Dicembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
IL PDL VOLEVA FARE SALTARE ANCHE IL DIMEZZAMENTO DELLE PROVINCE PER MANTENERE LA POLTRONA A QUALCHE CULO LEGHISTA E MONTI HA RITENUTO CHE LA MISURA FOSSE COLMA
Proviamo a ragionare sulle cose certe.
Mario Monti s’è rotto le palle.
S’è rotto le palle dei partiti e delle loro continue bizze. S’è rotto le palle di Alfano, Berlusconi, Cicchitti vari e affini, tutta gente che gli dice una cosa e fa il contrario, dà la parola e non la mantiene.
Secondo dato certo. Non ha nessuna intenzione di rimanere a palazzo Chigi a prendere gli schiaffi e gli sputi di Berlusconi o della Biancofiore di turno. Considera il Pdl una banda di pazzi, una nave alla deriva con un carico di esplosivo, al timone un Cavaliere fuori di testa.
Ultimo dato è quello sulle province.
Un provvedimento concordato con il Pdl passo dopo passo. Poi si sveglia un certo Saltamartini, un pupazzo nelle mani di Gasparri che lo ha messo a fare il relatore della riforma, che annuncia che presenterà la pregiudiziale di costituzionalità : in pratica vuole radere al suolo il dimezzamento delle province, chiesto a gran voce da Ue e Bce, con le quali si era già impegnato Berlusconi quando era premier più di un anno fa.
Monti non ci sta.
Così butta la palla nel campo del Pdl.
Le sue dimissioni sono un gesto di sfida.
Un modo per dire: se volete sfiduciarmi abbiate il coraggio di farlo apertamente, assumetevi la vostra responsabilità e spiegatela al Paese e alla comunità internazionale.
Tutto ciò impone un’accelerazione.
Il voto il 10 marzo non è più una certezza, sempre più probabile che si aprano le urne a febbraio.
E lui? SuperMario? Che farà ?
Non credo che Monti abbia deciso di fare un suo partito.
Ma già vi ho detto che la sua storia sta ripercorrendo quella di Lamberto Dini.
Da stasera tuttavia non mi sento di escludere una formazione politica montiana.
Ma sono tante ancora le variabili. Anzitutto bisogna vedere quanti del Pdl siano disposti a seguire fino alla morte Berlusconi nel suo disegno folle di tornare a vincere.
(da “Il Portaborse“)
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Dicembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
A RISCHIO LA TENUTA DEL PAESE, MONTI METTE ALL’ANGOLO LA MOSSA SCONSIDERATA DEL CAVALIERE… UN PARTITO ALLO SFASCIO CHE CERCA L’ALLEANZA CON LA FECCIA RAZZISTA PER SALVARSI DAI PROCESSI
Prima la Legge di Stabilità , poi le dimissioni. Perchè “il presidente del Consiglio non ritiene possibile l’ulteriore espletamento del suo mandato”. Mario Monti si è dimesso.
O, meglio, ha annunciato che lo farà dopo l’approvazione del dl da cui dipende la tenuta economica dell’Italia.
Il motivo? La sfiducia del Pdl, come si legge chiaramente nella nota diffusa dal Quirinale: “Il premier ha rilevato che la dichiarazione resa ieri in Parlamento dal segretario del Pdl Angelino Alfano costituisce, nella sostanza, un giudizio di categorica sfiducia nei confronti del Governo e della sua linea di azione”.
Da qui la decisione. Almeno quella ufficiale.
Secondo fonti ministeriali, al contrario, la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata invece la pregiudiziale di costituzionalità sull’accorpamento delle province.
La prossima tappa, del resto, Monti l’ha già fissata.
Ed è scritta a chiare lettere nel comunicato del Colle: “Il Presidente del Consiglio accerterà quanto prima se le forze politiche che non intendono assumersi la responsabilità di provocare l’esercizio provvisorio — rendendo ancora più gravi le conseguenze di una crisi di governo, anche a livello europeo — siano pronte a concorrere all’approvazione in tempi brevi delle leggi di stabilità e di bilancio. Subito dopo — prosegue la nota — il Presidente del Consiglio provvederà , sentito il Consiglio dei Ministri, a formalizzare le sue irrevocabili dimissioni nelle mani del Capo dello Stato”.
Questo perchè il Professore non ha nessuna voglia di farsi ulteriormente “impallinare, nè logorare” dalla propaganda berlusconiana, nè di non far diventare il suo esecutivo bersaglio annunciato del disegno pre-elettorale di Berlusconi&Co.
