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CENTO CARABINIERI A GUARDIA DI VILLA CERTOSA, DIMORA SARDA DI BERLUSCONI : UN’ ASSURDITA’

Maggio 4th, 2012 Riccardo Fucile

GLI ITALIANI PAGANO LE FORZE DELL’ORDINE PER FARE LA GUARDIA A UN BIDONE VUOTO, DOVE L’EX PREMIER TRASCORRE SOLO POCHI GIORNI ALL’ANNO

In epoca fascista era un modo di dire: fare la guardia al bidone (inteso, di benzina).
Oggi gli italiani pagano i rappresentanti delle loro forze dell’ordine per fare la guardia a un bidone che vale sì centinaia di milioni di euro, ma è vuoto.
Si tratta di villa Certosa, la residenza estiva di Punta Lada, Porto Rotondo, Sardegna, Costa Smeralda, di proprietà  dell’ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
Non che il Cavaliere compaia nell’assetto proprietario.
Lui va fiero delle sue serre, orti botanici , sculture greche appoggiate sulla piscina.
Ma la dimora è intestata alla Idra Immobiliare, sede a Milano, del geometra Giuseppe Spinelli: lo stesso che fungeva da bancomat per le “Olgettine”, quelle ragazze poco vestite che allietavano le notti di Arcore.
Villa Certosa è vuota per gran parte dell’anno.
Berlusconi si concede qualche weekend e un periodo estivo variabile a seconda degli impegni.
Ma evidentemente le ragioni di sicurezza sussistono anche per le mura della villa: 365 giorni all’anno, 24 ore su 24, villa Certosa è pattugliata dai carabinieri.
Sarà  presidiata per altri due anni, obbligatoriamente. Lo dice la legge.
Solo che non si capisce come ogni dimora dell’ex premier (da Arcore, a palazzo Grazioli, fino appunto alla Certosa) possa essere considerata alla stregua di una residenza di Stato.
I “guardiani” della villa dell’ex premier sono 35 o 40 carabinieri, a seconda delle esigenze.
I militari presidiano i tre ingressi della villa: il principale, in via Strada della Certosa; il secondario, su via Punta Lada e, infine, quello più sicuro, solitamente utilizzato da Berlusconi, sulla strada privata che porta all’entrata dal Golfo di Marinella.
Negli ingressi della Certosa, infatti, ci sono almeno un’auto o una camionetta dei carabinieri con un minimo di tre militari di ronda per ogni ingresso.
Un presidio 24 ore su 24, con 4 turni da 6 ore, garantito da almeno 35 uomini.
L’ammontare degli stipendi per i militari destinati alla vigilanza nel buen retiro sardo di Berlusconi è di 700 mila euro l’anno.
Ma non è finita qui.
Si sa che l’estate è la stagione propizia per feste, vulcani finti, nani, ballerine e, appunto, militari.
All’arrivo di Berlusconi la vigilanza viene incrementata da almeno altre 6 unità  provenienti dal Reparto speciale dei Cacciatori di Sardegna di Abbasanta.
Quelli, tanto per intendersi, che avevano il compito di perlustrare tutti gli anfratti nelle montagne della Barbagia a caccia di ostaggi all’epoca dei sequestri di persona nell’Isola.
Che c’entra Berlusconi con un reparto dei carabinieri di eccellenza?
C’è da tener d’occhio il parco della Certosa: di decine di ettari.
La viglianza sulle ferie di Berlusconi, però, si estende dalla terra al mare.
Infatti c’è anche la motovedetta dei carabinieri chiamata a presidiare lo specchio d’acqua antistante villa Certosa.
E non c’è verso che qualche militare possa essere destinato ad altri compiti: per esempio, garantire la sicurezza di Olbia e la Gallura, un territorio con un tasso di criminalità  in aumento. Bisogna sperare che Berlusconi decida di trascorrere le vacanze alle Bermuda, perchè altrimenti d’estate i militari a garanzia della sua sicurezza arrivano alla cifra di 100 uomini. Non si sa mai che qualche attentatore travestito da velina possa beffare il corposo servizio d’ordine.

Costanza Bonacossa
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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LA LEGA DEI VELENI SCOPRE LA “BADANTE” VOTINO: DOPPIO STIPENDIO PER L’ASSISTENTE DI MARONI, MILAN E GRUPPO

