega Nord come un bancomat in nome e per conto della famiglia di Umberto Bossi.
Nel frattempo i contatti tra l’ex tesoriere e i boss di Cosa Nostra sono arrivati sul tavolo del Ros di Genova grazie a una nota inviata il 10 maggio scorso dall’associazione Casa della legalità .
Ora si attende che fatti e circostanze vengano approfonditi.
Davide Milosa
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 20th, 2012 Riccardo Fucile
IN ITALIA SIAMO SEMPRE IN RITARDO A CAPIRE QUELLO CHE ACCADE INTORNO, DA NOI PREVALGONO I PROFETI DEL COMPLOTTISMO E DELLA DIETROLOGIA
L’attentato di ieri a Brindisi è talmente pazzesco che siamo qui tutti a sperare che a compierlo sia stato, appunto, un pazzo.
Se così non fosse, saremmo infatti di fronte a uno sconvolgente cambio di passo della criminalità organizzata, o del terrorismo se di terrorismo si trattasse.
Finora la mafia e le organizzazioni della lotta armata avevano infatti colpito bersagli precisi, cioè uomini considerati «nemici», oppure seminato la morte nelle banche o sui treni.
Era mostruoso, ma mai si era arrivati a voler colpire una scuola per uccidere deliberatamente degli studenti che sono poco più che bambini.
Questo sarebbe ancora più mostruoso.
Ecco perchè siamo qui a sperare che l’attentatore sia una specie di Unabomber al quadrato. Altrimenti, se dietro a tanto orrore ci fosse un disegno anzichè una mente malata, dovremmo concludere che l’Italia è condannata a non essere mai un Paese normale.
Infatti la prima riflessione che viene spontanea è questa: ogni volta che nel nostro Paese c’è un periodo di transizione, qualcuno cerca di gestirlo con il sangue.
Accadde così dopo il Sessantotto, quando ci fu chi cercò di condizionare il cambiamento con le bombe e chi invece con un partito armato.
Furono anni in cui mutò quasi tutto, nel mondo occidentale: dai rapporti sociali al costume, e le tensioni esplosero ovunque.
Ma solo in Italia ebbero effetti tanto tragici e prolungati nel tempo.
Negli Stati Uniti si parla ancora oggi della rivolta di Berkeley del 1964, a Parigi di un mese soltanto («il maggio francese»), in Germania il terrorismo si aprì e si chiuse in poche settimane con la cruenta vicenda della banda Baader Meinhof.
In Italia invece si andò avanti almeno fino agli Anni Ottanta, e per giunta con una serie di misteri ancora oggi non chiariti.
La seconda riflessione: siamo sempre in ritardo a capire quello che ci succede attorno. Leggiamo sempre il presente con le categorie del passato.
Due settimane fa, dopo il ferimento dell’amministratore delegato dell’Ansaldo a Genova, abbiamo pensato subito alle Brigate Rosse, alla lotta al capitalismo e così via.
Tutta roba di trenta o quaranta anni fa, mentre l’Italia e il mondo sono profondamente cambiati e nuove rabbie stanno montando: contro la finanza, contro le ultime frontiere del progresso tecnologico, contro l’incubo dell’inquinamento e del disastro nucleare.
Stanno montando e alimentano ahimè anche alcune frange estremiste e potenzialmente omicide.
Il rischio di un nuovo terrorismo dunque c’è, e quelli che dicono che invece non c’è perchè il mondo non è più diviso in due blocchi suscitano francamente un po’ di tenerezza.
Sempre per questa propensione a leggere l’oggi con le categorie di ieri o dell’altro ieri, adesso siamo qui a cercare un nesso tra la bomba di Brindisi e quelle del ’92 e ’93, altro periodo di transizione.
Allora fu la mafia a colpire. Lo fece con una strategia per quei tempi nuova.
Adesso cercare di indirizzare il cambiamento con le bombe non sarebbe più una novità .
Ma nuovo sarebbe sicuramente l’obiettivo – una scuola, appunto – e quindi siamo in ogni caso di fronte a un fenomeno inedito, e non a una replica.
Terza cosa. Non riusciamo mai a essere un Paese normale anche perchè in nessun altro angolo del mondo i profeti del complottismo e della dietrologia fanno tanti proseliti.
È vero che in Italia, a partire da Piazza Fontana in poi, ne abbiamo viste di ogni colore.
È vero che le trame sono state molte (le abbiamo appena ricordate) e spesso oscure.