La mossa del capo del Governo ora potrebbe comportare cambiamenti radicali nella road map tracciata da Giorgio Napolitano, con le elezioni politiche anticipate rispetto al 10 marzo e l’approvazione della legge di Stabilità a prima di Natale.
In tal senso, la data fissata sarebbe quella del 19 dicembre.
Dopo di che il Colle passerebbe allo scioglimento delle Camere, con le consultazioni per il nuovo parlamento nella seconda metà di febbraio.
Questa ipotesi seguirebbe un disegno ben preciso, che punta a raggiungere un duplice obiettivo.
Con una campagna elettorale sensibilmente più corta, infatti, diminuirebbe il rischio esposizione dell’Italia sui mercati e si darebbe meno tempo al Pdl per organizzare la propaganda in vista del voto.
Del resto, era ciò che chiedeva il segretario del Partito democratico Pier Luigi Bersani durante le ‘consultazioni informali’ di ieri al Quirinale.
Il leader democrat, infatti, aveva assicurato lealtà al governo, sottolineando al contempo di non voler “lasciare mani libere” al Pdl in vista di una campagna elettorale tutta orientata contro l’operato del governo tecnico.
Non solo.
Bersani aveva anche provato a far anticipare la data del voto, proprio per non lasciare troppo tempo ai berlusconiani per riorganizzarsi.
Proprio per questo motivo, del resto, pare che l’accelerazione impressa da Monti non sia piaciuta per niente all’interno del Pdl, anche perchè ci sarebbe la convinzione che Monti abbia condiviso la sua exit strategy sia con Pierferdinando Casini che con Pier Luigi Bersani.
Nella nota del Quirinale, tuttavia, si evince anche una sorta di sfida o quantomeno un messaggio assai chiaro lanciato dall’ex rettore della Bocconi a Berlusconi e al Pdl.
Il passaggio è quello in cui Monti parla di accertare “quanto prima se le forze politiche che non intendono assumersi la responsabilità di provocare l’esercizio provvisorio — rendendo ancora più gravi le conseguenze di una crisi di governo, anche a livello europeo — ” siano disposte a votare subito sì alla Stabilità .
Come dire: subito il provvedimento economico, altrimenti la responsabilità del possibile disastro sui mercati e in termini di credibilità in Europa ricadranno sul Popolo della Libertà .
Il partito azzurro, a questo punto, può decidere o meno se approvare in tempi record la Stabilità .
Se non lo fa, il Paese potrebbe ritenerlo responsabile dello sfacelo economico; se invece vota sì subito, avrà pochissimo tempo per riorganizzarsi intorno al vecchio leader, che comunque ha già lanciato la sua campagna elettorale.
Da comprendere, inoltre, quale sarà l’atteggiamento dei Pdl nei confronti dell’election day con le regionali di Lombardia e Molise: fino a ieri fortemente voluto dal Cavaliere per provare a sfruttare l’effetto scia del voto al nord (e conquistare così un numero di senatori sufficiente a render difficile la vita a Palazzo Madama), ora rischia di diventare un fardello non di poco conto per la mancanza di tempo utile ad organizzarsi.
Non è escluso, infine, che prima o in coincidenza dell’arrivo in aula della Legge di Stabilità , il Professore parli al Parlamento per mettere i puntini sulle ‘i’.
Fondamentale, a questo punto, arrivare a lunedì e capire come i mercati reagiranno all’ufficializzarsi della crisi del governo italiano.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
L’ANNUNCIO A SORPRESA DOPO DUE ORE DI COLLOQUIO AL QUIRINALE…. LE DIMISSIONI APPENA APPROVATA LA LEGGE DI STABILITA’
Un colpo di scena alle 21.30.
Dopo oltre due ore di incontro al Quirinale, l’annuncio: “Monti intende rassegnare le dimissioni, dopo l’approvazione della legge di stabilità . Impossibile proseguire dopo la sfiducia del Pdl”.
E poi la precisazione, in una nota: “Il Presidente del Consiglio accerterà quanto prima se le forze politiche che non intendono assumersi la responsabilità di provocare l’esercizio provvisorio – rendendo ancora più gravi le conseguenze di una crisi di governo, anche a livello europeo – siano pronte a concorrere all’approvazione in tempi brevi delle leggi di stabilità e di bilancio. Subito dopo il Presidente del Consiglio provvederà , sentito il Consiglio dei Ministri, a formalizzare le sue irrevocabili dimissioni nelle mani del Capo dello Stato”.
Un’accelerazione arrivata alla fine di una giornata politica segnata anche dall’annuncio di Berlusconi: “Torno in campo per vincere”.
Con il contorno di critiche all’azione del governo.
