Dicembre 6th, 2012 Riccardo Fucile
IL RITIRO DELLA FIDUCIA A MONTI, IL PARTITO ALLO SBANDO… GLI ELETTORI DEL PDL SI CONFRONTANO IN RETE
Solo il 26 novembre scorso, durante una telefonata al programma condotto su Canale 5 dal direttore di Libero, Maurizio Belpietro, aveva annunciato: “stiamo valutando la situazione con grande senso di responsabilità “.
Enfasi su “grande” e su “responsabilità “.
Dieci giorni dopo l’Italia è sull’orlo della crisi di governo e dello scioglimento anticipato delle Camere.
Silvio Berlusconi e il suo “cupio dissolvi”.
Ma la notizia del probabile ritiro della fiducia al governo Monti, non trova unanime consenso tra gli elettori del maggior partito del centrodestra italiano.
Divisi, spaccati. Tra l’innata e acritica fiducia nel “loro presidente” e la valutazione delle ricadute di questa decisione politica sulla stabilità economica del Paese.
Basta aprire Spazio Azzurro, il sito dove i pdiellini inviano commenti e suggerimenti sulla linea politica del loro partito. “Era ora! Forza Cavaliere. Basta con il ‘Rigor Montis’. Torni. Ridiamo fiato all’economia, visto che dopo la cura dei professori il Paese sta morendo”.
Lo spread in salita e le borse in picchiata sono, evidentemente, dettagli trascurabili. Ancora attestati di fiducia incondizionata per Berlusconi.
E attacchi senza sconti all’esecutivo guidato da Mario Monti: “La prego Silvio, ci aiuti a recuperare la nostra dignità . E’ stata calpestata da questo governo parassita”.
E non manca chi interpreta la condotta del governo come un attacco, neanche tanto mascherato, al centrodestra.
“Basta falliMonti. Già da oggi devono andare a casa e bisogna tornare a votare”.
Poi incoraggiamenti all’ex premier: “Forza Presidente si dia una mossa. Stanno distruggendo tutte le giunte di centro destra e vanno fermati”.
Ma non c’è solo questo.
In tanti invitano alla calma e a prendere sul serio la parola “responsabilità “.
C’è chi scrive: “Presidente lasci perdere. Non credo sia opportuno un suo ritorno”.
Tutto intrecciato a un forte senso di autocritica: “Non togliete la fiducia a Monti. Noi abbiamo avuto la possibilità di fare e non abbiamo fatto”.
Gli “avvertimenti” a Berlusconi riguardano anche la “bontà politica” della sua scelta: “Cavaliere non lo faccia: in questo modo Grillo da solo prenderà il 60%. Non torniamo al passato”.
E le critiche allo Stato Maggiore del Pdl sono serrate: “Basta: avete portato il centro destra allo sfascio sono due mesi che non prendete decisioni”.
Ancora: “Eravate un partito di governo. Ora siete diventati divertenti. Io non vi voto più”.
Poi il capitolo “Lettere a Silvio”.
I messaggi sulla pagina Facebook dell’ex presidente del Consiglio sono migliaia.
Anche e qui pro e contro.
A testimoniare le fratture presenti: “Silvio, ti ho votato alle scorse elezioni, ma ora basta. Solo alla voce che ti ricandidi lo spread risale, la borsa perde”.
Ancora: “smettila con l’ostruzionismo, rischi solo di fare il peggio per il paese. Sii coerente con le tue parole, ritirati, sii consigliere esterno per forze nuove. Ma per favore stai fuori, i mercati non ti vogliono e visto che siamo tutti in mano ai mercati è meglio che tu lasci perdere la politica in prima persona, te lo chiedo per favore”.
Infine: “Ho votato per Lei dal primo giorno che è sceso in campo, nel 1994. Ho difeso a spada tratta la sua politica. Ma più passano i giorni e più mi rendo conto che avevano ragione gli altri. Lei, Berlusconi, è troppo narcisista. Sta strozzando il Pdl con questi continui, “mi candido, non mi candido”. E tutto ricade sul futuro del centrodestra: “Avevo deciso di dare il voto ad Alfano: ma visto che nei suoi confronti si sta dimostrando cosi debole non voterò nemmeno lui”.