Ma sostenere – o insinuare, che è la stessa cosa – che la bomba di Brindisi l’ha messa o fatta mettere il governo Monti per distogliere l’attenzione degli italiani dalla crisi economica e dalle cartelle esattoriali, è anche questa l’espressione di una follia, e non del tutto innocente. Eppure tesi del genere ieri pomeriggio circolavano sulla rete con l’ammiccamento di qualche politico, o meglio antipolitico, in cerca di voti e di visibilità .
Insomma questa è l’Italia.
Un Paese talmente anormale da costringerci a sperare davvero che ci sia in giro qualche pazzo che collega tre bombole del gas con un timer così, per il gusto di farlo, e senza secondi fini.
Michele Brambilla
(da “La Stampa”)
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Maggio 20th, 2012 Riccardo Fucile
MASSIMO FINI: “DELLA MISTICA DEL CHEWING-GUM NE HO PIENI I COGLIONI”…”DAL GENOCIDIO DEI PELLEROSSA ALLA SCHIAVITU’, DALLA BOMBA ATOMICA AI BOMBARDAMENTO DEI CIVILI, GLI STATI UNITI SONO GLI ULTIMI AD AVERE TITOLO PER DARE LEZIONI DI MORALITA’ AL PROSSIMO”
Monsignor Ernesto Galli della Loggia sul “Corriere” di domenica ci ha inflitto un’omelia per spiegarci che la Germania, nonostante la sua forza economica, non è adatta a
guidare l’Europa.
È difficile sintetizzare un’editoriale di Monsignore che la cede per prolissità solo a Eugenio Scalfari, comunque ci proverò.
Secondo Monsignore la Germania è gretta, meschina, arida, incapace di sogni e “quando si addormenta la sera l’unico pensiero che può permettersi è quello sullo spread che l’attende l’indomani”.
Per la verità non mi pare che gli italiani siano meno adoratori del Quattrino, con la differenza che noi tendiamo a rubarlo, la classe dirigente tedesca a usarlo in funzione del bene comune. Ma lasciamo perdere.
Si potrebbe obiettare a Monsignore che l’intera cultura europea degli ultimi due secoli è tributaria del pensiero tedesco, in ogni sua forma, filosofica, letteraria, scientifica, architettonica, urbanistica, musicale, da Kant a Heidegger, da Kafka a Thomas Mann, da Oppenheimer a Einstein, da Gropius al Bauhaus, da Mozart a Stockhausen, e che quindi sparare contro la Germania è sparare contro l’Europa.
Ma è proprio ciò che interessa a Monsignore in favore dell’eterno ‘amico americano’.
Scrive: “Alla Germania manca la capacità di incarnare una ‘way of life’ libera e accattivante, di produrre universi mitico-simbolici… di inventare oggetti, specie beni di consumo (dalla gomma da masticare, alla Coca Cola, ai jeans) che alludono irresistibilmente a forme di vita easy”.
Io di questa mistica del chewing-gum ne ho pieni i coglioni.
Dura da quasi settant’anni.
E vediamola allora, a volo d’uccello, la storia di questo popolo tanto easy.
Comincia con uno spietato e vigliacchissimo genocidio (winchester contro frecce), non disdegnando l’uso delle ‘armi chimiche’ allora disponibili (whisky per rovinare la salute dei pellerossa).
Gli Stati Uniti sono l’unico Paese che in tempi moderni ha praticato al proprio interno la schiavitù (abolita solo nel 1862), scomparsa in Europa dal crollo dell’Impero romano.
Hanno avuto l’apartheid fino a una cinquantina d’anni fa.
Molto attenti alla propria pelle gli americani hanno una totale indifferenza per quella altrui.
Alla fine della Seconda guerra mondiale bombardarono a tappeto Dresda, Lipsia, Berlino col preciso intento di colpire i civili, ammazzandone a milioni, “per fiaccare la resistenza del popolo tedesco”, come si espressero esplicitamente i loro comandi politici e militari.
Sono i soli che abbiano usato l’Atomica.
Dopo la vittoria del 1945 hanno ridotto l’Europa in stato di minorità , di sovranità limitata e la Nato è stata uno dei principali strumenti per tenerla soggiogata, militarmente, politicamente, economicamente e, alla fine, anche culturalmente come dimostra il soccombista Galli della Loggia.
Con la loro ‘way of life’ easy hanno provocato una crisi epocale che hanno poi scaricato sull’Europa e che continuano a scaricare con tutti i mezzi, non escluse le loro agenzie di rating.
La crisi è partita dall’America, ma quel pseudodemocratico e pseudonero di Obama ha la faccia tosta di impartirci lezioni di moralità economica.
