Dicembre 17th, 2012 Riccardo Fucile
AUMENTANO LE EPURAZIONI E CALANO I CONSENSI: LA DEMOCRAZIA SECONDO GRILLO
Cresce la lista degli epurati del Movimento 5 Stelle.
Dopo Valentino Tavolazzi e il gruppo di Cento, Giovanni Favia e Federica Salsi, ora tocca ai militanti forlivesi. Sono fuori.
Hanno ricevuto, con una raccomandata dell’avvocato di Beppe Grillo, Michelangelo Montefusco, l’intimazione a non usare più il segno distintivo del movimento.
La ragione dell’estromissione non la conoscono.
Nella lettera del legale si ricorda solo che “l’uso del nome e del marchio è riservato a quanti abbiano ottenuto la certificazione di una lista di candidati in vista di una consultazione elettorale — ovviamente, tenutasi successivamente alla nascita del Movimento medesimo — ed, insieme ad essa, la specifica autorizzazione del mio cliente all’utilizzo dell’uno e dell’altro”.
La clausola che esclude i militanti forlivesi risiederebbe proprio nel fatto che il M5S è nato successivamente all’elezione in Comune dei rappresentanti della lista Destinazione Forlì.
Dunque si tratterebbe ufficialmente di una mera ragione burocratica.
Non è così per Raffaella Pirini, capogruppo della lista in consiglio comunale. La sua visione dei fatti la consegna a una conferenza stampa indetta, con largo anticipo, dopo un mese di silenzio stampa, in cui i 5 Stelle forlivesi hanno tentato lungamente prendere contatto con Grillo e il suo avvocato, per di ricucire lo strappo attraverso il dialogo.
“Siccome i due sono risultati irraggiungibili — chiarisce Pirini — abbiamo deciso di comunicare pubblicamente quella che per noi è una decisione politica. Non si poteva più aspettare, se no saremmo passati noi dalla parte del torto”.
Gli ex-grillini di Destinazione Forlì lamentano che la loro lista è scomparsa a posteriori dall’elenco di quelle certificate (dove compariva in ordine alfabetico tra Follonica e Frascati) e Pirini ribadisce: “Noi chiedemmo la certificazione fin dall’inizio, pur essendo stati eletti a Forlì con il nostro logo”.
La motivazione addotta da Grillo non ha basi solide. Nella nostra condizione sono altre liste civiche, ma noi siamo stati gli unici epurati per questo motivo. Ciò ci ha spinto a chiederne la motivazione, ma non è stato possibile ottenere un confronto con Grillo”.
Non ci stanno quelli di Forlì, feriti da una decisione che non comprendono fino in fondo.
La cacciata dal movimento suona come un provvedimento lapidario, preso dopo tanti piccoli scricchiolii nelle relazioni tra il leader e la base.
Tra questi la solidarietà di Raffaella Pirini espressa al consigliere regionale Andrea Defranceschi quando Grillo, a gennaio 2012, si infuriò con lui per aver firmato la risoluzione che doveva scongiurare la chiusura del quotidiano l’Unità .
Grillo allora insorse invitando Defranceschi ad andarsene nel Pd. La stessa raccomandazione che fece poi a settembre a Giovanni Favia, accusandolo di voler fare carriera politica oltre i due mandati previsti dal non statuto.
E poi ancora a Grillo non deve essere piaciuta la critica (“non è stato molto cortese”) che Raffaella Pirini gli ha riservato a proposito dell’osservazione fatta alla consigliera comunale di Bologna Federica Salsi e a chi come lei riteneva opportuno prendere parte ai talk show (“La tv è il vostro punto G”).
“Se questo era il problema reale — commenta Pirini — Grillo avrebbe dovuto allontanare me al limite, ma togliere la rappresentanza sul territorio a tutto il movimento mi sembra davvero eccessivo, tant’è che questa epurazione ha impedito ai militanti forlivesi di partecipare alle parlamentarie”.
Che poi Destinazione Forlì fosse una lista a tutti gli effetti del Movimento per Pirini è indiscutibile.
Lo ha scritto in una lettera a Grillo datata 12 novembre, nella quale sottolineava che la certificazione all’uso del logo l’avevano ricevuta nella campagna elettorale 2009 per le amministrative di Forlì. In aggiunta Pirini ricordava che il leader stesso le aveva chiesto di candidarsi come presidente alle elezioni regionali, invito declinato per motivi di lavoro e personali.
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Dicembre 17th, 2012 Riccardo Fucile
SABATO 22 DICEMBRE ASSEMBLEA NAZIONALE IN CUI INGROIA DOVRA’ DECIDERE COSA FARE DA GRANDE
La frenata di Antonio Ingroia sulla candidatura a premier propostagli dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha sortito precisamente l’effetto opposto. Ultima in ordine di tempo, lo dimostrerebbe l’aspettativa per motivi elettorali di cui il magistrato ha fatto richiesta per la propria toga.
Nel fine settimana, d’altronde, si è svolto un fitto percorso di iniziative a favore della candidatura del magistrato antimafia che culminano sabato prossimo, 22 dicembre, nell’assemblea nazionale a Roma in cui Ingroia dichiarerà di persona le proprie intenzioni.
