Dicembre 15th, 2012 Riccardo Fucile
E PIZZAROTTI CHIEDE CHIARIMENTI A GRILLO
Senza tregua. Non si placano le polemiche sul web (e non solo) per l’espulsione dai Cinque Stelle di Federica Salsi e Giovanni Favia.
Sul caso prende posizione Federico Pizzarotti e scoppia anche la querelle sull’uso del logo.
Il giorno dopo la decisione di Beppe Grillo, è ancora il consigliere comunale bolognese – intervistata da Sky Tg24 – ad attaccare: «Il M5S è gestito da una azienda che fa marketing pubblicitario che sta utilizzando una modalità comunicativa a senso unico: Grillo dà le sue opinioni a persone che seguono il prodotto; se il prodotto non piace vengono cacciate fuori». «Ora che il Movimento si sta approntando a livello nazionale, sembra che stiano gestendo tutto Grillo e Casaleggio nel loro ufficio – dichiara Federica Salsi –. Casaleggio è la parte che organizza e Grillo è il frontman che ci mette la faccia».
Se una delle espulse parla, l’altro tace.
Dopo la prova di forza a Modena, ieri Favia è tornato a confrontarsi con la base a Ravenna. Intanto, si profila all’orizzonte – come anticipato dal Corriere – una battaglia sul logo, che il consigliere regionale intende utilizzare in sede istituzionale, dopo aver chiesto un parere legale all’avvocato Riccardo Novaga.
«Il Non-statuto del 2009 prevede che il marchio Movimento 5 stelle sia registrato a nome di Beppe Grillo, che è quindi l’unico titolare dei diritti d’uso sul marchio stesso e che, come determinato dall’articolo 7, sia lui a dare il consenso per iscritto all’utilizzo del logo a ciascun candidato in occasione di ogni consultazione elettorale», spiega Anna Pellizzari dello studio Barzanò&Zanardo, specializzato in proprietà intellettuale.
«Bisogna comprendere se, qualora il candidato venga eletto, sia implicito che tale facoltà di utilizzo del marchio sia esteso a tutta la durata del mandato – argomenta –. In questo caso, fatto salvo che non siano venuti meno i requisiti per far parte del movimento, Favia potrebbe utilizzare il marchio».
Secondo Pellizzari: «In sostanza bisogna capire se l’eventuale contestazione di Grillo sia legittima, se il consigliere regionale non abbia i requisiti previsti dal Non-statuto».
Sulla questione è intervenuto anche Pizzarotti, il sindaco di Parma, da molti attivisti considerato l’unico possibile mediatore per riportare la pace tra i grillini in Emilia-Romagna.
«Se mi ha sorpreso la decisione di Grillo? C’è un po’ di sorpresa», ha risposto il sindaco di Parma, «sicuramente ci sono alcune cose da chiarire e da capire meglio: ovvio che non bisogna mai accelerare i tempi e avere troppa fretta perchè le situazioni sono sempre più complesse di quanto possano sembrare in apparenza, però ci sembrava anche giusto chiedere delle puntualizzazioni ed è per questo che mi sembrava doveroso redigere un comunicato congiunto». Non ancora diffuso però in tarda serata.
Nessuna polemica dal capo politico dei Cinque Stelle.
Ieri Grillo ha tuonato contro Mario Monti e la data delle prossime elezioni.
«Una domanda: perchè anticipare le elezioni sotto la neve a febbraio per la prima volta nella storia della Repubblica? Forse per tenere fuori dal Parlamento il M5S?», ha scritto sul blog.
E ancora: «Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Dobbiamo raccogliere tutte le firme necessarie». «Nei prossimi due fine settimana – annuncia – con i “Firma day” dobbiamo riuscire a raccogliere tutte le firme. Io sarò presente di persona nelle Regioni più a rischio per aiutare la raccolta».
I Cinque Stelle hanno trovato l’appoggio di Antonio Di Pietro: «Come Idv ci impegniamo a mettere a loro disposizione le nostre strutture per agevolare la raccolta».
Intanto, ieri i grillini hanno annunciato chi correrà per il Pirellone.
Si tratta di Silvana Carcano, 40 anni, libera professionista, di Paderno Dugnano.
Secondo indiscrezioni, per lei circa 660 preferenze su duemila votanti.
Emanuele Buzzi
(da “il Corriere della Sera“)
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Dicembre 15th, 2012 Riccardo Fucile
NEL LISTINO BLINDATO DEL LEADER ALMENO IL 20% DEI CANDIDATI
Lo aveva detto nell’ultimo scorcio dell’estate: «Se vinco le primarie poi si fa come dico io». 