Carmine Saviano
(da “La Repubblica“)
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Dicembre 6th, 2012 Riccardo Fucile
BERLUSCONI: “DEVO RIFLETTERE”
L’ombra della scissione l’ha evocata questa mattina Guido Crosetto prima di lasciare gli studi di Omnibus perchè «è il momento delle scelte importanti che non possono essere fatte in tv: alcuni saranno felici di seguire Berlusconi, altri prenderanno altre strade».
«Non ho più nulla da dire», e se n’è andato. Forse è un po’ troppo parlare di scissioni, ma non è condivisa da molti la linea politica del Cavaliere, ancora candidato a premier, lanciato nell’attacco frontale a un governo che ci avrebbe trascinato nel «baratro della recessione».
Su questo Crosetto e gli ex An la pensano come il Cavaliere, ma è la stragrande maggioranza del partito (Alfano compreso) non vuole di nuovo Berlusconi in pista.
«Non è così – dice Bondi – basta uscire da quei vertici fumosi, inutili e dannosi per il presidente Berlusconi, come il vertice di ieri, ai quale non partecipavo da tempo. Ho avuto la nausea a ritornarci. E infatti oggi non ci andrò. Fuori c’è il mondo della gente comune, dei parlamentari comuni: sono queste persone che il presidente deve ascoltare e capirà che la sua scelta di candidarsi è giusta, necessaria».
L’ombra della scissione è evocata anche dalle parole dell’eurocapogruppo Mario Mauro, esponente autorevole di Comunione e Liberazione, il quale ieri aveva detto che il Cavaliere non è «un candidato adeguato» e nei giorni scorsi aveva confidato che se il Pdl dovesse abbracciare posizioni populiste anti-Monti, anti-Merkel, anti-rigoriste, lui in questo partito non ci starebbe un minuto in più.
Ma cosa ha portato ieri notte Berlusconi a preparare questo sgradito “regalo di Natale”? Dicendo tra l’altro una bugia grande quanto una casa, cioè che «i suoi» gli dicono di scendere in campo per salvare ancora una volta il Paese.
I suoi chi?
I suoi familiari, tutti in coro, a cominciare dall’adorata figlia Marina, lo hanno consigliato, quasi pregato, di non buttarsi in una nuova avventuta politica.
Lo stessa dicasi per Confalorieri, Nicolò Ghedini e Gianni Letta.
I suoi non possono essere i dirigenti del Pdl che ieri al vertice, a parte Bondi, gli hanno chiesto di valutare seriamente il passo indietro e di mettere in rampa di lancio Alfano.
E tutti se ne sono andati con la convinzione che il Cavaliere si era ammorbidito, che l’ipotesi Alfano avesse maggiori chance di andare in porto.
Poi però Berlusconi ha fiutato l’aria di ciò che i giornali avrebbero scritto, della serie «Berlusconi molla e apre la strada ad Angelino», «Berlusconi fermato dai colonnelli».
Insomma aveva capito, anche dalle ricostruzioni del vertice da parte delle agenzie, che i suoi «ospiti infedeli» a Palazzo Grazioli avevano messo in giro una decisione che lui in cuor suo non aveva ancora preso e che quelle voci fatte filtrare erano un modo per forzargli la mano.
E così ha fatto saltare il tavolo, tornando alla sua vera intenzione iniziale.
A farlo arrabbiare moltissimo è anche il decreto del governo sulla incandidabilità di chi ha sentenze a carico e l’orientamento di Palazzo Chigi e del Quirinale di non concedere l’election day.
Ieri sera, nella residenza del capo che stava incartando il “regalo di Natale” della sua discesa in campo, c’era anche Alfano richiamato all’ordine.
Ma non aveva puntato i piedi?
Non aveva fatto vedere il quid?
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa”)
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Dicembre 6th, 2012 Riccardo Fucile
OSTAGGIO DI UNA PATTUGLIA DI FEDELISSIMI INTERESSATI, SILVIO NON ASCOLTA I SONDAGGI NE’ I SUOI CONSIGLIERI DI UN TEMPO… E C’E’ CHI LO ASPETTA AL VARCO
I veri amici l’hanno supplicato in tutte le lingue di non farlo, per il bene suo e anche quello del centrodestra.
E’ stato un coro unanime, da parte di dirigenti Pdl sinceri e leali, ma anche di vecchi consiglieri come Gianni Letta.
Probabile che qualche ultimo tentativo di farlo desistere venga messo nuovamente in campo, nelle ulteriori riunioni che si susseguiranno per tutta la giornata a Palazzo Grazioli.