E proprio in vista dell’appuntamento al teatro Quirino, i fautori del IV polo riuniti in calce all’appello “Cambiare si può!” (che annovera, tra gli altri, anche i promotori delle liste arancioni) stanno accelerando le procedure necessarie per assicurare all’ex pm palermitano quel sostegno di carattere “civico” da parte della “sinistra diffusa” che egli ritiene condizione dirimente.
E che dovrebbe riflettersi in primo luogo nei criteri di composizione delle liste elettorali di questo costituendo fronte indipendente.
Dunque Ingroia c’è.
Come d’altronde aveva già fatto sapere agli arancioni di De Magistris riuniti il 12 dicembre al teatro Eliseo di Roma. Il magistrato ritiene però infruttuoso un invito diretto da parte della politica piuttosto che della società civile.
Perciò avrebbe frenato sulla candidatura a premier propostagli tramite Micromega dal sindaco di Napoli, avvertendo in proposito di non indossare “toghe o casacche colorate, nè rosse nè arancioni”: sottraendosi cioè a etichette di carattere politico/partitico.
Dallo stesso sito di Micromega il magistrato si è anzi rivolto al leader del Pd Pierluigi Bersani, esortandolo a vincere le elezioni per cancellare “l’intollerabile legislazione di privilegio” in materia di giustizia.
Appello che può suonare come un endorsement nei riguardi del Pd, così da suscitare l’ira furibonda del Pdl; ma che al tempo stesso assolve da successive imputazioni di aver rifiutato il dialogo al centrosinistra, lasciando quindi mani libere a Ingroia.
Nessuno, d’altronde, contava davvero su una ricomposizione al fotofinish col centrosinistra e col Pd, se non altro in conseguenza del divario che si è creato col capo dello stato Giorgio Napolitano.
A un sindaco come De Magistris, che si attende dal prossimo governo interventi straordinari per il capoluogo partenopeo, e a un leader di partito come Di Pietro, i cui amministratori sono impegnati in molte giunte col Pd, s’imponeva tuttavia di non lasciare intentato il dialogo.
Di tutt’altro avviso gli esponenti di Alba e “Cambiare si può!”, intenti dalla prima ora “alla costituzione di un polo alternativo agli attuali schieramenti, con uno sbocco immediato anche a livello elettorale.
Risolto il rapporto col Pd, lo snodo più delicato nell’ottica di costituzione del IV polo riguarda ugualmente il rapporto coi partiti, dal Prc all’Idv, che proprio nell’assemblea di sabato scorso a Roma ha aperto la strada a una possibile confluenza nelle liste civiche arancioni.
Lo si rileva dai resoconti delle oltre cento assemblee locali in preparazione di quella del 22 dicembre a Roma e alle quali gli organizzatori contano di aver coinvolto 15/20 mila persone.
Da un lato associazioni, movimenti e arancioni sono in sintonia sulla prospettiva di liste civiche comuni, che raccoglie consensi anche da parte dei partiti specialmente nelle aree metropolitane.
Esemplare il caso di Roma, dove si registra consenso unitario intorno alla candidatura Sandro Medici, con l’obiettivo di imitare l’esperienza di De Magistris a Napoli nella corsa al Campidoglio contro gli esponenti del Pd: Paolo Gentiloni, Enrico Gasbarra, David Sassoli.
Dall’altra parte, invece, si registrano specialmente in provincia i distinguo di Rifondazione, che partecipa con dichiarato interesse al progetto di IV polo. Tanto è vero che a Firenze, per esempio, lo storico Paul Gisbourg è intervenuto a rammentare che in ballo c’è solo la formazione di liste e non di un partito, in quanto “non sono comunista e non farei un partito insieme ai comunisti”.
Un equilibrio, quello tra il carattere civico e innovativo delle liste e una presenza riconoscibile delle forze politiche, comunque difficile da trovare; anche nel caso di un solo nome, come dimostra il fatto che su quello di Di Pietro esiste per esempio la vigorosa opposizione dei no Tav.
A ciò si aggiunga anche un ritorno di interesse da parte di Pdci e Verdi, che avevano stretto rispettivamente con Bersani e con Franceschini accordi per trovar posto nelle liste Pd in cambio del sostegno al segretario nelle primarie, ma che ora, di fronte alla prospettiva di un solo seggio, si sono riaffacciati in cerca di visibilità al IV polo.
In chiave elettorale ancora non ci sono sondaggi, ma il nome di Ingroia godrebbe di un consenso intorno al 4 per cento a livello nazionale e del 10 in Sicilia a detta degli organizzatori di “Cambiare si può!”.
E proprio l’esortazione in tono obamiano dell’appello sarebbe destinata a dare anche nome alle liste (in attesa di simbolo e slogan di cui si starebbe occupando il vulcanico Carlo Freccero).
Lo schema è quello di partire da un cartello di promotori fatto da singole personalità , cui poi si associa un comitato di sostegno con la partecipazione dei partiti e un comitato di garanti col compito di redigere le liste.
I tempi perciò sono “strettissimi”, come osserva il braccio operativo Massimo Torelli: “Praticamente dobbiamo fare in 5 giorni quel che non abbiamo fatto nei 2 mesi precedenti”.