Monti, in realtà , aveva già inviato più di una frecciata al Cavaliere durante il suo intervento a un convegno a Cannes. “Bisogna assolutamente evitare che l’Italia ricada nella situazione precedente quando, prima di questo governo, ha rischiato di essere il detonatore che poteva far saltare l’Eurozona”, ha detto.
E poi: “Il fenomeno del populismo esiste in molti paesi e anche in Italia: è un fenomeno molto diffuso con la tendenza a non vedere la complessità dei problemi o forse a vederla, ma a nasconderla ai cittadini elettori. Purtroppo questa scorciatoia verso la ricerca del consenso, anche attraverso la presentazioni di promesse illusorie, è un fenomeno che sta caratterizzando la vita politica”.
Poi, alle domande sulla situazione politica italiana, ha risposto: “Non sono preoccupato, mi sembra una situazione gestibile nella normalità della vita democratica di un Paese. La politica italiana è complessa, ma quest’anno abbiamo fatto passi avanti che altri paesi hanno considerato di fare ma che non hanno fatto. L’italia è uscita da una situazione grave con una strana grande coalizione. In un anno abbiamo fatto riforme che nessun partito da solo poteva fare e che sono state possibili grazie al disarmo delle forze politiche.”
Ma poi, a proposito di possibili aiuti europei antispread, ha aggiunto sibillino: “Sarei felice se noi non avessimo bisogno, nonostante le recenti piccole ‘crespaciones’ (increspature, ndr) come direbbe il mio amico Almunia, di usare questi strumenti”.
(da “La Repubblica“)
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Dicembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
“IL PROSSIMO GOVERNO SARA’ POLITICO, MA DOVRA’ ESSERE GUIDATO DA MONTI”
La legislatura si concluderà con un mese d’anticipo rispetto alla scadenza naturale, non di più, e le ultime settimane dovrebbero scorrere senza particolari intoppi.
Ne è convinto Gianfranco Fini, presidente della Camera, ospite della videochat de La Stampa.
«Ieri in aula i discorsi erano già tutti con un tono comiziale – ammette Fini – probabilmente si voterà a marzo. La fine della legislatura non sarà traumatica e forse nemmeno accelerata. Il presidente della Repubblica ha chiesto ai gruppi di maggioranza e ai presidenti delle Camere di garantire lo svolgimento ordinato delle fasi che ci porteranno alla fine della legislatura». Anche il leader di Futuro e Libertà rivela che non si aspettava «la decisione del Pdl di mettere il governo Monti con le spalle al muro, dichiarandone esaurita la sua fase»,. spiegando però che «le motivazioni di Cicchitto e Alfano – e cioè che la loro decisione è frutto di un fallimento della politica economica dell’esecutivo- non mi convincono. Credo che ci siano motivazioni diverse e cioè che dietro ci sia il ritorno di Berlusconi».
Il discorso cade quindi sull’ex alleato: «Lui intende le sue creature politiche come un possesso personale e non riesce ad accettare che nel partito ci siano posizioni diverse».
Fini svela quindi quello che definisce «il suo più grande errore politico: non aver compreso che l’ingresso di An nel Pdl avrebbe fatto venir meno in Berlusconi la necessità di trovare un compromesso. Secondo lui, la sua opinione era quella di tutti, soprattutto in tema di giustizia. Prima, invece, quando eravamo due partiti diversi, sapeva che doveva confrontarsi con me e quindi cercavamo il compromesso».
Il progetto politico
Ma il Pdl ormai fa parte del passato. Ora Fini è al lavoro con Casini e Montezemolo per costruire una Lista per l’Italia, ma gli ostacoli non sono pochi e il progetto ancora non ha visto la luce.
«Ho invitato i miei amici ad accelerare – dice Fini – e dobbiamo coinvolgere i cittadini. Sia per quanto riguarda i programmi, sia per la scelta dei candidati». Dopo l’esperienza dei tecnici, per Fini il prossimo governo dovrà essere politico, ma «per l’interesse nazionale è utile che alla sua guida ci sia ancora Monti, che gode di grande credibilità internazionale».
Per superare la frammentazione del Centro, Fini invita a «mettere da parte i personalismi e ripartire dai programmi».
Tra i punti economici, sicuramente ci sono quelli dell’agenda Monti «nella parte del contenimento della spesa e del controllo delle finanze», ma Fini ci tiene a precisare che nel suo programma c’è anche «tutta una parte di come rilanciare l’Italia».
Il coinvolgimento dei cittadini
Il presidente della Camera vorrebbe che le questioni programmatiche («l’integrazione europea, un federalismo diverso, il welfare») fossero decise attraverso dei referendum.
