Dicembre 18th, 2012 Riccardo Fucile
BERLUSCONI VUOLE RINVIARE LE ELEZIONI A MARZO PER ELUDERE LA PAR CONDICIO… DEFINISCE FINI E CASINI “PERSONE ORRENDE”, IL LEADER DELL’UDC REPLICA: “ORMAI E’ UN CASO SANITARIO”
”Avete bisogno di me e quindi non mi astengo quando sento il dovere di prestare il soccorso a chi ha bisogno”. Così Silvio Berlusconi risponde a Bruno Vespa che gli chiede se “è vero che si ripresenta” alle elezioni.
Durante la registrazione della puntata di “Porta a porta” in onda stasera su Raiuno, l’ex premier ha respinto l’idea che gli italiani possano essere “stanchi” di lui.
”Lo dimostreranno con il voto adesso. Io ho avuto degli inviti pressanti a non lasciare che la situazione nel Paese che amo degradasse”. Anzi, ha precisato, “che precipiti nel baratro”.
Se continua così, ha aggiunto, arriveremo a ”3 milioni di disoccupati, il governo dovrà aumentare le tasse e potremmo andare a finire come è accaduto in Grecia, che è quasi una guerra civile”.
LA STRATEGIA: ALLONTANARE LE ELEZIONI PER INONDARE LA TV.
Si delinea così la strategia del Cavaliere.
Mentre Cicchitto annuncia che il Pdl ha bisogno “di tempo” per esaminare la legge di stabilità , scombinando di fatto la road map fissata da Napolitano per votare a febbraio, Berlusconi punta ad allontanare l’inizio della par condicio, che scatta 45 giorni prima del voto.
In modo da conquistare più tempo per imperversare nelle tv Mediaset di famiglia e in Rai, nella speranza di riconquistare con le parole almeno parte dei consensi perduti nella politica reale.
”Il Pdl ha chiesto di spostare le elezioni perchè tutta questa fretta è una forzatura inutile. Non capisco tutta questa fretta anche per la formazione delle liste elettorali”, ha detto Berlusconi a Porta a porta.
”Io punto al 40%, avendo una montagna di argomentazioni da far valere e tirar fuori”.
L’obiettivo è uno show mediatico permanente e ubiquo, già cominciato nei giorni scorsi con le apparizioni nel pomeriggio domenicale di Canale 5 e nel programma di Paolo Del Debbio (esponente del Pdl) su Retequattro.
Una strategia apertamente confessata nel corso della registrazione della puntata di stasera: ”Volete sapere quanto penso di recuperare nei consensi in vista delle politiche? Dipende dalla quantità di ore televisive che avrò a disposizione. Io ho un credito su questo punto”.
Infatti “non sono mai stato in tv nell’anno”, mentre il “Pd ha usufruito di 124 ore a novembre. I contendenti devono tener conto della proporzione dei loro voti in parlamento. In base a questo principio io ho 123 ore ancora da recuperare in tv”. Un assaggio dello show che ci aspetta sta nel giudizio distillato sui due ex alleati Casini e Fini: “Due persone orrende, anzi, orrendissime”.
“HO INVITATO IO MONTI AL PPE”. MA MARTENS LO SBUGIARDA.
Berlusconi è riuscito anche a creare un incidente diplomatico con Wilfred Martens, il presidente del Partito popolare europeo, di cui il Pdl fa parte.
Il Ppe ha invitato Monti all’ultimo vertice e lo ha esortato a guidare un “rassemblement” dei moderati, ma, ha affermato Berlusconi, “sono stato io a suggerirlo ai miei colleghi del Ppe, perchè loro temono che vinca la sinistra”. Peccato che, a registrazione ancora in corso, sia arrivata la repentina smentita di Martens, che ha telefonato all’agenzia Ansa: ”Nessuno mi ha chiesto di invitare Monti alla riunione del Ppe, è stata una mia iniziativa totalmente personale”. Controreplica di Berlusconi a stretto giro, sempre sotto i riflettori di Vespa: Martens ”evidentemente non vuol fare vedere di essere stato influenzato da me. E’ una scusa per gli altri colleghi. Ne ho discusso con lo spagnolo Lopez”.
“LO SPREAD? NESSUNO SAPEVA COSA FOSSE”.
La strategia berlusconiana passa anche per la “riscrittura” della storia recente, e in particolare della caduta del suo governo, nel novembre 2011, incapace di far fronte agli impegni presi di fronte all’Unione europea: “C’è stato un attacco di una forza assoluta da parte dell’opposizione di tutta la grande stampa italiana e di giornali di sinistra europei”, ha spiegato.