Io vorrei che l’Italia non fosse subalterna a nessuno.
Ma se così deve essere, preferisco un’Europa guidata dalla Germania che sotto il tallone degli “easy, ariosi, liberi, umani” United States of America, di cui siamo, da troppo tempo, gli ‘utili idioti’.
Massimo Fini blog
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Maggio 20th, 2012 Riccardo Fucile
L’IPOTESI DI ESPELLERE IL TROTA…I SOLDI PER I RALLY DI RICCARDO E LE SPESE DI RENZO…MA MARONI DIMENTICA DI ESPELLERE IL PLURINQUISITO PINI, SUO COMPAGNO DI MERENDE IN EMILIA
Da mesi, tutto quello che succede nella Lega viene interpretato in chiave simbolica.
Capita così anche per l’incontro tra Umberto Bossi e Roberto Maroni: il primo vero colloquio dal giorno dell’avviso di garanzia consegnato al Senatur proprio in via Bellerio.
Il primo faccia a faccia programmato dopo la pubblicazione di quelle carte che hanno svelato l’ulteriore coinvolgimento dei due figli del leader, accusati di appropriazione indebita: intercettazioni, movimenti bancari, testimonianze, rendiconti sui pagamenti di autonoleggi, meccanici, rate universitarie.
Poco più di un’ora e mezza insieme anche agli altri due triumviri, Roberto Calderoli e Manuela Dal Lago, al governatore del Piemonte Roberto Cota e al segretario della Lega lombarda Giancarlo Giorgetti.
Amareggiato per gli sviluppi dell’inchiesta che ha travolto il suo partito e la sua famiglia, Bossi è apparso «disorientato» ai suoi.
Ha cercato di dare spiegazioni: «Ho autorizzato io alcune spese dei miei figli e chiesto che venissero pagate», avrebbe detto durante la riunione, ufficialmente convocata per discutere dei congressi in Lombardia e Veneto.
Quali spese? Umberto Bossi ha parlato delle gare di rally di Riccardo e dei soldi usati da Renzo, ripetendo più volte di aver creduto alle spiegazioni dei due ragazzi.
Ma di fronte a lui – a contestare duramente l’uso imbarazzante di quei fondi – ci sono Maroni e gli altri dirigenti: fanno presente al fondatore della Lega che le cose stanno diversamente, che Renzo e Riccardo si sono approfittati della situazione per perseguire interessi personali. Qualcuno, nel partito, non esclude che l’ex ministro dell’Interno possa spingersi fino a chiedere l’espulsione di Renzo, che si era già dimesso da consigliere regionale, dal partito.
Maroni ieri non è arretrato di un passo e all’amico di una vita ha detto ciò che a metà aprile valeva per il tesoriere Francesco Belsito e per la vicepresidente del Senato Rosi Mauro e che oggi, ancora di più, vale per i figli del capo: «Hanno sbagliato. Hanno sbagliato e devono pagare».
A Bossi non è rimasto altro da fare che uscire dalla stanza.
A questo punto, nel Carroccio si aspetta.
Il Senatur non parla in pubblico dal 4 maggio, dalla chiusura della campagna elettorale.
E, con tutto quello che è successo da allora, fuori e dentro il partito sembra passato un secolo.
L’ex capo del Viminale, ai cronisti che ieri sera gli chiedevano se Bossi lascerà la Lega, ha replicato rapidamente: «Non lo so, non mi interessano queste cose».