E con quell’aria sorniona, dietro cui nasconde una tenacia e una determinazione a tutti prima insospettabili, è stato conseguente con quella sua affermazione.
Prima Pier Luigi Bersani ha «utilizzato» la carica rottamatrice di Matteo Renzi per pensionare i dirigenti più importanti del Partito democratico, ossia Massimo D’Alema e Walter Veltroni, poi, una volta assicuratosi il successo nel ballottaggio, ha scaricato anche il sindaco di Firenze.
Lo ha fatto con una mossa assai abile.
Quella di queste primarie per i parlamentari che in realtà sono assai più blindate di quanto appaiono e che gli consentiranno di svecchiare ulteriormente il partito, di non dover scendere a patti con il primo cittadino toscano per dargli una quota di deputati e senatori e di assicurarsi una pattuglia a lui fedele sia a Montecitorio che a palazzo Madama.
L’idea di escogitare un meccanismo di voto dei parlamentari che lo blindi gli è venuta qualche giorno fa: «Non possiamo non indire le primarie, le abbiamo promesse e tra l’altro rappresenteranno anche il modo con cui mettere a tacere Grillo che ha fatto quelle votazioni incredibili».
Già , perchè ora l’ambizione del segretario è quella di togliere consensi al comico genovese, anzichè farseli rubare.
E non è un caso se una sua fedelissima, Alessandra Moretti, proponga che votino non solo gli iscritti o i quasi tre milioni di italiani delle primarie del 25 novembre, ma anche chiunque altro si dichiari elettore del Pd. Così si allargherebbe la platea dei potenziali consensi al partito a quei grillini che appaiono insoddisfatti dal comportamento del loro leader
Dunque primarie aperte a tutti per quel che riguarda gli elettori ma non gli eletti. Il trucco è tutto lì.
Nei giorni scorsi Bersani ne aveva discusso anche con il suo vice Enrico Letta come riporta il sito «il Retroscena.it», molto informato sulle vicende del Pd. Non si potrà quindi autocandidare chi vorrà .
Le liste dei papabili verranno stilate dalle segreterie provinciali e regionali, al 90 per cento (e oltre) di provata fede bersaniana.
Peraltro non potranno scendere nell’agone, a meno che non chiedano una deroga, sindaci, presidenti di provincia e consiglieri regionali.
Cioè tutti quelli che detengono un loro pacchetto di voti e che non vivono all’ ombra del leader. Ci saranno molti volti nuovi e molti giovani tra i candidati alle primarie: «Così – spiega il segretario – dimostrerò come rinnovo. Tutti si metteranno in gioco».
Ma non è finita qui.
C’è poi una quota di intoccabili, che non verranno sottoposti al rito delle primarie e che quindi entreranno automaticamente in Parlamento.
Una sorta di listino di Largo del Nazareno i cui componenti verranno distribuiti nelle varie circoscrizioni.
Nell’elenco non ci saranno i giovani di Bersani, che si misureranno tutti con le primarie, senza alcun privilegio: potrebbero esserci invece i capilista (su questo si sta ancora trattando), e ci saranno gli esterni al Partito e un gruppo di parlamentari che benchè di lungo corso posseggono delle competenze a cui Bersani non intende rinunciare.
Tutti insieme dovrebbero rappresentare il 20% del totale delle candidature, ma c’è chi giura che alla fine questa soglia salirà al 30.
Lo chiamano già il listino del segretario, anche se mettervi dentro pure i capilista significa aprirsi alla possibilità di compensare le diverse correnti interne.
Comunque, pure in questo caso sarà Roma – o per dirla meglio, Bersani – a decidere.
Tra gli esterni (alcuni per modo di dire) dovrebbero esserci il politologo Carlo Galli (candidato in Emilia), Miguel Gotor, il consigliere principe del segretario, Massimo D’Antoni, economista, bersaniano di ferro ed editorialista dell’Unità , l’ex popolare Michele Ciliberto (un’altra firma del quotidiano diretto da Claudio Sardo), la giurista Laura Bazzicalupo e la giuslavorista Laura Corazza.
Questi sono i primi nomi, ma regole e listino verranno definiti di qui a lunedì. Formalmente il leader non se ne occupa, benchè abbia assicurato ai suoi che «verranno premiati quelli che hanno lavorato», e ha lasciato la conduzione della faccenda al coordinatore della segreteria Maurizio Migliavacca, al vice Enrico Letta e al responsabile organizzativo Nico Stumpo.