“Ho ritenuto che per il Paese sarebbe stato meglio che io mi dimettessi e mi sono messo da parte, dimostrando di non essere attaccato alle poltrone e al potere che di fatto non c’è”.
E lo spread a livelli record, uno degli elementi che convinse il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a chiamare Monti a Palazzo Chigi?
“Nel novembre del 2011 si sono verificate delle vicinanze di interesse per cui si è realizzato quell’imbroglio dello spread che è stato preso da tutti per uno cosa drammatico. Nessuno sapeva cosa fosse”.
“MONTI CANDIDATO. ANZI NO”.
Tornando alla questione candidatura, Berlusconi ha ribadito che “se Monti sciogliesse il dubbio e dicesse di essere disposto a fare il candidato premier di tutti i moderati, io farei un passo indietro da candidato premier e sarei felicissimo. Lui avrebbe sotto di sè un Pdl che è sempre stato leale al governo tecnico e non gli ha mai votato contro”.
Ma poi è riuscito a cambiare idea nel corso della stessa registrazione: “Ho offerto a Monti di essere federatore dei moderati, ma dopo quello che ha detto Casini si mette fine a questa possibilità . Non credo che a Monti convenga mettersi in un partito con Casini e Montezemolo, passerebbe da deus ex machina a piccolo protagonista della Repubblica”.
Nella sarabanda di dichiarazioni e controdichiarazioni che ha accompagnato i lanci di agenzia sulla registrazione di Porta a porta, Casini aveva affermato: ”Sono così persuaso che Berlusconi sia un leader populista che nulla ha a che fare con i moderati europei, che se non facessi il tifo per Monti, riterrei moralmente doveroso presentare la mia candidatura per evitare all’Italia nuove disavventure”.
“LA LEGA? O SI ALLEA CON ME O SPIEGHERO’ LA SUA INCONSISTENZA”.
Il Cavaliere ha anche manifestato la certezza che l’alleanza con la Lega nord sarà rinsaldata: “Penso che la Lega sarà insieme a noi nel rassemblement dei moderati. Ne sono sicuro. Le Lega prenderà questa decisione. Il contrario sarebbe illogico e disastroso”.
Se il partito di Roberto Maroni, “in cambio dell’alleanza in Lombardia”, non accettasse il nuovo abbraccio, “dovrei impiegare un po’ di tempo della mia campagna elettorale per spiegare agli italiani l’assoluta inconsistenza della Lega e la sua estraneità a qualsiasi decisione, come farò con gli elettori di Casini”.
LA PROMESSA: “VIA L’IMU, TASSE SU GIOCHI E TABACCHI”.
Immancabile è arrivata la promessa in materia fiscale.
Se andrà al governo, ha assicurato, abolirà “l’Imu sulla prima casa”, compensando il minore gettito con una tassa di un miliardo e 800 milioni sui giochi e di un miliardo di lire sui tabacchi lavorati.
Altro evergreen della propaganda berlusconiana, la richiesta di voti per “impedire che il Paese vada nelle mani della sinistra. Sarebbe esiziale per il benessere del Paese”.
Naturalmente si tratterebbe di un impegno controvoglia, dato che “in casa, da me, i manager delle mie aziende sono tutti lì a implorarmi di non ricandidarmi. Ma se non lo faccio è perchè sento la responsabilità che il mio Paese non vada nelle mani della sinistra”.
LA RISPOSTA DI CASINI: “BERLUSCONI? UN PROBLEMA SANITARIO”.
Chiamato in ballo più volte durante la trasmissione, alla fine l’Udc diffonde il suo epitaffio sull’esibizione del Cavaliere, con una nota di Antonio De Poli, capo della segreteria politica del partito: “Berlusconi ci annuncia di aver cambiato ancora idea su Monti. Ormai siamo a un problema sanitario, non più politico”.
E Pier Ferdinando Casini aggiunge: ”Berlusconi ha preso in giro gli italiani per venti anni, e anche molti di noi. Basti pensare a come ha trattato sempre le persone leali con lui, da ultimo l’onorevole Alfano”.
Non solo “è un gran bugiardo, come ha confermato il presidente Martens nella dichiarazione di qualche minuto fa, ma cambia idea ogni tre ore. Qualsiasi altro commento è inutile”.
(da “Il Fatto Quotidiano)
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Dicembre 18th, 2012 Riccardo Fucile
LE BATTUTE DI BENIGNI SUL RITORNO DI BERLUSCONI AVEVANO UN LIMITE: FACEVANO RIDERE MENO DI BERLUSCONI
La lezione di educazione civica impartita in tv con la consueta leggerezza da Roberto Benigni ha emozionato e istruito un Paese di maleducati civici che confondono la politica con i maneggi dei politici e non hanno il senso dello Stato perchè è lo Stato che fa loro senso.
