Dicembre 26th, 2012 Riccardo Fucile
INSULTI A UN GIORNALISTA CHE HA RIVELATO LA MANCATA PROMESSA DI RESTITUIRE LA QUOTA ECCEDENTE..I PRESUNTI PROBLEMI BUROCRATICI REALTA’ O ALIBI?
Le buste paga sono arrivate venerdì: a ognuno dei 15 consiglieri grillini all’Ars ecco indennità da quasi 12 mila euro.
I rappresentanti di “5 stelle” all’interno del parlamento siciliano non sono ancora riusciti a mantenere l’impegno – preso in campagna elettorale – di “lasciare alla Regione” le quote eccedenti i 2.500 euro netti, oltre ovviamente alle spese per vitto, alloggio e trasporti quantificate in circa mille euro.
Il portavoce nell’Isola di M5S, Giancarlo Cancelleri, fa sapere che si sarebbero problemi “burocratici e fiscali” che rendono al momento impossibile la rinuncia a tre quarti dei loro compensi.
Eppure la pubblicazione della notizia, da parte di “Repubblica”, fa andare in fibrillazione i grillini siciliani.
Il vicepresidente dell’Ars Antonio Venturino, di mestiere attore e mimo, dopo aver precisato di aver rinunciato a una piccola parte della sua indennità , quella di funzione (2.300 euro su 14 mila euro), si scaglia contro il giornalista che ha scritto l’articolo, Emanuele Lauria, con un video pubblicato anche sul blog di Beppe Grillo: “Povero Lauria… spero che tu possa riprenderti dalla sbornia di questo Natale e da quelle che verranno per Capodanno… e diventare un giornalista degno di questo nome”.
Resta il fatto che i grillini, per ora, incassano indennità piena malgrado i proclami.
E al cronista di Repubblica è arrivata la solidarietà dell’Ordine dei giornalisti. L’Unione cronisti parla di “un video volgare e oggettivamente intimidatorio, diffuso da chi è evidentemente insofferente alle considerazioni espresse da Lauria e fondate su inoppugnabili dati di fatto”.
Anche il sindacato Stampa Parlamentare siciliano “ritiene doveroso esprimerle rammarico, disappunto e preoccupazione per il modo e i toni usati dal vice presidente vicario dell’Ars, Antonio Venturino, nei confronti del collega di Repubblica Emanuele Lauria” e chiede al presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone di intervenire.
Ardizzone replica a stretto giro: “Interverrò, nel rispetto dei ruoli di ciascuno, per garantire rapporti civili che salvaguardino l’autorevolezza delle Istituzioni”. E esprime solidarietà a Lauria, “cronista noto per la sua onestà intellettuale”.
(da “La Repubblica“)
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Dicembre 26th, 2012 Riccardo Fucile
IL CENTRODESTRA DI SILVIO SEMPRE ALLEATO DELLA FECCIA RAZZISTA… POI TELEFONA A DON GELMINI, SOTTO PROCESSO PER VIOLENZA SESSUALE, E SI PREOCCUPA NON DEL SUO INTERLOCUTORE MA CHE “SE VINCE LA SINISTRA VI SARANNO I MATRIMONI GAY”
Il giorno di festa non ferma il doping televisivo di Silvio Berlusconi.
Che sceglie il caro vecchio Tg4 per dire, tra l’altro, che in Europa era “temuto” e non “irriso”.
E per tornare alla carica con la Lega nord, di cui vorrebbe i voti in cambio di un “ticket” con un vicepremier del Carroccio.
Ma la strategia dichiarata di imperversare nel piccolo schermo per rimontare il tracollo di consensi seguito alla sua esperienza di governo e agli scandali che lo hanno coinvolto comincia a risultare indigesta agli altri concorrenti.
Un gruppo di parlamentari del Pd, fra i quali Roberto Zaccaria e Beppe Giulietti, chiede infatti all’Agcom di “fornire per gli ultimi dieci giorni una fotografia dettagliata e comparativa della presenza Tv dei principali leader politici, che saranno impegnati nelle prossime elezioni”.