Ma ormai il destino sembra segnato, nulla ferma più il galoppo del Cavaliere verso la sua quinta discesa in campo.
Questa volta si può ben affermare che Berlusconi è in corsa contro tutto e contro tutti. Falso quanto ha sostenuto nella dichiarazione notturna, tutti mi vogliono per cui non posso esimermi…
A reclamare il suo ritorno, in realtà , è una pattuglia di «ultras» dei quali Silvio sembra leader e prigioniero: una corte variopinta di «nominati» che a lui tutto debbono, e che resterebbero senza arte nè parte nel caso in cui venissero abbandonati dal loro mentore.
Per mesi l’hanno blandito, incitato, aizzato, sussurrandogli all’orecchio che «quello» (vale a dire il successore designato Alfano) non aveva il «quid» capace di trasformarlo in vero leader, dunque solo il Fondatore, poteva rifondare il partito e nessun altro.
La goccia quotidiana ha ottenuto l’effetto desiderato.
Per la prima volta nella sua ormai lunga carriera politica, invece, Berlusconi non ha dato retta ai sondaggi.
Se li avesse seguiti, tutto avrebbe fatto tranne che lasciarsi tentare da suppliche e lusinghe.
Stando a certe chiacchiere di via dell’Umiltà , Alessandra Ghisleri (Euromedia Research) è stata assolutamente cristallina con il suo cliente: la vasta platea di «fan» è ridotta al lumicino, lo «zoccolo duro» del berlusconismo ormai frantumato, resta solo una claque di tifosi i quali però non rappresentano il popolo di centrodestra, composto fondamentalmente da moderati e non da estremisti.
Non è esattamente la congiuntura migliore per lanciarsi nella nuova carica disperata.
Berlusconi ritorna non in quanto ha una vera speranza di convincere l’Italia, ma perchè la voglia è più forte di lui.
Ci riprova dal momento che non sembra capace di indossare la veste del «padre nobile» il quale fa crescere i figli e gode nel vederli adulti.
Lui, come Crono, li divora dietro l’impulso coattivo di riproporsi al centro della scena, condannato a essere protagonista.
Aveva sbranato Fini dopo uno scontro selvaggio, l’ha rifatto con il mite Angelino. Nulla di strano che un patriarca voglia battersi fino in fondo, e che i giovani leoni debbano lottare per strappargli lo scettro: l’umanità trabocca di vecchi «die hard», duri a morire.
Stavolta, però, tutto congiura affinchè sia davvero l’ultima.
C’è chi, nel partito, sotto sotto è soddisfatto che Berlusconi torni al volante, nella certezza che nel voto andrà a sbattere e a quel punto «finalmente ce lo leveremo di torno».
Aspettiamoci un via libera, ipocrita, dei colonnelli assiepati in riva al fiume, per godersi l’epilogo.
Ugo Magri
(da “la Stampa“)
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Dicembre 6th, 2012 Riccardo Fucile
I MERCATI SENTONO LA CRISI POLITICA: GIU’ PIAZZA AFFARI E SPEAD A QUOTA 330
L’incertezza sullo scenario politico e le ripercussioni che queste ultime hanno avuto sulla strana maggioranza e sulla tenuta del governo hanno avuto immediatamente effetti negativi sui mercati.
Dopo la presa di posizione dei senatori Pdl di stamane, Piazza Affari accelera al ribasso, con Ftse Mib a meno 1,44% e All Share al meno 1,28%.
Sale ancora lo spread Btp-Bund, principale indicatore del rischio-Italia, a 328 punti. Giù anche le banche, con Intesa Sanpaolo a -2,29% e Unicredit a -1,34%.
Scende tutto il listino, dagli energetici agli industriali al lusso.
E’ prezzo che si paga al ritorno all’instabilità politica, quando ormai le elezioni sarebbero state alle porte.
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Dicembre 6th, 2012 Riccardo Fucile
LA FINOCCHIARO INVITA MONTI A VALUTARE SE NON E’ IL CASO DI RASSEGNARE LE DIMISSIONI NON AVENDO PIU’ L’APPOGGIO DEL PDL… PASSERA HA RISPOSTO ALLA PROVOCAZIONE DI IERI DI BERLUSCONI (“SIAMO SULL’ORLO DEL BARATRO”), RICORDANDOGLI CHI HA GOVERNATO PER 10 ANNI IL PAESE
Tira aria di crisi per il governo Monti.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso: le dichiarazioni di Passera, che in tv critica il ritorno di Berlusconi, e mal digerite dal Pdl.