Invece le battute, attese e inevitabili, sul ritorno in campo di Berlusconi avevano un limite: facevano ridere meno di Berlusconi.
Non che fossero brutte.
Alcune erano davvero gustose: «Ha diviso l’Italia in due: metà contrari e metà disperati».
Ma ormai nemmeno un premio Oscar può rivaleggiare con l’originale mentre, sprofondato nel salotto di una sua dèpendance televisiva, giustifica le notti allegre di Arcore sciorinando una litania di disgrazie: mia mamma era morta, mia moglie mi aveva lasciato e io ero stanco, solo e abbandonato da tutti… Sembrava John Belushi in «Blues Brothers», quando per giustificarsi con la fidanzata mollata davanti all’altare tira in ballo qualsiasi cosa, persino l’invasione delle cavallette.
Per la prima volta nella storia dai tempi di Nerone il politico ha sorpassato l’artista.
Una parte di me, non ho ancora capito quale, prova una sorta di reverenza estatica nei confronti del talento impudente di quell’uomo.
Ci prende in giro da vent’anni, però con un’inventiva e una compenetrazione nella parte che avevano soltanto le conferenze stampa giovanili di Maradona e i personaggi tragicomici di Vittorio Gassman.
Solo che, a differenza degli attori, anche dei più grandi, Berlusconi non fa Berlusconi. Lo è.
Peggio: crede fermamente di esserlo.
Massimo Gramellini
(da “la Stampa”)
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Dicembre 18th, 2012 Riccardo Fucile
LA SPENDING REVIEW PREVEDE LA RICONVERSIONE DEL PERSONALE, CHE PERO’ SI OPPONE
Fra gli inarrivabili record collezionati dai politici del Lazio non poteva mancare il più simbolico: quello delle auto blu.
I 70 consiglieri regionali ne avevano a disposizione 26, che sommate alle 4 dell’amministrazione portavano il totale a 30 (trenta!).
Numeri che fanno ben capire perchè quel Consiglio ora dimissionario avesse una quantità così spropositata di commissioni (una ventina): anche ai presidenti di commissione, infatti, spettava di diritto la macchina di servizio. Poi è scoppiato lo scandalo dei fondi dei gruppi consiliari e la spending review ha fatto il resto.
E di auto blu non ne sono rimaste che 5.
Con un bel risparmio, penserete: se si considera che ogni macchina costa fra noleggio, assicurazione e benzina la bellezza di 2.000 euro al mese.
Senza tener conto, ovviamente, degli autisti.
E qui si apre un altro capitolo.
Quanti erano gli autisti? Difficile dire. Certo, però, dovevano essere un esercito. Oltre ai dipendenti diretti del Consiglio, c’era la pattuglia dei comandati più quella dei distaccati da Lazio service, società della Regione rimpinzata di personale.
Ma il problema adesso non è quanti erano: è quanti sono.
Rispediti al mittente gli esterni, ne sono rimasti infatti ancora 23.
Ventitrè per 5 macchine, di cui 4 spesso chiuse in garage.
Per capirci: la Camera dei deputati, che di onorevoli non ne ha 70, bensì 630, ha 24 autisti. Rapportati al numero dei seggi, sono 9 volte di meno.
Apprese queste cifre, c’è da restare ancora più sbalorditi di fronte al conto lunare dei rimborsi chilometrici presentato lo scorso anno dai consiglieri del Lazio: 370 mila euro, come ha rivelato sul Corriere all’inizio dello scorso ottobre Ernesto Menicucci.
In media, 5.285 euro pro capite, con una punta di 21.756 euro per Romolo Del Balzo, nonostante l’ex presidente della commissione per le Olimpiadi di Roma 2020 riunitasi tre volte in un anno e mezzo andasse frequentemente su e giù da Roma a Minturno (162 chilometri dalla capitale) con l’auto blu.
Al secondo posto l’immancabile Franco Fiorito.
Per un soffio. «Er Batman» di Anagni ha incassato nel 2011 ben 20.930 euro di rimborsi chilometrici per l’uso della macchina propria (non sarà mica il monumentale Suv Bmw X5 comprato con i soldi dei contribuenti?), sebbene da presidente della commissione Bilancio avesse il diritto a venire scorrazzato con una delle 30 berline d’ordinanza.
Ventitrè autisti per 5 macchine.
Troppi, anche un bambino ci arriverebbe.
Che fare allora di tutto questo personale in eccesso?
Semplicissimo: gli autisti vanno riconvertiti, come stabilisce la legge. Il decreto 95 di quest’anno, meglio noto con il nome di spending review, in proposito è chiarissimo.