E anche la scelta dei candidati «dovrebbe vedere il coinvolgimento dei cittadini».
Una sorta di primarie, quindi, anche se Fini sa benissimo che «il paragone con quelle del centrosinistra sarà tutto a nostro danno, ma perchè non provarci?».
Applausi, quindi, a Bersani e ai suoi sfidanti («è stato un bel confronto»), mentre non si può dire lo stesso delle parlamentarie del Movimento Cinque Stelle: «Non mi hanno convinto e mi pare che non abbiano convinto nemmeno i suoi militanti. C’è chi dice che ci sia stata troppa trasparenza, dopo che Grillo aveva fatto della trasparenza una bandiera».
Sul fenomeno Grillo e sul successo dell’antipolitica, infine, una battuta: «Gli italiani devono capire che non si può buttare il termometro, ma bisogna curare la febbre».
La cittadinanza agli stranieri
Per quanto riguarda i provvedimenti da adottare nella prossima legislatura, Fini è tornato a parlare di una sua vecchia proposta: dare la cittadinanza agli italiani di seconda generazione: «Bisogna cambiare la legge per garantire a chi nasce in Italia, o ci arriva piccolissimo, di diventare cittadino prima dei 18 anni, magari già dopo le scuole elementari. Non sono per uno ius solis automatico, ma per uno ius solis temperato. Però chi tifa le nostre squadre o si emoziona davanti al tricolore, è giusto che diventi italiano”.
Marco Bresolin
(da “La Stampa“)
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Dicembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
BLOCCARE LE SENTENZE, AGGANCIARE LA LEGA PER AVERE UN NUMERO DI SENATORI SUFFICIENTI PER RENDERE IMPOSSIBILE GOVERNARE IL PAESE… LETTA LO SCONSIGLIA, ALFANO NON APPROVA MA ESEGUE… UNA FETTA DEL PARTITO E’ CONTRARIA, MA ORMAI HA DECISO
La determinazione finale è chiara: diventare ago della bilancia assoluto per il raggiungimento della maggioranza nel Senato che verrà .
Nel giorno in cui Napolitano ha cominciato, di fatto, le consultazioni per arrivare ad una soluzione morbida della crisi aperta al buio, Silvio Berlusconi ha reso chiaro il progetto elettorale che intende raggiungere attraverso la nuova discesa in campo e il restyling del Popolo delle Libertà .
La sua, ormai, è una corsa contro il tempo: vuole andare in campagna elettorale prima che gli arrivi una condanna (dal caso Ruby al nastro Fassino-Consorte).
Il Cavaliere è convinto che alle soglie delle elezioni i giudici eviteranno una sentenza e la rinvieranno a dopo il voto. Ma non è solo questo il motivo che spinge Berlusconi a correre: “Prendiamo le distanze, facciamo un’azione di disturbo quotidiana e prepariamo la campagna elettorale: se agganciamo la Lega prendiamo il 27% e il pareggio al Senato è assicurato. Così sarò di nuovo io a dare le carte”.
Forte di un rapporto con la Lega che, malgrado le apparenze, non sembra essere scalfito dal tempo e dalle sconfitte, Berlusconi sa che il Porcellum, in questa fase, gioca a favore di Bersani, ma anche suo.
E’ il meccanismo stesso della legge, basato su collegi su base regionale (con liste bloccate) a spianare la strada ai suoi desiderata più arditi.
Che neanche Grillo sarebbe in grado di raggiungere, se non altro perchè il Movimento 5 Stelle non è ancora diffuso il modo capillare su tutto il territorio nazionale.
Insomma, il Cavaliere punta in alto e a ritornare determinante nella prossima legislatura.
“Hanno provato in tutti i modi a farmi fuori, in ultimo col decreto liste pulite, ma ormai io sono in campo e non possiamo morire con questo governo: la campagna elettorale per quanto mi riguarda è già iniziata”.
Imprevedibile come sempre, il Cavaliere.
Oltre che — certamente — irresponsabile, per dirla con Bersani. La gran parte del partito non ha perso tempo e già nelle prime ore dopo l’annuncio ha dichiarato la resa incondizionata al suo leader. Ex An compresi.
Altri, i filo montiani e non solo loro, sono ancora allo sbando.
Da Crosetto a Frattini, da Pisanu a Mantovano a Mauro, in tanti sono con un piede fuori dal partito.
Nel Pdl ora soffia più che mai il vento di scissione.
Da fuga per la sopravvivenza, verso i lidi centristi.
Sul voto sui costi della politica, tanto per fare un esempio, alcuni esponenti del Pdl non hanno seguito la linea dell’astensione dei vertici.