Risultato: al Senato il Pdl non ha votato il decreto sviluppo-bis, pur non facendo mancare il numero legale.
Nella diatriba si inserisce il Pd con il presidente dei senatori, Anna Finocchiaro, che fotografa la situazione di quasi una crisi di governo e invita Monti a salire al Colle: «Se il principale partito della strana maggioranza che sostiene Monti non vota la fiducia, e lo fa in modo irresponsabile, in un momento delicatissimo per il Paese, vuol dire che il governo non ha più la maggioranza. Cosa succede in questi casi? Credo che Monti dovrebbe recarsi al Quirinale».
In questa cornice lo spread sale a 317 punti proprio mentre è in corso il Consiglio dei ministri che ha all’ordine del giorno anche il delicato decreto legislativo sulla incandidabilità dei condannati.
Successivamente il premier Mario Monti è arrivato nell’Aula del Senato e ha votato sì alla fiducia al dl sullo sviluppo.
Il presidente del Consiglio si è intrattenuto qualche minuto a parlare con il numero uno del Pdl a Palazzo Madama Maurizio Gasparri.
AD AGORA’
Ma cosa aveva detto esattamente Corrado Passera, ospite di Agorà ?
«Qualunque segnale che faccia pensare all’estero che l’Italia torni indietro invece che fare passi avanti è controproducente».
Il ministro dello Sviluppo economico commentava la possibile ricandidatura a premier, per la sesta volta, di Silvio Berlusconi alle prossime elezioni politiche.
«Non posso entrare nelle dinamiche dei singoli partiti ma come Italia dobbiamo dare la sensazione che il Paese va avanti. Tutto ciò che può fare immaginare al resto del mondo, ai nostri partner, che si torna indietro non è bene per l’Italia», ha detto Passera ad Agorà su Rai3.
Così nell’aula del Senato, dopo il via della prima chiama per il voto sulla questione di fiducia posta dal Governo sul maxiemendamento al decreto sviluppo-bis, ecco che il gruppo del Popolo della libertà , come annunciato dal capogruppo Maurizio Gasparri, non partecipa al voto, garantendo comunque il numero legale.
Anzi il senatore Gramazio chiede le dimissioni di Passera.
LA REPLICA A BERLUSCONI
Il ministro in tv aveva replicato all’ex premier che in una nota della tarda serata di mercoledì ha addotto come motivazione per una sua ridiscesa in campo «il baratro» nel quale l’Italia si trova dopo un anno di politica di rigore del governo di Mario Monti.
«È una rappresentazione molto poco obiettiva… Molte delle cose citate vengono da 10 anni di cattiva gestione del Paese. Tutti sappiamo che un anno fa il Paese era vicinissimo a scivolare verso la situazione greca che avrebbe potuto comportare una perdita di sovranità . Venivano ad amministrarci da fuori, avrebbero tagliato servizi indispensabili come salute scuola, stipendi e pensioni».
LA POLEMICA –
Berlusconi ha governato nell’ultimo decennio dal 2001 al 2006 e poi dal 2008 fino allo scorso anno quando, con lo spread a 570 punti, è stato costretto a dimettersi.
Su questo Passera ha detto: «Guardiamo dove eravamo dieci anni fa: al 100% nel rapporto tra debito e Pil e siamo a oltre 120, abbiamo buttato via il beneficio dell’euro, delle privatizzazioni, abbiamo smesso di investire e ridotto il risparmio, e vi è un disagio sul fronte occupazione che è anche peggio di quello [che appare]» ha aggiunto il ministro pur aggiungendo che si tratta di “responsabilità ” molto diffuse, non solo di chi governa».
L’ex banchiere non ha dato indicazioni precise sul suo futuro al termine della legislatura ma non ha nascosto di pensare ad andare avanti con un impegno in politica. «Cominciamo a vedere se si può continuare questo lavoro e poi vedremo».
ESODATI
Poi sul problema degli esodati: «In parte il problema esodati è stato coperto. La risposta strutturale di come mantenere nel mondo del lavoro queste persone a condizioni accettabili ancora non c’è, ma bisogna trovarla».
(da “il Corriere della Sera“)
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Dicembre 6th, 2012 Riccardo Fucile
OSPITE DI OMNIBUS SU LA7, IL PARLAMENTARE PDL ABBANDONA LO STUDIO: “NON HO PIU’ NIENTE DA DIRE SULLA SITUAZIONE INTERNA AL PDL E NON VOGLIO CONTINUARE A PARLARE A VUOTO”
Non può parlare a nome del Pdl.