I parlamentari denunciano all’Autorità per le telecomunicazioni “la straripante presenza televisiva e radiofonica di Silvio Berlusconi in quest’ ultimo periodo”, che “è stata sottolineata da tutta la stampa”.
Una ”presenza abnorme ha un’influenza diretta sulla campagna elettorale: secondo alcuni analisti si ricollega infatti a essa il guadagno di circa 5 punti nei sondaggi elettorali più recenti relativi al Pdl”.
Tornando all’ospitata telefonica di Berlusconi al Tg4, secondo l’anticipazione dell’intervista che sarà trasmessa questa sera, il Cavaliere è partito dall’Europa: ”Ho letto i giornali stranieri e titolavano: torna Berlusconi e trema l’Europa. Non sapevo di essere così forte. Berlusconi non era irriso in Europa, ma temuto”.
E questo perchè, afferma, “ho utilizzato il veto per i provvedimenti che ritenevo contrari all’interesse del mio Paese”.
Sul fronte interno, il leader del Pdl spiega di ”non avere obiezioni a un vicepresidente leghista se il Carroccio ci darà un contributo elettorale…”. Anche se, dice ai microfoni del Tg4 diretto da Giovanni Toti, erede di Emilio Fede, Berlusconi si dice “convinto che la soluzione migliore sia la maggioranza assoluta del Pdl, ma se la maggioranza si raggiungesse con un solo alleato, che è la Lega, con cui abbiamo lavorato bene, questa potrebbe essere una soluzione”.
Non manca l’attacco a Monti, sul quale si sono esercitati oggi tutti i principali esponenti del Pdl fedeli a Berlusconi, da Cicchitto a Gasparri.
A proposito delle liste da presentare alle elezioni, ha continuato Berlusconi, ”sarò circondato da una squadra di protagonisti del mondo del lavoro. Il 50% dei candidati arriverà proprio dall’imprenditoria, tutti con una propria rendita, così da non doversi preoccupare di fare i soldi con la politica. Il 10% dei candidati, infine, saranno i nostri giovani parlamentari che hanno lavorato bene e che si sono dimostrati capaci e appassionati”.
Infine, il solito appello a non votare i “partitini”.
Nel pomeriggio, un altro evergreen della propaganda berlusconiana: la telefonata alla festa della Comunità Incontro di Amelia (Terni) per omaggiare Pierino Gelmini, ex sacerdote attualmente sotto processo con l’accusa di violenza sessuale su 12 ex ospiti della comunità (il processo è stato sospeso a maggio per le condizioni di salute del religioso 87enne).
Guarda caso, dagli auguri a don Gelmini il discorso è lestamente scivolato sull’attualità politica: “Un anno fa quando c’era il mio governo, l’Italia stava bene, eravamo la seconda economia d’Europa, mentre con la cura del governo tecnico tutto è andato peggio”, ha affermato Berlusconi, scagliandosi contro la “retorica” che dipingeva l’Italia del suo governo “sull’orlo del baratro”. “Fummo costretti a lasciare il governo con una congiura che la storia metterà in luce, una congiura politica e mediatica“, che agitò “il fantasma dello spread“. Quanto a un’eventuale vittoria della sinistra, l’ex presidente del consiglio ha avvertito: “Non vorremmo assistere, con l’avvento della sinistra al potere, al proliferare di matrimoni gay e all’apertura delle nostre frontiere agli emigranti irregolari, i quali poi otterrebbero il diritto di voto per votare prevalentemente per la sinistra stessa”.
Siamo a Santo Stefano, ma per Silvio le palle di Natale sono sempre attuali.
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Dicembre 26th, 2012 Riccardo Fucile
SONO SETTE GLI EX AN CHE, SE TROMBATI, TORNERANNO AL GIORNALE, FACENDO MATURARE LA PENSIONE DA GIORNALISTA OLTRE AL VITALIZIO PARLAMENTARE
Mario Landolfi, Francesco Storace, Giorgia Meloni, Maurizio Gasparri, Silvano Moffa, Italo Bocchino, Gennaro Malgieri. Cosa hanno in comune questi sette politici oltre alle radici in Alleanza Nazionale?