Si tratta di Alfredo Mantovano, Giuliano Cazzola, Gennaro Malgieri, Marcello De Angelis, Carlo Nona, Barbara Saltamartini, Mario Valducci, Francesco Biava, Franco Frattini e Mario Landolfi; un fiume carsico di dissidenza che s’ingrossa.
Intanto, una campagna elettorale roboante bolle già in pentola.
La data è il 17 dicembre, giorno in cui si dovrà pagare la seconda rata dell’Imu.
Sarà quello il momento giusto per la prima, grande manifestazione di piazza del nuovo giro di giostra di Silvio Berlusconi.
Chiamerà a raccolta la sua solita claque, il suo solito popolo, a scendere in piazza contro l’odiata tassa, contro l’euro, contro l’oligarchia europea e l’odiata Merkel che ci hanno “tolto sovranità ”.
E, soprattutto, contro il governo delle tasse “a cui dobbiamo dire basta”.
L’ha detto ad un attonito Gianni Letta che pare si fosse speso fino allo spasimo per invitarlo a non ricandidarsi, ad evitare di “farsi del male, a sè e alle aziende”; qualche minuto dopo l’annuncio della nuova discesa in campo, giovedì, lo spread era subito salito al 338.
Ma, ormai, il vecchio Caimano ha deciso e nulla lo fermerà .
Ad Alfano, che ha assistito quasi senza parole all’ennesimo sfogo di Berlusconi contro “chi sta affossando il Paese” (Monti), il Cavaliere ha fatto anche ingoiare il ticket Maroni-Gelmini per la Lombardia, con buona pace di Cl e di Lupi che, a questo punto, stanno valutando la rottura definitiva.
Alfano è stato al Quirinale per portare le condizioni di Berlusconi per l’election day e scandire quelle che, a parere del Pdl, dovranno essere le tappe per concludere la legislatura senza scosse.
Ormai la questione dell’incandidabilità è tramontata; Monti è riuscito a calibrare il provvedimento in modo da lasciare l’asticella delle condanne abbastanza bassa (due anni), ma ha salvato quelli che sono stati condannati in seguito ad un patteggiamento della pena.
Dunque anche Dell’Utri, dunque anche Grillo. E anche Brancher e persino Marcello De Angelis, 5 anni per associazione sovversiva e banda armata nell’89; ha già scontato la sua pena.
Di nuovo tutti dentro, allora.
Ma al Quirinale si è parlato soprattutto di elezioni.
Anche se c’è chi, nel Pdl ma non solo, sospetta che qualora Monti si ripresentasse alle Camere per riottenere la fiducia la otterrebbe perchè il Pdl è e resta spaccato.
Con numeri oggi più incerti, però, visto che ben 70 adepti che erano dati in partenza hanno fatto a gara a rimettersi in coda per il sacro bacio della pantofola.
La giornata delle consultazioni è stata cruciale per la svolta anche per chi aveva già fatto i conti per un riposizionamento e una scissione.
La Russa aveva da tempo pronto il simbolo e il nome di un nuovo soggetto di destra dove far convergere anche l’area storaciana, Crosetto si era riunito con i suoi, dalla Bertolini a Stracquadanio, ma continuava a non farsene una ragione di questo sfascio imminente.
Più di uno ha assicurato di aver visto il “gigante di Marene” ancora con le lacrime agli occhi “perchè invece di andare avanti, siam tornati indietro, ma tanto indietro..”.
Intanto, si fanno i conti sulle perdite certe determinate dalla nuova discesa in campo del Cavaliere.
Le incertezze politiche italiane cadono come un macigno sui BTp e sullo spread. E’ l’assetto governativo futuro a preoccupare. Intanto, si mangerà il panettone con la legge di stabilità e col decreto-sviluppo.
Col taglio delle province che traballa e il dl salva-Ilva che galleggia nella tempesta.
Poi poco altro, addirittura forse nient’altro. Con leggi (da fare) che rischiano pericolosamente di finire sul binario morto, anche se poco hanno a che fare con gli interessi politici o di parte, ma che incidono su scadenze e impegni istituzionali e di bilancio inderogabili, come ha ricordato il capo dello Stato, a cominciare dall’attuazione della legge sul pareggio di bilancio.
Ma anche la delega fiscale. Il tanto annunciato Vietnam parlamentare, si è materializzato.
E, con le camere che verranno sciolte subito dopo la pausa natalizia, il grande ingorgo s’è trasformato in una delicatissima paralisi di fine legislatura.