Maggio 4th, 2012 Riccardo Fucile

LA DONNA OMBRA DI BOBO CONTINUA A SEGUIRE L’EX MINISTRO TRA IMPEGNI TELEVISIVI E CONFERENZE… GUADAGNA 8.000 EURO AL MESE

A ciascuno la sua badante. Anzi, no:c’è una badante per ogni stagione.
O ancora meglio: cambiano i leader, ma le badanti migliori restano le terrone.
E’ tempo di veleni nella Lega di stanza nei Palazzi romani.
L’ombra di Rosi Mauro è ancora lì a ricordare un passato che non si allontana e c’è chi guarda al futuro sapendo che somiglierà  proprio a quel passato lì.
Forse persino troppo.
Al centro dei livori e dei rancori delle file del Carroccio di lotta e non di governo è ritornata di recente la procace Isabella Votino, ex portavoce di Bobo Maroni al ministero dell’Interno, soprannominata dai cronisti di Palazzo “porta silenzi” per il muro omertoso che soleva ergere intorno al suo dante causa ai tempi del Viminale.
Nelle ultime settimane eccola di nuovo lì, onnipresente alle spalle di Maroni.
In tv come altrove.
E c’è chi pensa – e non ne fa mistero – che la mora trentenne sannita, ombra del barbaro sognante da quando era capogruppo alla Camera, una volta eletto nuovo segretario della Lega, possa diventare addirittura qualcosa di peggio di quella che è stata Rosi Mauro con Bossi negli ultimi anni.
Le premesse paiono esserci tutte.
Perchè non solo Bobo le ha ritagliato un prestigioso posto nell’ufficio relazioni istituzionali del Milan, ma ha anche preteso che restasse a far parte del gruppo degli addetti stampa del Carroccio alla Camera.
Dove non c’è mai, ma pazienza.
Ma è andata così. Che l’estate scorsa, quando già  tirava aria pesante per la tenuta del governo Berlusconi, Maroni abbia bussato alla porta di Adriano Galliani, suo amico personale, per trovare un lavoro a Isabella.
Galliani, presosi   tempo per riflettere su “un incarico adeguato allo spessore della persona”, si presentò poi con una proposta da non poter rifiutare, guarda caso alla vigilia del voto alla Camera sull’arresto di Nicola Cosentino.
Dove, si sa, Maroni aveva provato a far fronda, uscendone però sconfitto.
Tanto, Isabella aveva già  firmato   come responsabile dell’Osservatorio   per le manifestazioni sportive del Viminale per conto del Milan.
Uno stipendio serio per una ragazza di 30 anni, oltre i 4.000 euro al mese, un po’ meno però di quello che prendeva al Viminale.
E allora occorreva rimediare. Detto fatto.
Il generoso Bobo non solo l’ha confermata propria assistente personale come deputato, ma ha anche preteso il mantenimento del suo ruolo all’interno del gruppo comunicazione della Lega alla Camera.
Sono partiti altri 4.000 euro solo per poter seguire, nella consueta veste di addetta stampa, il Maroni ovunque lui vada.
Maroni, quando c’è da gratificare il valore personale, la scopa la ripone nel ripostiglio.
Isabella ha fatto tanto per lui.
Arrivata a Roma sotto l’ala protettrice di Psquale Viespoli, la beneventana Isabella è pure amica personale di Alemanno e si muove con disinvoltura anche nella “Roma godona” delle feste vip, ma la si può incontrare anche nei locali più trendy di Milano, omaggiata come “donna più potente del Viminale dopo Rosa Russo Iervolino” da industriali e onorevoli, star televisive e fotografi.
Adora festeggiare i suoi compleanni in locali glamour, dal Cavalli Just Cafè di Milano al Majestic di Roma, passando per Palazzo Ferrazzoli fino al mitico ristorante meneghino da Giannino, dove arriva di solito accanto al “suo” Bobo direttamente da San Siro, dopo aver asssistito alla partita del Milan.
Insomma, un’assistente davvero preziosa, di cui Maroni non sembra poter fare a meno.
Le badanti, si sa, valgono tanto oro quanto costano.

Sara Nicoli
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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QUANTO CI COSTERA’ L’IMU: 200 EURO PER LA PRIMA ABITAZIONE

Maggio 4th, 2012 Riccardo Fucile

IL 30% DEI PROPRIETARI E’ ESENTE E CON DUE FIGLI A CARICO COSTERA’ MENO DELLA VECCHIA ICI…L’ITALIA E’ TRA I PAESI CON LA PIU’ BASSA TASSAZIONE IMMOBILIARE

Controffensiva del ministero del Tesoro sul caso Imu.
A poco più di un mese dal fatidico 18 giugno quando si pagherà  la prima rata e di fronte alla minaccia di “rivolta fiscale” della Lega “l’uomo del fisco” di Via Venti Settembre, il sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani, replica con numeri e tabelle.
“Il 30 per cento dei proprietari di prime case sarà  esente dall’Imu mentre il restante 70 per cento pagherà  in media 200 euro”, ha dichiarato ieri in un breve incontro con la stampa.
Ma dalle tabelle diffuse in serata emerge anche un altro aspetto: nel confronto tra la vecchia Ici, eliminata da Berlusconi nel 2008, mossa definita un errore da Monti nei giorni scorsi, e la nuova Imu, le differenze sono impercettibili.
Se si confrontano le due tasse, con la stessa aliquota al 4 per mille, considerando la detrazione Ici più bassa (era di 103,29 euro) e quella dell’Imu più alta (200 euro) e tenendo conto anche della rivalutazione delle rendite catastali del 60 per cento, la partita della tassa più pesante è in molti casi vinta dalla vecchia Ici
Se si prende, ad esempio, una casa con una rendita di 400 euro, in pratica di 80 metri quadrati in un quartiere popolare, per un single si scopre – secondo le tabelle del ministero dell’Economia – che con l’Ici si pagavano per lo stesso appartamento 64,7 euro e con l’Imu solo 68,8 euro, in pratica 4,1 euro in più.
Per le famiglie con figli il vantaggio dell’Imu prima casa rispetto all’Ici prima casa è ancora più evidente, visto che c’è una detrazione aggiuntiva di 50 euro per ciascun figlio a carico.
Ad esempio per una famiglia con due figli (detrazione pari a 300 euro) che abita in un appartamento con una rendita catastale media di 500 euro, di solito una zona modesta, il risparmio con l’Imu, rispetto ad una ipotetica Ici del 2012, è di 70,7 euro.
Per case più modeste e con quattro figli, l’Imu arriva addirittura ad essere azzerata: è il caso delle abitazioni con rendite catastali da 100 a 500 euro per una famiglia di quattro figli che non pagheranno nulla.
Il Tesoro propone anche un raffronto tra una ipotetica aliquota Ici al 5 per mille e l’attuale aliquota dell’Imu al 4 per mille.
Questo caso, più aderente alla realtà  giacchè l’aliquota media dell’Ici in tutti i Comuni italiani prima dell’abolizione era del 4,8 per mille, mostra che i risparmi dell’Imu rispetto all’Ici sono ancora più marcati.
Il risultato del confronto si inverte per le abitazioni di maggior pregio. In questo caso, dicono i grafici del ministero dell’Economia, si pagherà  più oggi con l’Imu che ieri con l’Ici.
Con le due aliquote al 4 per mille, il costo dell’Imu comincia a battere considerevolmente l’Ici oltre agli 800 euro di rendita catastale.
Ad esempio per una appartamento con una rendita di 2.000 euro, situato in una zona residenziale e in categoria elevata, l’aggravio dell’Imu potrà  arrivare fino a 407 euro, anche in questo caso la presenza dei figli potrà , per effetto delle detrazioni, mitigare la “gabella” sulla casa.
A conti fatti, spiega la nota del Tesoro, ci saranno 4,6 milioni di immobili (il 23,9%) che grazie alle detrazioni non pagheranno nulla.
Per il restante 76,1% il peso medio della tassa per quest’anno per immobile sarà  di 235 euro. Mentre se si prendono i singoli proprietari, su 24,3 milioni di italiani che hanno una casa di proprietà  6,8 milioni saranno esenti, mentre 17,5 milioni, ovvero il 72%, pagheranno in media 194 euro.
La nota del Tesoro, che ricorda come l’Imu sulla prima casa è stata reintrodotta con “l’obiettivo del consolidamento dei conti pubblici”, non manca di sottolineare “l’anomalia italiana”, come l’ha definita Ceriani: nessuno dei principali paesi dell’Ocse esenta infatti la prima casa e in Italia il peso del prelievo sugli immobili è pari allo 0,6% del Pil, mentre in Francia è del 2,4 e in Gran Bretagna del 3,5.
Naturalmente il confronto Imu-Ici è fatto dal Tesoro con una aliquota Imu ferma al 4 per mille e una Ici alla media pre-abolizione.
Tuttavia i conti effettivi potranno farsi solo a fine anno: infatti già  13 comuni di città  capoluogo, come testimonia l’Osservatorio della Uil servizi territoriali, hanno deciso di portare l’Imu prima casa in alcuni casi oltre il 5 per mille e avranno tempo fino al 30 settembre.
Senza contare che anche l’aliquota di base potrà  variare con un decreto del governo se il gettito non produrrà  i 21,4 miliardi attesi.