Cosimo Rossi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 17th, 2012 Riccardo Fucile
INVIATO L’AVVISO DI CHIUSURA INDAGINI SULL’EX CREDITO COOPERATIVO FIORENTINO E SU “IL GIORNALE DELLA TOSCANA” A 75 INDAGATI
La procura di Firenze ha inviato l’avviso di chiusura delle indagini sull’ex Credito Cooperativo Fiorentino e sui finanziamenti al Giornale della Toscana al parlamentare e coordinatore del Pdl Denis Verdini e ad altri 74 indagati tra cui il senatore Marcello Dell’Utri, l’imprenditore Riccardo Fusi e i componenti del cda, e i sindaci revisori dell’istituto di credito di cui Verdini è stato presidente per vent’anni.
Mutata, dopo la dichiarazione di insolvenza della banca da parte del tribunale, l’accusa a Verdini: da appropriazione indebita a bancarotta fraudolenta.
I pm hanno ricostruito 34 episodi di distrazione per un totale di 100 mln.
Le distrazioni di fondi, per l’accusa, erano fatte verso società e persone fisiche senza le necessarie garanzie e già esposte o indebitate verso il sistema bancario.
Tra queste Dell’Utri avrebbe ricevuto 3.200.000 euro complessivi in due operazioni proposte dal direttore Piero Biagini e approvate dal cda presieduto da Verdini.
A 17 dei 75 indagati, fra cui Verdini, dominus dell’ex Ccf, è contestata anche l’associazione a delinquere.
Inoltre, sempre a Verdini, a cda, revisori dei conti e direttore generale della banca è contestato il reato di false comunicazioni sociali: nell’ultimo bilancio approvato, al 31 dicembre 2009 – prima del commissariamento di Bankitalia che ha portato alla liquidazione coatta amministrativa -, l’accusa ritiene che abbiano dato informazioni sbagliate indicando ai soci l’esistenza di 74,5 milioni di crediti alla clientela «deteriorati» mentre l’importo reale sarebbe stato tra 125,8 e 175,5 milioni di euro.
I fatti contestati nell’inchiesta, svolta dai carabinieri del Ros, vanno dal 2008 al 2012 e comprendono inoltre, a vario titolo e anche per episodi collaterali all’attività creditizia, la contestazione dell’ipotesi di reato di ostacolo alle attività di vigilanza di Bankitalia, emissione di fatture false, truffa aggravata allo Stato per ottenere i fondi per l’editoria, mendacio bancario, reati tributari. A Verdini e quattro imprenditori, infine, è contestata la violazione alla legge sul finanziamento ai partiti.
La procura ha individuato come persone offese lo stesso ex Credito Cooperativo Fiorentino, ormai liquidato e inglobato in ChiantiBanca nei mesi scorsi, nella persona del commissario liquidatore avvocato Alessandro Lepreux, e la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
(da “il Corriere Fiorentino“)
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Dicembre 17th, 2012 Riccardo Fucile
LA PATACCA DI NOSFERATU: “NASCE UNA NUOVA FORMAZIONE DI CENTRODESTRA, ALLEATA DEL PDL OVVIAMENTE”
«Lunedì sera annunciamo che l’intenzione già nota di dar vita ad un movimento di centrodestra viene confermata. In accordo con il Pdl per correre in coalizione».
Lo afferma Ignazio La Russa, coordinatore del Pdl, nel corso di Porta a Porta. Dopo aver ufficializzato l’addio per dar vita a una formazione politica che sarà comunque coalizzata con il partito di via dell’Umiltà ,
Ignazio La Russa ha delineato i contorni dell’iniziativa e i possibili compagni di viaggio: «Domenica c’è stato un appuntamento di un movimento parallelo degli amici Meloni, Crosetto, Rampelli, Cossiga. Un movimento che ha bisogno ancora di qualche ora per poter insieme a noi dare vita a un movimento autonomo che non sarà composto solo da ex An. Il nome – ha concluso La Russa- non sarà necessariamente “Centro destra nazionale”.
L’intenzione è quella di dare più forza al centrodestra».
In verità , salvo contorsionismi dell’ultima ora, il progetto di Meloni e Crosetto non parrebbe molto conciliabile con quello di La Russa: se i due sono intelligenti non si confonderanno con una formazione che ha l’unico scopo di assicurare qualche chanche di rielezione a decine di quasi sicuri trombati.
La Russa, vedovo Gasparri che ha deciso di restare nel Pdl, ha solo operato, in sintonia con il Cavaliere, la politica dello spacchettamento sia perchè ormai personalmente inviso a molti berlusconiani, sia nel tentativo di recuperare consensi nell’area tradizionale di destra.
Ma staccarsi formalmente da Berlusconi per poi allearsi con lui sembra più un episodio della commedia del’arte che una mossa politica destinata a produrre frutti.
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Dicembre 17th, 2012 Riccardo Fucile
L’ECONOMISTA FINLANDESE SIXTEN KORKMAN: “MONTI PIACE A TUTTI, INUTILE NEGARLO, NON E’ INGERENZA MA INTERESSE PER L’ITALIA”
Sixten Korkman è professore di Economia alla autorevole Università Aalto di Helsinki, dopo una lunga permanenza come tecnico nel dipartimento di politica economica del consiglio Ecofin a Bruxelles.
Interviene spesso sui quotidiani del paese nordico, ed è ben noto per un approccio “diretto” ed esplicito.