Il comma 5 dell’articolo 3 non soltanto prevede che «in conseguenza della riduzione del parco auto il personale già adibito a mansioni di autista o di supporto alla gestione del parco auto, ove appartenente ad altre amministrazioni, è restituito con decorrenza immediata alle amministrazioni di appartenenza», ma prescrive pure che «il restante personale è conseguentemente assegnato a mansioni differenti, con assegnazione di un profilo professionale coerente con le nuove mansioni, ferma restando l’area professionale di appartenenza e il trattamento economico fondamentale in godimento».
C’è soltanto un piccolo particolare: di cambiare mestiere, i ventitrè autisti del Consiglio regionale del Lazio non ne vogliono sentir parlare.
Ed è fin troppo facile immaginare il perchè.
Intanto lo stipendio, nel quale figurano oltre al «trattamento economico fondamentale» alcune voci accessorie che spingono la busta paga anche oltre 2.000 euro al mese.
Più di quanto guadagna un funzionario.
Poi ci sono i ritmi del servizio.
Ogni autista è impegnato in turni di dodici ore giornaliere: il che significa lavorare tre giorni alla settimana.
Con tutta la libertà che questo dettaglio si porta dietro.
Ci sono stati casi di autisti del Consiglio regionale che facevano i consiglieri comunali o addirittura gli assessori di qualche paese del Lazio.
Infine, volete mettere il privilegio di stare gomito a gomito con i potenti di turno?
L’autista diventa uomo di fiducia, amico, confidente. Il politico finisce inevitabilmente per consegnargli i propri segreti.
Anche i più piccanti e personali.
Mentre lui, al volante, diventa pian piano intoccabile al pari del suo prezioso carico. Spesso anche alla faccia del codice della strada, come testimoniano i 50 mila euro di multe arretrate, molte per eccesso di velocità ma tante anche per infrazioni quali l’uso del telefonino durante la guida, che si sono accumulate nei cassetti dell’amministrazione.
E di cui il nuovo segretario generale Costantino Vespasiano ha bloccato i pagamenti in attesa che si chiariscano contorni e responsabilità di un tale diluvio di verbali.
Premesso tutto questo, continua a restare incomprensibile l’atteggiamento di quella parte del sindacato che ha sposato la linea della resistenza al cambiamento di mansioni, appoggiando la rivendicazione degli autisti che vogliono restare tali.
Ben sapendo il paradosso che può determinare una vittoria in questo assurdo braccio di ferro che comincia proprio oggi con l’amministrazione: restituirgli le macchine blu. Incomprensibile, naturalmente, per chi ignora che lo stesso sindacato vorrebbe far ingoiare a un Vespasiano che si mostra quanto mai riluttante il medesimo scandaloso accordo sulla produttività appena siglato per i dipendenti della giunta con l’ormai dimissionaria governatrice Renata Polverini.
Una intesa che ai fini della concessione del premio non contempla la valutazione di «insufficienza», garantendo a tutti almeno il 75 per cento dell’incentivo massimo.
Altro che la difesa a oltranza di ventitrè autisti…
Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 18th, 2012 Riccardo Fucile
“Passato il quizzone”. Così Agnese Landini, la moglie del sindaco di Firenze Matteo Renzi, sulla sua pagina Facebook esulta per aver superato il test preliminare per accedere al concorso a cattedre indetto dal Ministro all’istruzione Francesco Profumo.
La donna, 36 anni, fa sapere che ieri ha superato il test con il risultato di 47/50, scrivendo: «Passato il quizzone!» e ricevendo le congratulazioni dal suocero Tiziano Renzi e dalle sorelle del sindaco, Benedetta e Matilde, oltre a quelle del cognato Samuele.
Agnese Renzi insegna da anni Lettere alle scuole superiori, ed è precaria, come spesso ha ricordato anche il marito Matteo durante la campagna elettorale per le primarie del centrosinistra.
Agnese, ha sostenuto il test in un liceo di Borgo San Lorenzo.
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Dicembre 18th, 2012 Riccardo Fucile
IL LEADER RADICALE PROTESTA DA SETTE GIORNI CONTRO IL SOVRAFFOLLAMENTO DELLE CARCERI, UNA SITUAZIONE INDEGNA MAI AFFRONTATA E RISOLTA
Il presidente del Consiglio Mario Monti, ha visitato il leader radicale Marco Pannella, in clinica a seguito delle conseguenze dello sciopero della fame e della sete intrapreso ormai da sette giorni per denunciare il sovraffollamento nelle carceri.
“Ho trovato Marco Pannella lucido e intellettualmente combattivo”, ha detto il premier lasciando la stanza. Monti ha riferito che la sua è stata una visita per avere un confronto con il leader radicale.