Non vuole parlare in tv della propria posizione prima di un confronto con altri colleghi.
Per questo motivo Guido Crosetto stamattina ha abbandonato lo studio di Omnibus. Prima, però, ha detto alcune cose, non di secondaria importanza, specie dopo la riunione dei vertici Pdl di ieri e la presa di posizione del Cavaliere.
”La decisione di Berlusconi non lascia indifferenti nè lascia il Pdl così com’era prima, ma comporta delle decisioni conseguenti — ha detto Crosetto – Sicuramente ci saranno berlusconiani contenti, decisi ad andare avanti così, ma anche altri che dopo ieri sera probabilmente prenderanno un’altra strada”.
Fatto il quadro della situazione interna al Pdl, Crosetto ha spostato il tiro della sua analisi su ciò che avverrà nelle prossime ore.
“E’ una giornata di scelte importanti — ha detto davanti alle telecamere prima di lasciare la trasmissione — che non si fanno di mattina alle 8.30 dopo quello che è successo ieri, che ha una rilevanza fondamentale: è finito il tempo in cui si possono servire due padroni, o si sta da una parte o si sta dall’altra” ha detto, prima di aggiungere che “io ho deciso dove stare e vorrei farlo con alcuni colleghi perchè abbia un significato politico e non è giusto che abusi della mia presenza qua oggi”.
Poi ha abbandonato la trasmissione, motivando la sua scelta con parole chiare, ma dal significato sibillino che lascia intravedere nuovi e inediti scenari: “Scusatemi — ha spiegato — vi ringrazio dell’invito, ma me ne vado, non me la sento di continuare”. Quindi lo sfogo: “Siccome ho l’abitudine di dire tutto quello che penso e di dirlo magari anche in modo spiacevole, ritengo che sia giusto per me fare una riflessione, anche con altre persone, perchè io mi sono stufato, mi sono rotto, ma voglio che questa cosa molto personale diventi anche un dato politico. Preferisco alzarmi perchè non ho più niente da dire sul tema e non voglio continuare a parlare del vuoto”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 6th, 2012 Riccardo Fucile
“BASTA GATTOPARDI E LEGGI DI SPESA APPROVATE NOTTETEMPO” PROMETTE IL NEOPRESIDENTE, MA LA MAGGIORANZA DI CROCETTA ARRANCA GIA’
Il deputato regionale dell’Udc Giovanni Ardizzone è il nuovo presidente dell’Assemblea regionale siciliana.
A scrutinio concluso, Ardizzone ha ottenuto 46 voti (su 90), qualcuno in meno rispetto a quelli su cui avrebbe potuto contare sulla corta.
Tutti i 15 deputati del Movimento 5 Stelle hanno votato per il loro candidato, Antonio Venturino.
Il segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, ha avuto 4 voti, i deputati Cracolici, Cancelleri, Arancio e Alloro 2, mentre Leanza, Dina, Formica e Ferrandelli uno. Tredici le schede bianche, nessuna nulla.
La notizia è che i deputati del Pd si sono spaccati al momento del voto.
E’ durata poco peraltro la presenza in aula di Franco Battiato, assessore regionale al Turismo, poco dopo l’insediamento e la presentazione della giunta Battiato ha lasciato Sala d’Ercole e non è più tornato.
Non è stata l’unica ragione di curiosità del Battiato politico: ha anche fatto “arrabbiare” Ardizzone perchè, contro le regole, si è presentato senza cravatta.
Raggiunta la soglia è scattato l’applauso, si è interrotto brevemente lo scrutinio e i deputati sono andati a congratularsi con il successore di Francesco Cascio.
Poi Ardizzone ha stretto la mano al governatore Rosario Crocetta.
Ardizzone, 47 anne, di Messina, alla quarta legislatura, è apparso visibilmente commosso. A incoraggiarlo, un buffetto del candidato alla presidenza della Regione del centrodestra Nello Musumeci.
Ma emergono i primi problemi nella maggioranza che ha vinto le elezioni nell’ottobre scorso.
Il Pd, infatti, si è spaccato e Ardizzone è stato eletto solo grazie ai voti del Pdl.