Alla luce del chiarissimo endorsement che i leader europei e del PPE hanno voluto concedere a Mario Monti, gli abbiamo chiesto un commento sulla presa di posizione di tanta parte dell’Europa che conta a favore di una permanenza di Monti alla guida del governo italiano.
Una scelta appropriata, corretta, opportuna, o un’invasione di campo nella politica italiana?
“Veramente le personalità politiche di altri paesi — è la risposta – non dovrebbero esprimere pubblicamente opinioni su chi debba fare il primo ministro in Italia; non è corretto, e a mio avviso non è nemmeno troppo saggio. Tuttavia, è abbastanza comprensibile che tutti gli europei abbiano di questi tempi un forte interesse per le evoluzioni della politica italiana: le decisioni prese in Italia possono potenzialmente avere conseguenze importanti per l’Europa nel suo complesso”.
E l’opzione tanto netta a favore di Mario Monti?
Korkman non ha dubbi: “in Europa c’è un diffuso rispetto e genuina ammirazione per Mario Monti. Molti di noi hanno imparato a conoscerlo a Bruxelles, dove è stato un Commissario europeo molto influente e di successo. Molti di noi pensano che sia una persona intelligente, persuasiva, con una buona capacità di comprensione della necessità di raggiungere un equilibrio. E poi Monti ha un ottimo senso dell’umorismo ed è dotato di fascino personale. Mettiamola così, se volete: nel confronto con Monti, siamo molto meno positivamente colpiti se pensiamo alla maggior parte dei politici italiani”.
Motivazioni ragionevoli, quelle descritte. Eppure, chiediamo al professor Korkman, è difficile pensare che questa entrata a gamba tesa nelle faccende politiche di un paese sia facilmente accettabile dall’opinione pubblica di uno stato sovrano.
Che succederebbe, ipoteticamente, in Finlandia, se mezzo mondo vi dicesse “eleggete questo e non quello”?
“Sicuramente — risponde l’economista — saremmo seccati e infastiditi; e forse qualcuno dei nostri politici correrebbe a dichiarare che nessuno può intervenire negli affari interni della Finlandia. D’altra parte, ho l’impressione che noi finlandesi (forse solo privatamente) saremmo quasi contenti che degli stranieri si interessino a noi, che ci considerino tanto importanti da sentire il bisogno di esprimere un parere su quello che facciamo”.
Tuttavia, conclude Korkman, in linea generale non ci si dovrebbe offendere più di tanto per queste “ingerenze”.
“Alla fine — spiega — è persino un bene che si sia interessati a come funziona la politica, in casa nostra o in casa d’altri. Credo che bisognerebbe evitare una sensibilità eccessiva, e pensare subito che degli “stranieri” vogliano limitare la nostra sovranità nazionale. Magari sarebbe bene che chi esprime questi pareri sulle altrui faccende lo faccia in modo corretto ed evitando di sembrare offensivo”.
Roberto Giovannini
(da “La Stampa”)
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Dicembre 17th, 2012 Riccardo Fucile
IL CAVALIERE: “IL PROFESSORE CI DIRA’ NO, CANDIDATO PREMIER RESTO IO”
Doveva essere il giorno delle primarie. Sancisce invece il via alle scissioni e apre la grande fuga dal Pdl, ormai in rotta.
Ma soprattutto, Berlusconi trasforma il 16 dicembre nel B-day e lancia al grande pubblico tv la sua candidatura alla premiership.
Soffocando così sul nascere aspettative e ambizioni dei montiani Pdl e del gruppo dirigente riuniti in un teatro romano.
Mentre in un altro auditorium la Meloni e Crosetto (presente Storace) tengono a battesimo l’ala anti-montiana, un piede già fuori dal partito.
E oggi La Russa annuncia il decollo del suo “Centrodestra nazionale”. Tutto si sbriciola, in campo resta solo il Cavaliere.
Per il capo, del resto, l’ipotesi di una corsa in sostegno di Mario Monti era già archiviata.
Sebbene ieri l’abbia ancora caldeggiata in pubblico, sia nella lettera inviata ai suoi dirigenti di “Italia popolare”, sia nel pomeriggio nell’intervista di un’ora in diretta a Barbara D’Urso a “Domenica5live”.
Il succo è un altro. Berlusconi rientra in serata ad Arcore da Roma per un faccia a faccia con Roberto Maroni, già saltato la sera prima e nuovamente aggiornato a stamattina (stavolta causa nebbia).
E si sfoga col suo entourage: «Monti ha già scelto e per noi poco male: otto nostri elettori su dieci non lo volevano e da solo non va oltre il 10 per cento. Il candidato premier sono e resto io».
Davanti alle telecamere di Canale5 lo ammette, del resto: «Sono tornato a essere, e sono, il candidato alla presidenza del Consiglio ».
Compie anche un passo avanti. Se pure Monti dovesse accettare l’«occasione storica» che gli offre, lui comunque farebbe la sua campagna elettorale. Resterebbe insomma in campo, in ogni caso.
Una deterrente per le residue prospettive di un “sì” del Professore all’offerta.
Che Berlusconi fosse in piena campagna era evidente, la performance di 80 minuti di ieri dalla D’Urso, con tanto di annuncio di programma («Imu assolutamente da abolire ») è stata solo l’ultima tappa dell’escalation.