Non ha voluto specificare se lo ha convinto a bere, ma ha assicurato che nelle prossime ore darà notizia di quanto detto durante l’incontro.
Non ci sono per il momento nuovi bollettini medici sulle condizioni di salute di Pannella.
Che ieri aveva provato a rifiutare le cure, abbandonando la clinica dove era ricoverato.
Ma, dopo essere andato via a bordo di un taxi, è rientrato nella casa di cura. In serata i medici gli hanno prospettato l’assoluta necessità del ricovero “alla luce di un ulteriore deterioramento della funzionalità renale”.
Oggi Pannella è intervenuto per qualche minuto in diretta a Radio Radicale. Con la voce tremante, ha voluto ringraziare per “le prese di posizione molto nette, Claudio Martelli e Debora Serracchiani” che si sono espressi con parole e fatti sulla condizione dei carcerati.
“In questi momenti io posso solo andare avanti con il mio impegno, che è drammatico e non tragico” ha aggiunto.
Alla lunga lista di manifestazioni di solidarietà su Twitter e non solo, si aggiunge anche l’appello di Fausto Bertinotti, ex presidente della Camera ed ex leader di Rifondazione Comunista, che si rivolge alle istituzioni affinchè accolgano le richieste del capo dei radicali: “Marco Pannella sta testimoniando, con la sua civile e drammatica protesta, l’intollerabilità di una situazione di illegalità e di inumanità “.
“Non ho titoli per rivolgere appelli a chi che sia – prosegue – ma penso sia indispensabile che tutte le autorità istituzionali che possono, presidente della Repubblica, Parlamento, presidente del Consiglio e governo, debbano prendere l’iniziativa per accogliere la domanda che vive nella nobile testimonianza di Marco Pannella”.
(da “La Repubblica“)
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Dicembre 18th, 2012 Riccardo Fucile
PERQUISIZIONI IN CORSO IN REGIONE E PRESSO AZIENDE DI VARESE… IPOTESI DI REATO CONCUSSIONE E CORRUZIONE, COINVOLTO ANCHE IL DIRETTORE GENERALE DEL PIRELLONE
Il presidente della Commissione Sanità del Senato, Antonio Tomassini (Pdl), è indagato nell’ambito dell’indagine sulle convenzioni concesse dalla Regione Lombardia ad alcune strutture sanitarie private.
A Tomassini, secondo quanto si apprende da fonti qualificate, è stato inviato un avviso di garanzia.
Anche il direttore generale sanità della Regione Lombardia Carlo Lucchina risulta indagato.
La Guardia di Finanza ha effettuato questa mattina una serie di perquisizioni nella sua abitazione e negli uffici di Milano.
I reati ipotizzati nei confronti dei diversi indagati sono, a vario titolo, concussione e corruzione.
Le perquisizioni si sono allargate anche agli uffici delle sedi di alcune cliniche convenzionate in provincia di Varese, mentre acquisizioni di documentazione sono state effettuate dalle fiamme gialle all’assessorato alla sanità della Regione.
I provvedimenti emessi dalla Procura di Varese — spiegano i finanzieri — sono destinati a consulenti e persone di fiducia di riferimento di politici che intermediavano tra le cliniche private e gli enti locali, amministratori di fatto delle cliniche interessate e i vertici della sanità lombarda.
Le indagini scaturiscono, spiega la Guardia di Finanza, da inchieste già in corso per i reati di bancarotta fraudolenta continuata, falso, truffa ai danni dello Stato, che vedono al centro un gruppo di aziende, operanti nel settore della sanità , alberghiero ed immobiliare che avevano compiuto operazioni societarie e finanziarie concatenate per sottrarsi ai debiti nei confronti di terzi. Ora sono emersi ulteriori elementi relativi a “gravi fatti di corruzione e concussione connessi alla concessione di convenzioni ed autorizzazioni.
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Dicembre 18th, 2012 Riccardo Fucile
DIFETTI MECCANICI, INFIAMMABILITA’, SOSTANZE PERICOLOSE: BAMBINI SEMPRE PIU’ A RISCHIO…”LA UE CONSENTE L’USO DI MATERIALI CHIMICI, CANCEROGENI E ALLERGIZZANTI”
Difetti meccanici, infiammabilità , presenza di sostanze tossiche e cancerogene: i giocattoli destinati ai bambini europei sono sempre più pericolosi.
Tanto che, con il Natale alle porte, nell’Unione scatta l’allerta. In Italia, Belgio, Portogallo e Spagna, in particolare, le associazioni di consumatori sono sul piede di guerra.
Il motivo?