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Maggio 20th, 2012 Riccardo Fucile
GENOVA -10.83% PALERMO -14,14% COMO -12,28% CUNEO -10,12% ALESSANDRIA -12,88% PIACENZA -8,23% L’AQUILA -9,18% TARANTO -10,58% AGRIGENTO -16,76% TRAPANI – 14,64% ASTI 8,53%… REGGONO SOLO PARMA -2,55% E LUCCA -4,91%
Ecco i significativi dati sull’affluenza alle ore 19 di domenica in alcuni comuni capoluogo
L’Aquila:
Sindaco Uscente: Massimo Cialiente (csx) eletto al I turno con il 53,24%. Affluenza finale (I turno): 79,03%
Affluenza parziale ore 19 (tra parentesi lo stesso dato relativo al primo turno): 30,52% (39,70%) -9,18%
Piacenza:
Sindaco Uscente: Roberto Reggi (csx) eletto al II turno con il 55,7,2%. Affluenza finale (I turno): 77,90%. Affluenza finale (II turno): 72,28%
Affluenza parziale ore 19 (tra parentesi lo stesso dato relativo al primo turno): 32,88% (41,11%) -8,23%
Parma:
Sindaco Uscente: Pietro Vignali (cdx) eletto al II turno con il 56,56%. Affluenza finale (I turno): 74,5%. Affluenza finale (II turno): 67,85%
Affluenza parziale ore 19 (tra parentesi lo stesso dato relativo al primo turno): 37,7% (40,25%) -2,55%
Frosinone:
Sindaco Uscente: Michele Marini (csx) eletto al I turno con il 53,34%. Affluenza finale (I turno): 81,74%
Affluenza parziale ore 19 (tra parentesi lo stesso dato relativo al primo turno): 31,82% (42%) -10,18%
Rieti:
Sindaco Uscente: Giuseppe Emili (cdx) eletto al I turno con il 52,14%. Affluenza finale (I turno): 83,95%
Affluenza parziale ore 19 (tra parentesi lo stesso dato relativo al primo turno): 31,75% (40,09%) -8,34%
Genova:
Sindaco Uscente: Marta Vincenzi (csx) eletto al I turno con il 51,2%. Affluenza finale (I turno): 61,75%
Affluenza parziale ore 19 (tra parentesi lo stesso dato relativo al primo turno): 22,78% (33,61%) -10,83%
Como:
Sindaco Uscente: Stefano Bruni (cdx) eletto al I turno con il 56,19%. Affluenza finale (I turno): 68,13%
Affluenza parziale ore 19 (tra parentesi lo stesso dato relativo al primo turno): 26,77% (39,05%) -12,28%
Monza:
Sindaco Uscente: Marco Mariani (cdx) eletto al I turno con il 53,52%. Affluenza finale (I turno): 73,65%
Affluenza parziale ore 19 (tra parentesi lo stesso dato relativo al primo turno): 25,77% (33,95%) -8,18%
Isernia:
Sindaco Uscente: Gabriele Melogli (cdx) eletto al I turno con il 69,1%. Affluenza finale (I turno): 79,36%
Affluenza parziale ore 19 (tra parentesi lo stesso dato relativo al primo turno): 31,81% (39,36%) -7,55%
Alessandria:
Sindaco Uscente: Piercarlo Fabbio (cdx) eletto al I turno con il 63,01%. Affluenza finale (I turno): 74,8%
Affluenza parziale ore 19 (tra parentesi lo stesso dato relativo al primo turno): 23,24% (36,12%) -12,88%
Asti:
Sindaco Uscente: Giorgio Galvagno (cdx) eletto al I turno con il 56,12%. Affluenza finale (I turno): 73,72%
Affluenza parziale ore 19 (tra parentesi lo stesso dato relativo al primo turno): 29,06% (37,59%) -8,53%
Cuneo:
Sindaco Uscente: Alberto Valmaggio (csx) eletto al I turno con il 50,98%. Affluenza finale (I turno): 76,22%
Affluenza parziale ore 19 (tra parentesi lo stesso dato relativo al primo turno): 28,27% (38,39%) -10,12%
Taranto:
Sindaco Uscente: Ippazio Stefà no (csx) eletto al II turno con il 76,26%. Affluenza finale (I turno): 73,7%. Affluenza finale (II turno): 50,42%
Affluenza parziale ore 19 (tra parentesi lo stesso dato relativo al primo turno): 18,99% (29,57%) -10,58%
Trani:
Sindaco Uscente: Giuseppe Tarantini (cdx) eletto al I turno con il 60,17%. Affluenza finale (I turno): 78,39%
Affluenza parziale ore 19 (tra parentesi lo stesso dato relativo al primo turno): 27,46% (43,65%) -16,19%
Agrigento:
Sindaco Uscente: Marco Zambuto (csx) eletto al I turno con il 62,9%. Affluenza finale (I turno): 61,4%
Affluenza parziale ore 19 (tra parentesi lo stesso dato relativo al primo turno): 25,52% (42,28%) -16,76%
Palermo:
Sindaco Uscente: Diego Cammarata (cdx) eletto al I turno con il 53,5%. Affluenza finale (I turno): 71,8%
Affluenza parziale ore 19 (tra parentesi lo stesso dato relativo al primo turno): 22,32% (36,46%) -14.14%
Trapani:
Sindaco Uscente: Girolamo Fazio (cdx) eletto al I turno con il 64,7%. Affluenza finale (I turno): 71,8%
Affluenza parziale ore 19 (tra parentesi lo stesso dato relativo al primo turno): 19,71% (34,35%) -14,64%
Lucca:
Sindaco Uscente: Mauro Favilla (cdx) eletto al II turno con il 52,46%. Affluenza finale (I turno): 67,2% Affluenza finale (II turno): 62,7%
Affluenza parziale ore 19 (tra parentesi lo stesso dato relativo al primo turno): 24,62% (29,53%) -4,91%
Belluno:
Sindaco Uscente: Antonio Prade (cdx) eletto al I turno con il 53,66%. Affluenza finale: (I turno): 66,11%
Affluenza parziale ore 19 (tra parentesi lo stesso dato relativo al primo turno)
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Maggio 20th, 2012 Riccardo Fucile
DANNI ENORMI A EDIFICI STORICI E CHIESE…FORTE SCOSSA DI MAGNITUDO 5.9, EPICENTRO TRA FERRARA E MODENA… PERDONO LA VITA QUATTRO OPERAI, UN VIGILE DEL FUOCO E’ GRAVE, DUE DONNE UCCISE DALLO SPAVENTO
Una scossa di magnitudo 6, forte quasi quanto quella che il 6 aprile 2009 distrusse L’Aquila, ha fatto tremare alle 4.05 il Nord Italia, seminando morte e distruzione.