Roberto Petrini
(da “la Repubblica“)

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UNA VOLTA I LEGHISTI GLI ALBANESI LI RESPINGEVANO, ORA RENZO BOSSI IN ALBANIA SI COMPRA LA LAUREA TAROCCO

Maggio 3rd, 2012 Riccardo Fucile

DALLA CASSAFORTE DI BELSITO SPUNTA A SORPRESA LA LAUREA IN GESTIONE AZIENDALE DI RENZO BOSSI RILASCIATA DALL’ATENEO PRIVATO DI TIRANA KRISTAL.. CONSEGUITA A SETTEMBRE 2010 E SI IPOTIZZA PAGATA COI SOLDI PUBBLICI DEL PARTITO… RITROVATO ANCHE UN DIPLOMA INTESTATO AL FIDANZATO DI ROSI MAURO

Agli atti delle procure di Napoli e Milano c’è un diploma universitario che Renzo Bossi ha conseguito in Albania.
È stato trovato dalla Gdf nella cassaforte di Belsito dove era custodita la cartella «The Family».
E il sospetto è che il corso sia stato pagato con i fondi della Lega.
Si tratta di un diploma di laurea di primo livello, paragonabile probabilmente a una laurea triennale italiana: il «Trota» si è laureato in gestione aziendale alla facoltà  di Economia aziendale della capitale albanese, sostenendo «29 esami» del corso di «gestione aziendale», acquisendo «180 crediti», che prevedono una percorso di studi di 3 anni.
Il figlio del Senatur, però, stando anche alle prime analisi degli investigatori, avrebbe ottenuto la laurea in un anno circa.
Renzo Bossi, infatti, ha preso il diploma di maturità  in Italia nel luglio 2009 a 21 anni.
Il certificato di laurea nella facoltà  albanese reca invece la data del «29 settembre 2010» come conseguimento e dell«’8 ottobre 2010» come consegna dell’attestato.
Sempre nel certificato, tutto in lingua albanese, Renzo Bossi è registrato col numero di matricola «482».
Accanto la sua fotografia.
Gli investigatori della Gdf, che hanno perquisito la cassaforte dell’ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito a Roma, trasmettendo poi le carte anche al Noe, hanno rintracciato un diploma dell’Università  Kristal di Tirana in Albania, fondata nel 2005.
La laurea, come risulta dallo stesso certificato, è stata conseguita dal «Trota» il 29 settembre del 2010. Il diploma reca la data di consegna dell’8 ottobre 2010 e si tratta di un corso di laurea in «gestione aziendale» della Facoltà  di «Economia aziendale».
Il documento universitario è scritto in lingua albanese ed è corredato dai voti che Renzo Bossi avrebbe preso nelle varie materie come «sociologji».
Nella cassaforte di Belsito, inoltre, gli investigatori della Gdf hanno trovato anche un diploma universitario sempre in «Sociologji», della stessa università , conseguito da Pierangelo Moscagiuro, caposcorta del vicepresidente del Senato Rosy Mauro.
Laurea quest’ultima che, come risulta sempre dal documento, è stata conseguita il 29 giugno 2011, con consegna il 20 luglio successivo.
Sono in corso accertamenti per verificare se i titoli di studio siano stati acquistati con soldi della Lega Nord.