“I responsabili politici dell’Ue stanno ‘giocando’ con la salute dei bambini”. Per l’Organizzazione europea dei consumatori, in effetti, poco o nulla è stato fatto per regolamentare la presenza di sostanze nocive nei giocattoli. L’unico progresso fatto, secondo una revisione critica eseguita da Beuc con l’associazione europea per la standardizzazione Anec, è una “insignificante diminuzione” dei livelli di cadmio in alcuni materiali. La principale accusata resta dunque l’Europa, che “ha fallito la sua missione nel garantire una maggiore sicurezza per i suoi 80 milioni di cittadini sotto i 14 anni”.
Attenzione a cosa regalate ai bimbi, dunque, e non solo a Natale.
A mettere in guardia, fra gli altri, è anche l’ultimo rapporto Rapex, il sistema d’informazione sui prodotti di consumo pericolosi.
In esso, infatti, si rivela che nel 2010, dopo i capi di abbigliamento, la categoria di articoli ritirati più spesso dal mercato europeo è stata proprio quella dei giocattoli.
Che, avverte Altroconsumo, “fanno male sia a chi li usa che a chi li produce”. Preoccupante la quantità di prodotti non a norma in Italia: su venti fra i giochi più venduti analizzati, 4 non hanno superato i test di sicurezza.
È passato solo un mese da quando la Guardia di Finanza ha sequestrato in tutta Italia giocattoli contenenti sostanze così tossiche da poter causare malformazioni nella crescita dei bambini.
Ma quello italiano è solo un tassello di un mosaico ben più grande. Le indagini e i test eseguiti in altri Paesi dell’Ue, infatti, hanno avuto risultati simili.
Tanto da portare diverse associazioni europee alla stessa conclusione: servono regole più stringenti nel controllo dei prodotti destinati ai più piccoli. Soprattutto visti i risultati delle revisioni alle direttive sulla sicurezza dei giocattoli 88/378/CEE e 2009/48/CE, adottata nel 2009 dopo ben 8 anni di discussioni.
Troppe chiacchiere e pochi fatti, secondo le organizzazioni per la difesa dei consumatori e dell’ambiente, per cui è stata inutile anche la creazione, nel novembre 2010, di un sottogruppo di esperti incaricati di trovare una soluzione al problema.
“Nonostante le preoccupazioni e i potenziali rischi per la salute dei bambini, la direttiva modificata continua a consentire l’uso di molte sostanze chimiche pericolose, cancerogene e allergizzanti”, denunciano Anec e Beuc.
Secondo le due organizzazioni, entrambe con sede a Bruxelles, in questi due anni “sono stati fatti ben pochi progressi”, e il Sottogruppo di lavoro ha completamente “fallito la sua missione” di proteggere i più piccoli.
“Urge una revisione radicale della direttiva sulla sicurezza dei giocattoli”, ribadiscono Anec e Beuc: “Sono ormai chiare le carenze, come la mancanza di un divieto generico delle sostanze Cmr (Cancerogene, Mutagene e tossiche per la Riproduzione, ndr) nei giocattoli destinati ai bambini di età inferiore a 36 mesi”.
Ma soprattutto, “è inaccettabile che si continui a giocare con la salute dei bambini”.
Meglio fare attenzione, quando arriva il momento di aprire le letterine per Babbo Natale.
Anche perchè, come avverte dall’Italia il Codacons, ci sono addirittura “giocattoli fabbricati con rifiuti speciali pericolosi”.
Attenti ad esempio alle bambole in plastica: “Spesso sono in pvc, una sostanza derivata dal cloro, con l’aggiunta di ammorbidenti che rendono il giocattolo morbido e duttile”, fa presente il presidente dell’associazione, Marco Donzelli: “Si teme che queste sostanze siano cancerogene e il rischio aumenterebbe se il prodotto fosse ingerito”.
“Privilegiate materiali naturali — consiglia Donzelli — come le bambole in stoffa, i peluche in fibre naturali come mohair e cotone, o i giocattoli in legno”.
Ma soprattutto, “non mettete in pericolo la sicurezza dei bambini per risparmiare qualche soldo”.
Per il presidente del Codacons, infatti, è “meglio fare qualche regalo in meno, piuttosto che rischiare di acquistare giochi contraffatti e pericolosi”.
Andrea Bertaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 18th, 2012 Riccardo Fucile
SABATO MONTI UFFICIALIZZERA’ LA SUA DECISIONE, SI PARLA DI UN DOCUMENTO PROGRAMMATICO… BERSANI TEME UN RIMESCOLAMENTO DELLE ALLEANZE QUANDO ORMAI VEDEVA VICINO IL TRAGUARDO…PER IL VOTO ORA SI PARLA DEL 24 FEBBRAIO
Invece di rispondere sul suo futuro, Monti prendeva appunti su un blocchetto. Così Pier Luigi Bersani ha avuto un flash: davanti a sè non aveva più il premier “neutrale” scelto per affrontare l’emergenza economica, ma un possibile sfidante alle elezioni di febbraio.