Pianificata con direttori di rete mobilitati in breafing settimanali. Intervista al Tg5 sabato sera, a Studio Aperto dieci giorni fa, puntata a Mattino5 mercoledì, senza contare il servizio sui risultati dei governi Berlusconi andato in onda il 6 dicembre al Tg5 o Rete4 che mercoledì notte ha mandato in replica l’integrale del Cavaliere alla presentazione del libro di Vespa.
Lui è in campagna, i dirigenti Pdl rassegnati e in fuga.
La manifestazione “Italia popolare” organizzata da Alemanno e Sacconi, Lupi e Formigoni, Quagliariello e Augello, tra gli altri, doveva segnare lo strappo dei cattolici e dei “montiani”.
Ieri mattina si è trasformata invece in una manifestazione di partito ancora «berlusconiano », col segretario Alfano (che arriva in mattinata da Arcore) e il capogruppo Cicchitto a suggellare e garantire fedeltà al capo.
Berlusconi racconta in privato di fidarsi poco o nulla di loro, ormai.
Sospetta che «tramavano » per farlo fuori, che dietro il sostegno a Monti ci fosse il tentativo di convincerlo a compiere il passo indietro per investire lo stesso Alfano, come chiede Maroni (che oggi riunirà a Milano il Consiglio federale per decidere la linea leghista).
Alemanno nel suo intervento introduttivo alla kermesse lo dice: «Monti è il candidato ideale, ma se dice no, allora la strada sarebbe quella che porta ad Alfano».
L’exploit tv del Cav è servito anche per cancellarli mediaticamente.
La delusione, espressa in anonimato dagli organizzatori della manifestazione, è profonda («Si è trasformata in tutt’altro»).
Scena clou, il segretario Alfano, lo stesso che il 6 dicembre col suo intervento ha decretato la crisi del governo tecnico, che sale sul palco per chiede a Monti di accettare l’investitura del Pdl.
Salvo poi chiudere con un «non ci faremo imporre il candidato dalla Lega, un leader ce l’abbiamo, è Berlusconi».
Frattini fa solo un collegamento audio, Fitto non si vede, disertano tra gli altri Ronchi e Rotondi.
C’è invece Mario Mauro, in rotta ormai con Berlusconi.
Assenti come previsto tutti i fedelissimi berlusconiani.
Al Teatro Olimpico, comunque colmo, età media elevata.
Pieno e soprattutto di ragazzi l’Auditorium della Conciliazione da dove la Meloni e Crosetto hanno lanciato fendenti a destra e a manca.
D’accordo su un punto: «Monti non può essere l’orizzonte e la candidatura di Berlusconi sarebbe un errore».
Nè con l’uno, nè con l’altro.
«Siamo pronti a costruire altro» dice la Meloni. Dopo la prova di forza, oggi ci sarà anche lei alla riunione che La Russa ha in programma con Corsaro, Rampelli e altri ex An per formalizzare la scissione.
Sostengono di avere in mano un sondaggio che li accredita di un 4-7%.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 17th, 2012 Riccardo Fucile
LUPI INSISTE: “VOGLIO MONTI”… CROSETTO: “NON VOGLIO PIU’ STARE CON I PAGLIACCI”
Abolire l’Imu? “Se si fa quella proposta, bisogna anche individuare le spese da tagliare o altri modi per compensare quella perdita di gettito”.
Chi lo dice? Bersani? Casini? Monti?
No, il vicecapogruppo al Senato del Pdl Gaetano Quagliarello. “Ovviamente la tassa sulla prima casa è odiosa — chiarisce alla Stampa — ma in questa delicata situazione chi fa una proposta del genere deve corredarla con l’indicazione di alternative per raggiungere quegli effetti che l’Imu ha prodotto, insomma per trovare le coperture”.
Il Pdl sembra riscoprire sul serio la libertà che porta nel nome e si affaccia perfino una critica al leader del partito che ieri ha rispolverato i vecchi arnesi del mestiere nel monologo tenuto sulla sua televisione davanti a una Barbara D’Urso di sale.
La verità è che a quanto pare le sicurezze iniziano a scricchiolare anche tra i più fedeli al leader. Sicurezze di rielezione, oltre che di convinzione di scelte politiche.
Se il senatore non auspica apertamente l’ingresso in politica di Mario Monti per “agganciare” finalmente il Pdl al lato istituzionale del centrodestra e sganciarsi dal populismo del Cavaliere, c’è chi – tra quelli presenti all’assemblea di Italia Popolare organizzata ieri mentre Berlusconi comiziava in tv — porta l’assalto da schermidore: “La candidatura di Berlusconi — parla chiaro Franco Frattini, già considerato “dissidente” (!) all’interno del partito — farebbe venir meno l’unità dei moderati italiani e questo condannerebbe quel campo ad una sconfitta”.
“Il primo passo — sottolinea l’ex ministro degli Esteri intervistato dal Messaggero — deve essere attendere le dimissioni di Monti; poi ci saranno pochissimi giorni per valutare. Se Monti sarà in campo, la strada è tracciata. In caso contrario, per il centrodestra sarà una sorta di tsunami. Il nostro obiettivo deve essere quello di creare il campo dei Popolari italiani, ispirato al Ppe. Questo campo non può avere Berlusconi come federatore perchè chi dovrebbe federarsi con lui non è d’accordo”.