Oggi sono divisi: Giorgia Meloni ha fondato “Fratelli d’Italia” con Guido Crosetto, remake dell’omonimo cinepanettone del duo Boldi-De Sica. Francesco Storace resta fedele alla sua “Destra”, Maurizio Gasparri sta con Berlusconi.
Il mite Silvano Moffa guida un manipolo semisconosciuto denominato “Popolo e Territorio”.
Mario Landolfi e Gennaro Malgieri sono montiani e Italo Bocchino per ora rimane accanto a Fini.
I magnifici sette corrono sotto insegne diverse ma li accomuna l’uscita di sicurezza in caso di disastro elettorale: il 26 febbraio potrebbero mettersi in fila davanti al portone di via della Scrofa 43 per riprendere il loro posto nella redazione del Secolo d’Italia.
Mario Landolfi, assunto nel 1991 è in aspettativa parlamentare dal 1994, come Francesco Storace assunto nel 1986 e in aspettativa con la qualifica di caposervizio; Giorgia Meloni, consigliere provinciale a 21 anni nel 1998, è entrata nel 2004 ed è in aspettativa parlamentare dal 2006.
Maurizio Gasparri assunto nel 1983 come Moffa è in aspettativa dal 1992, mentre Moffa è in aspettativa dal 1998.
Italo Bocchino, assunto nel 1991 è in aspettativa dal 1996 mentre il più anziano e alto in grado è Gennaro Malgieri, assunto nel 1979 e in aspettativa dal 1996, con la qualifica di direttore, incarico ricoperto dal 1994, dopo Gasparri.
Il giornale che hanno lasciato in edicola non c’è più.
Da ieri per la prima volta l’organo di An non è in edicola.
L’editoriale di commiato del direttore-deputato (non retribuito), Marcello De Angelis, si chiude così: “da gennaio, sarà on line. La battaglia continua, con altri mezzi”.
Il giornale vendeva a malapena 700 copie reali al giorno e la nuova legge sui contributi ai giornali di partito ha favorito il passaggio sul web permettendo il rimborso del 70 per cento delle spese invece del 50 per cento riservato ai giornali di carta.
L’organico comunque dovrà essere ridotto.
Oggi ci sono 14 giornalisti più i sette in aspettativa più l’ex direttore finiano Flavia Perina, in causa da quando è stata licenziata in tronco senza nemmeno il riconoscimento del Tfr.
E c’è pure il caso anomalo dell’ex portavoce di Fini, Salvo Sottile assunto dal Secolo nel 2006 (anno dello scandalo Vallettopoli-Gregoraci) ma che figura “in distacco”.
Il suo stipendio oggi non è a carico del Secolo ma è più alto di tutti i colleghi e preoccupa per il futuro i contribuenti.
Il Secolo, oltre alle iniezioni di liquidità permesse dai rimborsi elettorali ad An, è costato ai contribuenti più di 20 milioni solo negli ultimi sette anni.
Il Dipartimento editoria della Presidenza del consiglio ha versato 2 milioni e 433 mila euro per il 2010, 2 milioni e 952 mila euro per il 2009, 2 milioni e 950 mila nel 2008, 2 milioni e 959 mila euro nel 2007, 3 milioni e 98 mila euro nel 2006, 3 milioni e 98 mila euro nel 2005, 3 milioni e 98 mila euro nel 2004, per un totale di 20 milioni e 588 mila euro che non sono bastati a sostenere un organico di 40 persone.
Per rimettere in equilibrio i conti nell’ottobre scorso, l’amministratore nominato dalla liquidazione del Tribunale, Alberto Dello Strologo, aveva preparato un piano — approvato dai liquidatori Marco Lacchini e Giuseppe Tepedino — che riduceva l’organico a sette giornalisti decretando di fatto la fuoriuscita dei parlamentari in aspettativa.