Così ha buon gioco il coordinatore regionale del Popolo delle Libertà , Giuseppe Castiglione, a dire: “Alla luce del sole abbiamo rispettato l’intesa istituzionale, i nostri deputati hanno votato per Ardizzone. E’ evidente che il Pd si è spaccato in due faide: da un lato Cracolici e dall’altro Lupo”.
La prima consiliatura dei Cinque Stelle in Sicilia è iniziata con una camminata dei 15 deputati terminata al Palazzo dei Normanni. Insieme a loro molti cittadini, simpatizzanti ed attivisti del movimento.
Ad aprire il corteo, partito dai Quattro Canti, uno striscione con su scritto “In nome del popolo sovrano”.
“Per portare avanti il programma del Movimento 5 Stelle ci sarà bisogno dell’impegno di tutti i siciliani — ha detto il capogruppo Giancarlo Cancelleri – siamo stati invitati a questa camminata dai cittadini in una sorta di accompagnamento verso le istituzioni. Un gesto simbolico che però ci responsabilizza motivandoci a portare avanti battaglie di buon senso in nome del popolo siciliano”.
E’ stato anche il debutto in consiglio del presidente Rosario Crocetta che ha ufficializzato la “revoca” di 21 giornalisti dell’ufficio stampa.
“Non è detto che qualcuno di questi non possa fare parte del nuovo ufficio stampa che sarà ridotto e che avrà un solo capo redattore” ha precisato.
Decisione che provoca la protesta del cdr e dell’Assostampa siciliana: “E’ un atto di arroganza”
Crocetta ha peraltro raccontato di aver “scoperto una cosa terrificante. In un dipartimento della Regione i soldi destinati ai fornitori transitavano nei conti correnti di alcuni dipendenti”.
Il presidente della Regione ha parlato anche del “salvataggio” dei 6 miliardi di fondi europei: “Quando siamo andati a Bruxelles ci hanno dato fiducia concedendoci 15 giorni di proroga per salvare i 6 miliardi che stavamo perdendo: a causa di questa dilazione dei tempi, 140 milioni che pensavamo di spendere utilizzando fondi Ue saranno invece a carico del bilancio regionale, pazienza”.
Crocetta ha aggiunto: “Ieri in giunta abbiamo affrontato temi importanti e abbiamo avviato atti di programmazione: dal Garante per l’infanzia e per i diversamente abili al tema del dissesto idrogeologico alle misure per salvare i fondi comunitari”.
Crocetta ha ulteriormente precisato la posizione sul nucleare dopo le polemiche per le parole dell’assessore Antonino Zichichi. ‘”L’unica Sicilia che ci interessa è quella dei limoni, delle arance e delle palme. Non vogliamo fare diventare quest’isola una bomba atomica e rispediamo al mittente qualsiasi considerazione in proposito, del resto Zichichi l’ha sempre pensata così” taglia corto il governatore.
Da Sciascia al costituzionalista siciliano Temistocle Martines, da Pancrazio De Pasquale a Placido Rizzotto e Giorgio La Pira: Ardizzone li ha citati davanti ai 90 deputati regionali subito dopo la sua elezioni a presidente del Parlamento più antico d’Europa.
Nel suo discorso, decisamente di sinistra, spazio anche a Falcone e Borsellino, definiti “giganti”.
“La fiducia che gli elettori ci hanno accordato non può essere disattesa il giorno dopo il voto — ha detto Ardizzone nel suo discorso di insediamento da presidente — ma è uno sprone perchè non si ricada negli errori di una politica clientelare. Mai più leggi di spesa approvate nottetempo e spesso frutto di compromessi al ribasso”.
“I siciliani col voto hanno dato un forte segnale di novità che non può essere disatteso — ha continuato — La dialettica con Musumeci e Cancelleri arricchirà il dibattito e sarà utile per compiere le scelte migliori e rispondere al meglio a questa domanda di rinnovamento”.
Ardizzone infine ha avvertito: “Non è più il tempo dei gattopardi. Bisogna combattere la sfiducia, recuperare l’astensione e lavorare per lo sviluppo: questi i miei obiettivi”. “L’Ars — chiarisce Ardizzone — sarà un palazzo di vetro, non ci saranno più interna corporis, saremo un palazzo trasparente per recuperare la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni. I costi della politica tagliati saranno quelli del decreto Monti, non reclameremo il nostro adeguamento al Senato”.