E arriva un altro jab al presidente del partito sulla questione dell’imposta sulla prima casa. “Certamente — rileva Frattini — l’abolizione dell’Imu, almeno per la prima casa, è una cosa che oggettivamente gli italiani apprezzerebbero. Però che si possa o meno fare non può dipendere da un annuncio: servono delle spiegazioni che ancora non vedo. A partire dalla principale: dov’è la copertura finanziaria?”.
Tutto questo equivale a dire, una volta di più, che il Pdl è a pezzi e Monti potrebbe essere l’unico mastice per ricomporre i cocci.
Da qui il pressing dell’area di Comunione e Liberazione: “Se dovessimo fare da noi, ciascuno non sceglierebbe l’altro — spiega al Corriere della Sera il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi — Questa è la grande occasione che ha il professor Mario Monti, solo lui può rimettere insieme tutti i moderati”.
E si danna, ora, per quell’astensione gridata al Senato e alla Camera annunciata con le facce arrossate in aula da Gasparri prima, Cicchitto poi, Alfano infine: “Col senno di poi — dice Lupi — l’astensione che voleva segnalare una presa di distanze non su Monti, ma su alcune proposte del suo governo, forse andava evitata. Forse avremmo dovuto arrivare alla scadenza naturale, perchè questo fatto potrebbe rivelarsi un inciampo sul percorso di questo nuovo polo”.
A proposito di Pdl a pezzi, proprio la candidatura eventuale del presidente del Consiglio è il motivo per cui gli orfani delle primarie del partito annunciate, agognate e poi volatilizzate si sono ritrovati in un’altra manifestazione ad annunciare: nè con Berlusconi nè con Monti.
E una delle leader di questa parte di Popolo delle Libertà , Giorgia Meloni, ventila la scissione. “Stiamo aspettando ancora delle risposte, se non arriveranno nelle prossime ore faremo le nostre scelte”.
Ieri mentre coloro che si sono improvvisamente riscoperti filomontiani si sono trovati con Italia Popolare l’ex ministro proveniente da An ha organizzato “Le primarie delle idee” con Guido Crosetto.
E di Monti dice: “Non ho capito cosa farà , ma mi sembra sia entrato molto bene nel teatrino della politica. Prima dice mi candido, poi non mi candido, forse faccio una lista mia, forse no, non mi condido ma sono disposto a governare che è un’altra tesi curiosa che il professore ogni tanto sostiene”.
Comunque vada, per l’ex ministro del governo Berlusconi “Monti ha dato più volte l’impressione di considerare la democrazia una cosa un po’ così… paesana, nella quale non vale la pena mescolarsi”.
E da Crosetto arriva un’altra bordata al suo partito: “Mentre non mi trovo male in compagnia della Meloni — afferma ad Agorà , su Rai Tre — non starei in un Pdl che dal mattino alla sera fa cadere Monti, poi invece è per Monti. Con i pagliacci non riesco a stare. Sarà anche vincente politicamente ma a me non interessa andare a dire ‘evviva Monti’ quando ne ho contestato la politica economica nell’ultimo anno”.
E’ da segnalare che dalla loro Crosetto e Meloni sono stati sempre dalla stessa parte fin dall’inizio, cioè contro il governo Monti (l’ex sottosegretario non ha mai votato un provvedimento economico dell’esecutivo).
In tale contesto diventa anche difficile avere un minimo di bussola.
Perchè Sandro Bondi, spesso più berlusconiano di Berlusconi, dichiara: “Il centrodestra in Italia potrà riconquistare la fiducia dei propri elettori se saprà opporre a Monti e alla sinistra un programma credibile di ripresa dello sviluppo economico, di superamento delle diseguaglianze sociali più marcate, un programma fondato sulla libertà della persona e della società civile”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 17th, 2012 Riccardo Fucile
L’ULTIMATUM A BERLUSCONI E ALFANO: “IL PDL ORA CAMBI O VIA A UN NUOVO PARTITO”
«Vogliamo un luogo giusto dove batterci per le nostre idee e per il rinnovamento del Paese. Se quel luogo è il Pdl ci batteremo con lui. Altrimenti siamo pronti a costruire altro con chiunque vorrà starci»: se non è un ultimatum poco ci manca.
Quello che Giorgia Meloni rivolge, insieme a Guido Crosetto, al Pdl nel giorno in cui il partito di Berlusconi avrebbe dovuto celebrare le sue primarie.
Due dei candidati alla consultazione per scegliere il premier da schierare per il centrodestra chiedono al Pdl autocritica e quell’inversione di tendenza dalla crisi che ha fatto precipitare il partito nei sondaggi e nelle giuste aspettative dei cittadini.
Meloni e Crosetto delineano il centrodestra che vorrebbero in grado di dare quelle risposte che il Paese si attende ed al loro «sogno» di un Paese diverso.
«Il gigante e la bambina» come, parafrasando una canzone di Ron, i militanti definiscono la Meloni e Crosetto mettono i loro paletti e chiariscono che non intendono stare nè con Monti nè con Berlusconi riaffermando la bontà di quella scelta di un passaggio generazionale che Berlusconi aveva compiuto in favore di Angelino Alfano e oggi rinnegato dalla candidatura del Cavaliere alla premiership.