L’Emilia-Romagna è la regione più colpita, dove si registrano sei vittime, una cinquantina di feriti lievi e ingenti danni a chiese ed edifici storici.
L’epicentro 36 chilometri a nord di Bologna – dove la gente è scesa in strada per la paura, ma non si registrano danni particolari – tra le province di Modena e Ferrara. Finale Emilia, nel Modenese, e Sant’Agostino nel Ferrarese i centri più colpiti.
Quattro vittime sono operai, uccisi dal crollo dei capannoni in cui stavano lavorando proprio a Sant’Agostino: due alla Sant’Agostino Ceramiche, un’altro in una azienda di polistirolo a Ponte Rodoni di Bondeno e un altro ancora alla fonderia Tecopress di Dosso.
Quest’ultimo è stato individuato sotto le macerie, ma non è ancora stato recuperato.
Gli sfollati sono almeno 3mila, mentre le scosse non cessano.
Le altre due vittime sono una ultracentenaria di Sant’Agostino e una tedesca di 37 anni che si trovava a Bologna per lavoro.
Ad uccidere entrambe lo spavento per il forte terremoto, che è stato seguito da due repliche di intensità minore: una di 3.3 alle 5.35 e un’altra di 2.9 alle 5.44.
Circa duecento, fino ad ora, gli interventi richiesti ai centralini del 118 tra Modena e Ferrara.
Evacuati i 35 pazienti dell’ospedale di Finale Emilia, tra cui una donna incinta, che è stata trasportata al policlinico modenese, mentre all’ospedale di Mirandola i pazienti sono stati fatti uscire dalle camere e sistemati in apposite strutture fuori dall’ospedale.
Un vigile del fuoco è rimasto ferito in modo grave cadendo dall’alto mentre stava facendo un controllo strutturale a Finale Emilia.
L’incidente è avvenuto in occasione della scossa di magnitudo di 5.1 registrata intorno alle 15.30.
«In questo momento la nostra priorità assoluta è che le persone possano passare la notte in condizioni accettabili», ha detto il capo della Protezione civile, prefetto Franco Gabrielli, al termine del vertice sull’emergenza terremoto svoltosi in prefettura a Ferrara.
«Stiamo chiedendo la dichiarazione di stato di emergenza nazionale in raccordo con il prefetto Gabrielli», ha aggiunto il presidente della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani.
Tra morte e distruzione, il volto della speranza è quello di Vittoria, una bambina di 5 anni rimasta per due ore sotto le macerie della sua casa di Obici, frazione di Finale Emilia.
Ad allertare i vigili del fuoco, che l’hanno estratta sana e salva dai calcinacci, una telefonata da New York di un parente dei vicini di casa.
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Maggio 20th, 2012 Riccardo Fucile
L’ATTENTATO E L’ANGOSCIA DEI RAGAZZI: DALLA TRAGEDIA UNA SCOSSA PER REAGIRE ALLA VIOLENZA E ALL’ILLEGALITA’… RICORDIAMO PAOLO BORSELLINO: “CHI HA PAURA MUORE OGNI GIORNO, CHI NON HA PAURA MUORE UNA VOLTA SOLA”
Sedici anni. Anche io li ho avuti.
E quando ho visto quei libri aperti e che nessuno leggerà più, quegli zaini svuotati e abbandonati con il fardello di fatiche e sogni che accompagnano ogni sedicenne, quelle scarpe senza piedi che le portino sulle strade di una vita tutta incerta ma piena di prospettive e progetti, tutta da immaginare e assaporare, non ho potuto trattenere le lacrime.