Il Presidente del Tribunale di Roma, Mario Bresciano, però ha fermato tutto nominando due nuovi liquidatori, Davide Franco e Andrea D’Ovidio, ai quali ha chiesto di trasferire subito la proprietà del Secolo d’Italia dalla liquidazione (diretta dal Tribunale) alla Fondazione (di Alleanza Nazionale) dove comandano i politici che, alla fine, hanno deciso di salvare il posto ai giornalisti, compresi quelli in aspettativa.
La riduzione dell’organico alla fine riguarderà solo gli impiegati comuni. Gasparri e compagni possono restare in aspettativa.
La Fondazione (presieduta dal senatore Francesco Mugnai, e diretta da un comitato di cui fanno parte anche il finiano Lamorte, La Russa, Alemanno, Matteoli e Gasparri) per permettere la sopravvivenza del Secolo ha comprato le quote e ha immesso nella società 700mila euro cash rinunciando anche ai suoi crediti per circa mezzo milione.
I soldi non mancano: sui conti correnti della Fondazione ci sono 65 milioni di euro cash provenienti dai rimborsi elettorali più altri 35 milioni di euro in immobili.
Grazie al liquido della Fondazione An, la scialuppa dei sette parlamentari resta a galla, pronta ad accoglierli in caso di naufragio elettorale.
Silvano Moffa nel 2003, dopo aver perso la provincia di Roma, è tornato al Secolo per nove mesi fino a quando è stato eletto sindaco di Colleferro nel 2004.
Senza contare il vero vantaggio: la doppia pensione da giornalista che si unisce al vitalizio parlamentare.
Fino al 1999, tutti i giornalisti in aspettativa parlamentare maturavano i contributi figurativi senza versare un euro.
Dal 1999 i parlamentari pagano almeno la loro quota di contributi fissata all’8,69 per cento.
Mentre la parte a carico dell’editore la paga l’Istituto previdenziale, cioè i giornalisti tutti.
Al Fatto che gli chiede se, in un momento di sacrifici, non sarebbe il caso di rinunciare alla pensione da giornalista, avendo già diritto al vitalizio parlamentare, Gasparri replica: “Se qualcuno davvero volesse togliermi questo diritto mi dovrebbe prima restituire i contributi già pagati. E’ un diritto riconosciuto a chiunque vada in aspettativa e non è un privilegio. Se la vogliamo dire tutta io al Secolo ho fatto il direttore pagato solo come un caposervizio e, dopo l’elezione del 1992, l’ho fatto anche gratis fino al 1994, quando sono stato nominato sottosegretario e ho lasciato. Altro che privilegio”.
Al Secolo sono avvertiti: poche storie o l’ex direttore Gasparri chiede pure gli arretrati.
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Dicembre 26th, 2012 Riccardo Fucile
LE FREQUENTI VISITE IN VIA DELLA SCROFA E L’AIUTINO CONFEZIONATO A LA RUSSA
Forse dietro quelle strane visite di Italo Bocchino in via della Scrofa, rigorosamente con auto di servizio (non blu, ma grigia), con autista e apritore di sportello, c’è davvero qualcosa che bolle in pentola.
Nelle stesse ore in cui Menia ci confermava le sue visite in quella storica sede di An, ma specificava che era solo per consegnare delle multe ricevute per la campagna elettorale del 2008, Bocchino alla Camera regalava uno strano assist a Ignazio La Russa, a conferma di un feeling ritrovato e propedeutico forse ad altro.
Sul decreto taglia-firme il Fli, cioè Bocchino, rompeva l’accordo col Pd su un emendamento che eliminava l’obbligo di presentazione delle firme per le liste collegate a movimenti già presenti in Parlamento al momento del varo del decreto, per convergere sul salva-La Russa, un altro emendamento che faceva rientrare nella sanatoria anche le liste nate “prima dell’approvazione parlamentare” del decreto.