La sala dell’Auditorium della Conciliazione a Roma è stracolma di militanti venuti da tutta Italia che sventolando bandiere tricolore non risparmiano fischi alle immagini che scorrono sui maxi-schermi: di Berlusconi, Fini e Bersani. Meloni fa appello ai valori del centrodestra e a quegli elementi per un’Italia «che sogniamo» e precisa: «No, non siamo con Mario Monti, l’operato di questo governo ha delle falle e rimango quanto meno incuriosita – dice – da chi auspica una leadership di Monti nel centrodestra».
Ma «non serve Monti per dire a Berlusconi, che ringraziamo per il lavoro fatto finora, che sarebbe un errore decisivo la sua ricandidatura alla premiership». Meloni chiarisce, senza mai pronunciare la parola scissione, che «noi oggi scegliamo un nuovo centrodestra e chi sceglie di starci lo fa per un’idea e non per una poltrona».
Dello stesso avviso Guido Crosetto per il quale un centrodestra credibile «sceglie un leader giovane e non sale sul carro di Monti perchè glielo chiedono i poteri forti. Un centrodestra credibile sa anche dire all’uomo che l’ha fondato e che gli ha portato voti: su questo non siamo d’accordo con te». Secondo Crosetto «un centrodestra credibile o ha Scajola e Dell’Utri al suo interno o me e la Meloni»
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Dicembre 17th, 2012 Riccardo Fucile
“GLI ALTRI TUTTI FALLIMENTARI, DA GRILLO CON I SUOI ASSOLUTISMI A BERSANI CHE SI COMMUOVE AL PENSIERO DEL PARROCO”
“Se Monti resta al governo e ci massacra di tasse noi ci sentiremo onorati per mancanza oggettiva di scelta, capisce? Il mondo ci dice che per noi il professore è il migliore, dal Fmi alla Merkel. Saremmo dei coglioni a non votarlo. Io poi lo voterei solo per una ragione: è lui ad aver esautorato Berlusconi gettandolo finalmente nel ridicolo internazionale che gli compete, non il Pd”.
Aldo Busi tenta di non parlare da scrittore ma da “semplice cittadino che ha contatto con la realtà , a differenza di questi politicanti, uno più corrotto dell’altro”.
Perchè, riflette a voce alta, “tutti si dimostrano fallimentari, anche Beppe Grillo con i suoi assolutismi da pulpito incorporato, per non parlare di Bersani che si commuove al pensiero del parrocco e dello sciopero che da ragazzino organizzò tra i chierichetti: mille volte meglio Monti e persino il ministro Fornero, meglio dei veri nemici del populismo che dei finti amici della democrazia”.
È un fiume in piena, Busi, da arginare (purtroppo) con alcune domande.
Andiamo con ordine. Lei vota?
Certo e invito tutti a votare, tutti: è l’unico modo che abbiamo per farci sentire. Votare significa scendere a compromessi con l’ideale sbagliato che ognuno si fa di sè, è a torto che ci sentiamo migliori quasi sempre di chi votiamo turandoci il naso e anche qualcos’altro.
Voterebbe Monti?
Ce lo invidia il mondo intero, a quanto pare. Se non ce lo teniamo passiamo per un popolo di smidollati. Dobbiamo ritrovare l’orgoglio del potere civile sui politici al potere, io rispetto le leggi e pago le tasse, tutte. Voto chi oltre a dare delle regole le rispetta anche. E poi chi vuole che ci invidi Bersani, su. Al solo pensiero della Bindi al governo vorrei annegare di acqua anche benedetta con un’ostia di lisca nel canarozzo. Bindi, D’Alema, Veltroni, Franceschini, Letta: bastaaaa preti in abiti civili… Be’, se è per questo, anche Monti non scherza… Le sembra confortante per me dare le stesse preferenze di Ratzinger e di Casini? Le do contro di me per quanto io riesca a intravedere del bene a medio termine del Paese.
È più rottamatore renziano o anticasta grillino?
Ma chi se ne frega del linguaggio altrui? Mica dovrò fare mio anche quello! Parlo da coscienza della nazione esasperata. Da noi ciò che dovrebbe essere normale, come un minimo di etica e di rispetto formale e sostanziale del patto sociale viene considerato un evento straordinario che stride con lo stesso Dna del politico italiano. Ancora si fa spallucce della condizione elementare che un complesso industriale debba già nascere e tenersi aggiornato con il progresso dei dispositivi insiti nelle norme di sicurezza e tutela della salute del lavoratore, è orribile che ancora qualcuno sappia di dare morte in cambio di pane e possa continuare impunito su questo viale di cipressi cimiteriali chiamato busta paga a fine mese.
Renzi o Grillo?
Anche Renzi l’ho assunto facendo di necessità virtù, proprio come anche un astemio talvolta deve ingurgitare un grappino per rinvenire, con lui lo scenario sarebbe sicuramente cambiato, forse persino in positivo, ma è giovane, ha tempo. Grillo invece, per me è out, ha mostrato la corda. Io ne ho le palle piene dei sacerdoti dell’assoluto come Mussolini, Berlusconi, Grillo, il mago Otelma, che resta il migliore nel suo genere e alle elezioni non mi costringe a scegliere tra lui con i suoi paludamenti e lui senza paludamenti perchè altro il convento non passa, nel senso che non passa che frati con o senza saio.