Le lacrime versate quando sedici anni li avevo io e nel giro di pochi mesi vidi nella mia città i rottami delle auto della strage di Capaci, le macerie di via D’Amelio, dove era saltato Borsellino, che incontravo tutte le domeniche nella mia parrocchia, e il sangue secco di Padre Pino Puglisi a Brancaccio, professore di religione del mio liceo.
Credevo che non avrei mai più riassaporato lacrime della stessa sostanza, generate dallo stesso nonsenso.
Avevano lo stesso sapore, anzi, erano ancora più amare.
Perchè al ricordo si è aggiunta l’evidenza che questo è accaduto in un luogo dove lavoro tutti i giorni: una scuola.
Una sedicenne che mi conosce per i libri mi ha scritto da Brindisi: «Io ero lì esattamente 10 minuti dopo la strage perchè la mia scuola si trova a venti metri circa dal luogo maledetto. Oggi alle 18 tutti noi Brindisini scenderemo in piazza, ma non basta. Vogliamo che da tutt’Italia giunga il grido di forza di un popolo che si è stancato e che vuole ritrovare se stesso. Vogliamo che si dia appoggio alla gioventù e soprattutto a noi giovani del meridione che abbiamo il sole nel cuore ed il mare che ci palpita nell’anima. E non abbiamo paura».
A lei fa eco un’altra ragazza: «Nella mia mente è nato il terrore. In Italia è nato ancora una volta disordine, angoscia, insicurezza. Più di quanto già non ce ne fosse. L’Italia ha perso ancora, siamo deboli. Parlo dal basso dei miei 16 anni, ma credo che ciò valga per ogni singolo giovane, uomo, anziano, che si senta realmente Italiano».
Questa volta a cadere non sono uomini coraggiosi che lottano consapevolmente, ma sono dei sedicenni che prendono un autobus per andare a scuola, quelli che accolgo in classe tutte le mattine e lottano per un’interrogazione, una fidanzata, un po’ di futuro.
E li vedo lì ogni mattina, prima che la campanella squilli, a scambiarsi sbadigli, idee, sorrisi, racconti, con una vita tra le mani tanto fragile quanto forte.
Quegli zaini, quei libri, quelle scarpe rimarranno immobili, come statue di una memoria pietrificata e tenteranno di pietrificare tutto il resto: sogni, speranze, fiducia.
Quegli oggetti muti ci sussurreranno di ritirarci in silenzio fino a convincerci che tutto è inutile, che siamo soli, che lo Stato non riesce a difenderci, che non abbiamo nulla da sperare in un Paese ferito da una politica inefficace, ingorda e debole, preda facile di una malavita dai connotati terroristici o mitomaniaci, che sferra un attacco che non ha precedenti nel nostro Paese.
Portare il sangue in una scuola è un peccato originale in Italia.
Non è come le altre stragi.
Abbiamo visto zaini schiacciati da scuole crollate per disastri naturali o incuria umana, ma non abbiamo mai visto zaini innocenti svuotati da una ferocia calcolata.
Sono rimasto in classe, fermo, come se quell’aula in cui fare innamorare i ragazzi della verità , del bene, della bellezza e del sacrificio che comportano, fosse diventata un campo minato; e cattedra e banchi una trincea di sangue.
Anche lì può arrivare la mano cruenta del terrore, per colpire alla cieca e lasciare, insegnanti e studenti insieme, orfani di un orizzonte che dia senso a quello studio, a quelle discussioni, a quelle parole.
Ma che te ne fai di queste cose adesso? Non ci credi quasi più. Tu costruisci giorno dopo giorno e in un attimo tutto viene spazzato via.
Quella speranza che a fatica hai seminato e sta germogliando in un filo d’erba viene bruciato dal fuoco di una bomba.
La paura ci fa tremare vene e polsi, ma «chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola» ripeteva Borsellino: sfidare questa paura che pietrifica e ci toglie ogni certezza è la sfida, adesso.
Proprio come i rottami di Capaci, le macerie di via d’Amelio, il sangue sulla piazza di Brancaccio, quegli zaini abbandonati, quei libri macchiati, quelle scarpe svuotate, daranno una scossa a tanti uomini e donne, che non sanno cosa hanno finchè non lo perdono.
Da quella follia omicida dei primi Anni Novanta nacque una primavera di ribellione e di rinnovamento.