È chiaro, però, che l’impronta Bersani l’ha già data e gli altri dovranno semplicemente eseguire dei perfezionamenti tecnici e assumersi l’ingrato compito di mediare con tutti i futuri esodati del Pd.
Insomma, un piano quasi perfetto, che può far dire al leader: «La democrazia funziona così, non come nel movimento di Grillo».
Ma che nel contempo gli consente di tenere salde in mano le redini del partito.
Non c’è dubbio, il segretario esce da questa vicenda rafforzato.
Per tutti gli altri maggiorenti, come dice Beppe Fioroni, «sarà un terno al lotto».
Maria Teresa Meli
(da “il Corriere della Sera“)
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Dicembre 15th, 2012 Riccardo Fucile
INCONTRO TRA MONTEZEMOLO, CASINI, RICCARDI E OLIVERO
Una lieve brezza di ottimismo circola nell’aria un po’ stagnante del centro, che aspetta con sempre maggiore impazienza la decisione di Mario Monti su un impegno politico alla guida di una sua lista.
La visita a sorpresa del premier a Bruxelles, alla riunione del partito popolare europeo, viene letta da molti come un segnale chiaro in quella direzione.
E anche sulla base di questa piccola accelerazione c’è stato un incontro dei vertici di quello che potrebbe essere il nuovo listone di centro: nello studio del ministro Andrea Riccardi sono arrivati Luca Cordero di Montezemolo, il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini e il presidente delle Acli, Andrea Olivero.
Intenzionati anche a bloccare il tentativo di Berlusconi di «usare» il Professore e la tentazione di qualche berlusconiano di infilarsi nella lista.
Proprio Olivero ieri è finito sotto accusa.
In una lettera inviata ai dirigenti anche locali dell’associazione cattolica, il presidente del Consiglio nazionale Michele Rizzi contesta duramente la decisione di schierare le Acli in prima linea nel listone nascente.
Concludendo con una richiesta di «dimissioni immediate» di Olivero.
Di primo mattino, arriva ad «Agorà » Luca Cordero di Montezemolo.
«Se Mario Monti scende in campo ci sarò», annunzia. Anzi, «ci saremo».
L’ufficio stampa della trasmissione di Andrea Vianello non ha ancora finito di battere il comunicato, che lo staff del presidente di Italia Futura interviene con una rettifica.
E la prima persona singolare torna ad essere prima persona plurale.
Correzione non ininfluente, visto che ogni singola sillaba pronunciata in questi giorni viene vivisezionata per capire le reali intenzioni di Montezemolo.
Nonostante i tentativi di accelerare dell’Udc e di chi vede pericolosamente avvicinarsi la data delle elezioni, la questione resta bloccata sull’unico elemento decisivo: la partecipazione di Monti in prima persona alle prossime elezioni.
Enigma destinato probabilmente a non essere sciolto prima delle dimissioni da premier, che arriveranno tra qualche giorno.
La visita a sorpresa a Bruxelles di ieri, alla riunione del Partito popolare europeo, però è stato interpretato come un viatico alla discesa in campo.
Per Roberto Rao, uno degli uomini più vicini a Pier Ferdinando Casini nell’Udc, «la presenza a Bruxelles è una bella notizia, innanzitutto perchè è indicativa di un’attenzione alla famiglia europea.
E arriva dopo la partecipazione all’Internazionale democristiana con Casini».
Cosa significhi, veramente, questo suo viaggio belga, è tutto ancora da scoprire: «Vedremo se scenderà in campo come tifoso, come allenatore o come giocatore. In tutti i casi, ovviamente, rispetteremo la sua scelta e saremo con lui».
Il primo ad aspettare news dalle parti di Monti è proprio Montezemolo.
Che spiega: «Sono ottimista, credo che una persona come Monti sia la prima a rendersi conto di quanto ci sia ancora da fare. Bisogna focalizzarsi su poche fondamentali priorità e cercare di unire tutti verso queste priorità ».
Ma, leggendo al contrario la sua risposta ad Agorà , potrebbe voler dire che l’impegno di Italia Futura ci sarà solo al seguito di Monti.
Quanto a Olivero, Rizzi esprime «forte preoccupazione», parla di «indebita sovrapposizione» tra una «legittima aspirazione personale» con il suo ruolo nelle Acli. Sovrapposizione che provoca la «incompatibilità sostanziale tra i due ruoli».