Tanto da evocare, prima di congedarsi, la battaglia elettorale. «Se sarai in campo, eviterò lo scontro frontale con te». Pausa. «Nei limiti del possibile».
Si può quindi parlare di gelo tra il segretario del Pd e il Professore dopo l’incontro a quattr’occhi di ieri pomeriggio.
Incontro teso, a tratti surreale vista l’incertezza sulla candidatura lasciata galleggiare nell’aria da Monti.
Lo stesso gelo si avverte ormai nei rapporti del Quirinale con Palazzo Chigi, testimoniato dalle parole di Giorgio Napolitano durante gli auguri natalizi alle autorità istituzionali. Un discorso che, non a caso, ha suscitato entusiasmo a Largo del Nazareno: «Un intervento molto significativo».
Bersani non vuole che il premier si presenti al voto con una sua lista.
Per carità , è legittimo che lo faccia, lui non alzerà le barricate.
Ma il colloquio, che verrà seguito da un altro a brevissimo giro, aveva, nelle mente del candidato premier del centrosinistra l’obiettivo di arrivare a una forma di collaborazione.
«So che a livello internazionale il punto di riferimento sei tu. In Italia però, per il nostro ruolo di cuscinetto sociale, per il dialogo con i sindacati, abbiamo qualche carta da giocare. Forse si può individuare una forma di coordinamento».
La domanda che non ha avuto risposta dal premier «perchè non ho ancora deciso se e come essere presente nella contesa politica».
Anche Monti ha accennato a un’offerta: un documento programmatico per la prossima legislatura che vorrebbe scrivere sottolineando alcuni punti irrinunciabili per il governo del Paese.
Un vero e proprio manifesto aperto a tutte le forze responsabili e non populiste, che esclude perciò Grillo, la lista Arancione e naturalmente Berlusconi.
Ma l’idea di questa piattaforma non convince il Pd.
Anzi, rischia di spaccare il partito che ancora vive il riflesso del duello Bersani-Renzi nella dialettica tra agenda Monti e agenda autonoma.
«Alcuni punti fermi vanno messi, sono d’accordo – è stata più o meno la risposta del segretario –. Ma come si fa rendere pubblico un documento del genere, a chiedere adesioni generalizzate? Porterebbe via voti a noi e li toglierebbe anche al tuo centro».
Eppoi, questo manifesto coinciderebbe con la rinuncia del premier a candidarsi o a sponsorizzare solo alcune liste?
Se Monti è in campo, a maggior ragione, l’offerta diventa irricevibile.
La situazione di stallo non piace ai democratici.
E se Bersani ostenta serenità , nelle stanze vicine alla sua, a Largo del Nazareno, si sente dire sempre più spesso che «se Monti salta un giro, non muore nessuno». In questo clima s’inserisce la frattura tra il Colle e Monti.
Le dichiarazioni di Napolitano suonano più come una minaccia che come una prova di amicizia alle orecchie di Palazzo Chigi.
L’incarico al prossimo premier lo darà l’attuale presidente della Repubblica, «suo malgrado».
E la scelta sarà dettata stavolta dalla normalità democratica, ossia cadrà sul vincitore delle elezioni, anche nel caso di un patto di governo tra progressisti e moderati.
Monti non ha nascosto la sua amarezza per il discorso di Napolitano.
«Non ho interrotto io bruscamente la legislatura, sono stato sfiduciato dal Pdl», ha detto ai ministri più fedeli prima del consiglio.
«Ed è naturale che chi vince nelle urne governa».
Ma non si è sbottonato sulla sua decisione. «Il lavoro che abbiamo fatto deve continuare, ma per quanto mi riguarda non so ancora come», ha confidato a un ministro.
Comunque, il documento programmatico è in fase di stesura.
Potrebbe essere pronto già sabato quando, nella conferenza stampa dopo le dimissioni, Monti comunicherà il suo orientamento.
La “sua” lista, vale a dire Verso la Terza repubblica, prepara le munizioni. Il premier consulta i sondaggi.
E intende dare a tutti più tempo per la raccolta delle firme necessaria a far correre nuovi simboli e nuove forze politiche, allungando di una settimana i tempi del voto.
Il ministro dell’Interno Cancellieri lavora da giorni sulla data del 17 febbraio. Monti invece sta pensando al 24 febbraio.
Un aiutino a Montezemolo e Riccardi ma che favorirà anche Movimento 5 stelle, la lista Arancione di Ingroia e De Magistris, i partiti satelliti di Berlusconi a cominciare da quello annunciato ieri da Ignazio La Russa.