Sara Nicoli
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
CIDA, ASSOCIAZIONE CHE RACCOGLIE 800.000 DIRIGENTI E QUADRI, CONTRO IL RITORNO DI SILVIO: “FA RIPIOMBARE IL PAESE NEL BARATRO”
E ottocentomila manager mollarono Silvio Berlusconi sul viale del ritorno.
Ieri, mentre il Pdl ritirava il sostegno a Mario Monti qualcuno ha battuto un colpo, un sussulto inatteso anche solo per la provenienza.
“L’azione ostruzionistica del Pdl in Senato fa ripiombare il Paese nel baratro, come ci ammoniscono la risalita dello spread e la discesa della Borsa. È da irresponsabili anteporre gli interessi di parte e di partito a quelli del Paese e questo vale per chiunque lo faccia e qualsiasi sia il motivo”.
Così parla Silvestre Bertolini che non è un politico, non è espressione di uno schieramento, ma è il presidente di Cida, un’associazione che rappresenta 800mila tra dirigenti, quadri e manager del pubblico e del privato. Insomma, sono gli uomini d’azienda i primi, oggi, a scongiurare un ritorno del politico-imprenditore.
E lo fanno con un comunicato che arriva a tempo di record, appena il Popolo della Libertà fa mancare il sostegno al governo.
I concetti sono netti quanto imprevisti ed esprimono a parole quello che spread e Borsa, a fine giornata, avevano appena rivendicato coi numeri: Berlusconi? No grazie.
“La vecchia e peggiore politica che ha condizionato la vita dell’Italia negli ultimi decenni — continua Bertolini — torna in campo ed entra subito a gamba tesa. Mancano pochi mesi alle elezioni, dove i partiti e gli schieramenti potranno presentarsi con i loro progetti e gli italiani scegliere democraticamente a chi dare fiducia. Da qui a là c’è bisogno di tranquillità , si fa per dire, e di confrontarsi sulle idee e soprattutto sui programmi per dare un futuro al Paese. Ma sino ad oggi programmi se ne sono visti pochi e, invece di giocare a carte scoperte e lavorare per il bene del Paese, stiamo ritornando alle solite”.
E’ un piccolo ma importante segnale di cedimento del consenso berlusconiano anche nel campo naturale in cui si è propagato.
Nella stessa area, Confindustria per ora tace, aspettando forse di capire cosa succederà nelle prossime ore.
Ma di “irresponsabilità ”, di “comportamenti da condannare” e “comportamenti senza senso” parla chiaramente il portavoce della Cida, una confederazione sindacale che raccoglie gli iscritti delle principali associazioni di manager del Paese, Federmanager a ManagerItalia in testa.
“Ogni azione — è l’appello — quali quelle che si stanno prospettando, da qualsiasi parte vengano, sono un gravissimo gesto di irresponsabilità e di disinteresse verso tutti gli italiani. Abbiamo bisogno della politica, ma della buona politica, non di quella vecchia e poco utile che ritorna a far capolino con comportamenti che sono da condannare”.
Insomma, sembra chiaro che la categoria — a meno che non si tratti di un colpo di testa del presidente Bertolini — ha deciso di sconfessare apertamente la linea del Pdl e auspichi si stacchi la spina a Berlusconi prima ancora che lui la stacchi a Monti.
“Si lascino da parte interessi di parte, egoismi, permalosità eccetera, quello che oggi deve prevalere è solo e unicamente l’interesse del Paese. Chi ha idee e programmi utili lo dimostri nei mesi che ci separano dal voto e lo metta al vaglio degli italiani alle elezioni di primavera. Ogni altro comportamento non ha alcun senso e farebbe precipitare le cose, disperdendo tutto quello che, nel bene e nel male, abbiamo fatto nell’ultimo anno, riuscendo comunque a salvarci dal baratro. Baratro che è sempre lì e nel quale basta poco per cadere”.
Thomas Mackinson
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
LE RIFLESSIONI E LA NECESSITA’ DI UNA LUNGA MEDITAZIONE
Si diffonde a sinistra un vago innamoramento per Giorgia Meloni, meritevole di non essersi sdraiata ai piedi del Cavaliere e di aver insistito, coraggiosamente, per le primarie.
La giovane Giorgia non ci sta alla logica del partito personale, vuole fare politica e oggi, dopo la ridiscesa in campo di Berlusconi, chiede polemicamente dove sono gli organi di partito, dove si può discutere delle decisioni prese, dove si può dire che non si è d’accordo.
Sono questioni importanti, che meritano di essere prese molto sul serio.
La Meloni deve averci riflettuto a lungo, negli anni passati, nelle lunghe sere ad aspettare Silvio alla festa di Atreju, oppure durante i consigli dei ministri del governo di cui ha fatto lungamente parte.