(da “Il Corriere della Sera“)

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AMMINISTRATIVE: PDL A RISCHIO TRACOLLO

Maggio 3rd, 2012 Riccardo Fucile

L’ALLEANZA DI CENTROSINISTRA E’ LA PIU’ PRESENTE…DOPO IL DIVORZIO DALLA LEGA IL PDL POTREBBE PER LA PRIMA VOLTA RITROVARSI TERZO PARTITO

Alla fine, per quanto possa sembrare strano, molto più che un turno amministrativo, questo voto sarà  un referendum sulle alleanze, mai così incerte negli ultimi venti anni.
Molto probabilmente sarà¡ l’occasione per stilare un certificato di decesso del Popolo della libertà  così come lo abbiamo conosciuto fino a oggi.
Sicuramente sarà  il sismografo che rivela la forza reale del Movimento Cinque-Stelle.
Vediamo perchè e con quali effetti.
Forse non tutti i sette milioni di italiani chiamati alle urne per le amministrative in 770 diversi comuni italiani se ne sono ancora resi conto: ma con il voto di domenica prossima influenzeranno la nuova legge elettorale, il destino del governo, e disegneranno anche le future coalizioni.
Quelli di sinistra — per esempio — decideranno che ne sarà  della tanto discussa “Foto di Vasto”. Ovvero del patto elettorale tra Pd, Idv e Sinistra e libertà  che nei 25 capoluoghi in cui si vota è stato stilato in ben 19 città  (comprese le 3 in cui ingloba persino l’Udc allargando i suoi confini). È l’alleanza più presente sul territorio contando sia la destra che la sinistra.
Già  questa è sorpresa, visto che molto dirigenti dell’ala centrista del Pd l’avevano precipitosamente dichiarata un progetto politico defunto, anacronistico e poco attraente. Sarà . Ma intanto il “patto ABC” (Alfano-Bersani-Casini) che regge il governo, ha trovato incarnazione — come ricordava Il Corriere della Sera — solo nella periferica Pozzallo.
Mentre in tutte le città  più importanti, il nuovo centrosinistra è stato scelto dai partiti sul territorio come la coalizione con più probabilità  di vittoria: dalle regioni rosse al meridione, dal Piemonte alla Lombardia, dalla Liguria al Lazio.
Infine c’è una notizia che i sondaggi e le stime di queste ore rivelano in modo pressochè unanime, ma che i media hanno quasi occultato: lunedi sera il Pdl, potrebbe essere un partito archiviato dai suoi stessi sostenitori, passando da prima forza nazionale a terzo polo.
Il primo motivo è semplice: dopo la rottura con la Lega, il Pdl ha perso la sua centralità  coalizionale in tutto il nord.
Ma anche in alcune capitali del Sud (vedi Taranto) dove è incalzato dalla concorrenza della coalizione di estrema destra di Cito (Mario, il figlio) alla propria destra.
E soprattutto nella strategica Sicilia, dove, al centro, subisce la concorrenza durissima dell’Mpa di Raffaele Lombardo.
Prendiamo una delle città  più importanti di questa tornata, Verona.
Un tempo era considerata un bastione del centrodestra. Oggi tutto è cambiato: qui il sindaco uscente Flavio Tosi punta a vincere al primo turno e a fare cappotto contro gli ex alleati: “Il Pdl? Ma a Verona non esiste più — mi dice lui con un sorriso eloquente — già  prima del voto. Le mie liste lo hanno svuotato di tutti i candidati che hanno credibilità  e voti. Penso che arriveranno terzi dopo il candidato di sinistra”
Possibile? Sì, perchè anche a Verona la sinistra è unita, mentre il Pdl, malgrado un candidati molto grintoso, è sostenuto da una lista civica.
Prendete un’altra città  decisiva.
Per motivi del tutto diversi anche a Genova il Pdl è ai margini della sfida. All’ombra della lanterna molti sondaggi dicono che il centrosinistra, anche per effetto della lista Doria, potrebbe vincere persino al primo turno.
Non a caso a Genova venerdi chiuderà  Pier Luigi Bersani, e la destra si è divisa perchè il Pdl non poteva mandare giù il nome di Enrico Musso, ex capolista di Forza Italia, poi ribellatosi a Silvio Berlusconi e coccolato dal Terzo Polo (che alla fine lo ha considerato “troppo laico”). Risultato finale: spezzatino elettorale a destra, anche qui.
E se persino a Genova il Pdl arrivasse terzo?
Non è un mistero che prima delle amministrative, come per prendere atto anticipatamente di una sconfitta prevista e inevitabile, Silvio Berlusconi avesse lanciato una proposta-choc:
“E se in questa tornata non ci presentassimo con il nostro simbolo?”.
I notabili locali erano insorti, di fronte all’eventualità  di essere cancellati sul territorio, e così la retrocessione sul campo che l’ex premier voleva mascherare resta possibile, con un dato persino inferiore a quello assegnato oggi dai sondaggi nazionali.
Ma allora, se questo fosse il quadro, a cosa servirebbe la riforma elettorale su cui A, B e C si stanno accordando in Parlamento?
A impedire — per esempio — che l’alleanza di governo cada il giorno dopo il voto.
Infatti, se il Pdl andasse sotto la soglia del 20% non avrebbe nessuna possibilità  di essere competitivo.
È vero che molti a destra sperano che ad attenuare il gap con la sinistra possa esserci il risultato delle liste Cinque Stelle, che l’Swg indica al 7%, ma in quel possibile dato (se si realizzasse sarebbe sensazionale) entrano anche, come raccontano quelli del movimento di Beppe Grillo, candidati delusi del centrodestra (e soprattutto della Lega).
Ecco perchè l’ultraporcellum porterebbe a casa tre modifiche salva-Pdl.
Eliminerebbe le coalizioni, renderebbe possibile l’indicazione di un candidato premier fittizio (impossibile che qualsiasi partito ottenga la maggioranza da solo), gratificherebbe di un premio le prime tre forze (ripescando la destra da una probabile sconfitta).
Infine alzando lo sbarramento al 5% cercherebbe di realizzare l’ultima truffa: cancellare l’avanzata del Cinque Stelle.
Più la sconfitta elettorale alle amministrative dell’ex centrodestra sarà  forte, più il tentativo di camuffare la proroga del governo Monti sarà  difficile, più la truffa dell’ultraporcellum sarà  impresentabile.
Ecco perchè, anche stavolta, il voto locale avrà  ricadute nazionali.