Un altro segnale sulla strada della candidatura o della nascita di una lista Monti certificata? Non è detto. Il mistero rimane.
E Bersani scuote la testa: «Mi sembra tutto incredibile».
Goffredo De Marchis
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Dicembre 18th, 2012 Riccardo Fucile
CON ALBERTINI IN CAMPO I PADAGNI SI SONO ACCORTI CHE MARONI ANDREBBE SOLO A SBATTERE E NON SANNO PIU’ COME USCIRNE
L’annuncio della vigilia era roboante: lunedì al “federale” si decide, il Pdl dica se appoggerà la candidatura di Maroni in Lombardia, «altrimenti andiamo da soli», tuonava il segretario.
E invece niente, dopo il vertice della mattinata ad Arcore tra Berlusconi e Maroni, la Lega prende tempo fino a venerdì, guarda caso il giorno della verità per Monti, quando i due si vedranno di nuovo.
Ma il segretario, dopo l’incontro con il Cavaliere avverte i suoi: «Da soli in Lombardia perdiamo».
A Villa San Martino, l’ex premier (c’è anche Alfano) ribadisce di puntare su Maroni nella difficile partita lombarda.
Però bisogna ricostruire l’alleanza alle politiche.
Se c’è Monti la Lega si sfila, e dovrebbe sfilarsi pure se a guidare il centrodestra ci fosse Berlusconi, come conferma il leader del Carroccio in serata.
Ma l’investitura di Alfano a candidato premier, chiesta proprio da “Bobo”, da Berlusconi non arriva.
C’è dunque bisogno di un supplemento di trattativa.
Nel pomeriggio “federale” tormentato, circa tre ore: e alla fine il segretario si fa consegnare un «mandato pieno» in vista dell’incontro di venerdì.
Ma la prospettiva di un nuovo matrimonio col Pdl mette molti in allarme. Soprattutto i non lombardi. «Gli ultimi scandali sui rimborsi dei consiglieri regionali rendono la partita in Lombardia molto più difficile; senza il Pdl andiamo incontro a una più che probabile sconfitta», dice a più riprese il segretario, che ancora spera nella carta Alfano.
Però il prezzo da pagare è troppo alto, e una serie di interventi a raffica lo sottolinea. Gianluca Pini, segretario della Romagna, è tra i più accesi: «Sì, la Lombardia per noi è strategica, ma se torniamo con Berlusconi andiamo a sbattere e poi chi ci garantisce che Albertini si ritirerà ?»
In effetti l’ex sindaco che si è riscoperto “montiano” è lanciatissimo, e la sua corsa preoccupa non poco il leader del Carroccio.
Che ha in mano un sondaggio: con Albertini in campo, Maroni al 25 per cento, 12 punti in meno del candidato del centrosinistra Umberto Ambrosoli. Senza Albertini, invece, vincerebbe il leghista: con il 39 per cento.
Flavio Tosi scuote la testa e dice che se proprio ci si deve alleare con il Pdl in Lombardia bisogna «almeno» rinunciare a presentarsi alle politiche.
Tutto in queste ore passa da Arcore.
Silvio Berlusconi riceve a Villa San Martino anche Ignazio La Russa per benedire, presente Daniela Sananchè, la scissione tanto annunciata.
Poche ore dopo il “colonnello” la può annunciare a Porta a Porta.
L’incontro di Arcore si chiude con una stretta di mano e la prospettiva di una federazione, comunque, alle politiche.
La Santanchè resta tuttavia col Cavaliere.
Ma quello di La Russa è un doppio strappo.
A sorpresa non lo segue il “gemello” di una vita, Maurizio Gasparri, che resta come Matteoli e Ronchi nell’alveo berlusconiano.
E col passare delle ore anche Alemanno e la Saltamartini e i deputati a loro vicini dicono no a La Russa.
Continuano invece le trattative con Giorgia Meloni e Guido Crosetto, reduci dal successo della loro manifestazione di domenica.
Ieri il faccia a faccia tra la ex ministra e La Russa non è stato risolutivo.
Lei non vuole «annettersi» a qualcosa che è già nato altrove.
«Centrodestra nazionale è solo una ipotesi di nome » precisa non a caso lui da Vespa. Nel braccio di ferro innescato si discute di organigrammi e posti in lista, con la Meloni che ha ormai accarezzato il sogno di una corsa da leader. In serata lei e Crosetto firmano un comunicato per frenare: «Confronto aperto in attesa di risposte».
Le trattative continuano ma molti le danno in dirittura d’arrivo.
Rodolfo Sala
argomento: LegaNord, Maroni | Commenta »