“Bisogna eliminare i rami secchi dello Statuto — ha aggiunto Ardizzone — Norme svuotate di contenuti, ripensando i meccanismi di impugnazione delle leggi e della promulgazione parziale, con i quali l’Ars rinuncia a far valere in parte le proprie prerogative davanti alla Corte costituzionale. E’ arrivato il momento di mettere in discussione l’Autonomia regionale speciale”.
Insomma, citando il giurista Temistocle Martines, Ardizzone chiarisce: “Lo statuto ha ormai le sue rughe, anche le costituzioni invecchiano”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 6th, 2012 Riccardo Fucile
DURO SCONTRO TRA L’EX PREMIER E ALFANO NEL CORSO DEL SUMMIT A PALAZZO GRAZIOLI…”IL PARTITO RESTA, MA CAMBIA NOME: E DECIDERO’ TUTTO IO”
“Sono stanco, mi avete deluso tutti. Mi avete abbandonato”. Sono trascorse tre ore e mezza in quel salotto, Silvio Berlusconi non ne può più, il pranzo a Palazzo Grazioli è diventato un vertice interminabile con le solite facce del gruppo dirigente. I coordinatori La Russa, Verdini, Bondi, i capigruppo Cicchitto e Gasparri, e poi il segretario Alfano e Gianni Letta e Niccolò Ghedini.
“Deluso”, ripete il Cavaliere alzando la voce e guardando tutti: “Appena ho voltato le spalle mi avete accoltellato, adesso congiurate pure contro di me, ma soprattutto mi avete lasciato solo contro i magistrati”, dice alludendo a quei miseri sette o otto comunicati di solidarietà seguiti alla sentenza di condanna di fine ottobre.
Trame o cospirazioni, il candidato premier sarà lui.
Doveva essere un “gabinetto di guerra” – quello convocato dall’ex premier al suo ritorno a Roma dopo quasi due settimane – e lo è stato certamente nei toni.
Alza la voce lui, ma prova ad alzarla anche Angelino Alfano, come capita ormai di frequente a Palazzo Grazioli.
Lo incalzano: “Presidente, si deve decidere, non possiamo stare a guardare il Pd che ha un leader ed è già in campagna elettorale: sarai tu a guidare il partito o no?”.
Lui non lascia molti spiragli a un’alternativa. Di certo si riprende in mano il partito. “Serve rinnovamento, servono facce nuove anche in tv: sono sempre le stesse”.
E il rinnovamento passerà attraverso il cambio di nome imminente. Forza Italia o, come sussurra adesso qualcuno, Piazza Italia?
Ad ogni modo si svolta. “Vi faccio un’unica concessione. Resto convinto che con lo spacchettamento raccoglieremmo più voti, ma teniamoci pure un partito unico, come volete. Ma alle mie condizioni, decido io”.
E decide lui soprattutto le candidature, nessun margine di manovra.
E detta le condizioni. “Vi do ventiquattro ore di tempo, io sono pure disposto a
fare un passo indietro, ma indicatemi un nome credibile, che possa prendere il mio posto”.
Come dire, se siete davvero convinti che possa essere Alfano, ditemelo, ma ve ne assumete la responsabilità .
Il fatto è che gli uomini del segretario tornano a sperare, in serata le agenzie di stampa rilanciano le voci di un passo indietro imminente che dopo le 22 scatena la sfuriata del Cavaliere.
Il candidato premier è lui e lancerà a breve la sua campagna tutta in chiave anti Monti.
Chi non ci sta, può pure farsi da parte. I filo governativi alla Frattini o alla Mauro o alla Lupi sono avvertiti.
Che Berlusconi non fosse affatto convinto di cedere lo scettro, lo aveva capito il dirigente vicino al segretario che pochi giorni fa era stato ospite ad Arcore. “Ma Angelino lo capisce o no che se non ho fatto le primarie è stato solo per il suo bene? Lo capisce o no che lui le avrebbe perfino perse?”, lo ha gelato il padrone di casa.
Figurarsi lanciare il segretario per Palazzo Chigi alla guida di un partito che già è precipitato al 16 per cento nei sondaggi consegnati in settimana.
Oggi pomeriggio nuovo appuntamento a Palazzo Grazioli, dopo il Consiglio dei ministri che dovrà pronunciarsi sulla data del voto per le regionali.
Una cosa è certa. Tramonta ogni ipotesi di crisi legata al mancato election day con le politiche.