Luca Telese blog

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AFFITTO E CONDOMINIO MAI SALDATI A TRASTEVERE: MASTELLA FINISCE SOTTO SFRATTO

Maggio 3rd, 2012 Riccardo Fucile

FINITA LOCAZIONE DELL’UDEUR PER MOROSITA’: DEBITI PER 25.000 EURO…L’EX MINISTRO: TROPPE SPESE

Hanno portato via i computer, le scrivanie, le lampade, i faldoni con la contabilità  del partito e il materiale di cancelleria. Dall’oggi al domani. Via.
L’ultimo dei portaborse dell’ex Guardasigilli, oggi parlamentare europeo, prima di spegnere la luce ha staccato dalla porta il cartello con la sagoma del campanile, 10 stelle a semicerchio e la scritta: «Udeur Popolari». Scala B, interno 5, via Dandolo 24: un elegante palazzo anni Venti vicino piazza San Cosimato, a Trastevere.
Via a gran velocità , con tutti gli arredi. Peccato però che nessuno, in tanta concitazione, si sia ricordato un dettaglio: pagare una decina di mesi arretrati di affitto e almeno altrettante rate di condominio.
Nel filone «soldi e partiti» che tanto fa discutere gli italiani nei bar, negli uffici, in palestra, si innesta così questa variante: che fine hanno fatto i soldi della pigione?
A chiederselo, in un fitto scambio di email che coinvolge gran parte del condominio, sono gli ex vicini di Clemente Mastella.
La fuga dai propri uffici è stata precipitosa: nella homepage di www.popolariudeur.it , si può ancora leggere: «Direzione nazionale Udeur, via Dandolo 24». No, non più.
L’appartamento al piano terra, sei stanze e due bagni per oltre 140 metri quadri virtualmente ancora occupati dal leader di Ceppaloni in quanto segretario politico, dal suo vice Paolo De Mese, dal capo segreteria Romano Carratelli, dall’ufficio tesseramento e dall’ufficio stampa, in realtà  è sfitto dallo scorso 22 dicembre.
Dove ha traslocato Mastella? Nello stabile nessuno lo sa, sull’uscio non ci sono indicazioni, la portiera allarga le braccia: «Ma tutto da me volete sape’?».
Quel che si conosce con certezza, invece, è il «buco» lasciato dal «partito del campanile»: secondo i calcoli del padrone di casa, che abita nello stesso palazzo, l’Udeur non ha versato 3.202,16 euro per il condominio (piuttosto esoso per le continue diatribe su qualsiasi argomento di interesse comune) e altri 22 mila per l’affitto (attorno ai 2.500 euro al mese).
Quanto alla prima somma, il proprietario, in nome della glasnost di caseggiato, ha fatto sapere a tutti di aver provveduto lui, rendendo pubblici importi e date di versamento: «Cari vicini, non volevo mettervi in difficoltà ». Qualche giorno prima, per la verità , era circolata una voce assai diversa: «Amici miei, io con Mastella ci ho rimesso parecchio. Quindi le rate non pagate dall’onorevole sarebbe giusto che ce le accollassimo tutti».
Come che sia, la lite su questa prima voce sarebbe rientrata.
Per l’affitto, invece, gli avvocati sono già  al lavoro: l’ingiunzione di sfratto è partita subito dopo la chiusura della sede, mentre il relativo decreto è stato notificato il 21 marzo.
«Mi sa che vonno Mastella, ma arriveno tardi!», ha esclamato una signora appostata davanti al portone, quella mattina, appena ha visto approssimarsi l’ufficiale giudiziario.
«Era quello pelato, sempre il solito», ha aggiunto. Segno che i morosi qui sono di casa. Sull’appartamento «scala B interno 5» fioccano ironie. C’è chi ricorda che pure i precedenti inquilini (architetti, registi…) erano insolventi, chi fa girare email intitolate «Mastellik» («Ma l’Udeur i rimborsi elettorali non li prende?»), chi si chiede se i messaggi circolati possano essere «di qualche interesse per la Procura della Repubblica».
Niente di tutto questo, mette a tacere ogni illazione lo stesso Mastella: «à‰ vero, ce ne siamo dovuti andare e ora non abbiamo una sede nazionale – ha spiegato mercoledì sera al Corriere – per una questione di costi. Noi non essendo presenti in Parlamento non possiamo contare su grandi finanziamenti e l’affitto era troppo alto».
Motivo per non pagarlo? «Ci abbiamo provato autotassandoci tra pochi amici, ma alla fine ci siamo dovuti arrendere. Il nostro core business d’altronde è in Campania, lì mica possiamo chiudere sedi».
E dunque il debito? «Non so bene a che punto siano le pratiche – conclude il leader dell’Udeur – ma voglio essere chiaro: se ci saranno problemi, salderemo tutto». Trastevere addio, senza rancori.
In via Dandolo 24, adesso, gli occhi sono puntati sul prossimo inquilino del famigerato interno «B5».

Fabrizio Peronaci
(da “il Corriere della Sera”)

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I SEGRETI DI STATO IN MANO A BELSITO