Eppure…
Eppure la situazione è questa, drammatica. Il popolo trattato come una mandria di ovini, la politica fatta per tornaconto personale e non per il bene comune. Ma come si fa a non delegare ad altri, a non fidarsi? Basta guardare il fallimento anche pedagogico di Berlusconi, incapace di lasciare, di Alfano dice che non ha il quid, poi Alfano dimostra di saperselo dare e Berlusconi, invece di gioirne come avrei fatto io al posto suo, zac, lo castra, e ne nasce un putiferio tra Alfano e Dell’Utri, tra Dell’Utri e Berlusconi, una comica insensata tra vecchi galli e pulcinotti di cui fare carne ai ferri, ai ferri corti. Un buon politico cresce i propri delfini, Grillo invece li ha cacciati. Favia e Salsi sono il futuro invece lui li emargina, vuol dire che Grillo è già finito: fi-ni-to. Un re è tale per i delfini che lascia. Niente delfino, niente re. I delfini, destinati a diventare re, mal sopportano ogni suggeritore occulto dietro il sipario.
Quindi?
Non voglio più dittatoruncoli, non voglio più vedere Berlusconi con la Lega o con l’Udc che a sua volta deve allearsi con il Pd che si allea alla fine con la qualunque basta non perdere i voti dei cattolici, che neppure esistono più e comunque sono indecifrabili e doppi di natura soprattutto in una cabina elettorale. Piuttosto Monti tutta la vita e anche la Fornero frignona ministro o al Quirinale, peggio non sarà di Napolitano con la faccenda delle intercettazini delle chiaccherate scambiate con Mancino e lo stop alla pubblicazione delle medesime decretato ora anche dalla Consulta alla Procura di Palermo. Ci sono 15 milioni di italiani che non hanno di che cibarsi e scaldarsi, dovremo confiscare i capitali inappropriatamente requisiti al popolo da questi politicanti del passato tuttora troppo presenti. Intanto ridurre dell’ottanta per cento ogni pensione, ogni fringe, ogni beneficio e andare a vedere bene se hanno avuto facile accesso a mutui spesso spropositati allorchè il piccolo imprenditore deve finire in mano ai cravattari perchè una banca gli rifiuta diecimila euro di prestito.
Farsi ridare i soldi che hanno rubato?
Nel modo più subdolo: legale. È come il sequestro dei beni ai mafiosi. Oggi la mafia è quella dei parlamentari, non a caso si parla di patto tra Stato e mafia. Io non la penso come Ingroia, è lui che la pensa come me, fosse solo per questioni anagrafiche. Ma di lui mi fido quasi quanto di me.
La Consulta è stata chiara, le intercettazioni delle telefonate Napolitano e Mancino vanno per l’appunto distrutte.
Un errore clamoroso, un autogol perchè il segreto di Stato ormai è considerato dai cittadini e dall’opinione pubblica uno strumento per coprire le malefatte dei potenti. Sono, in pratica, segreti dell’antiStato. Monti renda tutto divulgabile, tolga i segreti. E anche il ministro Cancellieri, ci lasci con un memorabile e geniale colpo di teatro, lei ha la stoffa per permetterselo: apra tutti gli armadi tenebrosi degli ultimi cinquant’anni. Aria, aria, aria!
Se lei fosse Monti cosa farebbe?
Fortunatamente non mi sono mai candidato, me lo propongono da 20 anni. Oggi potrei fare un bel partito con donna Assunta Almirante e, per essere più allegri, ci metterei, toh, un Cicchitto. Prenderei un sacco di voti lo stesso e aprirei tutti i cassetti, gli archivi di Stato: io non voglio essere loro complice, non voglio le loro briciole sanguinolente, a me fanno schifo. E se me le danno, posso acconsentire ad accettarle solo per ridistribuirle una volta mondate dal martirio delle vittime sacrificali che sono costate. L’onestà è faticosa ma rompe le palle in modo meraviglioso ai corrotti, anche ai corrotti per niente, come scrivo ne “El especialista de Barcelona”.
Non è nè rottamatore nè grillino, sostiene che Monti ci tocca quasi per destino e parla quasi da sovversivo e anarchico…
Per carità , non diamo nomi altisonanti al mero amore per la giustizia e per la cernita delle mele marce fuori dal paniere delle istituzioni, io sono solamente schifato dalla mancanza di etica e di buon senso, di giustizia e senso civico, di questa classe politica impresentabile. La gente è affamata, massacrata dalle umiliazioni e dalle vessazioni continue nei tribunali, negli ospedali, nelle scuole, persino negli asili per l’infanzia, e lasciamo Equitalia per un’altra volta. Io per primo ho pagato e pago una montagna di tasse e non ho nemmeno la minima, eppure dico ben venga Monti. Nel mio romanzo, guardi, cito anche una malinconicissima frase di De Masitre, “Non so come sia la vita di un mascalzone, perchè non lo sono mai stato, ma la vita di un uomo onesto è abominevole”. E chiudiamola qui.
Davide Vecchi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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