È Berlusconi stesso, col conforto di Letta al suo fianco, a comunicare a tutti come il Quirinale abbia chiuso le porte a qualsiasi ipotesi di scioglimento anticipato delle Camere sotto il “ricatto” del Pdl. Tanto più che ci sono sette decreti in ballo e la legge di stabilità da approvare prima di Natale.
Arma spuntata, dunque.
Detto questo, al Colle non dormono affatto sugli allori.
C’è preoccupazione per le insidie pidielline che rischiano di paralizzare ormai ogni azione dell’esecutivo.
Per il governo è iniziata la parabola discendente, difficile possa aggiungere pagine al libro già scritto, alla ripresa di gennaio. E in queste condizioni, ragionano alla Presidenza della Repubblica, potrebbe non avere senso attendere la scadenza naturale e far votare dunque ad aprile, anche se la legge elettorale non dovesse essere riformata.
Così, con le regionali in Lazio e Molise a febbraio, si fa sempre più probabile la scadenza del 10 marzo per le politiche, magari da accorpare alla Lombardia. Berlusconi resta convinto, e lo ha ripetuto ai suoi, che con la Lega occorra ricucire e che Storace sia “il migliore candidato per il Lazio”, sul quale il Pdl non nutre grosse aspettative.
Nelle tre ore e passa a Palazzo Grazioli, Alfano e La Russa e Gasparri rialzano il tiro sulla legge elettorale, chiedono il via libera per l’intesa col Pd sulla riforma.
Ma anche su questo il leader ha opposto un muro.
Lo dice, lo urla: il Porcellum resta l’unica via di fuga per evitare la disfatta e tentare il colpaccio di un pareggio al Senato. Sandro Bondi lascia anzitempo il vertice, “indignato” per la linea dei dirigenti.
E si sfoga: “Inutili riunioni, Berlusconi farebbe bene ad ascoltare piuttosto il mondo che è fuori”.
Ed è quello che ormai farà .
Dalla residenza dell’ex premier capigruppo e dirigenti escono scuri in volto quando è già calata la sera.
Tutti dicono: “Ci sarà un comunicato di Alfano”.
E invece un primo comunicato sarà diffuso da “Palazzo Grazioli”, del segretario nessuna traccia.
E quello che chiude ogni partita e preannuncia la ridiscesa in campo viene stilato alla presenza di Verdini in tarda serata dallo stesso Berlusconi.
Game over.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica)
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Dicembre 6th, 2012 Riccardo Fucile
IL RAPPORTO DI TRANSPARENCY: ITALIA GIUDICATA COME LA TUNISIA… I PIU’ VIRTUOSI SONO DANIMARCA, FINLANDIA E NUOVA ZELANDA
«La corruzione continua a produrre devastazioni nelle società ovunque nel mondo». Lo sottolinea Transparency International, che punta il dito soprattutto contro il livello «deludente» di corruzione nell’Eurozona «nei Paesi più colpiti» dalla crisi economica e finanziaria.
Nel dettaglio, in una scala che va da 0 (corruzione percepita più forte) a 100, l’Italia e la Grecia ottengono soltanto rispettivamente 42 e 36 punti e si piazzano rispettivamente al 72esimo e al 94esimo posto in classifica.
Il nostro Paese ha così perso tre posti rispetto a un anno fa, mentre per la Grecia la discesa è stata di 14 posizioni.
Anche quest’anno dunque l`Italia rimane in fondo alla classifica europea della trasparenza, accompagnata da Bulgaria e Grecia, con un voto ben lontano dalla sufficienza e soprattutto dai Paesi ritenuti più etici: Danimarca, Finlandia e Nuova Zelanda (tutti e tre con un voto di 90/100).
L’Italia si colloca così allo stesso livello della Tunisia, mentre Atene è alla pari della Colombia.
Voto superiore a 60 punti, invece, per gli altri paesi più colpiti dalla crisi: l’Irlanda è 25esima, la Spagna 30esima e il Portogallo 33esimo.
Ottengono più di 70 punti Germania e Francia: sono al tredicesimo e al 22esimo posto. I paesi più virtuosi (punteggio oltre 90) sono Danimarca, Finlandia e Nuova Zelanda, mentre il Regno Unito è diciassettesimo e gli Stati Uniti diciannovesimi.
I paesi della Primavera araba hanno tutti punteggi inferiori o appena superiori a 40, la Russia è al 133esimo posto (28 punti) mentre l’ultima posizione è condivisa da Afghanistan, Corea del Nord e Somalia.
(da “il Corriere della Sera”)
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