Maggio 3rd, 2012 Riccardo Fucile

DOCUMENTI TOP SECRET TRA LE CARTE SEQUESTRATE ALL’EX TESORIERE DELLA LEGA

“Dottore, dietro di me non ci sono pupari”. È sera tardi quando Francesco Belsito pronuncia queste parole, il suo interrogatorio negli uffici della Dia di Milano volge al termine. Ha davanti il pm della Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, di fronte il terrore di finire invischiato in brutte storie di riciclaggio dei soldi della ‘ndrangheta calabrese.
E suda freddo quando il magistrato insiste sui suoi rapporti con Romolo Girardelli,
“l’ammiraglio”, l’unico che nell’inchiesta che ha coinvolto i faccendieri che ruotavano attorno alla Lega, è accusato anche di favorire gli interessi della ‘ndrangheta.
Quando si sono conosciuti l’ex buttafuori ed ex galoppino di Alfredo Biondi e l’ammiraglio in odore?
Pochi anni fa, risponde Belsito. “Girardelli è un intermediario immobiliare, mi rivolsi a lui per alcune operazioni”.
In realtà  i rapporti fra i due sono di più antica data e risalgono almeno al 2000-2001. A metterli in contatto è un personaggio noto negli ambienti della politica genovese, Armando Pleba.
Belsito era ragioniere in alcune società  dell’esponente politico.
Pleba era un uomo potente, piazzato dalla Dc in una miriade di società  semi-pubbliche.
Ai giornali ha raccontato che Belsito gli fu presentato nel 1999 da un esponente di Forza Italia e che gli apparve “vestito come un accattone.
Aveva un’impresa di pulizie, lo vestii e gli feci prendere qualche appalto”.
Poi il rapporto tra i due da affettuoso, il “boiardo” democristiano lo avrebbe addirittura nominato erede universale, diventa conflittuale per una storia di società  fallite e di soldi spariti.
Uomo dai mille passati, Belsito non ha saputo giustificare i file e i dossier su varie personalità , non solo della Lega, trovati nel suo studio e nei suoi computer.
Fonti investigative parlano del ritrovamento di documenti coperti dal segreto di Stato. Mistero anche sulla società  Aurora, con sede in Svizzera, che gli inquirenti sospettano essere il forziere di Belsito.
E Belsito si chiama, ma Franco Domenico ed è calabrese di Sant’Onofrio, il gestore della società . È un nome di copertura di Francesco Belsito?
Gli inquirenti sono convinti di sì.
Perchè anche Bruno Mafrici, l’avvocato calabrese trapiantato a Milano nel cui studio giravano i conti e gli affari di Belsito, dell’imprenditore veneto Bonet e di Girardelli, usava in alcuni affari il nome di Giovanni Mafrici.
Per chiarire il tutto, presto gli investigatori calabresi andranno in Svizzera. Indagini anche in Vaticano per approfondire gli affari di Stefano Bonet con la Sanità  della Santa Sede.
Le attenzioni degli investigatori si concentrerebbero su una carta di credito in possesso dell’imprenditore, usata per pagare una corposa “mediazione” che porterebbe a un alto prelato.
Bonet, che voleva accaparrarsi il business delle 123 mila strutture sanitarie della Santa Sede, parla spesso dei suoi rapporti con le “lobby vaticane”.
E anche lui confezionava dossier.
Per difendersi dalle accuse “infamanti” sui suoi rapporti con Belsito e sui soldi della Lega apparsi in ampi servizi sul Secolo XIX, si giustifica.
Bonet è in affanno , quelle notizie rischiano di compromettere il suo obiettivo, e si rivolge a “poteri forti”, così dice in una telefonata, che gli “consigliano di muoversi in modo trasparente e chiaro”.
A questo punto dell’inchiesta e dopo gli interrogatori, grande è l’agitazione dei protagonisti: Belsito vuole scaricare Bruno Mafrici, ma il legale calabrese non ci sta: “Fu lui a cercarmi e a propormi una serie di operazioni finanziarie”.

Enrico Fierro di Lucio Musolino
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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CASO LUSI, CHIESTO L’ARRESTO DEL SENATORE: “VOLEVA PROSCIUGARE LE CASSE DEL PARTITO”

Maggio 3rd, 2012 Riccardo Fucile

ARRESTI DOMICILIARI PER LA MOGLIE E DUE COMMERCIALISTI…”UN SODALIZIO FINALIZZATO ALLA SPOLIAZIONE DEL PATRIMONIO DELLA MARGHERITA”