Giunge voce, però, che un altro collaborazionista pronto ad abbracciare i “fratelli d’Italia” sarebbe Carmelo Briguglio
(da “Il Portaborse”)
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Dicembre 26th, 2012 Riccardo Fucile
FOTOGRAFIA DI UN GRUPPO ALLO SBANDO DOVE LA POSTA IN GIOCO E’ STRAPPARE QUALCHE CONCESSIONE AL CAVALIERE CHE LI VUOLE AI MARGINI DEL SUO NUOVO PROGETTO
Maurizio? Come un fratello.
Giorgia? Una sorella minore.
Dissidi tra noi? No, sul piano personale non cambia niente.
Da giorni gli ex colonnelli di An, Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri in specie, spiegano con ogni mezzo comunicativo che il lessico familiare di via della Scrofa, sede storica della destra che fu missina, non si tocca, che si può andar dove si vuole ma in fondo si è sempre parenti.
Troppa strada fatta insieme, troppi giorni e notti, troppe cose comuni per dividersi su quisquilie come la nuova militanza in partiti diversi (veri, costituendi o ipotetici che siano), o prendere sul personale quella fatale necessità che li costringe a sparpagliarsi per ogni dove, ciascuno titolare di un pezzettino piccolissimo, quasi un rapporto uno a uno tra i movimenti e i loro capi (La Russa con Centrodestra nazionale, Gasparri col Pdl, Alemanno con Italia popolare, Meloni con Senza paura, eccetera).
Ma fratelli, sorelle, cugini, padri e nonni si dicono ancora.
Ed è una petizione d’origini che un po’ immalinconisce, ormai. Anche perchè poi fa ritornare in mente le foto, di quell’album di famiglia, scatti dove erano tutti più giovani, taluni con più capelli, e parevano persino meno infelici.
Per esempio, quella del matrimonio di Italo Bocchino con Gabriella Buontempo.
Ci sono gli sposini, al centro seduti, accanto Pinuccio Tatarella, e tutto intorno, disposti ad aureola, Altero Matteoli e Adolfo Urso, Gianfranco Fini, Maurizio Gasparri, Francesco Storace, Ignazio La Russa.
Era il 1995, An appena nata.
E passati diciotto anni, dopo che tutti sono stati con tutti, in formazione variabile, adesso nessuno in pratica sta più con nessuno, persino il matrimonio Bocchino-Buontempo è esploso.
Ciascuno è andato o sta andando per sè, nella scacchiera impazzita di un plotone vasto il cui principale scopo oggi è rientrare in Parlamento, ma nessuno (o quasi) riesce a liberarsi di quel richiamo, di quel tic, di quelle foto, del riflesso pavloviano della famigliona missina o per lo meno dei suoi scampoli.
Anche se non sa più che farne.
E a buttarla in politica va ancora peggio, perchè davvero, come dice pro domo sua Francesco Storace, leader della Destra, “in effetti uno se lo chiede. A che serve un nuovo contenitore nel centrodestra promosso da chi esce dal Pdl in dissenso con i metodi del Pdl per poi ritrovarsi ad appoggiare il leader del Pdl?”.
Bisogno in effetti non si sente, dissidi veri non ce ne sono — per lo meno non più di prima.
E’ però, spiegano nei corridoi, il volere di Berlusconi, quello di spacchettare il Pdl e ricollocare per quanto possibile gli aennini là dove sono venuti; lontano, comunque, dal cuore pulsante del suo progetto, che non può certo suonare nuovo con le loro facce.
E i colonnelli dell’ex An, buoni buoni, s’attrezzano alla bisogna.
S’attrezzano, in qualche modo a diventare davvero degli ex colonnelli: in una specie di prepensionamento forzato del quale non ci sono che da trattare i margini.
Una buona liquidazione, un contrattino a termine, un posticipo dei termini.
E se per ottenere qualche risultato bisognerà rassegnarsi a far spazio a Giorgia Meloni e mandare avanti lei — a quanto pare sarebbe questo il destino di La Russa – pazienza, andrà benissimo lo stesso.
Giorgia, del resto, è come una sorella minore.
Susanna Turco
(da “L’Espresso”)
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