La lettera è stata presentata il 5 dicembre alla direzione nazionale, raccontano dallo staff di Olivero, «che si è espressa con un documento che non prende in considerazione la richiesta di dimissioni ma ribadisce l’autonomia e il pluralismo dell’associazione, cosa che non pregiudica scelte di campo».
A Reggio Emilia Olivero aveva già detto che in caso di candidatura si dimetterebbe da presidente delle Acli.
Dietro questo attacco c’è anche una visione diversa del ruolo dell’associazione che, a settembre aveva provato a favorire un matrimonio tra Bersani e Casini.
Matrimonio difficile, se è vero che il leader dell’Udc, a chi gli riportava l’apertura al centro del segretario del Pd, ha risposto così: «Noi prendiamo i voti per continuare nel lavoro che ha fatto Monti. Chiedete a Vendola cosa ne pensa».
Alessandro Troncino
(da “Corriere della Sera“)
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Dicembre 15th, 2012 Riccardo Fucile
ALIQUOTA DELLO 0,12% SULLE AZIONI
Il governo modifica la Tobin tax sulle transazioni finanziarie, alzando l’aliquota e
rinviandone il debutto al prossimo mese di marzo, ma introduce anche una nuova imposta per penalizzare gli acquisti esclusivamente speculativi.
Secondo l’emendamento presentato dall’esecutivo alla legge di Stabilità , per il 2013 l’aliquota della tassa sarà pari allo 0,12% (non più allo 0,05%) sulle transazioni azionarie concluse sui mercati regolamentati, e dello 0,22% nei mercati cosiddetti «over the counter», cioè non ufficiali.
el caso dei derivati l’imposta si applicherà dal mese di luglio del 2013 in misura fissa, variabile a seconda del valore nozionale dei contratti stessi, da un minimo di 0,1 euro a un massimo di 100 euro ad operazione.
Dal pagamento della Tobin tax saranno esclusi i «market maker», cioè gli operatori che si impegnano a operare sul mercato, i fondi pensione, gli enti di previdenza obbligatoria e le transazioni che avranno per oggetto le azioni di società con una capitalizzazione inferiore ai 500 milioni di euro.
L’emendamento del governo introduce anche un meccanismo anti speculazione, con un’aliquota dello 0,2% sul «controvalore degli ordini annullati o modificati» che in una giornata di Borsa superino una determinata soglia numerica.
Si tratta di operazioni ad alta frequenza con finalità spiccatamente speculative, normalmente gestite da programmi informatici attraverso algoritmi che determinano automaticamente, in base all’andamento dei prezzi, le decisioni relative all’invio, la cancellazione e la modifica degli ordini di acquisto.
Le aliquote della Tobin tax scenderanno nel 2014 di due decimi di punto, allo 0,1% per gli acquisti sui mercati ufficiali, allo 0,2% per le transazioni sui mercati non regolamentati.
Con un altro emendamento alla stessa legge di Stabilità , il governo ha deciso poi di elevare, triplicandolo, il tetto massimo dell’imposta di bollo pagata dalle società sui prodotti finanziari, con la soglia passa da 1.200 a 4.500 euro.
E con un’ulteriore proposta di modifica alla legge di Stabilità , ha deciso di commisurare il credito d’imposta delle compagnie assicurative al livello delle riserve tecniche iscritte in bilancio.
Nella legge di Stabilità , inoltre, il governo ha deciso di far confluire il testo dell’intero decreto varato dieci giorni fa per sanare le infrazioni alla normativa comunitaria, modificando nello stesso tempo le norme che riguardano il rafforzamento patrimoniale del Monte dei Paschi.
La banca senese avrà tempo fino al 31 marzo, due mesi in più, per emettere i cosiddetti «Monti bond», le obbligazioni che il Tesoro sottoscriverà per rafforzare il patrimonio dell’istituto.
L’ultimo capitolo della legge che resta da sistemare è quello relativo agli enti locali. Il governo, che ieri ha incassato un ottimo risultato nell’asta dei Btp a tre anni, collocati per 3,5 miliardi al 2,5%, il tasso più basso dal 2010, è pronto ad attribuire l’Imu e il suo gettito interamente ai Comuni, ma non ad allentare i vincoli del Patto interno, nonostante la minaccia di dimissioni in blocco dei sindaci.
La legge di Stabilità dovrebbe approdare nell’aula del Senato il 17 dicembre, essere approvata il 18 e andare subito alla Camera per la terza ed ultima lettura.
L’approvazione definitiva è prevista per il 20 dicembre.
E subito dopo dovrebbero arrivare le dimissioni del governo
Mario Sensini
(da “il Corriere della Sera”)
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