Pericolo di inquinamento delle prove.
Questa la motivazione per la quale il gip di Roma ha disposto l’arresto per l’ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi.
Il giudice, che gli contesta l’associazione per delinquere, ha così accettato la richiesta dei pm. Sul punto ora dovrà  pronunciarsi il Senato.
Lusi è accusato di aver sottratto circa 23 milioni di euro dalle casse del partito. Un’organizzazione, quella ‘gestita’ dal parlamentare, finalizzata alla spoliazione del patrimonio della Margherita.
Questa è la convinzione che ha indotto gli inquirenti che indagano sul caso a chiedere l’arresto del senatore e la misura dei domiciliari per la moglie ed i due commercialisti. Questi ultimi sono Mario Montecchia e il suo socio Giovanni Sebastio.
Il primo è amministratore unico della TTT Srl, società  usata dall’ex tesoriere per le sue operazioni, nonchè membro del Cda del quotidiano Europa.
Nell’inchiesta, indagati anche Paolo Piva e Diana Ferri, già  legali rappresentanti di alcune delle società  coinvolte nell’inchiesta. I fatti contestati vanno dal 2007 al 2011.
La notifica è stata consegnata questa mattina dalla Guardia di Finanza. Lusi, a sentire gli inquirenti, vrebbe agito in un contesto di inquinamento, fatto di reticenze e menzogne e di messaggi lanciati all’esterno.
E’ il convincimento di magistrati e investigatori della Finanza.
La recente audizione di esponenti politici della Margherita, convocati a piazzale Clodio come persone informate sui fatti, è servita per smontare la tesi sostenuta da Lusi e cioè che gli investimenti immobiliari erano frutto di un accordo fatto con i capi del disciolto partito.
Secondo il senatore la richiesta di arresto è un “provvedimento giuridico abnorme” in quanto ”alcune affermazioni non sono nemmeno riscontrate, come i poteri del Comitato di tesoreria e dei revisori dei conti della Margherita”.
Secondo il senatore i pm “prendono per buone sommarie informazioni di Enzo Bianco“, cioè il presidente dell’Assemblea federale del partito.
Insomma non si tratta di “nessun fatto nuovo, ma la qualificazione giuridica contenente il reato associativo” e per la moglie l’unica ragione della richiesta è il “pericolo di fuga”.
Luigi Lusi è iscritto nel registro degli indagati dal 30 gennaio scorso.
L’inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto di Roma Alberto Caperna e diretta dal pm Stefano Pesci.
Inizialmente all’ex tesoriere è stata contestata l’appropriazione indebita di 13 milioni. Di questi, secondo la procura, cinque sono stati utilizzati per il pagamento di tasse relative all’acquisto di due case, una a Roma in via Monserrato l’altra a Genzano, e per il trasferimento di somme, anche in Canada, attraverso una società  riconducibile allo stesso Lusi e dietro il rilascio di ricevute fiscali per consulenze fittizie.
L’inchiesta è partita grazie a una segnalazione della Banca d’Italia che indicava un’anomalia dietro l’acquisto del lussuoso appartamento di via Monserrato.
Su questa acquisizione, inoltre, un funzionario di Bankitalia, su delega della procura di Roma, è al lavoro da alcuni mesi per fare luce sui soldi della Margherita sottratti da Luigi Lusi e dal suo entourage.
Da quando il senatore è stato interrogato per la seconda volta a piazzale Clodio, gli investigatori della Guardia di Finanza hanno trovato tracce di un’altra ingente somma (un milione e 335mila euro), proveniente dalle casse del partito, che l’ex tesoriere ha utilizzato per acquistare l’appartamento a Roma, pagato alla fine 3 milioni e 600 mila euro, tasse a parte.
Già  a gennaio, il parlamentare, interrogato in procura, aveva ammesso le proprie responsabilità , ossia di aver effettuato decine di bonifici del quale era sempre il beneficiario.
Spiegando i motivi di tali appropriazioni, Lusi, il quale aveva potere di movimentazione di danaro fino a 150 mila euro (da qui la necessità  di procedere a decine di bonifici), aveva aggiunto, senza peraltro apparire molto convincente, di essersi appropriato del danaro come compenso delle proprie prestazioni.
A febbraio, poi, l’inchiesta romana si è ulteriormente allargata.
I pm romani così hanno ricostruito il percorso dei soldi, usciti attraverso decine di bonifici e finiti tutti nella disponibilità  dell’attuale senatore del Pd. Ma ci sono ancora dei buchi neri da analizzare.
Possibile che nessuno, all’interno del partito, si sia accorto degli ammanchi, tra il 2008 ed il 2011, tra i fondi ottenuti dalla Margherita sotto forma di rimborsi elettorali?
Lo stesso parlamentare, nel confessare le proprie responsabilità , non ha chiamato in causa altri soggetti. In particolare, ha detto di aver fatto tutto da solo e all’insaputa di chiunque altro.
Ad aprile nuovi sospetti su altri 13 milioni di euro. E spese esorbitanti, oltre 800mila euro in un anno, senza alcuna documentazione.
Persino un viaggio a Londra in aereotaxi per 15mila euro. Della cifra totale, 13,5 milioni sono soldi dirottati da Lusi nel periodo 2007 — 2011 sulla sua società  ”Ttt”, attualmente sotto sequestro. Altri 13 milioni riguardano spese non documentate.
Nella relazione della società  Kpmg, che ha preso in esame la contabilità  della Margherita a partire dal 2001, si sottolinea che ”risultano spese per viaggi e trasferte elettorali pari ad euro 869.428 che si riferiscono a centinaia di assegni di piccolo taglio (inferiori ai 12 mila euro) emessi dal tesoriere sul conto corrente acceso presso Bnl” e registrati ”senza alcun documento a supporto della spesa sostenuta”.
”Una analisi preliminare per analoghe operazioni (assegni a cifra tonda) anche per gli anni precedenti fino al 2007 — prosegue la relazione — porta ad evidenziare una somma stimata in circa euro 13 milioni per i quali ad oggi, in attesa che si esauriscano le attività  di verifica del’autorità  Giudiziaria e della Banca d’Italia, non sono state eseguite ulteriori verifiche”.
Tra le situazioni anomale si fa riferimento a fatture emesse nel 2011 con descrizione generica di una agenzia di viaggi di Roma ”per un valore complessivo di 228 mila euro”. Nel documento viene precisato che l’agenzia di viaggi ha fornito tutta la documentazione dalla quale è emerso, inoltre, che ”le suddette fatture sono quasi interamente riconducibili a servizi di viaggio fruiti dal senatore Lusi e/o persone a lui riconducibili”.
I ‘rapporti annui’ indicano che per il 2007 sono stati spesi oltre 454 mila euro; nel 2008 quasi 270 mila; nel 2009 euro oltre 380 mila (tra cui gli 30 mila euro pagati allo chef Antonello Colonna con assegni della Margherita per il catering del suo secondo matrimonio celebrato nel luglio del 2009, il tutto emerso dalla consulenza sulla contabilità  della Margherita voluta dallo stesso partito) e nel 2010 più di 171 mila.
Nell’esercizio 2011 -prosegue la relazione- ”sono state trovate fatture emesse dall’agenzia leader per servizi di aereo taxi di cui una presumibilmente riconducibile a Lusi: si tratta di un servizio per la tratta Roma-Biggin Hill (Londra)-Roma svolta il 29 e 30 marzo 2011 per un costo di 15 mila euro”.
I consulenti inoltre rilevano che la “gestione amministrativa” era totalmente in capo al tesoriere Luigi Lusi che aveva anche “l’esclusiva operatività  finanziaria”.
Conclusioni che hanno indotto i legali della Margherita Titta Madia e Alessandro Diddi a parlare di tracce, secondo i legali della Margherita, di ”artifici contabili adottati dal senatore Luigi Lusi per occultare le sue appropriazioni in danno del partito”.
In vista della richiesta d’arresto inviata al Senato, il primo ad esprimersi è stato il leader dell’Udc Pierferdinando Casini, il quale ha annunciato che il suo partito voterà  a favore del carcere per l’ex tesoriere de La Margherita.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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GUERRA NELLA LEGA, BOSSI SI RICANDIDA E LANCIA UN SONDAGGIO SUL GIORNALE DI PARTITO PER COMPENSARE IL PREDOMINIO DEI BARBARI SOGNANTI AI CONGRESSI