Riflessioni silenziose, o appena sussurrate.
Forse perchè prima di renderle note al popolo con tanta fermezza serviva una intima e faticosa elaborazione.
E quando sei ministro hai talmente tante cose da fare che ti manca il tempo, anche a volerlo fare, per discutere della democrazia.
Marco Bracconi
(da “politica pop”)
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Dicembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
CICCHITTO REPLICA: “ALBERGATORE DI BERLUSCONI”… L’IMPRENDITORE: “PARLANO TUTTI DI RINNOVAMENTO, SONO TUTTI FUORI”
La sua apparizione a Servizio Pubblico, qualche settimana fa, aveva in effetti innescato qualche retropensiero.
Perchè Flavio Briatore è ospite di Michele Santoro? Solo per puntare il dito contro l’aggravio di ostacoli, paletti e difficoltà che un Paese come l’Italia crea all’imprenditore nella crisi?
Solo per fare sfoggio di generosità rispondendo al grido di dolore di una donna alle prese con gravi ristrettezze economiche promettendole un mensile di 500 euro mensili per un anno?
No, evidentemente c’era dell’altro.
Briatore si è esposto perchè ha una missione da compiere.
Forse segreta, o almeno lo era fino a quando il canuto imprenditore non ha estratto la tastiera e ha “crivellato” di tweet tutta la vecchia guardia del centrodestra.
“Da Vespa è imbarazzante: 6 tromboni che si accusano a vicenda,bla bla bla. FUORI TUTTI”.
Poi Briatore inizia a fare nomi e cognomi: “Gasparri e Cicchito in tv fanno perdere 3-4 punti al Pdl. Non si rendono conto…”.
Poi, dopo aver parlato da presunto esponente del Paese reale (“Tutti i tg parlano di effetti positivi,calo degli interessi, danaro meno caro etc Tutta teoria provate a chiedere un mutuo,o un finanziamento”) e fatto sapere al popolo del social network che i suoi “resort in Kenya sono pienissimi fino al 15 gennaio, dopo abbiamo un po’ di disponibilità …”, Briatore molla il colpo anche a Bersani e Casini: “Parlano di rinnovamento (loro), Berlusconi il vecchio…per me sono tutti fuori!”.
Ecco, l’ultimo tweet sembra rivelatorio sul chi abbia affidato a Briatore il ruolo di rottamatore: che sia stato proprio Lui, il Cav, che si è sentito tradito e deluso dai dirigenti del suo stesso partito, a ingaggiare questo outsider, estraneo alla politica e noto per il suo parlare sempre chiaro, magari a sproposito, comunque fuori dai denti, senza filtri, per sbriciolare l’immagine di una dirigenza da rottamare?
Briatore, il megafono perfetto della pancia berlusconiana. Quasi un ventriloquo.
Per metterlo a tacere, Fabrizio Cicchitto non usa argomenti sottili, prende la scorciatoia più immediata.
“Briatore è un personaggio pittoresco, dalle competenze interdisciplinari, che si è occupato di automobilismo, di night, di ristoranti e di altro ancora. Il fatto che sia diventato anche l’albergatore di Berlusconi gli ha evidentemente dato alla testa. Speriamo che la sbornia gli passi presto”.
A sostegno dei “tromboni”, ecco scagliarsi contro Briatore anche il senatore del Pdl Achille Totaro: “Briatore ora si esibisce come esperto di politica mentre si è sempre occupato di donne e motori. Continui a farlo in Africa o dove vuole senza offendere il prossimo. Sarebbe facile polemizzare con lui su tanti argomenti. Ma non ne vale la pena soprattutto in un momento così difficile per l’Italia. Forse è più serio Panariello che lo imita negli spot pubblicitari”.
(da “La Repubblica“)
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Dicembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
IL QUOTIDIANO ECONOMICO INGLESE TITOLA: “IL RITORNO SGARBATO DI SILVIO”…”HA PORTATO L’ITALIA SULL’ORLO DEL COLLASSO, NON AVREBBE SCRUPOLI A FARLO DI NUOVO”… NEW YORK TIMES: “SI AVVICINA UN TURBOLENTO FUTURO”
La giornata caotica che ha visto il Popolo della libertà minacciare di far cadere il governo Monti e l’incertezza dello scenario politico italiano hanno avuto grande evidenza sulla stampa economico-finanziaria.
Il britannico Financial Times, con un editoriale di Bill Emmott intitolato “Il ritorno sgarbato di Silvio”, descrive la giornata politica di ieri e invita il presidente del consiglio a non compromettersi con il suo predecessore sfidandolo a votare contro la legge sulla incandidabilità dei condannati.