E sarà proprio dalla scuola di Brindisi che spero di vedere sorgere una Scuola che le unisca tutte, scaturire la forza di una gioventù che non vorrà più scendere a patti con la noia e il qualunquismo.
L’errore più grande è stato colpire una scuola e i giovani.
Adesso non potremo più ignorare a che cosa veramente abbiamo rinunciato da troppo tempo: il futuro dei nostri ragazzi.
Il terrore non ci paralizzerà , ma darà nuovo slancio ad un eroismo per troppo tempo compresso per affrontare una crisi già in atto da anni e che abbiamo accettato solo quando è diventata economica.
Ma la vera crisi è avere abbandonato un Paese alla forza cieca dell’avidità , del potere, del compromesso, del silenzio omertoso, dello sberleffo, della disunione, del cabaret, della raccomandazione, della parola vuota.
Questo ci ha indebolito sino a chiudere gli occhi: basteranno tre bombole di gas a risvegliarci?
Il sangue dei martiri è da sempre il seme della rinascita.
Lo sapevano bene quei tre uomini che ho visto morire nella mia città .
Proprio loro continuano a darmi speranza: Falcone diceva che «la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine» e la ricetta l’aveva proprio il suo collega Paolo Borsellino, le cui parole oggi rimbombano forti e dovrebbero essere pronunciate in ogni scuola alla prima ora di lunedì prossimo: «Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo».
E proprio di onnipotenza parlava Padre Puglisi, ma quella vera: «La mafia è forte, ma Dio è onnipotente».
Io non so se quella di Brindisi sia una strage mafiosa. Preferirei di no.
Quello che so è che tocca proprio a noi, docenti e studenti, a scuola, indossare quelle scarpe svuotate, mettere in spalla quegli zaini abbandonati e leggere quei libri macchiati di sangue. Altrimenti dimenticheremo ancora una volta perchè siamo arrivati sin qui e non sapremo rispondere alle domanda che ieri, Mia, sei anni e nipotina di un’amica, le ha posto: «Zia, perchè mettono le bombe nelle scuole? Io a scuola non voglio più andare se mettono le bombe, voglio studiare, diventare grande e diventare una dottoressa come te».
Alessandro D’Avenia
(da “La Stampa”)
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Maggio 20th, 2012 Riccardo Fucile
SVOLTA NELLE INDAGINI SULL’ATTENTATO COSTATO LA VITA A UNA RAGAZZA… UNA SINGOLA PERSONA “IN GUERRA COL MONDO” AVREBBE INNESCATO LE BOMBOLE DI GPL CON UN TELECOMANDO VOLUMETRICO… IL MOMENTO RIPRESO DA TELECAMERE DI SORVEGLIANZA, INTERROGATO UN EX MILITARE ESPERTO IN ELETRONICA
L’attentatore della scuola di Brindisi è stato immortalato da telecamere di sorveglianza mentre preme il telecomando dell’ordigno che ucciderà la sedicenne Melissa Bassi e ferirà diverse sue compagne, una in modo grave.
Lo ha detto il procuratore della città pugliese Marco Di Napoli al termine di una conferenza stampa, parlando di “immagini terribili”.
A quanto si apprende, le immagini mostrerebbero un uomo brizzolato, tra i cinquanta e i sessant’anni, con una giacca, che preme il telecomando da dietro un chiosco.
Poi aspetta che il passaggio delle ragazze faccia scattare l’esplosione. Subito dopo fugge via, girandosi verso una telecamera.
Circa 70 secondi che, con ogni probabilità , imprimeranno la svolta all’inchiesta.
Le indagini, aperte sul reato di strage, articolo 422 del codice penale, sono ancora coperte dal riserbo.
Ieri è stato interrogato un ex ufficiale dell’aeronautica: un passato vicino ai Servizi, famigliari che vendono bombole di gas — l’ordigno era costituito da tre bombole di gpl — e buone conoscenze di ingegneria elettronica.
Insieme all’uomo — secondo quanto riferisce Brindisireport.it, il sito che per ieri ha diffuso le prime immagini dell’attentato – ci sarebbe anche una seconda persona interrogata.
Quella dell’attentatore folle, di un uomo per qualche ragione “in guerra con il mondo”, o che intende creare “tensione sociale”, è al momento la prima delle piste investigative.
Che quindi contempla il rischio che l’attentatore possa ripetere azioni simili.
Di certo, dice il procuratore Di Napoli, chi ha piazzato le bombe ha lasciato tracce: ”Abbiamo delle buone immagini — ha dichiarato questa mattina — non ce le hanno regalate, ce le siamo andate a cercare”.