Maggio 3rd, 2012 Riccardo Fucile

ROSI MAURO PRONTA A UN GRUPPO FILO-BOSSI IN SENATO… I BOSSIANI RITORNANO IN TRINCEA ALLA VIGILIA DI UNA SCONFITTA ELETTORALE CERTA

Ed è Umberto Bossi, dopo le lacrime mostrate a Bergamo e le scuse per aver candidato i figli con relativo passo indietro e incoronazione di Roberto Maroni suo successore, a mostrare i muscoli: “La Lega è mia, non la mollo”.
Lo ha ripetuto anche ieri sera a un comizio a Cassano Magnago: “Per forza” che mi ricandido .
Lo aveva ribadito nel pomeriggio in via Bellerio, dove si è chiuso al mattino per uscire solo a fine pomeriggio e dopo aver imposto a La Padania di pubblicare un tagliando “vota il tuo segretario”.
Il Senatùr è sempre più fermo nella decisione presa e annunciata il primo maggio dal palco del Lega unita day: candidarsi a segretario federale del Carroccio contro l’ex titolare del Viminale.
Che non l’ha presa bene.
Tanto da aver preferito non intervenire, come era invece previsto, in chiusura a Zanica.
Ha affidato il suo commento a facebook, in cui ha sottolineato che la dichiarazione di Bossi è arrivata “a sorpresa” e che “la battaglia continua, in tutti i sensi”. Infine ha chiamato a raccolta “tutti i barbari sognanti”, il suo esercito di militanti.
Poi, a tarda notte, Maroni ha inviato un sms al solito gruppo ristretto di amici: “Dobbiamo andare avanti”.
Perchè dietro Bossi c’è il Cerchio Magico che tenta di riorganizzarsi.
Rosi Mauro sta riorganizzando le forze in Senato, dove i maroniani sono sempre stati in minoranza, con l’intenzione di dare vita a un gruppo di transfughi di stretta osservanza bossiana.
Con lei da subito si è schierato Bodega, poi Piergiorgio Stiffoni, cacciato appena tre giorni fa dal Carroccio, seguito da Giovanni Torri e altri che al momento guardano al campo di battaglia.
Dove per primo ieri si è mosso Roberto Castelli. “Se Bossi conferma di volersi candidare , è meglio presentarsi con una candidatura unica al congresso per garantire l’unità  del partito”.
Poi, nella battaglia tra fazioni, è toccato ai generali maroniani di punta: i sindaci Attilio Fontana e Flavio Tosi.
“Alla fine l’unico candidato sarà  Maroni”, diffonde via agenzie di stampa il primo cittadino di Varese, in mattinata.
A fine pomeriggio, quando è ormai certa la volontà  di Bossi di andare fino in fondo, Tosi affonda: “La sua candidatura è francamente inopportuna, a decidere saranno comunque i militanti.
Naturalmente il sottoscritto si augura che” il nuovo segretario “sia Maroni”.
Il tentativo di gettare acqua sul fuoco è arrivato dal triumviro Roberto Calderoli. “Non mi sembra il momento di pensare alle candidature”, ha abbozzato ai microfoni del Tg4.
Certo Calderoli era sul palco di Zanica e annuiva con vigore mentre Bossi lanciava la sua corsa alla guida del Carroccio. “Ma quella è abitudine, un po’ come Fede con Berlusconi”, fa notare un deputato leghista con casacca da colonnello maroniano.
Certo è che ieri Calderoli è stato l’unico dei capi a trascorrere del tempo insieme a Bossi in via Bellerio.
Il Senatùr era “caricato a molla” quando è entrato nella redazione de La Padania per imporre che il giornale di partito pubblichi da oggi un tagliando con scritto “vota il tuo segretario”.
Devono decidere i militanti? Bene, cominciamo a tastare il polso, ha pensato Bossi, ancora legato ai vecchi mezzi di comunicazione.
E forse ha ragione, perchè buona parte dei militanti leghisti non possiede neanche un computer, figurarsi se sa cos’è facebook.
Sul social network imperversano invece i barbari sognanti di Maroni.
E sulla sua pagina è andata in scena la rivolta contro Bossi.
C’è chi promette di ridurre in brandelli la tessera del Carroccio nel caso in cui il Senatur non dovesse arretrare. “Voto leghista da 20 anni, ma se c’è ancora Bossi, voterò Grillo. Maroni pulizia vera! Bossi fora dei bal”.
La rabbia è palese, tant’è che in più di un post cade l’ultimo tabù: la malattia del Capo. “Bossi all’ospizio”; “In casa di riposo subito”; “E’ meglio che cominci a stare a casa plaid e minestrina”.
In tanti, tantissimi, chiedono il passo indietro di Bossi annunciato più volte ma ieri, a sorpresa, ritrattato. “Vada in pensione e cominci più a seguire i suoi figli da padre che è meglio”; “largo ai giovani? meritocrazia? con Bossi fra i piedi niente è credibile”, scrive un militante leghista.
La parola d’ordine è “Maroni segretario”, sul social network e anche ai microfoni di Radio Padania.
“La ricandidatura di Bossi è una forma di trasformismo che dalla Lega non accetto”. In pochi difendono il vecchio Capo. Maroni, intanto, temporeggia. A fine serata rilancia la necessità  di fare pulizia interna al partito perchè “non è ancora finita”, ribadisce.
E poi va un comizio a Cuneo, quello della sua Lega.
L’altra metà  del partito è a Cassano.
Intanto sui telefonini dei maroniani l’invito a comprare la Padania e scrivere Maroni sul tagliandi-no voluto dal Senatùr.
Anche questa è una guerra.

Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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