“Se Berlusconi avesse un minimo di pudore, smetterebbe di giocare con il suo paese”, scrive l’editorialista del Financial Times che definisce un gesto “assurdo” il boicottaggio del voto messo in atto dal Pdl.
Ma nella sua vita l’ex premier, prosegue il quotidiano britannico, ha dimostrato che “non conosce il pentimento”.
“L’anno scorso Berlusconi ha portato l’Italia sull’orlo del collasso, non avrebbe scrupoli a farlo di nuovo”, attacca il quotidiano finanziario britannico. Quanto a Monti, il giornale lo esorta a non retrocedere di fronte al suo predecessore e sfidarlo a votare contro la legge sull’incandidabilità . Certo, precisa il Financial Times, questo potrebbe costare al professore la tenuta del suo governo. Ma gli elettori faranno poi sapere alle urne cosa pensano di Berlusconi e della sua mossa “velenosa”.
Emmott invita gli investitori ad “imparare a vivere senza Monti”.
Sarà una grande “responsabilità ” sostituire un uomo riconosciuto come un “salvatore” dalla comunità internazionale, scrive Emmott, e molto probabilmente a “prenderne il posto non sarà Berlusconi, anche se ha annunciato un ennesimo ritorno, ma l’ex comunista Pier Luigi Bersani”.
Tuttavia il leader del Pd è “molto lontano dall’incarnare il comunista” classico nello stesso modo in cui “Berlusconi possa essere preso come un modello di rettitudine”. Una “vittoria netta di Bersani è un requisito necessario per fare le riforme”, aggiunge l’autore ma “gli investitori si chiederanno se ciò sarà sufficiente per affrontare i problemi cronici dell’Italia”.
Emmont spiega che il record di Bersani come ministro dello sviluppo economico nel governo Prodi del 2006-2008 è “moderatamente promettente”.
Ma le riforme liberali da fare oggi devono essere “molto più ampie” e per raggiungere l’obiettivo Bersani “dovrà uccidere molte mucche sacre della sinistra”.
La malattia cronica dell’Italia, sottolinea l’autore, “è stata alimentata dalla distruzione della meritocrazia nelle università e nel settore pubblico da parte della sinistra, dal suo rifiuto di contemplare il modello scandinavo per riformare il mercato del lavoro” ed essere sempre “sospettosa del capitalismo”, sospetto incarnato recentemente dalla “demonizzazione di Sergio Marchionne”. Per l’autore “la grande sfida” di Bersani “è cambiare tutto questo”.
Il Financial Times non è l’unico a commentare la situazione politica del nostro Paese. Restando in Gran Bretagna, la Bbc osserva come ora il governo Monti sia “meno stabile” mentre il Daily Telegraph, parlando di “dramma” politico, titola: “Il partito di Berlusconi minaccia di buttare giù il governo”.
In Francia “Il partito di Berlusconi minaccia la stabilità del governo Monti” è il titolo di Le Figaro mentre Le Point, in un articolo intitolato “In attesa di Berlusconi”, sottolinea come il Cavaliere, “ieri pestifero, oggi beneficia di un ritorno di grazia. Senza di lui la destra sembra persa…”.
In Germania “Berlusconi e i suoi alleati segano la sedia di Monti” è il titolo del foglio economico Handelsblatt, mentre Die Welt sintetizza: “Il governo Monti minacciato dalla crisi”.
Lo spagnolo El Pais, in un articolo intitolato “Berlusconi minaccia di lasciar cadere il governo tecnico di Monti”, scrive come il Cavaliere “sia disposto a morire uccidendo” e, al di là della sua prospettiva elettorale, si senta “minacciato dalle riforme del governo che lo potrebbero lasciare fuori dalle istituzioni, alla mercè dei giudici”.
Di analogo tenore i commenti delle testate negli Stati Uniti.
Il New York Times interpreta l’iniziativa del centrodestra come il “segnale di un nuovo, turbolento futuro” per la politica italiana.
“Il partito di Berlusconi esce, facendo sobbalzare il governo italiano” è invece il titolo del Wall Street Journal, che sottolinea come la prospettiva di una crisi politica abbia avuto effetti “immediati” sui mercati.
E “la mossa di Berlusconi cristallizza quanto sia instabile la situazione politica ora che la campagna elettorale ha ingranato la marcia”.
The Daily Beast, infine, titola “Silvio Berlusconi: il burlone è tornato” e evidenzia come da ora un poi una cosa “sia certa: la capacità di Monti di governare senza intralci è persa per sempre. E Berlusconi ha dimostrato, ancora una volta, di avere potere in Italia”.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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