Dalle immagini è stato ricavato l’identikit di una persona, che dai tratti somatici “non è uno straniero”, ha detto in conferenza stampa il procuratore, allontanando implicitamente una delle tante piste evocate, quella del terrorismo islamico.
Tutte le ipotesi restano aperte, ma secondo Di Napoli quella al momento più probabile è il gesto di un singolo animato “da una volontà stragista”, senza l’intenzione di colpire una persona specifica.
Dalle immagini sembrerebbe essere “un gesto isolato”, comunque compiuto in maniera programmata e razionale, anche se non è escluso il “gesto terroristico” (che comunque può essere iniziativa di un singolo).
Nelle parole del procuratore la pista mafiosa perde decisamente quota, ma la scelta di una scuola intitolata a Francesco Morvillo Falcone a pochi giorni dal ventesimo anniversario della strage di Capaci potrebbe non essere casuale, bensì compiuta “per dare risalto” all’azione. Non è arrivata nessuna rivendicazione, ha precisato comunque Di Napoli.
L’ordigno utilizzato “non è alla portata di tutti”.
Tre bombole di gas gpl innescate da un telecomando “volumetrico” — che si attiva al passaggio di persone, come gli antifurto domestici — che ha fatto scatenare l’esplosione al momento del passaggio delle prime ragazze nel suo raggio d’azione.
Un congegno la cui costruzione — ha affermato il procuratore Dinapoli — richiede buone conoscenze di elettronica.
Una schiarita nelle indagini, insomma, dopo che ieri sera il procuratore era comparso con le lacrime agli occhi.
“Non possiamo lasciare impunito chiunque abbia agito con questa crudeltà — aveva detto commosso — perchè lo Stato deve rendere giustizia all’orrore di queste bambine colpite a morte”.
Nonostante gli elementi raccolti, gli investigatori continuano a prendere in considerazione ogni pista.
Anche quella di un legame con la mafia e una “trattativa bis”, che giunge da ambienti investigativi centrali, mentre, qui a Brindisi, l’ipotesi mafia viene considerata residuale: “Una bassa probabilità ” dicono gli inquirenti al termine di una lunghissima riunione.
Anche il procuratore capo di Lecce, Cataldo Motta, è scettico sull’ipotesi di un attentato mafioso.
Di certo lo Stato ha reagito.
Decine e decine di investigatori arrivano da tutt’Italia. Di Napoli lo sottolinea: “Non siamo stati lasciati soli, ci sono i migliori investigatori d’Italia qui con noi”.
“È terrorismo puro” diceva ieri il Procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso.
L’ipotesi investigativa sull’azione di un folle è inquietante.
Ma è molto meno pericolosa della matrice terroristica.
Gli inquirenti hanno controllato le liste degli imbarchi al porto, per la maggior parte navi che traghettano verso la Grecia, e anche lo scenario del terrorismo internazionale è tenuto in considerazione.
Meno della matrice terroristica nazionale, però, anche se l’ipotesi che abbia agito un singolo sembra intatta.
“Per un’operazione del genere”, dice un investigatore, è sufficiente anche l’azione di un solo uomo.
La pista meno convincente, invece, riguarda la mafia locale, anche se molti elementi, all’inizio, avrebbero potuto far pensare a un attentato della criminalità di Mesagne, patria della Sacra Corona Unita.
Il luogo che ha dato i natali al fondatore della Scu, Pino Rogoli. Il 2 maggio scorso era stata fatta saltare in aria l’auto di Fabio Marini, presidente della locale associazione antiracket. E dieci giorni fa un’operazione di polizia, la “Die Hard”, aveva portato in carcere 16 esponenti dei clan, dopo le rivelazioni del pentito Ercole Penna.
Il padre di due delle ragazze ferite, Ilaria e Veronica Capodieci, è un imprenditore che collabora con Libera Terre di Puglia.
Mai, però, la Sacra Corona Unita ha alzato così il tiro.
E comunque vada, la pressione dello Stato, da oggi, nei suoi confronti sarà ancora più pesante.
Restano i simboli che riguardano Cosa Nostra: il nome della scuola, Morvillo Falcone, il premio per la legalità ricevuto dallo stesso istituto, la Carovana antimafia in arrivo e la presenza dei familiari di Totò Riina a pochi chilometri, a San Pancrazio Salentino.
“I familiari di Riina?”, dice un investigatore, “è una pista che non ci convince: questo è terrorismo. Un terrorismo nuovo. Ma è terrorismo”.
Antonio Massari
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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